KONUSKY 150/1200: a beast from a different era

Anno 2024 (febbraio-giugno)

INTRODUZIONE

I rifrattori da 6 pollici sono, nell’immaginario collettivo, il rispettabile “traguardo” che l’astrofilo raggiunge quando comprende le potenzialità che 150 millimetri di lente offrono e si scrolla di dosso la “febbre da diametro” che, in un modo o nell’altro, attanaglia tutti noi in vari momenti della vita.
Detto questo, che è una summa semplificata del prudente concetto di telescopio universale, è utile ricordare quanto io non sia un estimatore viscerale dei rifrattori di grande diametro. Pur avendo posseduto anche 8 pollici di buon livello e una pletora di apocromatici e acromatici di varia estrazione da 15 cm., ammetto di preferire loro il diametro appena inferiore. Tutta una serie di motivazioni, che spaziano dalla migliore gestibilità e minor peso oltre che ai tempi di acclimatamento più rapidi e una differenza prestazionale tutto sommato non così significativa come le differenti dimensioni possono far credere, mi hanno sovente spinto a prediligere rifrattori da 12 o 13 cm.
Testimone è l’attuale 125 OWL apocromatico che tengo con me gelosamente (pur usandolo poco) e anche la scelta di affidarmi ad un semplice ed economico (ma portato a lavorar bene) Konus 120/1000 per le mie osservazioni itineranti.

MOTIVI DELL'ACQUISTO

Consolidate le premesse espresse nell’introduzione, dare spiegazioni oggettivamente condivisibili per l’acquisto di un ennesimo rifrattore  da 15 cm. (acromatico per giunta e di stampo chiaramente economico) è difficile e la vera motivazione va ricercata in una affezione del tutto personale: la livrea gialla e le decalcomanie che segnano i tubi Konus a me piacciono tanto!
Non è un sentimento che abbia radici antiche nei miei pensieri, piuttosto un innamoramento recente, ma non so proprio cosa farci...
A ben guardare ammetto che i precedenti “cinesoni” da 6 pollici transitati nella mia “scuderia” non mi hanno impressionato principalmente per la impossibilità, salvo opere certosine e complicate, di collimare le loro ottiche in presenza di celle monolitiche.
A loro differenza (penso ad esempio all’Antares “IO”), il Konusky 150 F8, esattamente come gli analoghi Skywatcher, possiede una cella collimabile. Benché ad entrambi manchino le brugole di regolazione tangenziale degli elementi ottici è però presente la possibilità di inclinazione (con le classiche coppie di viti “push and pull”) del gruppo ottico, caratteristica che permette di risolvere alcuni dei problemi di collimazione.

La memoria del compianto Bresser 152/1200 che qualche anno fa avevo strutturalmente modificato e poi con decisione scellerata venduto, mi ha convinto a fare uno scambio con conguaglio con il Maksutov 180/2700 serie “GOLD PRO” di Skywatcher (strumento che, quando termicamente acclimatato e doverosamente collimato, offre prestazioni in alta risoluzione di livello molto alto).
L’acquisto del Konusky è dovuto al desiderio di tornare a fotografare la Luna, anche se un 150/1200 acromatico non possa oggettivamente considerarsi la prima scelta standard dell’astrofilo evoluto in questo campo applicativo. Il nostro satellite naturale predilige, nella sua indagine fotografica, non solo strumenti privi di cromatismo ma anche e soprattutto dotati di diametro superiore. Per comprendere quanto queste considerazioni siano corrette basta guardare i risultati ottenuti dai fotografi che si occupano in modo assiduo del suolo selenico e i set-up impiegati per raggiungerli: newton da 30 o più cm. e camere monocromatiche di ultima generazione. Con questa strumentazione, seeing permettendo, si possono ottenere immagini spettacolari e tanto dettagliate da non poter essere eguagliate con soli 6 pollici di lente (per quanto perfetti o costosi possano essere).
Appare quindi quantomeno opinabile la scelta di sostituire un ottimo Maksutov da 18 cm. con un acromatico da 15, almeno se ci si limita alla prestazione massima pura e semplice raggiungibile in linea teorica.
All’atto pratico, i limiti a me imposti sono però tali da modificare i valori in gioco. I tempi di cui ho disposizione sono ad esempio solitamente brevi e poco compatibili con quanto richiesto ad acclimatare un menisco spesso come quello del Maksutov. Parimenti, la generosa focale del 180 F15 risulta per i miei scopi eccessivamente lunga e il sistema di focheggiatura del compound di Skywatcher più sensibile (troppo forse) alle variazioni termiche della notte. Soprattutto, il seeing medio che caratterizza la mia postazione di ripresa è modesto e spingersi con l’ingrandimento non trova quasi mai effetti positivi sulla resa finale delle immagini.

