MIZAR 40/800

Primavera 2018

INTRODUZIONE

Secondo la moda imperante dell’astrofilia italiana un piccolissimo strumento ottico da 40 millimetri di apertura sembra avere senso solamente come cercatore (nemmeno tanto potente oggi giorno). Questo potrebbe forse essere vero nel caso di lunghezze focali limitate, ma quando uno strumento si allunga e assurge a rapporti focali estremamente chiusi può tornare utile nell’osservazione di alcuni soggetti ben precisi.

Benché si possa semplicemente ridurre l’apertura effettiva di un rifrattore con un diaframma realizzato appositamente avere uno strumento "cigarillos" ha il suo fascino e anche il suo "perché", a patto ovviamente che funzioni bene.

RICERCA E ACQUISTO

Prima di introdurre le motivazioni che mi hanno portato all’utilizzo di un 4 cm. aperto a f20 vorrei spendere alcune parole sulla reperibilità di questo tipo di strumenti e su quanto offre il panorama mondiale a riguardo.

Se si escludono i “giocattoli” di plastica venduti come cannocchiali a fuoco fisso e alto ingrandimento nei negozi on-line di ciarpame orientale, esiste una “nicchia” di produzione, che termina circa una trentina di anni fa o poco più, che ha generato strumenti affascinanti e completi, dotati di piccole ottiche, piccole montature solitamente altazimutali, eleganti e sottili cavalletti lignei, e lavorazioni piuttosto accurate a cavallo degli anni ’50 e ‘60 del secolo scorso.

Gli SPI 40/800, Unitron 40/700, Mizar 40/800, Vixen 40L, Monolux, Janson e molti altri hanno affiancato in modo dignitoso i loro fratelli maggiori da 60 millimetri e focale da 1,2 metri. 

In alto da sinistra a destra due immagini per i seguenti strumenti

(foto non dell'autore e prese dal web): Vixen 40L, Unitron 40/700, SPI 508/523 (40/800),

Prince 40/800, ma se ne potrebbero aggiungere altri...

Come i fratelli maggiori anche i piccoli 4 cm. a lenti erano telescopi a tutti gli effetti. Sebbene alcuni fossero dotati di ottiche cementate altri esibivano doppietti spaziati in aria in stile Fraunhofer ben lavorati, lucidati, e installati in tubi eleganti e ben verniciati con focheggiatori a pignone e cremagliera o elicoidali e, in alcuni casi, addirittura con “cercatori” a corredo.

Sono ovviamente telescopi di cui è cessata la produzione molti anni fa e che possono essere reperiti solamente sul mercato dell’usato. Possedendo già un numero cospicuo di strumenti astronomici, e non desiderando pagare dazio alla insulsa moda del collezionismo europeo per strumenti vintage, ho rivolto la mia attenzione al mercato giapponese dove non è raro, differentemente che da noi, trovare offerte per piccoli e lunghi rifrattori del secolo scorso.

Gli SPI mi piacciono molto ma non ne ho trovato uno “al volo”, per gli Unitron non provo simpatia in generale, i Vixen 40L chissà perché non mi esaltano, i Monolux li trovo bellissimi e di pregio ma mi mancavano offerte, i Mizar invece, con la loro struttura in fenolico e celle in bachelite e una leggerezza incredibile mi affascinano sempre molto anche se sono a livello meccanico i più semplici del gruppo con il loro semplice focheggiatore ad estrazione manuale che male si adatta all’impiego astronomico.

Ho però avuto l’occasione di acquistarne uno per poche decine di euro e non me lo sono lasciato sfuggire pur non avendo molte indicazioni sullo stato di conservazione del doppietto frontale.

CONSIDERAZIONI PREVENTIVE

Mentre attendevo l’arrivo transoceanico del sottile telescopio ho progettato le modifiche adatte a renderlo più fruibile e prestante (nuovo focheggiatore e rivestimento antiriflesso interno al tubo, aspetto un po’ carente su tutti i piccoli 40mm f18/20).

Ma, a parte eventuali valutazioni di qualità generale, a cosa serve un rifrattore 40/800? La risposta è presto detta: a osservare le stelle doppie colorate!

Nessun altro strumento è infatti in grado di restituire le immagini che genera un piccolo obiettivo a focale molto lunga. La combinazione del diametro ridottissimo e della lunghezza focale notevole genera due caratteristiche utilissime ai visualisti in cerca di doppie larghe. Accettati infatti i limiti indotti dal basso potere risolutore (circa 3” d’arco anche si si riesce a limare qualcosina ancora nell’osservazione visuale) il disco di Airy generato da un siffatto telescopio (se ben corretto, e vedremo poi perché anticipo questo limite) appare molto grande e il limitato guadagno luminoso permette di non “bruciarne” la tonalità. Il risultato sono stelle caratterizzate da un bel circoletto colorato in tonalità pastello tenue con un primo anello di diffrazione anch’esso colorato.

