QHY 5L-II CMOS CAMERA

Anno 2014 e 2015

INTRODUZIONE

La mia avventura nell’imaging è rinata pochi mesi fa dopo tanti anni di silenzio. Le ultime immagini scattate, per onor di cronaca ad oggetti del cielo profondo, rislagono agni anni della cometa Hyakutake e della successiva Hale Bopp. Allora lavoravo con uno jaeger 130 f5 (rifrattore) e un Meade 102 ED apo (il primo doppietto con lenti ED di casa Meade) e le pellicole classiche che si usavano allora: la Schocth Crome, la Fuji e la Technical Pan 2415. Non esistevano le autoguide (cominciava a circolare la prima ST-4 a onor del vero) e si inseguiva per svariate decine di minuti (ricordo pose da 30/40 minuti) guardando attraverso l’oculare con reticolo illuminato. Si “arrostivano” le pellicole in forno per ipersenibilizzarle... un vero calvario ma l’approccio alla cosa era molto affascinante e anche un poco pionieristico, inoltre ero poco più che un ragazzo e avevo tempo.

Poi, con l’avvento delle moderne CCD anche a disposizione degli astrofili, ho abbandonato l’interesse alla fortografia: giravano immagini bellissime (e allora non erano certo al livello attuale) e mi accontentavo di guardare quello che facevano gli altri. 

Poi, vuoi per la mancanza di tempo alle trasferte sotto cieli bui, ho virato il mio interesse agli oggetti del sistema solare e ai sistemi multipli stellari e l’approccio visuale mi ha accompagnato per oltre quindici anni.

E’ stato per caso che, 3 anni fa, acquistai la prima watec 120N+ e poi una webcam Philips 900 (mai usata a dire il vero). Qualche mese fa mi sono lasciato convincere dalla ASI 120MM e ho provato le prime riprese di Giove e Saturno con risultati simpatici. Il bianco e nero (sia chiaro che il tempo dedicato all’imaging è pochissimo) mi stava un poco stretto e quando l’amico Riccardo mi ha proposto la nuova QHY5L-II a colori (affarino da pochi euro) ho colto l’occasione e me la sono fatta inviare. 

Le riprese che faccio si fermano alla produzione immediata e non contemplano le lunghe serate trascorse al PC ad elaborare i filmati con programmi di fotoritocco come Photoshop e simili che aiutano molto trasformando, se ben usati, “brutti anatroccoli” in maestosi cigni. Poiché il mio intento, oltre a quello meramente ludico dell’osservazione, è di tipo didattico non ho trovato la pazienza sufficiente a diventare un imager di spicco ma semplicemente un amatore che, per cambiare, scatta ogni tanto foto ai dischetti planetari.

Inoltre, per questioni puramente intellettuali, mi sono limitato all’utilizzo di ottiche di piccolo diametro (comprese tra i 60 e 150mm.) perché “nel limite trovo ispirazione”.

CARATTERISTICHE E ASPETTO

La camera è talmente piccola e leggera da sembrare un giocattolo, o una miniaturizzazione. E' la prima impressione che sorge spontanea aprendo la scatola in latta che contiene il sistema QHY5L-II. Per il resto c'è tutto quello che deve esserci: cavi di collegamento per il segnaledi acquisizione e l'utilizzo come autoguida, raccorderie per il formato da 1,1/4 e 2 pollici, e così via.

Il packaging è tipicamente occidentale e sembra che i cinesi abbiano assoldato qualche designer di casa nostra per dare lustro a una confezione che costa nulla (una scatoletat di latta con un adesivo) ma che si distingue comunque per buon gusto rispetto alla tradizionale scatola di cartone dei prodotti CCD e simili.

A confronto con una ASI 120 la scocca della camera è decisamente meno robusta e rifinita ma, cosa a mio avviso più importante, nel caso della QHYL-II il sensore è protetto da un vetrino ottico e lontano da "peluccamenti" vari. Il risultato è che il sensore è sempre pulito, nella ASI invece questi è sempre sporco...

PERFORMANCES INIZIALI

Non starò a ripetere pedissequamente le caratteristiche dinamiche del sensore perché queste vengono ben descritte e riporate nel flayer soprastante. Mi concentrerò piuttosto nel descrivervi il mio approccio alla camera e i primi risultati ottenuti che sono discreti e che e rendono giustizia alla scelta del colore “all in one” se si sceglie un approccio turistico all’imaging planetario.

La ASI 120mm è forse più tagliente nel registrare particolari al limite del contrasto ma la QHY5L-II è più gradevole da usare perché, inutile negarlo, la nostra visione è più naturale se accompagnata da una gamma cromatica che spazia dal violetto al rosso che non dal nero al bianco.

Usare la QHY5L-II è facilissimo, basta infilarla nel portaoculari e installare il suo programma di acquisizione che è EZPlanetary E’ meno completo di SharpCap che sono solito usare con la ASI 1200MM e ha una interfaccia meno intuitiva (alcuni comandi sono francamente risibili e certe impostazioni di ripresa - tempo o frame trascorsi - demenziali). Se ci si adatta però i risultati escono comunque.

Le prime prove sono state effettuate tutte con strumenti molto piccoli: due rifrattori da 90 e 60 mm. rispettivamente, entrambi aperti a f15 e operanti in condizioni di seeing scarsissimo.