IL KONUSKY IN NUMERI

Lungo 135 cm. e del peso complessivo di 9,3 kg. (completo di anelli, barra a passo Vixen, cercatore 8x50, diagonale e oculare da 1,25”) il rifrattore è un “bestione” che, per essere gestito in modo accettabile, richiede una montatura della classe almeno della EQ6 e uno stativo piuttosto alto affinché, puntando zone di cielo prossime allo zenit, non ci si ritrovi ad osservare sdraiati a terra.
Si tratta di aspetti determinanti da valutare perché, al netto della qualità dello strumento, possono risultare ostativi per chi non disponga di spazio sufficiente. Da un classico balcone di condominio, ad esempio, l’impiego di un 150/1200 risulta precluso.
Anche con gli spazi adeguati e una alta colonna a sorreggere una montatura come la EQ6 non si può negare che la stabilità alle vibrazioni del sistema sia al “limite” per chi è abituato, come me, a soluzioni “rocciose”.
La distribuzione dei pesi del tubo ottico, complice un doppietto frontale di grosso diametro e di peso considerevole, risulta inoltre fortemente sbilanciata verso il paraluce obbligando a installare il telescopio con il tubo ottico molto arretrato sulla montatura, con un risultato estetico deprecabile e ai miei occhi inaccettabile. Il problema, almeno in via provvisoria, può essere risolto con l’applicazione di contrappesi sugli anelli e barra di sostegno, in attesa magari di un’opera più adeguata di contro-flangiatura posteriore.
Il doppietto frontale è un diffuso Synta da 15 cm. acromatico in configurazione Fraunhofer con tre separatori classici in foglio di alluminio. Il trattamento antiriflesso, già di tipo multistrato, appare meno intenso di quelli di ultima generazione ma sembra assolvere bene il suo compito anche se, forse, perde una frazione di punto percentuale nella trasmissione luminosa rispetto alle attuali tecnologie. A questo proposito mi preme sottolineare che tali differenze si risolvono in un “nulla” per quanto attiene la magnitudine limite realmente raggiungibile.
La cella, realizzata in alluminio con finitura a vernice maculata, è semplice ma  con tolleranze corrette tanto da non generare disassamento reciproco tra gli elementi ottici.
A lasciarmi perplesso è l’o-ring di gomma frontale che funge da “frizione” tra il doppietto e la ghiera metallica di blocco. Questo sistema, semplice e perfetto per evitare di tensionare l’ottica, tende però, se i filetti di vite non sono precisi, ad esercitare pressioni asimmetriche sui lati del doppietto con indubbi effetti negativi sulla collimazione.