Se a questo si aggiunge la possibilità di osservare anche in serate ventose pur mantenendo immagini stellari piuttosto calme il gioco è fatto. Usate una sola volta uno di questi strumenti e, se avete animo nobile e romantico, ne sarete catturati!

La sola accortezza necessaria è forse quella di installarle i vari 40/800 o similari su una solida montatura motorizzata che permetta di godere in pieno relax l’immagine decisamente “finta” che le caratteristiche ottiche particolari dovrebbero generare.

Per essere in linea con il pensiero espresso ho deciso quindi di sostituire il focheggiatore ad estrazione con un pignone e cremagliera che potesse accogliere sia oculari da 31,8 che 24,5 mm.

Questi ultimi soprattutto, nelle loro declinazioni Huygens (H) o Huygens-Mittenzwey (HM), quindi oculari negativi, rappresentano il non plus ultra in accoppiamento ai vecchi Fraunhofer a rapporto focale molto chiuso permettendo una saturazione dei colori ottimale e una incisione a centro campo notevole.

Poiché la capacità di raccolta di luce dell’obiettivo da 4 cm. è ridotta non serve né risulta possibile salire eccessivamente con gli ingrandimenti e quindi, anche in virtù della focale generosa, è possibile confezionare un set di oculari “ad hoc” con solo pochi pezzi. Un 20mm, un 12,5, un 6mm rappresentano già un set completo che potrebbe essere migliorato solamente con un raro H-40.

A questo proposito vorrei citare la mia conoscente Terra Clarke, astrofila di lunga esperienza oltre che donna poliedrica e simpatica, almeno per quanto la nostra superficiale conoscenza mi permetta di asserire. Forse un paio di anni fa o poco più, in una discussione su Cloudy Nights che riguardava i piccoli e affascinanti rifrattori da 40 millimetri degli anni ’50 e 60’, Terra offriva utili suggerimenti su ingrandimenti massimi e minimi da impiegare con questi telescopi. La cito direttamente:

 

Okay, time for a reality check.

40mm objective, (we will assume that it is defraction limited)

Resovling power (Dawe's Limit) = 115.8 / 40mm = 2.9 arc seconds

Maximum useful magnification (defraction limited and perfect seeing) = (40 / 25.4) x 60 =  94X

e.p.f.l. required for 94X = (40 x 20) / 94 = 8.5mm

Exit pupil at maximum magnification = 40 / 94 = 0.43mm

Minimum useful magnification (40/25.4) x 13 = 20

e.p.f.l. required for 20X = (40 x 20) / 20 = 40mm

Exit pupil at minimum magnification = 40 / 20 = 2mm

limiting magnitude of 40mm objective (assuming perfect seeing, dark sky, 2mm exit pupil, @20X = 12

 

No matter how much fun, you can't defy the laws of physics, (unless you are on the Starship Enterprise).

 

Volendo dare retta all’amica Terra ho valutato cosa possedessi nella mia collezione, che fosse rigorosamente marchiato Mizar e altrettanto vintage o possibilmente “originale”, ritrovando la bella scatoletta di oculari serie “F” nelle focali da 20 - 12,5 e 8 millimetri. Il solo pezzo della serie che mi mancava, rappresentato dalla focale da 10 mm., è giunto a me insieme al telescopio completando così la collezione. Gli ingrandimenti permessi dal set sono pari a 40x, 64x, 80x e 100x, una meraviglia alla quale posso solo aggiungere un 40 millimetri a vite che può essere cercato nelle configurazioni Huygens o più facilmente Kellner.

Per le specifiche della serie “F” rimando all’articolo comparso su questo sito e accessibile tramite il link: http://www.dark-star.it/astronomia-articoli-e-test/test-accessori/mizar-f-eyepieces/

Per chi non volesse approfondire ricord osemplicemente che tali oculari sono del tipo Huygens classico a due lenti e molto ben si adattano al nostro piccolo rifrattore a F20 (di cui infatti erano gli oculari originali).

Armato del set adeguato e benedetto dalle rassicuranti parole di Terra (prometto che ad articolo ultimato la inviterò a farsi due risate nel leggerlo) mi sono dedicato a sistemare il piccolo rifrattore...

ARRIVO E RESTAURO

Aprire la scatola originale del Mizar 40/800, quasi la custodia di un lungo sigaro cubano, è stato emozionante e deprimente al tempo stesso. Lo stato di conservazione in cui mi è giunto lo strumento era tale da imporre di vestire i guanti prima di toccarlo per non… sporcarsi le mani. 

