STEIN OPTIK SK-7B (77/910)

Inverno 2017-2018

INTRODUZIONE

Se un telescopio non è solo l’insieme delle sue parti ma un meccanismo che deve essere armonico nel fornire prestazioni che “centrino” l’interesse e aspettativa del suo utilizzatore posso dire che lo Stein Optik 77/910 è, a tutti gli effetti, un telescopio riuscito.

Immaginiamo di essere negli anni ’70 e guardiamo il panorama dell’astronomia amatoriale di allora.

Gli oculari e accessori erano quasi interamente di passo 0.965”, i sistemi go-to non esistevano, i telescopi avevano piccole montature e rapporti di apertura medio lunghi. Molti funzionavano bene, molti altri un po' meno.

Tra le mani ho un rifrattore da quasi 8 cm. di diametro con un rapporto focale pari a f 11,8. E’ interamente costruito in metallo (con la sola eccezione del tappo e delle manopole del focheggiatore, il primo con scelta ottimale, le seconde invece no), pesa ben 3 kg il solo OTA ma ha una montatura piuttosto solida e precisa nei movimenti.

Ora, con la macchina del tempo, mi teletrasporto ai giorni odierni. Smonto lo strumento dalla sua bellissima ma anacronistica montatura e installo il tubo ottico su una moderna EQ6 o similare (nel mio caso una Ioptron IQ45-GNT ed una HEQ5 SW).

In questo modo posso affinare i movimenti del focheggiatore, installare oculari che mi proiettano a ingrandimenti da 2,5/3 volte il diametro espresso in millimetri senza avere vibrazioni, e magari anche applicare una moderna piccola camera CMOS e riprendere ad alto frame rate i crateri lunari.

In questa configurazione un telescopio di varie decadi fa riesce ad essere non solo competitivo ma anche superiore ai suoi pari categoria moderni. 

Se si escludono i vari “ED” da 80 mm, gli attuali 8 cm. acromatici sono quasi tutti dei giocattoli ridicoli se confrontati allo Stein Optik oggetto della prova e, otticamente parlando, anche i citati 80 semi apocromatici hanno prestazioni non sempre pari a quelle del doppietto Eikow (specialmente nella correzione della riadiazione rossa).

Si mettano in pace l’anima i fautori del moderno a tutti i costi. Gli 80ini attuali sono belli, meccanicamente pregievoli e ricchi, trasportabilissimi e con un cromatismo estremamente contenuto ma non hanno la correzione nel rosso dei vecchi doppietti a f12. Provate a metterli a confronto su un soggetto come Marte e ogni vana adorazione per la scelta tecnica cinese crollerà miseramente.

Con questo non voglio pontificare doti che sono logiche sulla carta e nella fisica dei materiali impiegati, ma solo ricordare che, se lo scopo è osservare stelle e pianeti e non fotografare nebulose e galassie il “nostro” Stein non teme certo la produzione Skywatcher et similia attuale. In altri casi sarà mia premura, invece, rendere giustizia all’enorme lavoro progettuale e commerciale fatto da SW e dai marchi Synta in generale, ma sarà un’altra storia…

PULIZIA E MONTAGGIO

Cella ben fatta in alluminio comprese le ghiere, paraluce svitabile in allumino anch’esso come il tubo (con due diaframmi interni) e il tutto si presenta ben verniciato di bianco avorio e di grigio/azzurro. Le parti metalliche continuano fino al terminale del focheggiatore, con un bellissimo portaoculari da 24,5 in stile Takahashi (proprio identico) con frizione a ghiera che ripropone i colori anni ’60 e ’70 degli strumenti un poco ricercati.

La sola parte in plastica, se escludo il tappo frontale (molto bello e realizzato con una plastica durissima e molto densa - scelta ottimale sotto ogni punto di vista), è ritrovabile nelle sole due manopoline del focheggiatore. E’ una nota stonata, non tanto esteticamente (finché non le si prende in mano è impossibile pensare che non sia di ottone cromato) quanto meccanicamente poiché, nonostante la dentellatura, tendono a scivolare tra le dita e a non offrire la corretta presa nelle piccole variazioni che il fuoco tanto preciso richiede di esercitare sul focheggiatore.

E’ la sola parte dello strumento che ho sostituito con due manopole Takahashi, decisamente più adeguate al livello generale del telescopio.

Immagini sopra e sotto: il focheggiatore dello Stein Optik 77/910 con installata la manopolina Takahashi e la prolunga per l'estrazione del fuoco ottimale in mancanza di diagonale.

Il focheggiatore ha il pignone da 36,4 mm. di diametro come da prassi giapponese e presenta la filettatura standard per prolunghe e portaoculari sia da 24,5 mm (nativi) che da 31,8. Nonostante la buona escursione da 11 cm. ho dovuto aggiungere una prolunga da 4 cm. per ottenere il fuoco corretto con il diagonale da 0,965” e tutti gli oculari del mio set (dai 40 ai 4 mm.).