Il tubo ottico è in alluminio verniciato, risulta accettabilmente annerito al suo interno e dotato di tre diaframmi che sembrano correttamente spaziati tra loro.
Alla sua estremità è montato, con tre viti a 120 gradi, un ottimo (e sottolineo l’apprezzamento) focheggiatore da due pollici con riduzione e alloggiamento per il supporto del cercatore (un 8x50 a crocicchio interno non illuminato) che presenta ottiche di discreta qualità e la regolazione del fuoco sull’anello frontale.
Così come già fatto per il Konusuper 120, non posso che lodare il sistema di focheggiatura che, pur non dotato di riduttore micrometrico (cosa di cui non sento un bisogno stringente), si fregia di escursione generosa e poche ma precise regolazioni che gli permettono un funzionamento esemplare. Non ci sono impuntamenti, “gommosità”, basculamenti, flessioni. A questo si aggiunge capacità di carico che non sfigura con quella dei costosi ibridi oggi venduti a svariate centinaia di euro.
Gli anelli porta ottica, in metallo con viti di frizione, appaiono più che adeguati alla mole del tubo e di buona fattura benché di disegno semplice.
Lo strumento nasce con un barra di collegamento alla montatura di passo Vixen, più che sufficiente in ogni impiego anche se, date le potenzialità di un rifrattore da 15 cm. e la sua logica collocazione in postazione fissa, vedrei meglio dimensionata una piastra Losmandy.

 

IL "NOSTRO"

Lo strumento è stato acquistato “usato” da un simpatico e bravo autocostruttore emiliano che lo impiegava come “bancata destra” di un grosso binoscopio. Il rifrattore mi è quindi stato consegnato con una flangia di raccordo in alluminio e un bel focheggiatore ibrido da 3 pollici, dimensionato per l’installazione di “camera ottica” di bancata, ma fortunatamente anche con il focheggiatore originale, con cui è possibile raggiungere il fuoco con un treno ottico tradizionale.
Benché in buono stato generale lo strumento appariva vissuto e così, avendo tempo in un fine settimana piovoso, lo ho smontato completamente e restaurato con opera “lieve” (lavaggio integrale, lucidatura, installazione del focheggiatore originario, pulizia del doppietto su tutte e quattro le superfici ottiche).

Al termine delle opere lo strumento era tornato a “brillare” e il suo aspetto estetico ne ha guadagnato molto. Guardarlo con i miei occhi “affascinati” dal giallo Konus è stato piacevole.

Nello stesso fine settimana ho dedicato tempo anche alla sistemazione di una vecchia montatura Skywatcher EQ6 nera (tra le prime versioni) con motorizzazione “non” go-to ma a velocità semplici da 2x, 8x, 16x.
Regalatami da un amico (che ringrazio sentitamente) come “ferraglia”, la montatura esibiva ampi giochi negli assi, specialmente in ascensione retta, causati dal non corretto accoppiamento delle viti senza fine con le corone dentate dei motorini di movimento.
Dopo averla doverosamente pulita e registrata negli accoppiamenti, la  EQ6 ha dimostrato di funzionare correttamente e di poter essere implementata per il collegamento ad una colonna di altezza adeguata al Konusky.

SOPRA: il cercatore 8x50 a fine restauro

SOTTO: particolare anteriore del tubo ottico dopo le operazioni di lucidatura

SOPRA: il focheggiatore originale rimontato e ripulito, ora perfettamente funzionante

SOTTO: aspetto dell'ottica dopo l'opera di collimazione e pulizia

SOPRA e SOTTO: il tubo ottico nel suo aspetto a fine del restauro cosmetico.

SOPRA: le coppie di viti di inclinazione della cella frontale porta ottica.

STAR TEST E COLLIMAZIONE

Non avendo ancora a disposizione uno stativo idoneo alla EQ6 e avendo la EQ8R impegnata con strumenti fotografici, ho effettuato i primi test e le opere di collimazione con la affidabile e amata Vixen Sphynx SWX, che si è dimostrata “appena sufficiente” all’impiego strettamente visuale del rifrattore.
I test di focalizzazione sono stati condotti con una serie di oculari Vixen serie LV al lantanio sia in luce bianca che in luce “monocromatica” verde (quest’ultima utile principalmente per evidenziare il residuo di sferica nella banda che sarebbe stata usata per le fotografie lunari).
Le condizioni meteo del periodo milanese della fine di febbraio 2024 hanno reso arduo trovare uno “spiraglio” nel continuo maltempo e ho dovuto lavorare a singhiozzo per una quindicina di giorni per “racimolare” un minimo di impressioni significative.
Le prime immagini si sono dimostrate non all’altezza dello strumento, con una decisa scollimazione (almeno per quanto sono i miei parametri) e un certo astigmatismo.
Alla ricerca delle cause del problema ho smontato e rimontato più volte il doppietto e passato lo strumento al responso del collimatore Reego, a mio modo di vedere sempre molto poco affidabile in caso di strumenti a rifrazione, senza riuscire ad ottenere risultati significativamente migliori.

