TAKAHASHI MT-160

Anno 2016

Takahashi MT-160 su montatura EM-100. Classe 1983. Foto non dell’autore

INTRODUZIONE E STORIA

La serie MT di casa Takahashi è, almeno da noi in Italia, poco conosciuta per via di una generale scarsa attenzione alla tipologia newton e al costo molto elevato che aveva durante la commercializzazione.

Si tende solitamente ad associare al nome della casa giapponese i vari e bellissimi rifrattori alla fluorite ma va ricordato che una parte importante della storia Takahashi viene riflessa da specchi di altissima qualità.

Iniziata con la prima serie TS (che affonda le sue radici nell’anno 1969 e si protrae fino all’inizio degli anni ’80) la variante newton Takahashi "prima serie" si fregia di modelli rari e performanti: dal piccolo 100/1000 ai 5 pollici a f6 e f8 (130/800 e 130/1000) fino ai rarissimi 160 millimetri a f6 e f8 (160/1000 e 160/1280).

La maturità viene però raggiunta negli anni ’80 quando la premiata “TS” lascia il posto alla più completa “MT” che annovera una pletora di diametri a copertura di qualsiasi esigenza. Tra il 1982 e il 1996 vengono presentati i componenti della famiglia che spazia dal piccolo 10 cm. fino al notevole MT-300 che io stesso, ammetto, non ho mai visto se non in fotografia.

Insieme alla serie MT vengono anche presentati di riduttori di focale e i correttori, i primi con lo scopo di trasformare i newton in astrografi ante litteram e i secondi per offrire il massimo nelle osservazioni planetarie.

Se un MT-250 F8 può essere sicuramente considerato strumento d’arrivo per qualsiasi amatore (anche senza azzardare il 300) sono i diametri minori ad essere i più usabili e gestibili anche da astrofili itineranti.

ACQUISTO E RESTAURO

Per anni ho desiderato un “MT”, indeciso tra il 130, il 160, e il 200 (che in varie occasioni avevo avuto occasione di acquistare) ma ho sempre desistito, pentendomene, finché mi sono imbattuto nella prima serie (quella con tubo verdino) che ai miei occhi si veste di fascino particolare.

Avevo perso un MT-160 bianco pochi mesi prima di questo articolo, dotato per giunta di correttore e riduttore dedicati, ma quando la fortuna delle aste mi ha presentato un 160/1000 "original green" non ho saputo resistere.

Lo strumento, presentato all’incanto molto bene e con notevole servizio fotografico (ben 72 immagini), appariva in buono stato conservativo generale, dotato del suo cercatore 6x30 ma non della clamshell da 20 cm., e con solo alcuni piccoli “chip” sullo specchio principale. Forse lievi incrostazioni dell’alluminatura o distacchi della stessa ma di dimensioni tali da non influire sulla resa ottica in modo determinante.

Acquistare uno strumento delicato senza poterlo provare è sempre un azzardo ma serve correre rischi per potersi aggiudicare pezzi rari o comunque poco diffusi.

Ho incrociato le dita e poi ho fatto ciò che era necessario, anche grazie all’amico Daniele che mi ha assistito, per aggiudicarmi il lotto.

Il pacco di imballo è giunto in una giornata per altri motivi "difficile" e quando l’ho sollevato e ho sentito pezzi interni “liberi” che sballottavano a destra e a sinistra l’angoscia mi ha colto. L’imballo era stato evidentemente preparato da irresponsabili che avevano lasciato il cercatore, singolo e staccato, vagare dentro allo scatolone senza opportuni riempimenti. Fortunatamente lo strumento era intatto, nemmeno graffiato, e nessun segno visibile di danneggiamento sembrava palesarsi.

Dopo il dovuto sospiro di sollievo ho liberato il telescopio dalle scarse protezioni che gli erano state dedicate nel paese del Sol Levante e l’ho osservato minuziosamente.