Il cercatore è un classico 6x30 a doppietto incollato di buona qualità (molto incise le immagini che fornisce) con, per mia fortuna (sono mipe), una ampia escursione di regolazione diottrica sull’ottica frontale. Il tutto è rifinito con un oculare fisso ma smontabile in più parti con crocicchio interno. La qualità delle finiture è entusiasmante nel suo piccolo tanto da farmelo ritenere il più bel cercatore vintage 6x30 che abbia avuto modo di vedere e usare.

Faccio fatica a giudicarne l’ottica considerando il basso potere risultante e la compartecipazione dell’oculare dedicato nel formare l’immagine ma, confrontandolo con i bellissimi 5x25 Takahashi, ho la sensazione che la correzione ottica sia la medesima se non superiore.

Paragonarlo agli attuali 6x30 in dotazione agli strumenti moderni è impietoso per questi ultimi (senza necessariamente dover scomodare quelli con ottiche in plastica) ma anche per i più grandi 8x50 a servizio di molti Schmidt Cassegrain Meade o Celestron (veri "fondi di bottiglia" venduti a carissimo prezzo, tanto la maggior parte degli astrofili non capisce nulla).

La notevole solidità dello strumento e la sua costruzione metallica si ripercuotono sul peso che, senza barra e anelli si attesta poco sotto i 3 kg (2.960 grammi per l’esattezza) in poco più di 84 cm. di lunghezza a focheggiatore completamente ritratto, un valore non certo basso e che suggerisce l’impiego di una montatura decente.

Tante parole per dire, in fin dei conti, che il telescopio è bellissimo e molto ben costruito oltre ad essere dotato di una montatura originale splendida ed estremamente robusta per gli standard dell’epoca. Comprarla oggi realizzata ex novo costerebbe sicuramente più di una cinese go-to di fascia medio bassa come la EQ3 e similari.

Tutto questo splendore ha però richiesto un po’ di lavoro per tornare a dare bella mostra di sé dopo un periodo di inattività di almeno vent’anni, se non di più, in cui il “nostro” Stein Optik è rimasto dimenticato in una tetra soffitta a prendere polvere e a cristallizzare i grassi e incrostare le cromature delle parti metalliche.

Ho impiegato due notti intere, dal “tramonto all’alba” come racconterebbe Quentin Tarantino, a smontare vite per vite lo strumento, a sgrassarne le parti, sostituire alcuni bulloncini con altri identici agli originali, a ripulire le parti cromate, ingrassare quelle mobili e frizionate, e poi a rimontare il telescopio.

Il tutto comprensivo di una profonda pulizia delle ottiche sia primarie che secondarie (doppietto fraunhofer e cercatore).

Come però vedremo nel prosieguo dell’articolo l’impegno e dedizione hanno avuto il proprio coronamento e sono stati ampiamente ripagati da prestazioni eccellenti in campo ottico.

STAR TEST E PRIMA LUCE

Le qualità ottiche del Eikow marchiato Setin Optik risaltano alla prima occhiata attraverso un buon oculare.

Per i test ho scelto la nobiltà degli oculari da 24,5 mm., ossia i Takahashi MC ORTHO di cui sono fortunato possessore di quasi tutta la serie completa.

Abbinati al loro diagonale prismatico originale gli oculari completano in modo perfetto il nostro Stein Optik (i cui natali non risultano distanti dall’influenza Takahashi) e forniscono immagini di rara piacevolezza.

E’ difficile trovare un ingrandimento al quale le ottiche fatichino a individuare un punto di fuoco inequivocabile e persino con il 4mm. (che offre il ragguardevole potere di 227x) sembra di essere ancora lontani dall’ingrandimento massimo sopportabile, almeno per l’osservazione stellare.

Il classico star test, effettuato sia su una stella vagamente bianca come Capella che su una arancione come Aldebaran presenta la classica "text book image" sia in intra che extra focale, posizioni in cui l’andamento e luminosità degli anelli di Fresnel appare virtualmente identico (provate con un 80ino ED moderno... hihihi). Le posizioni di fuoco, anche sulla bianca Vega colta nell’ultimo imbrunire della sera, appaiono prive di sbavature con una focalizzazione ottimale, pochissima luce diffusa, nessun baffo né segno di aberrazione sferica o astigmatismo.

Ho rilevato una pulizia lievemente inferiore nella spaziatura tra un anello di Fresnel e l’altro solo con un confronto diretto con il mio GoTo Kogaku 80/1200 mentre non sono riuscito a trovare differenze di rilievo con il Vixen 80/910 (nel mio caso un esemplare davvero ben riuscito) che in compenso esibisce una immagine più “azzurrata” e meno calda.

La ottima resa nello star test si ripercuote in modo favorevole nell’osservazione dei sistemi multipli che offrono un playground ideale allo strumento, almeno fin quando la separazione angolare apparente non scende troppo sotto i 2”. Lo strumento ha dimostrato comunque di superare il limite teorico di risoluzione mostrando dischi a contatto o interpolati di sistemi con separazione inferiore ai 1,55” ma, specialmente dai cieli sporchi della città e con sistemi non perfettamente bilanciati, conviene dedicarsi a doppie meno impegnative.