In me si è fatta strada la certezza, man mano che i tentativi procedevano, che il problema risiedesse nella cella e soprattutto nella presenza del “o-ring” di gomma che, una volta rimosso e con una differente rotazione tra i due elementi rispetto a quella originaria, ha restituito uno strumento prestazionale con una focalizzazione di buon livello e una collimazione pseudo-perfetta almeno fino ai 160x circa ma che oltre mostra ancora margini di miglioramento.
Lo star test denuncia un residuo cromatico piuttosto limitato (più di quanto non mi aspettassi), assenza di astigmatismo ma anche un sensibile errore zonale che viene a galla nell’osservazione degli anelli di Fresnel in intra focale.
A fuoco l’immagine è però piuttosto buona, pulita e con poca luce diffusa e permette di visualizzare in modo apprezzabile il primo anello di diffrazione quando il seeing collabora.
Sia in luce verde che in luce bianca il residuo di sferica appare limitato ed è possibile, su sistemi stellari, operare a oltre 300 ingrandimenti mantenendo stelle puntiformi e con il disco di Airy geometricamente corretto e ben rotondo.
In occasione dei primi test effettuati dopo l’ultima sistemazione delle ottiche ho eseguito un paio di riprese del suolo lunare per la cui visione rimando al sito di ASTROBIN al link:

https://www.astrobin.com/55u223/ e

https://www.astrobin.com/h50117/

Le immagini sono ancora lontane dalle possibilità dello strumento per via di condizioni di seeing e trasparenza non collaborative ma sono un “discreto inizio” e mi offrono incoraggiamenti per l’impiego a cui lo strumento è dedicato.

LA MONTATURA E COLONNA

La vecchia EQ6 nera recuperata dall’amico Vincenzo (una Skywatcher prima versione che rappresenta oggi una “rarità”), ha dovuto attendere quasi due mesi prima di poter essere impiegata e messa alla prova. Si tratta di una montatura ancora priva di sistema go-to (che venne proposto come up-grade solamente dalla versione successiva) e dotata di pulsantiera classica con moti elettrici in entrambi gli assi da 2x, 8x e 16x.
Mi sono preoccupato, più che delle condizioni estetiche, della sua corretta funzionalità che ho avuto modo di constatare a “banco” e che mi ha poi convinto ad una pulizia completa e a qualche opera di cosmesi che la “svecchiasse” un pochino.

Per impiegare correttamente il Konus 150 avevo bisogno di una colonna molto alta (quelle di produzione SW purtroppo non lo sono abbastanza per il tipo di strumento e hanno un costo folle per quello che sono) possibilmente su ruote e  viti calanti che fosse anche robusta.
Dopo aver trovato tre “gambe”, cannibalizzate da un vecchio supporto che sosteneva un cassegrain 200 f15 in forza ad un amico piacentino, ho trascorso una giornata dai miei fabbri nel bresciano e generato tutti i pezzi che mi erano necessari.

Il materiale è poi stato verniciato, assemblato, ritoccato e infine messo in “stazione” per le prime prove.
Il risultato si è dimostrato da subito soddisfacente e comodo per la posizione corretta dell’oculare nell’osservazione prossima allo zenit oltre che per la globale stabilità del set-up che smorza completamente le vibrazioni di “colpetto sulle manopole del focheggiatore” in poco meno di 2 secondi ad ingrandimenti compresi tra i 165x e i 200x circa (oculari da 7 e 6 millimetri di focale).

