Il verde pianeta lontano - 2015
Benché si possa pensare che i pianeti esterni siano un targhet impensabile per una ripresa con smartphone una semplice prova potrebbe in parte fugare questo preconcetto. Si tratta di soggetti indiscutibilmente più difficili rispetto a Venere, Giove o Saturno, principalmente per via della loro bassa luminosità e del diametro angolare che sottoindendono, ma poiché non offrono dettagli di sorta o quasi immortalarli è solo questione di pazienza.
Il gigante Verde, che rotola alla ragguardevole distanza di 19,18 UA dal sole, splende mediamente con una magnitudine prossima a 5.8 e sottointende un arco di circa 3,5”. Sono valori risicati ma enormemente più favorevoli di quelli che presenta Nettuno.
Il più grosso problema nella ripresa di Urano (e per Nettuno vedremo come questo sia ben peggio) risiede nel visualizzare il suo disco planetario (un puntino vagamente verdastro) attraverso il display dello smartphone. Una volta inquadrato, possibilmente utilizzando un supporto fisso, conviene scattare una serie di immagini usando la funzione “autoscatto”. Se per Venere è infatti utile tentare di “congelare” la turbolenza atmosferica con gli scatti in sequenza ad alta velocità (anche a costo di dover mantenere premuto il tasto dello smartphone con l'introduzione dell'inevitabile vibrazione conseguente), Urano richiede ingrandimenti talmente alti che questo non è possibile.
La fotografia sotto riportata è il risultato di un singolo scatto effettuato all'oculare da 5 millimetri su un rifrattore Vixen ED130-SS.
Va etto che lo strumento impiegato è indiscutibilmente poco adatto allo scopo: ha un diametro limitato (13 cm.) e una focale molto corta (860 millimetri).
Questo comporta una bassa luminosità del soggetto e una dimensione molto ridotta sul piano focale nonostante i 172x offerti dall'oculare e lo zoom 4x digitale del telefonino usato.
Il risultato è piacevole e superiore alle aspettative ma è indubbio che un catadottrico di diametro e focale superiori (tipicamente uno schmidt cassegrain da 8 pollici) avrebbe permesso più “margine”.
Come dicevamo a proposito della ripresa “single shot” la luminosità del ianeta e la sua piccola dimensione apparente richiederebbero strumenti di diametro medio, nell'ordine dei 20 cm. E magari dotati di buona focale nativa. La sera del test avevo però a disposizione il mio fidato Vixen ED130-SS e con quello ho operato. Ho eseguito un solo filmato (ero al termine della serata osservativa, si avvicinavano le 3 del mattino e la temperatura a oltre 1800 metri era piuttosto bassa, conseguentemente la stanchezza mi aveva tolto il “brio necessario” ad un lavoro ben organizzato) della durata di 4 minuti e mezzo alla massima qualità offertami dal mio Samsung S4.
Ho usato lo zoom digitale massimo permesso (4x) e sono riuscito ad ottenere un disco di dimensioni quantomeno misurabili.
Lo stacking e allineamento sono stati eseguiti con il solito Registax 6.0 che è in grado di legegre la conversuone del video originale (Mp4) in AVI con codec “motion jpeg” che elabora Pazera Free FLV.
Su un totale di 8800 frames ne ho tenuti buoni solamente 1300 non tanto perché fossero effettivamente di alto liello ma per non sacrificare eccessivamente la saturazione del colore nell'immagine finale che, alla fine del processo, non sempre rispecchia correttamente la realtà del pianeta (del resto la luminosità del filmato risulta bassa e l'informazione cromatica eccessivamente aleatoria con soli 13 cm. di apertura strumentale).
Il risultato, nonostante un leggero errore di allineamento e stacking (immaginate un video ripreso con zoom digitale da un telefonino in proiezione di un oculare da 5 mm.) appare convincente e lascia bene immaginare cosa si potrebbe fare con strumenti di diametro doppio (oggi facilmente alla portata degli astrofili).