VIXEN 120-S prima serie

Anno 2020

INTRODUZIONE

La mia avventura con il Vixen 120NA comincia molti tempo fa quando correva la fine degli anni '90, e poi più avanti durante la grande opposizione di Marte (2003), quando ebbi modo di usare per una intera notte lo strumento, allora di proprietà di un conoscente.

Il 120NA, già allora non più giovanissimo, suscitò in me grande interesse per la sua natura anti convenzionale rispetto al dilagare poco controllato dei rifrattori apocromatici moderni.

Il marchio giapponese sembrava allora riporre ancora fiducia nella possibilità di produrre acromatici di alto livello e di continuare, come storia insegnava, a rivestire un posto di primo piano nel mercato. La risposta degli anni, veloci come rondini nelle evoluzioni di tecnologia e moda, non si fece attendere e, anche complice il costo molto alto del 120NA, decretò un generale insuccesso del progetto che però non venne abbandonato tanto che il listino Vixen prevede ancora oggi il 120NA (rivisto nella livrea estetica qualche anno fa) e gli ha affiancato il 130NA e il 140NA (entrambi non molto riusciti a detta degli amatori).

Quando nacque, il 12 cm. aveva nome “120-S” (quello oggetto del nostro articolo) e prevedeva un correttore posteriore a 3 elementi in vece dei 2 poi divenuti standard. Ad onestà va detto che solo i primissimi 120-S possedevano il correttore a tripletto che venne velocemente soppiantato da un doppietto a creazione del classico schema Petzval poi mantenuto).

Oggi, a distanza di almeno 17 anni da quei giorni del 2003, ritengo ancora valido il progetto Vixen, forse contraddittorio sotto alcuni aspetti, ma lodevole di portare agli amatori un telescopio che possiede molte qualità e che risulta ancora attuale.

STAR TEST E VALUTAZIONI PREVENTIVE

Oggigiorno la meccanica costa tendenzialmente più dell’ottica e realizzare un rifrattore acromatico di medio diametro ben fatto risulta antieconomico portando il prezzo finale di vendita, con la complicità di cambi valuta sfavorevoli e di pressione fiscale vergognosa, a valori comparabili con quelli di apocromatici o semi-tali di nuova concezione.

E’ però doveroso considerare che il 120-S oggetto del nostro test non è paragonabile ad un classico acromatico crown-flint di pari apertura. La geometria a 4 o 5 elementi lo pone di diritto tra i rifrattori spianati con correzione della aberrazione cromatica di “progetto”. Il doppietto frontale nasce infatti con un rapporto di apertura non dichiarato ma prossimo a f12, rapporto che viene poi ridotto dal correttore posto prima del focheggiatore. La focale risultante è di 800mm per un rapporto focale di f 6,7 circa.

Valutando in modo qualitativo il residuo di aberrazione cromatica non corretto risulta infatti facile confrontarlo con quello di un classico doppietto da 5 pollici aperto a f10 circa. Un ben presente alone blu e in parte rosso (variabile a seconda della trasparenza del cielo e del valore di seeing con cui si osserva) denuncia la “acromaticità” dello strumento ma il suo valore appare più contenuto rispetto a quello che si riscontrerebbe in un doppietto semplice di parti focale.

Lo star test visuale in luce bianca indica un’ottica molto ben lavorata e corretta con immagini di intra ed extra focale praticamente identiche se si tralascia il rovesciamento della dominante cromatica e con una focalizzazione pulita e capace di mostrare in modo netto il primo anello di diffrazione anche ad alto ingrandimento.

Non ho rilevato aberrazioni sferica e astigmatismo e mi sento di promuovere a pieni voti la geometrica del complesso ottico.

Le impressioni avute durante lo star test, verificato in varie condizioni di seeing e trasparenza atmosferica, si sono poi ripetute nell’utilizzo pratico dello strumento sia a basso che ad alto ingrandimento (tipicamente superiore ai 200x).

Impressionante, a tale riguardo, confrontare le prestazioni di focalizzazione stellare a 200x consentite dal Vixen 120-S nei confronti del “pasticcio” cromatico e di poco contrasto generato da un 152/900 (come il TS e/o Individual che hanno avuto tanto successo commerciale negli ultimi anni) o di quanto non sappia fare un 150/1200 acromatico classico.