Benché non fosse danneggiato il suo aspetto appariva dimesso con sporcizia e incrostazioni ovunque, anche rugginose, e una condizione impresentabile degli specchi sia primario che secondario (muffe, polveri, e macchie di chissà cosa). Qui di seguito alcune immagini che ritraggono le condizioni all’arrivo.

Ho provveduto a smontare ogni singola vite, parte, ho diviso tutto minuziosamente, segnato la posizione degli specchi e mi sono armato di buona volontà e pazienza.

In circa quattro ore di ininterrotto lavoro ho ripulito pedissequamente ogni piccolo componente usando prodotti speciali e l’esperienza maturata negli anni. Ho persino smontato completamente il focheggiatore comprese tutte le rondelle, manopoline, brugole e grani e ho ripulito con le paste adeguate ogni millimetro del “nuovo” Takahashi.

L’effetto è stato sorprendente e, se si escludono alcuni graffietti sulla vernice esterna del cercatore (peraltro quasi completamente coperti dal suo supporto), il nostro MT-160 è tornato “nuovo”.

Il suo bel colore verdino pallido sembrava rinato, tutte le incrostazioni scomparse, le verniciature delle parti ad alto spessore rinate e brillanti, manopole e viti quasi scintillanti. Avevo le mani e la schiena a pezzi ma l’effetto mi ha ripagato dello sforzo profuso.

Persino i due specchi, cuore dello strumento, sembravano usciti dalla lucidatura e pulitura della casa madre (quasi nessuno tra coloro che avevano visto le condizioni prima e dopo il trattamento volevano credere si trattasse del medesimo strumento).

Riassemblare l’MT-160 è stato un piacere e quando l’ho riavuto completo ho proceduto al controllo sommario della collimazione dei due specchi con la tecnica del barilotto forato (nel mio caso un elemento in alluminio preformato con foro centrale che uso per la collimazione degli strumenti a specchio).

Nel compiere l’operazione ho apprezzato molto il sistema di regolazione dello specchio primario che, invece delle tre solite coppie di viti push & pull (a mio modesto parere scomodissime) utilizza un sistema a singola vite con tre registri di regolazione che tirano, spingono, bloccano.

Una caratteristica geniale (perduta nelle serie successive bianche e di cui mi domando il perché) che rende l’operazione velocissima anche se richiede un po’ di “tocco”.

Allo strumento finito mancavano gli anelli che, come scrivevo in apertura, non erano compresi nel lotto d’asta. Va detto che il MT-160 prima serie (quella in mio possesso) usava un clamshell a X molto bello e un po’ “liberty” realizzato in fusione e che il diametro esterno del tubo pari a 204 millimetri rende impossibile trovare anelli adatti in commercio.

Per ovviare al problema ho momentaneamente cannibalizzato un newton fotografico 200/660 che monta anelli da 235 millimetri di diametro interno a cui ho aggiunto spessori in gomma dura. Barra passo Losmandy e strumento pronto per la sua (anzi mia) “prima luce”.

CARATTERISTICHE

I newton MT hanno, con la sola eccezione della versione da 10 cm., gli specchi in Pyrex con un errore di lavorazione dichiarato prossimo a lambda/20.

Indipendentemente dalla sostenibilità di tale valore, che ritengo anche ragionevole dati alcuni test che ne misurano l’errore sul fronte d’onda inferiore o prossimo a 1/10, ciò che conta per la globale resa di uno strumento non è il singolo dato specifico ma l’insieme delle aberrazioni presenti che concorrono a generare l'immagine a fuoco.

Sicuramente lo schema newton, se ben lavorato e con un rapporto focale prossimo a f6, rappresenta una scelta quasi ideale sotto molti punti di vista. Geometricamente parlando il rapporto di f6 consente una curvatura di campo limitata, un coma contenuto, e anche un compromesso funzionale a un campo di piena illuminazione completo con una non eccessiva ostruzione del cammino ottico.