La bontà delle ottiche si è fatta valere nell’osservazione della difficile Theta Aurigae, un sistema le cui componenti principali distano quasi 4” ma sono segnate da luminosità ben diverse con un delta di magnitudine superiore ai 4,6 punti (la primaria brilla a 2,60 mentre la secondaria a oltre 7,2).

Nonostante il cielo biancastro e la notevole diversità ho potuto cogliere istantaneamente la posizione della secondaria, molto debole ma anche estremamente pulita.

E’ un risultato non disprezzabile se si considera che, nella stessa serata, il Celestron C 9.25 posto a fianco non riusciva nemmeno a mettere a fuoco la stella principale (figuriamoci vedere la compagna…)

UNDER A DARK SKY

Con la complicità delle vacanze natalizie ho portato il piccolo Stein Optik nella mia baita alpina sotto un cielo scuro e pulito e con il candore del paesaggio innevato, chiaro e suggestivo anche nelle notti più buie.

Dai 1800 metri della postazione, installato sulla HEQ5 o alternativamente sulla Vixen ATLUX con SkySensor 2000PC, il rifrattore ha potuto dedicarsi ai principali oggetti del cielo profondo invernale permettendo alcune soddisfazioni in relazione alla modesta apertura.

Impensabile, nonostante una qualità ottica di prim’ordine, metterlo in competizione con strumenti più dedicati come il Vixen VISAC 200L o il binoscopio 130/1000 CO.ME.TA. che permettono non solo più risoluzione ma anche e soprattutto una raccolta di luce enormemente superiore. Ciò nonostante (si legga su questo sito l’articolo “Sulle orme del Flammarion” ad esempio) gli 8 cm. scarsi hanno permesso belle visioni con immagini stellari fini e puntiformi su un fondo cielo scuro e vellutato.

Sembra incredibile quanti oggetti siano realmente alla portata di un piccolo ma ben corretto 8 cm. sotto un cielo scuro e pulito. Non si può dire di non avere voglia di maggiore diametro, sarebbe una bugia, ma a parte i Messier (che poi tanto pochi non sono e sfido la comunità di astrofili a fare un censimento di quanti li abbiano effettivamente visti tutti) molti oggetti NGC come tante planetarie sono perfettamente apprezzabili. La NGC 7008 ad esempio non richiede molta fantasia per mostrare la sua struttura a punto interrogativo e anche alcune galassie del catalogo maggiore risaltano, deboli ma inequivocabili, sul fondo vellutato nero del cielo.

UPGRADE CONSIGLIATI

La montatura dello Stein Optik 77/910 è un piccolo capolavoro, uno spettacolo di accoppiamento, rifinitura e precisione. E' anche incredibilmente solida e, se bene usata, fornisce un supporto davvero stabile allo strumento. Nell'uso sotto i cieli inquinati come quelli cittadini, in cui cercare gli astri diventa difficile, è più consigliabile accantonarla e accettare la comodità di una GO-TO moderna. Consiglio quindi, a completamento dello strumento, l'acquisto o l'impiego di una piccola cinese moderna, magari al super portatile Ioptron Smart EQ PRO che molto probabilmente acquisterò nel prossimo futuro come montatura trasportabile da impiegare con i tubi ottici di piccolo diametro.

Sopra: immagini della montatura originale interamente in metallo: un piccolo gioiello.

Sotto: immagine (non dell'autore) di una possibile montatura moderna adatta allo Stein Optik. Leggerissima e alimentata a pile, la Ioptron Smart EQ PRO sembra essere compagna ideale per il rifrattore vintage potenziandolo con le possibilità del puntamento automatizzato e di un moto orario sufficientemente preciso.

FOTOGRAFANDO LA LUNA

Non ho avuto il tempo materiale tra i tanti impegni di lavoro e di famiglia, ad eseguire degli approfonditi test fotografici sul nostro satellite naturale ma semplicemente uno scatto veloce con il cellulare (un HUAWEI P8) usato in proiezione di oculare con metodo afocale. In questo caso un oculare da 25 mm. di focale.

Benché non abbia potuto testare la “risoluzione fotografica” dello strumento l’immagine sopra postata è indicativa (non essendo trattata in alcun modo) del contenimento della aberrazione cromatica che risulta notevole per un doppietto acromatico tradizionale.

CONCLUSIONI

Amo lo Stein Optik 77/910! Almeno quanto il Vixen 80M, e quasi come il GOTO 80/1200. Nei confronti del primo è più raro e appena meglio corretto alla cromatica, con il secondo paga un blasone meno "nobile". Non saprei sinceramente in che altro modo concludere l'articolo. Con gli stessi soldi (tubo ottico, oculari e una montatura come la Ioptron Smart EQ pro o similare) ci si compra un dobson cinese da almeno 300 millimetri ma ognuno ha i suoi gusti...

Foto sopra: il nostro Stein Optik 77/910 alle prese con il Vixen 80M in uno shoot out

raccontato nella sezione "FIGHTING TELESCOPES" su questo sito.

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