CON UN ACROMATICO DA POCO

Dopo un po’ di tempo di “fermo” per motivi più lavorativi che di voglia ho riesumato la piccola QHY5L-II a colori mettendola al fuoco di un acromatico molto economico da 5 pollici. Ho infatti acquistato un Bresser 127L (rifrattore doppietto acromatico da 127 mm. di apertura e 1200 mm. di focale) da destinarsi alla ripresa dei sistemi multipli. Pur avendo a disposizione ottiche più performanti cercavo un telescopio di cui non preoccuparmi quando usato in notti molto umide (tipiche dell’inverno milanese) anche se lasciato lungamente sotto il cielo.

I 330 euro richiesti per il rifrattore (completo di anelli, oculari, cercatore, piastra) mi sembravano una spesa sostenibile e così, armato di curiosità, ho provato ad impiegarlo nella ripresa del nostro satellite e del pianeta Giove, alto sull’orizzonte nelle ore tarde serali del febbraio 2015.

Contro ogni aspettativa l’accoppiata QHY5L-II color e Bresser 127L ha permesso buone riprese dei soggetti indicati e la camerina a colori non ha tradito le ottime recensioni di cui gode.

Per onore del giusto devo ammettere, sia con il programma di capturing dedicato EzPlanetary che con l’ultima versione stabile di SharpCap - 2.3.1, di non essere riuscito ad avere un corretto bilanciamento dei colori in fase di acquisizione. Ritengo il problema insito nella mia incapacità di settaggio oltre che in una mala simpatia tra la camera e i due programmi di ripresa che non consente un settaggio accurato. Il risultato si vede nelle foto a seguire. Molto buoni i dettagli (considerando il set-up di ripresa), molto meno le dominanti che tendono ad essere un po’ innaturali. Ritengo però che si possa migliorare molto il bilanciamento dei colori con maggiore perizia e con programmi più “dinamici” di acquisizione.

Le riprese sono state effettuate con e senza barlow 2,5x (per una focale equivalente di 3000 millimetri e un rapporto d’apertura di circa f24) in condizioni di buon seeing locale. Solo le immagini della Luna, riprese con il cielo ancora chiaro e con una turbolenza pronunciata, non rendono giustizia né al rifrattore né alla camera QHY5L-II. Non male invece la resa sulla doppia ALNITAK che appare ben separata e con dischi accettabilmente definiti. Indipendentemente dai risultati conseguiti va segnalata la buona velocità di FPS che la camera permette. Accoppiata ad un vecchio portatile dotato di Windows 7 e porte USB 2.0 la QHY5L-II mi ha più volte permesso di acquisire a oltre 40 FPS (ovviamente con selezione dei pixeò non superiore ai 640x480) reali che rappresnetano un valore oltre il quale è obiettivamente poco utile spingersi. Il rumore di fondo non è eccessivo ma esistono camere più pulite e il range di gamma è mediamente ampio anche se non paragonabile a quello dei sensori NIR più specializzati.

QUELLI "BRAVI" COSA OTTENGONO?

Poiché le mie capacità di astroimager sono limitate e il tempo per le elaborazioni, oltre al sito di ripresa, sono limitate e non all’altezza, posto alcune immagini tratte dal sito ufficiale di QHYCCD (http://qhyccd.com/en/left/page3/qhy5-ii-series/) realizzate da astroimager di alto livello che esemplificano i risultati ottenibili con questa piccola camera. Sono risultati non facili da raggiungere ma testimoniano la bontà del progetto e del sensore se impiegati sotto i cieli giusti e da mani esperte.

CONCLUSIONI E DUE PAROLE SU EzPlanetary

La resa della QHY5L-II a colori appare, dai test effettuati e dall’esperienza vissuta, piuttosto valida. Veloce in acquisizione, molto facile da usare, consente di ottenere buone immagini direttamente a colori senza dover usare filtri RGB con camere monocromatiche. Il suo costo, inferiore di poco ai 200 euro, la rende inoltre molto appetibile e può essere strumento valido per chiunque non richieda prestazioni top level essendo dotato di strumenti molto grandi operanti sotto cieli dal seeing quasi perfetto (per le quali esistono camere più performanti).

Ritengo invece poco valido il programma EzPlanetary offerto con la camera, un po’ macchinoso nell’utilizzo e poco “duttile” oltre che dotato di settaggi delle dominanti non evoluti. Ritengo, da utente medio, che l'interfaccia sia poco logica e che non sia accettabile avere un sistema che, ogni volta si cambia il settaggio della risoluzione in pixel scollega automaticamente  la camera per poi chiedere di riselezionarla. 
Inoltre, NON avere un canale L "pulito" ma una debayerizzazione dominante (blu, rossa, verde a seconda dei casi) è una mezza follia.
Potrebbe esserci il sistema di bypassare questo problema ma obiettivamente non l'ho trovato e questo segnica che, se c'è, è quantomeno di difficile reperibilità... Creare dal nulla un nuovo programma di capturing ha senso solo questi è iper specializzato per ottenere il meglio dalla camera commercializzata. Se così non è meglio appoggiarsi ad altri software esistenti, e meglio fatti per giunta.

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