CARATTERISTICHE FISICHE

Lo strumento è caratterizzato da una forma “curiosa” e molto diversa da quella tipica dei rifrattori cui il mercato ci ha abituato. Il paraluce frontale ha lo stesso diametro del tubo ottico e il gruppo focheggiatore, molto allungato e “personale” conferisce al 120-S un design particolare che può anche non piacere ma che lo rende irresistibile ai miei occhi (non nascondo che sia stato uno degli aspetti che mi hanno spinto a comprarne uno).

Meccanicamente si riscontra la qualità cui Vixen ci ha abituato: tubo molto ben rifinito, dimensionamento dei diaframmi e della opacizzazione interna di ottimo livello, ottica estremamente ben lavorata. 

Gli anelli sono ben fatti e il bilanciamento del tubo ottico appare ideale anche grazie al comparto “posteriore” relativamente pesante per via del gruppo focheggiatore e del correttore ottico da 60mm. di apertura libera.

Aspetto più “delicato” è invece rappresentato dal focheggiatore che risulta molto ben fatto benché di semplice architettura ma che è giunto, nel mio esemplare, fermo da anni e molto poco fluido.

Per portarlo a operare in modo adeguato ho impiegato alcune ore e ho anche dovuto sostituire la cremagliera originale con una (tratta da altro focheggiatore Vixen) più lunga che ha anche permesso un maggiore back focus.

Gli estimatori dei “Feather Touch” et similia sono abituati ad altra morbidezza ma, una volta tarato a dovere, posso dire che il gruppo Vixen si lascia utilizzare perfettamente e senza imporre limitazioni.

Dati numerici alla mano il 120-S è lungo 78 cm e denuncia alla bilancia un peso di 5,9 kg comprensivi di anelli e barra Vixen, caratteristiche che gli permettono di essere installato con profitto su montature classiche come la Great Polaris ma anche moderne nella classe della EQ5 o HEQ5.

Ho dedicato al rifrattore Vixen una Sphinx SWX con starbook che si è rivelata, durante i test, perfetta allo scopo con una precisione di puntamento impressionante e una solidità esemplare con tempi di smorzamento delle vibrazioni indotte da piccoli urti o dall’utilizzo del focheggiatore inferiore ad 1 secondo a poteri di 200x.

VENERE E DINTORNI

L’osservazione diurna del pianeta Venere mi ha consentito di valutare in modo pieno sia la cromatica residua (che con un oggetto di magnitudine -4 e una turbolenza media sensibile viene esaltata) sia la capacità di focalizzazione. Nonostante un alone bluastro/azzurro ben presente il disco planetario, in fase di poco superiore al 50%, ha mostrato una inaspettata pulizia dei bordi (sia al lembo che al terminatore) e anche un accenno delle maggiori formazioni nuvolose. L’osservazione, condotta a 200x e poi anche ad ingrandimenti inferiori, mi ha notevolmente impressionato tanto da non farmi rimpiangere la tipica pulizia “ideale” che in questo tipo di osservazioni si ottiene con un rifrattore 80/1200 con il Vixen 80L usato per confronto.

L’utilizzo di un filtro azzurro o violetto chiaro incrementa l’incisione rendendo quasi “apocromatica” l’immagine restituita.

Un veloce schizzo di quanto visibile all’oculare, confrontato anche con quanto ottenuto con un Celestron C9,25 (disegni inviatimi dall’amico Vincenzo “Kappotto”), è indicativo della buona prestazione del 120-S.

I panorami Lunari mi hanno dato più grattacapi nel primo periodo di test. La fase montante del nostro satellite, prossima alla totalità e il seeing inaccettabile non mi ha infatti concesso utili possibilità osservative nelle prime due settimane di test. Per avere indicazioni più concrete ho dovuto attendere un po’ di tempo e, con l’eccezione di un paio di filmati ripresi con campionatura errata (le immagini mostrano la “pixelatura” classica) ma che danno idea di accettabili capacità fotografiche, il test lunare si è fatto attendere.

Sopra: immagine ripresa il 9/3/2020 con seeing medio. Camera MINICAM 5S mono e filtro IR-PASS 685nm. Personalmente trovo poco proficuo operare nel vicino infrarosso con uno strumento che perde risoluzione e su un soggetto che fa del microdettaglio (come la Luna) la sua caratteristica principale.