A tutti gli effetti il rapporto di F6 segna una sorta di “equilibrio aureo” nello schema newton tanto che i maggiori costruttori e anche le migliori realizzazioni artigianali si sono quasi sempre uniformate a questo valore nel tentativo di ottimizzare le prestazioni, specialmente in alta risoluzione. I KASAI “nero”, i TAL 150, gli stessi Takahashi MT, i Parallax, e molti altri ne sono testimoni.

Nell'immagine sopra il classico TAL 150/1200, meno blasonato e rifinito ma più diffuso

sui nostri mercati. Foto non dell'autore.

Dal punto di vista statico l’MT-160 è molto più imponente di quanto il suo diametro utile faccia immaginare. Metro e bilancia permettono di verificarne il diametro esterno e la lunghezza, rispettivamente di 20 e 90 cm., per un peso complessivo di 8 chilogrammi capace di mettere in crisi montature non correttamente dimensionate. Se a questo aggiungiamo l’asimmetria del fuoco newton e la posizione del focheggiatore emerge la necessità di una solida montatura per poter sfruttare al meglio le potenzialità dello strumento.

Non credo di esagerare nell’indicare nella Ioptron IE45 o nella classica Eq6 le montature limite né di caldeggiare però prodotti anche più solidi come la sempiterna Losmandy G11 o la raffinata EM-200 di casa Takahashi.

Personalmente ho scelto qualcosa di ancora più evoluto per eseguire parte dei test affidando alla Vixen Atlux 2000PC il compito di gestire al meglio le ottiche del newton giapponese.

Sulla robusta compaesana l’MT-160 “sta una favola” sia esteticamente che dimensionalmente con uno smorzamento delle vibrazioni istantaneo e una facilità di focalizzazione invidiabile. 

Non mi stancherò mai di ripetere quanto sia importante la meccanica di sostegno di un telescopio per poterne godere appieno le capacità e ancora una volta, quando i rapporti di portata appaiono così vantaggiosi, ho potuto convincermi che risparmiare sulla montatura non si può, o meglio non si deve.

Il resto della prova è stato effettuato su una altrettanto robusta Ioptron CEM-60 su colonna fissa.

In una bella sera il "nostro" MT-160 si è trovato a fare i conti con il più incredibile tra i rifrattori da 4 pollici: il Takahashi FC100N (foto sopra). Nonostante la superiore e ineguagliabile pulizia del compagno alla fluorite in versione steinheil da 1 metro di focale, il newton ha fatto valere le sue notevoli doti non lasciandosi distanziare troppo sui sistemi multipli stretti (dove il rifrattore la fa da padrone) e garantendo una immagine di Giove più dettagliata benché lievemente meno "netta". Soprattutto oltre i 200x lo strumento da 16 cm. esibiva maggiore dettaglio e luce tanto da permettermi di lavorare a quasi 300x senza avere la sensazione di affanno. Sulla Luna il maggiore diametro del newton ha fatto valere i muscoli grazie alle ottiche molto ben lavorate anche se l'immagine del 100 mm. gli resta incredibilmente vicina (con un microdettaglio di poco inferiore e minore luminosità). Del resto il FC100N è stato superiore a tutti i compound usati per confronto fino ai 6 pollici e quindi la cosa mi ha stupito relativamente poco. Dove il Newton mi è parso avere una marcia in più è stato nel cogliere la finezza di alcune zone intorno ai crateri lunari perturbate da materiale eiettato granuloso e "fine". E' stato comunque interessante il confronto anche per valutare quanto un newton di alto livello da 6 pollici potesse superare le prestazioni di un ottimo 10 cm. a lenti in ragione del seeing atmosferico. Questi la fa da padrone, è indubbio, ma fino a valori discreti (tipicamente intorno ai 6/10) le prestazioni sono generalmente livellate con differenze del tutto marginali. E' solo quando le condizioni lo permettono che uno specchio di qualità rende di più e questo la dice lunga sulla reale sfruttabilità in visuale di strumenti molto più grandi dove il potere risolutore teorico viene raramente raggiunto o quantomeno avvicinato.