 

OSSERVAZIONE LUNARE

Per valutare in modo “oggettivo” le capacità di indagare il suolo lunare del 150/1200 Konus lo ho messo a confronto con un Takahashi FC100N (100mm f 10 in fluorite minerale, un rarissimo prima versione del secolo scorso) che è, per assenza di aberrazioni ottiche di qualsiasi tipo, probabilmente tra i migliori rifrattori visuali da 4 pollici mai costruiti.
Il confronto ha offerto spunti interessanti e lasciato emergere differenze sostanziali tra i due strumenti.
Il Konus offre un guadagno luminoso decisamente maggiore ma la tonalità che restituisce appare virata al giallo, cosa che si apprezza all’aumentare dell’ingrandimento e
soprattutto oltre i 100x. Al contrario, nel Takahashi l’immagine è decisamente più bianca e fredda e appare eccezionalmente neutra.
Il Konus, forse anche in virtù del viraggio “caldo”, nasconde bene il pur visibile spettro secondario che si tende a notare più sul lembo lunare che non nelle ombre proiettate al terminatore dai rilievi del suolo. Il Takahashi appare invece del tutto privo di ribattiture colorate.
Sul fronte del “dettaglio” raggiungible, però, il Konus esibisce tutta la forza tipica di un rifrattore da 6 pollici capace di estrarre dai domi e dai mari lunari una serie di lievi morfologie che “sfuggono” al migliore dei Takahashi da 10 cm.
Anche il microdettaglio interno ad alcuni terrazzamenti e la “polvere” da eiezione che circonda i crateri risultano più netti, ricchi e visibili tanto che dove il 4 pollici vede superfici lisce il 15 cm. le mostra rugose o ricche di micro-solchi.

Il 150/1200 sale con gli ingrandimenti mantenendo una buona dose di “luce in più” ma la differenza appare meno drammatica di quanto i diametri in gioco non lascino supporre. Da parte sua, il “samurai” giapponese ha una “crudezza” unica ma non può reggere il divario di risoluzione che il plebeo Konus esibisce, e questo la dice lunga su quanto il potere risolutore, perlomeno nei limiti concessi dal seeing locale, “pesi” nella ricchezza finale delle immagini.
Nei giorni del test non ho mai goduto di condizioni di buon livello (aspetto che tende ad essere un po’ una costante da mesi oramai) e ho dovuto quasi sempre rinunciare all’impiego di poteri superiori ai 200/250x. Ho comunque apprezzato che il divario tra gli strumenti sembra ridursi un poco man mano che si sale con i poteri. Colpa forse della turbolenza che si sente maggiormente all’oculare del Konus o della superiore lavorazione ottica del Takahashi è però evidente che, in condizioni osservative “normali”, il Konus sappia essere più a suo agio ad ingrandimenti compresi tra i 140x e i 200x. In questo range il dettaglio offerto è piacevolissimo e così “ricco” da soddisfare la maggior parte degli osservatori (e io tra questi).
Per personale scrupolo ho effettuato anche un test sia di riduzione del diametro sia di filtraggio cromatico lieve.
Il primo, ottenuto con il tappo copriottica originale dotato di foro centrale da 11 cm., ha restituito una immagine leggermente meno luminosa ma non significativamente meno dettagliata, almeno sino ai 120x circa. Con il diametro ridotto e il rapporto focale elevato a circa f11 il cromatismo sul lembo si riduce in modo considerevole ma aumenta anche la sensazione di shift cromatico verso le tonalità gialle. Salendo con gli ingrandimenti ci si accorge della riduzione di risoluzione massima che, pur inficiata dal seeing della serata, diventa palese anche in condizioni di turbolenza media.
Il miglioramento della pulizia di immagine (comunque non sostanziale) non ripaga della luce persa e della risoluzione minore che, soprattutto nella osservazione lunare, risultano aspetti preziosi.
L’immagine continua quindi a piacermi di più a tutta apertura e, fatti salvi alcuni pochissimi sistemi multipli, resto schierato fra i detrattori della “diaframmatura”.

