MULTICOLOR: ovvero giocare con il bilanciamento del bianco

La sera di Natale 2015, stranamente per quella che è stata la media delle notti milanesi del periodo, il cielo fuligginoso aveva una quieta malinconia e la Luna, a un giorno dalla totalità, si è levata giallissima sull’orizzonte facendo bella mostra di sé.

Ho atteso che si alzasse a sufficienza e poi ho puntato su di lei il mio fido Stufachro 102 armato del telefonino Samsung per qualche scatto e video a basso ingrandimento e largo campo.

E’ stata una piacevolissima intuizione: il telefonino, collegato con il metodo “super segreto”, è solidissimo e permette di “chattare” con gli amici inviando loro in diretta video e immagini riprese senza che il set up si scomponga. La sensazione è quella di operare in tutto e per tutto attraverso il “live view” dello smartphone (dalle correzioni con i moti manuali ed elettrici della Super Polaris agli zoom software del sistema di gestione della camera interna, alle impostazioni di esposizione e compensazione).

Insomma, manca solo qualche funzione utile e poi il sistema sarebbe davvero ideale per qualsiasi tipo di ripresa astronomica, da quella planetaria a quella a lunga posa (la sola che ancora manca ai software proprietari).

Utilizzando l’oculare da 17 millimetri si ottiene l’ingrandimento ideale ad una ripresa dell’intero disco lunare pur mantenendo una accettabile dettaglio anche con qualche piccolo ingrandimento.

La cromatica residua dello strumento, che ho testato attraverso un semplice video di scorrimento, è piuttosto limitata se si considera di aver a che fare con un obiettivo acromatico a due sole lenti da 10 cm. e con focale di poco più di 90 cm.

La grande luminosità del disco lunare permette di lavorare bene riducendo al massimo sensibilità e gestendo solamente la compensazione secondaria. Inoltre, e questo permette alcuni simpatici effetti, si offre all’impiego delle varie impostazioni di bilanciamento del bianco che, nel caso del Samsung S4, sono di cinque tipologie: Automatico - Luce Naturale - Nuvoloso - Incandescenza - Fluorescenza.

La possibilità di impostazione non è del tutto inutile nell’applicazione fotografica astronomica poiché permette di esaltare una certa parte dello spettro visibile a scapito di altre.

Questa funzione può risultare utile, ad esempio, nella ripresa di sistemi binari con componenti sbilanciate in cui la più luminosa abbia una forte caratterizzazione cromatica e tenda con questa a offuscare la visibilità della secondaria. Benché sia sempre possibile intervenire in modo artificioso in post produzione con qualche programma di fotoritocco, personalmente preferisco cercare di introdurre il minor numero possibile di correzioni che snaturano la realtà delle cose con il semplice fine di offrire una immagine finale più bella. In questa ottica è facile intuire come una sorta di “filtraggio” in fase di ripresa possa apparire più accettabile (un po’ come si tende a fare con strumenti dotati di cromatica residua applicando un filtro verde: si perdono i colori reali delle stelle ma si seleziona la fascia spettrale in cui l’obiettivo lavora tendenzialmente meglio e si ottengono così separazioni più “pulite”).

Esistono però anche applicazioni meno “tecniche” e più “ludiche”. Tra queste quella che ha generato involontariamente l’articolo e i cui risultati riporto nelle immagini di seguito allegate.

Per semplicità di lettura ricordo i dati essenziali di ripresa: località Milano - 25/12/2015 - ore 22:30 circa T.L. - seeing stimato 6/10 - rifrattore acromatico autocostruito con un obiettivo Meade 102/920 - proiezione di oculare plossl da 17mm. e impiego di diagonale - scatto singolo su smartphone Samsung S4 con ISO impostati su 100 e compensazione dell’esposizione a -2. 

Come è facile intuire non vi è alcuna valenza scientifica nelle immagini ma il loro alternarsi offre un piacevole effetto cromatico che personalmente trovo intrigante.

Se si è invece alla ricerca di una qualche utilità indagativa ci si può concentrare sulla versione tradizionale con bilanciamento del bianco impostato su “automatico” e intraprendere un tipo di elaborazione post ripresa volto a estrarre le informazioni (la cui resa può essere più o meno discutibile) “minerali” più facili.

Benché compaiano sovente sui forum dedicati fotografie denominate “mineral Moon” cromaticamente molto cariche tendo a considerarle un po’ “forzate” e, benché di sicuro effetto, ben poco realistiche.

Senza eccedere nella saturazione delle singole zone ho provato a realizzare una personale versione “morbida” partendo dall’immagine più neutra proposta tra quelle sopra riportate.

L’effetto, decisamente soft, è però sufficiente a mostrare le principali dominanti del suolo lunare e non tradisce l’approccio poco invasivo che contraddistingue il mio modo di fare astronomia.

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