STAR TEST E PRIMA LUCE

La sera dedicata alla prima osservazione si presentava nuvolosa con solo alcuni sprazzi di cielo sereno tra una nuvola e l’altra, umidità bassa a livello terra ma un poco di foschia in alta quota. Ho puntato prima Capella e poi Polluce spostandomi da una all’altra man mano che le nuvole cambiavano forma e posizione.

La collimazione effettuata a occhio si è rivelata piuttosto precisa ma ho voluto comunque correggerla dato un lieve disassamento percepibile sopra i 100x.

Ho lavorato per un paio di minuti, o anche tre, e poi effettuato uno star test approfondito. 

Le immagini intra ed extra focali sono apparse pressoché identiche e la focalizzazione esemplare con i quattro baffi di diffrazione sottili e molto netti a testimonianza di una collimazione corretta. Visibile il disco di Airy con una luce diffusa molto contenuta anche se il cielo chiaro ha reso difficile valutarne correttamente l’ammontare. Fantastico anche il focheggiatore che si è rivelato estremamente preciso sia per quanto riguarda uniformità di scorrimento e frizione sia per la mancanza di qualsiasi tipo di basculamento e/o tolleranza.

Purtroppo le immagini sopra riportate fanno ben poco onore alla realtà essendo state riprese con metodo afocale su un telefonino tenuto a mano in proiezione di oculare da 5mm. di focale. Inclinazioni, aberrazioni della camera del telefono, fuori asse, sensibilità scarsa e via discorrendo non restituiscono la reale simmetria né la precisione di immagine garantite all'oculare. Sono comunque una "testimonianza". La scollimazione lieve visibile è dovuta alla necessità, per la ripresa, di posizionare fuori asse e verso il bordo del campo inquadrato la stella di riferimento.

Lo star test è stato ripetuto qualche sera dopo la “prima” luce in un raro momento di seeing discreto (poi peggiorato nel corso della serata) e di buona trasparenza dell’aria. Capella, alta nel cielo della primissima sera, si è mostrata con una nitidezza entusiasmante e un punto di fuoco univoco e molto preciso. I quattro spikes dovuti alle razze porta secondario appaiono allungati (ma meno del previsto) e piuttosto fini anche se le razze non primeggiano per sottigliezza.

Risulta possibile utilizzare oculari di qualsiasi lunghezza focale fino ai 2.3 mm. del X-Cell (oculare che non amo e la cui qualità potrebbe essere oggetto di lunga disquisizione) che forniscono il rilevante potere di circa 430x. L’immagine resta impeccabile sia dal punto di vista geometrico che cromatico anche a tale potere ma preferisco effettuare l’analisi delle figure di intra ed extra focale a poteri pari a circa 133x (Takahashi LE 7,5 mm.) e 167x (ortoscopico di Abbe da 6 mm). Affascinante notare come le due figure di diffrazione appaiano identiche a testimonianza di una correzione ottica eccellente e di un coretto dimensionamento degli elementi ottici.

OSSERVAZIONE PLANETARIA E IMAGING

Dopo aver sciorinato gli ingrandimenti sulla brillante Pollux ho voluto dedicare un po’ di tempo a Giove che transitava in una zona del cielo momentaneamente sgombra da nuvole. 

L’immagine che mi si è offerta alla vista è stata scioccante. Già a soli 50x (plossl da 20mm. usato per allineare il goto) la quantità di dettaglio e qualità dell’immagine lasciavano immaginare una grande performance planetaria. Sono salito a 100x (plossl da 10mm.) e poi a 133 (Takahashi LE 7,5 mm.) notando un intricatissimo disegno che a 200x (LE 5mm.) è letteralmente esploso in una serie di microonde e accenni di festoni, grovigli di vortici a fianco della GRM, che volgeva verso il lembo del pianeta, e sottilissime bande tropicali oltre ad accenni di formazioni nelle zone polari. A 250x (plossl da 4 mm.) l’immagine era ancora contrastata e pulitissima con un bordo inciso e nessuna apparente perdita di dettaglio.