Sul fronte del filtraggio cromatico ho scelto di impiegare, nella sola osservazione lunare, un 82A (che corrisponde al più chiaro tra gli “azzurri” disponibili in astronomia amatoriale) per ridurre il viraggio giallo.
il
Wratten 82A è chiarissimo e ha un fattore di riduzione della trasmissione luminosa estremamente basso, tale da non modificare in modo sensibile l’immagine finale, e mi è apparso il più indicato tra i filtri colorati da impiegarsi.
Ho cominciato a valutarne l’utilità osservando con un plossl da 32mm. (40x circa) appurando a prima impressione come la sua leggera colorazione sembri “azzerare” le dominanti calde dell’obiettivo. Al limitato potere in gioco  l’effetto è quasi “eccessivo” tanto da spostare il viraggio sul “vagamente azzurro”, un poco innaturale ma estremamente efficace nel disegnare la morfologia lunare.
A 80x (oculare LV 15mm.) si ottiene una immagine "entusiasmante" tanto da suggerire di non poter avere accesso a superiori emozioni. Il bilanciamneto cromatico appare tendenzialmente perfetto e le variazioni di densità nella formazione dei mari lunari risulta pastosa ed evidente, con tanti punti di grande dettaglio e striature con dominanti (nel range del grigio/azzurro spento) proprie.

Anche ai poteri più elevati (oculare LV 5mm per circa 240x) l'immagine sembra beneficiare pur con un lieve decadimento luminoso (modesto ma avvertibile). La tonalità giallo/ocra sparisce e l'insieme appare più neutro e veritiero e anche la percezione di alcuni micro-dettagli sembra trarne leggero vantaggio.

Benché non sia una "panacea" assoluta, il filtro 82-A appare più convincente nei risultati ottenuti rispetto ad altri colorati e anche nei confronti della diaframmatura frontale.

OSSERVAZIONE SOLARE

Complici una serie di scelte logistiche sugli strumenti e le location a loro destinate, oramai da quasi due anni le sole osservazioni e fotografie che compio sul Sole vedono protagonisti telescopi di modesto diametro (tendenzialmente da 4 pollici o poco più). Nonostante l’impiego di un prisma di Herschel e anche di filtri verdi mi sono abituato ad una immagine solare che, escludendo le macchie principali e qualche facola visibile come striatura biancastra, non ha altre significative attrattive.
Nei rifrattori da 10 cm. la granulazione solare, pur ravvisabile, è piuttosto debole e poco spettacolare tanto che la nostra stella ha finito per perdere un poco di fascino ai miei occhi.
Quando invece ho puntato il Sole con il Konus 150, sempre coadiuvato dal prisma di Herschel e da un filtro N.D. al 15%, sono stato prepotentemente investito da una immagine così ricca di dettaglio da stupirmi.
Trascorsa la enorme serie di macchie (AR 3615 e compagne) che ha dato spettacolo a fine marzo, l’attività solare ad inizio aprile 2024 è rimasta intensa. Ai quaranta ingrandimenti permessi dal plossl usato, le macchie visibili hanno mostrato una stupefacente ricchezza morfologica e la visibilità netta delle “ciglia” di penombra. Alcune ampie facole sembravano incrinature ramificate verso il bordo del disco ma soprattutto, ad impressionarmi, è stata la granulazione convettiva che solitamente mi è preclusa. Il contrasto disponibile e l’evidente potere risolutore lasciavano emergere in modo tanto netto i contorni di ogni cella (piccolissime) da renderne impossibile il disegno.
Anteporre il diaframma da 11 cm. e “spegnere il flipper” è stata la stessa cosa. Pur forse con un contrasto maggiore sulle macchie, la superficie solare si è appiattita all’istante e mi è servita attenzione per percepire le celle convettive che, a tutta apertura, erano invece spettacolarmente evidenti.
Probabilmente, con un rifrattore ancora più grande e con prismi ceramici di gamma alta (e magari oculari specifici dedicati all’osservazione solare), si potrebbe avere accesso ad un livello di immagine superiore ed “estatico”, ma quanto ravvisabile attraverso il Konus è sufficiente alle mie mire osservative e sono sicuro che il suo impiego mi aiuterà a rinverdire l’affezione alla nostra stella.