Due riprese di Venere apparentemente uguali. Sopra con filtro IR-PASS Baader da 685 nm, sotto invece in radiazione verde con filtro 58. Entrambe le immagini sono ottenute con Barlow 4x e medesimo numero di frames. Quasi invisibili le nuvole ma differente la resa sul lembo. Lavori del 11/3/2020 con seiing medio, Riprese in diurna, ore 16:00 ora locale. Per entrambe le riprese è stata utilizzata una camera QHYL Minicam5S monocromatica.

Trovando condizioni migliori ho ottenuto immagini decisamente più valide tanto da potere impiegare una barlow 5x cinese (reali circa 4x calcolati) per poter riprendere la Luna che ha dato spettacolo di sé. Seguono tre scatti indicativi (privi di alcun filtraggio) con la camera ASI 290MM mono che risulta più performante rispetto alla Minicam 5S precedentemente utilizzata:

120s IN ALTA RISOLUZIONE: PRESTAZIONI PERCEPITE

Sottoposto a stress da ingrandimento e messo alla prova sui sistemi multipli il Vixen 120S è stato migliore di quanto mi attendessi mostrando un comportamento molto diverso da quello di un acromatico tradizionale tanto che difficilmente si crede, nell’osservazione ad alto ingrandimento di questi soggetti, non possegga ottiche almeno semi-apo.

Quanto emerso durante il classico star test è nettamente migliorato nell’osservazione “reale” su stelle che solitamente sono meno luminose della 3° magnitudine tanto che il Vixen 102S è stato in grado di spingersi a 400x senza degrado sensibile dell’immagine. Il potere, ottenuto in modo “scellerato” abbinando una barlow economica 2x ad un oculare Vixen LV4 mm, lascia comprendere che un oculare da 2,5 o 3 mm. di alta qualità possa essere ideale compagno del 120S.

Il test è cominciato con l’osservazione dell’ammasso delle Pleiadi a sole da poco tramontato con il cielo ancora azzurro e poi blu pastello con una immagine emozionante. Il test, compiuto anche in presenza di un rifrattore da 4 pollici, ha ben evidenziato quanto sia la percepita superiorità di magnitudine raggiungibile dal 5 pollici scarsi rispetto ai tradizionali 100 millimetri. Tale grande differenza, che ho già avuto modo di dire rappresenta quella più sensibile nel campo dei 4-8 pollici (considerando differenze di 1 pollice nei confronti diretti) supera a mio modo di vedere i confini tra strumenti acromatici di qualità e apocromatici. La pur superiore correzione generale di un apocromatico non risulta infatti sufficiente a compensare il divario di apertura, almeno nell’osservazione di soggetti del cielo profondo.

L’ammasso M45 contiene un buon numero di stelle doppie, generalmente larghe, che è piacevole osservare con ingrandimenti di circa 80/110x come quelli generati dall’oculare zoom usato per il test.

Molto bello, come in apertura citavo, osservare il complesso dell’ammasso con il plossl da 40mm. che genera 20 ingrandimenti e oltre 2 gradi di campo.

Con il cielo finalmente scuro mi sono spostato sulla Theta Aurigae, test classico di “ingresso” per ogni mio strumento, che ha mostrato in modo pulito e netto le due componenti già a 111x (zoom da 7.2 mm.) e raggiunto il massimo con il LV-4mm. e i suoi 200x. La scheda sopra allegata e l'ingrandimento a lato rendono bene l’idea della resa all’oculare.

Per alzare l’asticella della difficoltà ho spostato l’attenzione su un sistema più stretto, catalogato come STF 644 in Auriga (anch'essa riportata nella scheda precedente e nell'ingrandimento a lato). Benché sia fisicamente un sistema triplo, a interessare ai fini del test sono le componenti A e B (la C si pone ad una distanza angolare di oltre 72” quindi non fa testo) che brillano di magnitudine molto simile (6,96 e 6,78) e sottendono un angolo di 1,6” alla data dell’osservazione.

Nonostante la ottima capacità del Vixen 120S pensavo che la coppia mi avrebbe dato qualche problema invece, già a 200x, la coppia appariva come fosse disegnata in un libro stampato del secolo scorso. Due perfetti puntini luminosi ben separati e con una appena percepita presenza dei rispettivi primi anelli di diffrazione (non a contatto tra loro) che però è andata scemando presto con l’aumentare dell’umidità nell’aria.