Le nuvole si muovevano e mentre montavo il piccolo pc portatile e sistemavo i cavi delle camera planetaria ho invitato mia moglie all’oculare che ha confermato di vedere distintamente i vortici sulla SEB a ridosso della Grande Macchia Rossa.

Avevo a disposizione solamente la barlow 2x che riusciva a portata a fuoco l’immagine sulla camerini QHY5L-II monocromatica quindi ho lavorato con una sottocampionatura notevole. 16 cm. di apertura per soli due metri di focale finale (1000 mm nativi + barlow 2x) sono davvero troppi e diventa impossibile attendersi una immagine di rilievo. Si dovrebbe lavorare con focale quasi doppia o quantomeno prossima ai 4 metri ma per la prima prova mi sono accontentato, del resto avevo poco tempo. Le nuvole mi hanno concesso solamente due riprese da 2 minuti ciascuna prima di chiudersi davanti al lontano pianeta rendendolo invisibile.

L’immagine testimonia quanto il MT-160 sia un vero “planet killer”. Se si considera che la fotografia è fortemente sottocampionata e le condizioni di ripresa non erano eccezionali nonostante un seeing valutato in circa 7/10, è facile comprendere il margine di miglioramento e la incredibile risposta dello strumento.

Per avere un paragone valido nel valutare l’immagine di Giove ho chiamato il Vixen ED-130SS ad aiutarmi. Il test di confronto ha avuto esiti incerti fino ai 130/140x circa, potere oltre al quale l'MT-160 ha preso il sopravvento mostrando una immagine più incisa, ricca di particolari (specialmente quelli molto fini) e piacevole. Le differenze erano sottili, va detto per onestà, ma il semplice fatto che il newton avesse in pancia più birra del suo rivale apocromatico mi ha impressionato.

Era la prima volta in tutta la mia esperienza che mi trovavo con un newton da 6 pollici superiore a un buon apocromatico da 5 su un target come Giove che esalta solitamente le doti di pulizia offerte dagli strumenti a lente e non mi sono stupito che l'MT-160 avesse avuto la meglio sul FC100-N sul medesimo bersaglio benché il rifrattore alla fluorite da 10 cm. sia più corretto del suo rivale "ED" da 13 cm aperto a meno di f7.

Il newton Takahahsi si è dimostrato un compagno di avventura di altissimo livello e capace di prestazioni al vertice assoluto del proprio diametro. Purtroppo le prove di imaging effettuate sono state inficiate da un seeing medio quasi masi superiore ai 5/10 che ha imposto limiti insuperabili. 

Ho però trovato la corretta campionatura, almeno in abbinamento alla camera QHY5L-II a colori (che non rappresenta certo l’optimum ma che ha dalla sua una facilità di utilizzo adorabile), con l’impiego di una lente di barlow 5x.

La focale natia dello strumento pari a un metro viene portata a poco meno di 5 metri (questo per via dei tiraggi delle prolunghe impiegate) da un sistema negativo molto economico nel prezzo (20 euro) ma estremamente ben fatto sia per meccanica che ottica. A questa barlow è dedicato un articolo a sé stante nella sezione ACCESSORI di cui consiglio la lettura.

La estrema precisione del focheggiatore e l’assenza sia di cedimenti che di disallineamenti o tolleranze rilevabili permette di operare molto bene a patto che si usi una montatura precisa e di solida meccanica. Un “vero” fotografo avrebbe probabilmente fatto meglio di me, ma considerando il valore di seeing della serata (che a stento raggiungeva i 5/10) e la semplice ripresa da 2 minuti non derotata, quanto ottenuto da una vaga idea sulle potenzialità del telescopio

Ho ripreso nuovamente Giove un mese più tardi, il 6 maggio 2015, con condizioni di turbolenza migliori che hanno permesso di superare la risoluzione fino ad allora raggiunta e di apprezzare fini sottostrutture nelle bande principali e secondarie dell’atmosfera Gioviana.