IMAGING LUNARE

Le immagini qui riportate è bene che vengano visualizzate ai link di riferimento che indico a seguire:

 

https://www.astrobin.com/h4g2xw/

https://www.astrobin.com/21ktcv/

https://www.astrobin.com/3vdu3e/

https://www.astrobin.com/navgsi/

https://www.astrobin.com/v96szi/

https://www.astrobin.com/h0a086/

https://www.astrobin.com/0hofja/

 

Non si tratta di “capolavori” ma, considerando che nei primi sette mesi del 2024 praticamente (con la sola eccezione di gennaio e un paio di settimane in febbraio) non si è mai visto il cielo e quando la Luna faceva capolino tra le nuvole il seeing era tale da “sventolare bandiera bianca”, si può affermare che il grado di resa del Konus da 15 cm. sia convincente e soddisfacente.

Sopra: immagine del lembo sud della Luna. Sotto: la regione del Janssen crater

Sopra: immagine completa della Luna che si approssima al primo quarto. Sotto: le lande del mare Crisium.

Purtroppo, terminato il primo gruppo di immagini, la montatura EQ6 ha cominciato a denunciare una serie di microvibrazioni di inseguimento che, molto corte nella oscillazione e molto veloci, inficiano la maggior parte dei frames catturati dalla camera di ripresa.
Da metà aprile fino a inizio luglio non ho mai più avuto una sera con il cielo non coperto da acqua o da nuvole e quindi ho dovuto archiviare lungamente ogni attività di ripresa che mi auguro possa, prima o poi, riprendere.

FOLLIE DEEP SKY

Con un cielo Bortle 9+ (quando ovviamente non piove, ossia raramente) dalla mia postazione milanese fare fotografia del cielo profondo è una sfida disarmante.
Nonostante questo ho voluto provare a riprendere un paio di campi stellari usando il Konus 150/1200 sulla montatura
EQ8-R e con alcuni accorgimenti di “limite”. Ho inserito sul percorso ottico un riduttore 0.6x da due pollici e anche un filtro H-alpha da 35 nm.
il riduttore/spianatore (che tende a lavorare in modo quantomeno accettabile sul piccolo sensore della
ZWO Asi 183 mono) porta il rifrattore a 720 millimetri di focale circa con un rapporto di apertura di f 4.8. Al tempo stesso il filtro H-alpha largo trasforma il nostro Konus in un astrografo perfettamente apocromatico (almeno per le applicazioni in bianco e nero).
Per dare un tocco naif ho poi montato un cross tape da 3 millimetri di spessore davanti all’obiettivo così da generare degli spikes reali che, al mio personalissimo gusto, trovo deliziosi.
Ho voluto anche, in chiave di riduzione massima dei tempi e del numero di pose, lavorare in binning 2x.
Su questa tecnica applicata ai CMOS si sono consumate enciclopedie di pareri, test, congetture, valutazioni matematiche ed elettroniche che il lettore può trovare ovunque sul web (principalmente in lingua inglese). Posso però dire che il sensore IMX 183 ha pixel estremamente piccoli (quadrati da 2,4 micrometri di lato) e una FWC piuttosto bassa.