Ho aumentato gli ingrandimenti fino al potere di 400x mantenendo una incisione convincente ma una perdita di luminosità un poco eccessiva su componenti stellari di settima magnitudine con una trasparenza del cielo molto bassa.

LUCKY IMAGING DA MILANO

Il cielo di Milano, specialmente dalla mia postazione in mezzo al verde dell'Ippodromo e al piano terreno con giardino, risultano assolutamente proibitive per operare sul cielo profondo alla ricerca di qualche immagine decente. Il problema non è tanto l'inquinamento luminoso che potrebbe essere compensato con appositi filtri, ma la assoluta opacità del cielo dovuta alla perenne umidità presente nell'aria che rende inefficaci o quasi anche i migliori filtri esistenti. Nonostante ciò alcuni oggetti stellari come gli ammassi aperti e i globulari più luminosi si riescono in qualche modo a riprendere. Usando la tecnica del "lucky imaging" ho scattato due foto agli ammassi M3 e M53 usando circa 400 pose per ciascuno da 2 e 3 secondi (M53 ha richiesto la posa più lunga essendo meno luminoso ma anche aumentanto molto il rumore di fondo) con la ASI 290 mono non raffreddata.

Il risultato è più che soddisfacente e mi ha dato un minimo di gioia. Notevole la puntiformità concessa dal Vixen 120S che, pur in assenza di filtri, ha concesso una focalizzazione precisa e un risultato finale apprezzabile.

Sopra e sotto: ammasso globulare M3. Immagine completa (sopra) e ingrandimento (sotto).

Sotto: ammasso globulare M53

DEEP SKY: THE LOGICAL PLAYGROUND

E’ nella osservazione degli oggetti deboli, possibilmente eseguita da cieli collaborativi, che il samurai giapponese trova il suo migliore impiego.

Ho lavorato una intera notte dalla campagna toscana, lontano da luci parassite (benché un po’ di umidità nell’aria rendesse poco trasparente il cielo nei suoi lembi più prossimi all’orizzonte) e ospite di un resort esclusivo.

Per l’occasione ho impiegato una montatura Ioptron AZ-PRO, splendida altazimutale computerizzata che fa della silenziosità e precisione di puntamento i suoi asset migliori, e mi sono dedicato ad una “carrellata Messier” improvvisata.

La stagione non era la più indicata ad una maratona Messier e infatti ho potuto osservare solamente 77 dei 110 oggetti in lista ma l’ausilio del sistema di puntamento automatico si è dimostrato impagabile.

Ogni oggetto disponibile, che fosse galassia, ammasso aperto, nebulosità, o ammasso globulare, veniva puntato con precisione sbalorditiva e offriva bella visione di sé.

L’oculare zoom (7.2-24mm circa) ha fatto il resto permettendo di spaziare in un “click” dalla visione a campo moderatamente ampio a quelle via via più ingrandite.

Nonostante le galassia appaiano tendenzialmente dei “puffetti” alcune di loro hanno mostrato accenni di forma e qualche particolare e i globulari sono stati quasi tutti risolti o quantomeno sgranati in modo convincente.

Anche la cromia delle componenti degli ammassi aperti è risultata apprezzabile e le nebulose, sia in luce bianca e molto di più con l’ausilio di un filtro CLS o UHC, mi hanno gratificato con una pletora di particolari e volute significativa.

A seguire (sotto) alcune immagini tratte da MILANO in condizioni ETREME. Non sono risultati sbalorditivi, del resto le condizioni di ripresa erano davvero proibitive (Bortle 9+) ma restano indicative.

DUE CONSIDERAZIONI FOTOGRAFICHE

Nel corso dei mesi ho anche eseguito alcuni test fotografici che mi hanno definitivamente insegnato qualcosa sia in merito all’impiego del Vixen 120s che della possibilità di fotografare da cieli cittadini e paludosi come quello della periferia di Milano.

Quanto posso riassumere è lapidario: per fotografare servono cieli di buon livello (almeno) e sprecare notti anche con i migliori filtri IDAS, OPTOLONG, ASTRONOMIK, stando a Bortle 9+ (dove il simbolo “+” indica la nebbia milanese) è da masochisti che desiderano solo deprimersi.