Particolare risulta la pulizia del piccolo disco del satellite mediceo prossimo all’occultazione (immagine sottostante).

SATURNO E MARTE RIPRESI SOTTO I 18 GRADI DI ELEVAZIONE SULL'ORIZZONTE

Poiché erano almeno due anni che non riprendevo né Marte né Saturno, la sera del 25 luglio 2016 ho dedicato loro un paio di riprese dopo aver installato il MT-160 sulla mia personale Vixen ATLUX SS-2000.

Il seeing era purtroppo davvero molto scadente (tra 3/10 e 4/10) dovuto principalmente alla bassa elevazione: non superiore ai 16° quando ho ripreso Marte e prossima ai 18° per la ripresa di Saturno. Inoltre il cielo milanese era nuvoloso, quindi direi tra le peggiori condizioni possibili, alle quali aggiungo una (in realtà ottima) barlow 5x cinese dal costo di 20 euro spedizione compresa che, almeno sulla carta, potrebbe far storcere il naso ai puristi.

I risultati sono ovviamente fortemente penalizzati dalle condizioni di contorno ma, tenendo conto di queste, lasciano ampio spazio alle potenzialità dello strumento.

STELLE DOPPIE

Anche nell’osservazione dei sistemi multipli il newton giapponese dimostra di avere molte qualità. Indipendentemente dal proprio potere risolutore ciò che impressiona è l’estrema pulizia dell’immagine offerta che pur non pareggiando un apocromatico classico non gli si discosta però di molto permettendo di osservare sistemi con componenti fortemente sbilanciate senza perdere molto contrasto. La luce diffusa è contenuta e gli spikes aiutano in parecchie situazioni a snellire le dimensioni stellari.

Particolarmente piacevole è stato, in una notte di discreto seeing di metà luglio, osservare la DELTA Cigny: classico sistema nell’ala della figura mitologica alta nel cielo estivo.

La doppia rappresenta un soggetto generalmente non facile per gli strumenti ostruiti che, anche quando la mostrano nella sua chiara duplicità, offrono sovente immagini lontane da quelle di rifrattori di diametro anche notevolmente inferiore.

Nel tradizionale schmidt cassegrain da 8 pollici la percezione dei colori ma anche e soprattutto la pulizia del disco di Airy e degli anelli di diffrazione sono sensibilmente meno apprezzabili rispetto a quanto l'MT-160 permette tanto che anche a soli 100x il sistema si mostra nettamente separato con le due componenti contrastate e la secondaria azzurrina e ben definita.

Ho elevato progressivamente gli ingrandimenti fino allo stimabile limite dei 357x offerti dal LE 2,8 mm. Takahashi senza avere alcun decadimento dell’immagine e con la ragionevole certezza che anche poteri superiori avrebbero potuto essere impiegati con profitto benché non possano aggiungere dettaglio e tendano anzi a diluire il contrasto cromatico in modo eccessivo.

Nelle medesime condizioni di seeing (stimabile tra i 6 e i 7/10) un catadiottrico da 20 cm. di diametro avrebbe mostrato buffetti tremolanti molto meno definiti.

L’assenza di astigmatismo ha permesso una osservazione del sistema di Epsilon Lyrae splittato nelle sue quattro componenti anche a basso ingrandimento con 4 finissime stelline immobili sul velluto grigio di fondo.