Il tubo ottico era in condizioni inguardabili, l’obiettivo avvolto nella paglia e completamente opaco e incrostato, in compenso nulla mancava neppure la scatolina con l’oculare originale, il filtro solare, e un bellissimo opuscolo dell’epoca di una ventina di pagine.

Ho smontato minuziosamente e delicatamente ogni parte e rimosso il doppietto (dalla configurazione quasi simmetrica quanto a spessore di crown e flint) di tipo Fraunhofer, accuratamente ripulito al meglio del possibile senza intaccare i deboli trattamenti antiriflesso dell’epoca e segnandone il verso e la posizione reciproca degli elementi.

Il tubo in bachelite è stato interamente ripulito e spazzolato, il focheggiatore originale ad estrazione riportato al massimo delle sue possibilità di progetto, e poi ho assemblato l’insieme sostituendolo con uno Vixen appositamente comprato e di epoca di poco successiva.

Sopra: alcune immagini dello stato in cui mi è arrivato il Mizar 40 f20

Sotto: situazione durante e dopo il restauro generale

Solo a fine lavoro mi sono accorto che il diaframma interno al tubo, posizionato esattamente a metà di questi, introduceva una restrizione del cono ottico causando un effetto di riduzione di circa 2 millimetri della già non cospicua apertura libera del doppietto anteriore. A fronte dell’impossibilità di rimediare  ho rimosso il diaframma ma ritengo sarebbe opportuno, almeno a livello teorico, inserirne un paio nuovi calcolati e posizionati in modo corretto.

STAR TEST E PRIMA LUCE

Con lo strumento finalmente preparato ho atteso una notte di primavera per dedicarmi alla “prima luce” e non posso tacere di aver provato una certa apprensione nell’accostarmi all’oculare per la prima volta, del resto il desiderio che tutto lavorasse al meglio era alto…

Alla prima prova lo strumento ha palesato dei limiti ottici insiti un po’ nel suo doppietto e un po’ nella meccanica altamente deformabile che compone tubo e cella.

Il fatto di essere interamente in bachelite o materiale simile si sposa male con il mantenimento degli assi ottici ed è sufficiente stringere un po’ troppo qualche vite per deformare il tutto inserendo principalmente aberrazione di astigmatismo.

A questo si aggiunge il fatto che le i fori per le viti che reggono sia il focheggiatore ma anche la cella dell’ottica non sono precisissimi e le viti talvolta lavorano un poco fuori asse “tirando o spingendo” gli elementi.

A parte questo il doppietto da 4 cm. presenta anche un visibile residuo di sferica non corretto che genera immagini intra focale molto nette ed extra focale molto impastate.

Non è un calvario ma se sommiamo tutti gli aspetti citati ne deriva una utilzzabilità dello strumento non oltre gli 80x (oculare da 10 mm.).

Sinceramente credo che il problema possa in generale affliggere molti di questi 40/800 millimetri ma sono altrettanto convinto che altri brand (tra i quali alcuni citrati in apertura di articolo) che hanno costruzione metallica possano essere meglio “aggiustati” e quindi operare con una qualità di focalizzazione superiore.

La prova del “9” la ho eseguita mettendo in parallelo il Mizar 40/800 con il Bixen 80/910 diaframmato a 40 mm. 

Osservando una stella target (ad esempio la alta Alhpa Bootis - Arturo) si evince facilmente la superiorità dello strumento diaframmato che parte fin dall’inizio con ottiche molto valide e capaci di contenere in modo sorprendente le aberrazioni geometriche classiche (sferica e astigmatismo).

L’immagine del Vixen è molto superiore anche se, a queste aperture, risulta usabile con divertimento anche il menomato Mizar che però ho deciso di destinare ad arredamento, più che altro perché la possibilità di diaframmare il Vixen con il suo tappo preforato offre una versatilità maggiore di impiego.

CONCLUSIONI

L’avventura, iniziata con grande entusiasmo, si è arenata in presenza di prestazioni ottiche mediocri ma questo non deve a mio giudizio scoraggiare nell’intraprendere l’acquisto di uno di questi “cigarillos”, magari scegliendone uno con tubo e celle in metallo. 

Osservare con piccolissimi diametri e focali lunghe è una esperienza emozionante (provare per credere) e benché possa essere vista come semplice “capriccio” da chi di strumenti ne possiede tanti non va sottovalutata nemmeno da chi ha la possibilità di diaframmare un buon rifrattore da 80/90 millimetri per godere di immagini che difficilmente avrebbe altrimenti modo di gustare.

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