Detto questo il Vixen 120S non è affatto uno strumento da buttare. 

Differentemente da altri acromatici la sua architettura consente, anche con sensori come quello della ASI 294pro o della ASi533 (che è un poco più piccolo) di ottenere fotografie a campo quasi del tutto spianato (i difetti vano davvero “cercati”) e il residuo di cromatica, pur avvertibile in modo netto, è però piuttosto contenuto e non rovina in modo implacabile le immagini.

Sono certo che, da un cielo come quello della mia postazione montana, anche con camere a colori si potrebbero trarre scatti impressionanti.

QUALI OCULARI

Il corredo di un telescopio è importante tanto quanto il telescopio stesso.

Risulta però, da quanto emerso dai test effettuati negli ultimi anni, che il sentore popolare degli amatori sia molto sviato dalle mode.

Gli oculari oggi presenti sul mercato, almeno quelli non del tutto “entry-level”, si caratterizza per una qualità elevata che rende molto vicine le prestazioni di un oculare da 80 euro rispetto a quelle offerte da un altro di costo quadruplo.

Le sensazionalistiche parole usate dai più per supportare la vendita di piccoli pezzi di vetro a costi ignobili non ha alcuna traduzione pratica nell’utilizzo notturno.

Per il “nostro” VIXEN 120-S ho scelto quindi gli oculari più storici che potessero accompagnarlo e che sono i “LV” di prima e seconda generazione (praticamente uguali tra loro se non con lievi differenze di serigrafia e di trattamento antiriflesso).

Sovente tacciati dagli amatori dal palato fine di essere poco incisi, troppo “caldi” e soft, gli LV hanno un enorme pregio ai miei occhi che li rende preferibili se accompagnati al Vixen 120: sono maledettamente belli.

Il campo che abbracciano pari a 50°, è perfetto per quasi tutti i tipi di applicazione e risulta, in accoppiamento con lo schema ottico del 120-S, completamente esente da aberrazioni geometriche  percepibili in modo significativo. Esistono, in realtà, ma sono di entità numericamente adatta solo a discorsi da bar.

In aggiunta a questo, gli LV sono declinati in una quantità di focali che copre ogni esigenza spaziando dai 50mm ai 2,5m.

Non posseggo il 50mm ma ho il 30mm che è oculare di notevole qualità che però incontra un problema fastidiosissimo e che ho dovuto risolvere in modo meccanico. La sua estrazione lo rende inadatto ad andare a fuoco con i rifrattori Vixen (ma anche con i riflettori della serie VMC e VISAC).

E’ un aspetto che fa arrabbiare a livelli stratosferici e che impone la modifica dei diagonali da due pollici in commercio.

Quando però si è messo mano a “sega e flessibile” e le raccorderei rifatte in modo adeguato e ben planare, l’impiego del LV30mm sul Vixen 120S è… uno spettacolo.

Il campo inquadrato è tanto pur senza essere eccessivo e benché non risulti del tutto spianato il contrasto offerto è davvero elevato e non fa rimpiangere nessun Nagler mai prodotto.

CONCLUSIONI

Non è economico, pazienza.

Il Vixen 120-S è uno strumento “a sé”, non per tutti. Va ricercato nelle sue prime versioni e quindi tassativamente con la livrea classica bianca e verde, perché quelli recenti in bianco latte sono orribili come la maggior parte della produzione Vixen carrozzata in pari modo.

Va inoltre posto sulla montatura adatta…

Se si vuole essere classici è necessaria una Vixen GP-DX dotata di Skysensor originale. In questa configurazione il telescopio è così bello e tecnicamente avanzato da non temere il passare degli anni, anzi…

Se invece si è itineranti e si desidera precisione e funzionalità allora la scelta migliore è quella che ho fatto io: Ioptron AZ-PRO (1500 euro di montatura) con mezzacolonna dedicata (indispensabile per la rotazione del tubo ottico). Si può caricare il tutto in auto e dimenticarsi power tank e fili vari. Ci si godrà un intera notte (o quasi) di osservazioni nel più delicato silenzio e con la massima libertà.

E infine una dichiarazione per i fanatici della serie FL alla fluorite: sappiate che non cambierei MAI questo 120-S per un FL-102...

Ci potete contattare a:

diglit@tiscali.it

oppure usare il modulo online.

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