La resa cromatica neutra e la focalizzazione corretta ha permesso inoltre di cogliere bene le dominanti cromatiche di sistemi classici e diversi tra loro: da Albireo a Sheliak, da Cor Caroli a Izar. La finezza di immagine, tutto sommato vicina anche se non uguale (se si fa eccezione per la presenza dei baffi dovuti alle razze del secondario) a quella di un rifrattore, si apprezza anche e soprattutto nell’osservazione dei campi stellari e della moltitudine di deboli stelle che li compongono ma anche nella percezione al limite dei soggetti puntiformi (esemplare la risoluzione delle parti periferiche di M13 dal cielo milanese…). Proprio questa qualità, dovuta sia alla lavorazione ottica che alla perfetta collimazione degli elementi, mi ha concesso una visione piacevolissima della Stella Polare e della sua flebile compagna con una resa che un C8 non è in grado di eguagliare e che mi ha ricordato, con meno luminosità ma forse migliore contrasto, quella offerta dall’ottimo CN-212 (newton/cassegrain Takahashi da 21 cm. di diametro).

Resta indubbio che le prestazioni di alto livello richiedono la cura e la preparazione dello strumento affinché le specifiche progettuali vengano rispettate. Una collimazione attenta e ripetutamente controllata risulta assolutamente necessaria e benché sia più "tollerante" a lievissime scollimazioni, anche un newton con rapporto focale pari ad f.6 richiede grande perizia per performare al meglio. Pensare di non impiegare un po' di tempo alla sua messa a punto (almeno a inizio di ogni sessione osservativa ma anche ogni qualvolta mutino le condizioni di contorno in modo sensibile) è un errore grossolano che può fare la differenza e che molti astrofili, purtroppono, sottovalutano.

CONCLUSIONI - parte 1

Sicuramente il migliore newton da 16 cm che io abbia mai provato e, indipendentemente dal diametro inusuale, tra i migliori strumenti a specchio che si possano desiderare, almeno nella sua classe di apertura.

Sui soggetti planetari rivaleggia con i più performanti rifrattori da 5 pollici esistenti (e non mi riferisco all’invasione dei tripletti orientali multi-etichettati che hanno poco a spartire con il “nostro” giapponese) e, quantomeno a memoria, offre immagini migliori anche di quelle alla portata di maksutov-newton da 6 pollici come i vari MN61 e 68 nei confronti dei quali esibisce anche una facilità di collimazione schiacciante e una brillantezza di immagine superiore pur pagando una ostruzione leggermente più alta).

Affiancarlo ad un comune Schmidt Cassegrain da 20 cm. per osservare Giove significa abbandonare alla prima occhiata lo strumento compound che, anche nelle migliori realizzazioni standard (con focale pari a 2 metri), rischia di risultare un poco deludente nel paragone a meno che le condizioni meteo non siano di eccezionale stabilità.

Bello, molto ben costruito, dotato di un gruppo di focheggiatura pressoché perfetto sia per movimentazione che per sistema di rotazione che non lascia adito a critiche, era e resta un “punto di arrivo” per l’astrofilo esigente anche a dispetto di un diametro che oggi può apparire quasi "modesto".

Il fratello maggiore MT-200, almeno nelle serate giuste, ha probabilmente più “allungo” ma il prezzo da pagare è un peso superiore del 50% e una lunghezza maggiore, con implicazioni non secondarie per la montatura da usarsi.

Il Takahashi MT-160 installato sulla Vixen ATLUX SS-2000 e dotato (finalmente)

di anelli custom realizzati ad "hoc" da un bravo artigiano.

ALTRI TEST FOTOGRAFICI E VISUALI

Nell'ottobre del 2017, pur operando sotto un cielo poco pulito e tarsparente come quello di Milano, con un tasso di umidità non incoraggiante e una certa leggera velatura, il MT-160 è riuscito a estrarre qualche particolare dalla atmosfera del lontano Urano (foto sotto). Siamo al limite delle possibilità ma i particolari ci sono e sono reali considerando che li ho verificati con una immagine del mio CN-212 che li ha estratti dalla superficie nuvolosa con maggiore precisione.

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