Sopra: immagine di M3 - da visioanre al seguente link Astrobin: 

https://www.astrobin.com/full/jfq2lp/0/

Aumentando elettronicamente la dimensione dei pixel (binning software) si ottengono alcuni vantaggi (nel mio caso) anche se non così significativi come con un CCD classico.
Il rapporto segnale/rumore migliora e la FWC si alza anche se in modo non uguale a quanto fa un CCD. Al tempo stesso diminuisce ovviamente la risoluzione ma le mie condizioni sono tali da non rendere così significativa la perdita.
Giusto o sbagliato che sia (sono anni che faccio esperimenti con i CMOS e continuo a preferire loro i vecchi CCD) ho provato a riprendere con una integrazione molto limitata (sempre abbondantemente inferiore ai sessanta minuti), acquisizione in “live stacking”, praticamente nessuna post elaborazione, e pose singole da 180 secondi con un gain elettronico basso e pari a 100 (in una scala da 0 a 500 circa).
Ovviamente, la presenza del filtro h-alpha da 35nm. di banda passante aumenta il “rumore” dell’immagine (e per ridurlo solitamente si scattano molti fotogrammi) ma è ausilio indispensabile nelle mie condizioni per non avere un cielo completamente bianco e con dominanti asimmetriche luminose dovute al particellato atmosferico.

SOPRA: immagine dell'ammasso globulare M13 in Ercole.

Link Astrobin: https://www.astrobin.com/full/u5f0zk/0/

SOTTO: fotografia di M92, sempre in Ercole, visibile a piena risoluzione a: https://www.astrobin.com/full/tv60nf/0/

Va detto che le immagini riprese sono state ottenute da un cielo che definire "impossibile" è poco: classe Bortle 9+ con aggiunta di umidità enorme e con la Luna piena a rischiararlo ulteriormente. Nonostante questo, almeno se si osservano le immagini in piena risoluzione accedendo ai link indicati, si può essere soddisfatti del risultato che appare incoraggiante, esteticamente piacevole, e anche sufficientemente "profondo" nonostante tempi di integrazione piuttosto limitati.

CONCLUSIONI

Il Konusky 150 (che io mai ho chiamato con la pronuncia corretta, preferendo la versione russa di "KONUSCHI") è, una volta sistemato, un notevole strumento di globale impiego. Dico "una volta sistemato" perché, per ottenere ciò che il suo arco consente, si deve lavorare di cesello ma il tempo impiegato viene ripagato da prestazioni inaspettate.

Il residuo cromatico c'è, la dominante gialla che lo limita un poco anche: è una questione di progetto, è nella logica della fisica. Ma se le ottiche sono a posto e l'asse ottico rispettato il 150/1200 mostra tanto e molto bene.

Me la possono cantare come vogliono gli amanti degli Schmidt Cassegrain ma un campo stellare e un domo lunare saranno sempre infinitamente più belli attraverso 15 cm. di lente che non 20 cm. di "casino ottico".

In merito ai "competitor" va detto che il Konusky non ne ha essendo fuori produzione da qualche generazione. I suoi cloni ZIEL, ANTARES, SKYWATCHER, e via discorrendo sono otticamente identici MA non tutti possiedono il focheggiatore del Konus, tanto semplice quanto ben fatto e preciso.

Si faccia solo attenzione, volendone scegliere uno, alla gestione e dimensionamento della montatura. EQ6 o ancora meglio Losmandy G11 (per stare sul classico) e niente diavolerie last generation di tipo armonico, buone per fare la pizza o fotografia con strumenti miglon ma dotate di meccaniche dimensionalmente ridicole per un rifrattore da 6 pollici.

Non si sottovaluti, inoltre, l'aspetto "sbilanciamento" che è caratteristica tipica di questi grossi telescopi a lente. Portarli ad essere "centrati" significa aggiungere altri 3 chilogrammi di peso per un totale di 13 kg in assetto operativo, un valore che mette in crisi molte montature se accoppiato ad un braccio di leva di 70 cm.

Per il resto posso solo dire che lo strumento focalizza, fotografa e raccoglie luce in modo eccellente e costa, sull'usato, meno di cinquecento euro in condizioni "perfette". Si tratta quindi, avendo spazio e montatura, di un "bestione" assolutamente raccomandabile.

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