novembre 2014 - dicembre 2015
Avete sicuramente conoscenza del sottile sentimento di incompiutezza quando capitano tra le mani alcuni vecchi cataloghi di strumenti che, negli anni ’80 nel mio caso, facevano sognare ad occhi aperti sulla carta patinata.
Quando acquistai il mio primo telescopio, che era un già dignitoso Meade 2080, era l’inizio del 1986 e, prima di giungere alla sospirata decisione, mi ero lasciato incantare dalla brochure Vixen che ritraeva il Polaris 100L newton e il suo “alter ego” 102/1000 rifrattore.
Il 4 pollici a lente l’ho poi posseduto anni dopo ma del vecchio e strano 10 cm. a specchio con focale da 1 metro mi è sempre rimasta una “gran voglia”.
Strumento inutile o quasi considerando la pletora di telescopi che affolla casa mia ma, si sa, un conto è la ragione, altra la passione.
Così, per caso, qualche mese fa sono incappato in un annuncio che vendeva pezzi smembrati da un Vixen R100L, tra cui ovviamente gli specchi primario e secondario e relative celle.
Lo specchio principale mostra un problema all’alluminatura in corrispondenza di uno dei tre fermi di ritenzione. Il problema è limitato poiché risulta quasi interamente coperto dal supporto ma è psicologicamente fastidioso. Ho quindi proceduto ad una pulizia attenta delle alonature così che nulla dello sporco/opaco intercetti il fascio ottico. Sotto le immagini del set al momento dell'acquisto e prima della pulizia generale.
Contrariamente alla maggior parte dei newton da 4 e 4,5 pollici con focale di circa 900 millimetri, le ottiche dello specchio principale del Vixen 100/1000 erano paraboliche e non sferiche. Questo testimoniava una attenzione notevole della casa giapponese nella produzione di uno strumento che, per costi, diventava ben poco concorrenziale rispetto ai competitor.
La correzione globale di lavorazione non era dichiarata ma considerando lo standard qualitativo della Vixen degli anni ’80 e il rapporto di apertura particolarmente poco spinto per un newton le prestazioni (limitatamente al diametro) dovrebbero essere più che buone.
In collaborazione con il fidato amico Marco Murelli ci siamo messi all’opera per ridare vita ad un antico piccolo gioiellino dotandolo però di molte delle peculiarità degli strumenti moderni di alto livello, sia per quanto riguarda l’intubazione che il sistema di focheggiatura.
Il progetto potrebbe apparire anacronistico e, da un punto di vista prettamente pragmatico è indiscutibile che, a fronte della spesa sostenuta a progetto ultimato, avere un newton da soli 10 cm. di apertura può essere limitativo ma la sfida ci attraeva e speravamo in prestazioni finali convincenti.
Se ci si sofferma infatti sulle caratteristiche tipiche dei cieli cittadini con i quali siamo sempre più obbligati a convivere ci si rende conto di come (oggi come anche 20 anni fa) 10 cm. ben corretti e con una focale intorno al metro rappresentino un set up interessante capace di regalare moltissime soddisfazioni. Non solo la Luna ma anche e soprattutto centinaia di sistemi multipli (tipicamente i target imposti dai cieli inquinati) sono il bersaglio ideale per uno strumento di tali dimensioni. Inoltre, la configurazione newton così poco aperta offre vantaggi in termini di contenimento delle aberrazioni geometriche (limitatissime se le ottiche sono a posto) e cromatiche (di cui non soffrono i newton classici). L’ostruzione appare tutto sommato limitata, il sistema spider a 3 supporti rappresenta una soluzione ottima per l’osservazione delle stelle doppie, e il guadagno luminoso è sufficiente a permettere osservazioni appaganti dei 5 principali corpi planetari: Mercurio, Venere, Giove, Saturno e anche Marte (durante le opposizioni quantomeno).
Il potere risolutore di un 10 cm. è prossimo a 1,2” e se non si è dei fanatici della ripresa hi-res (per quella serve soprattutto il diametro) un newton ottimizzato anche di soli 4 pollici è discretamente prestazionale.
Chiaramente il nostro progetto parte dalla accettazione che lo strumento finito dovesse richiedere una montatura adeguata poiché nessuna imposizione di “dieta” era prevista. Tutto doveva essere ben fatto e, nel caso si utilizzassero alcune parti meccaniche originali per semplice risparmio di tempo, queste dovevano essere messe in modo di lavorare in modo corretto (anche a costo di modificarle un poco). Vedremo anche purtroppo quanto alcune caratteristiche intrinseche del set ottico in nostro possesso abbiamo ridimensionato notevolmente le speranze iniziali e obbligato a sostituirle.
Per farla breve si potrebbe sintetizzare il tutto in una lista: tubo ottico, raccorderie, focheggiatore, cercatore, anelli, piastra, viti di regolazione celle. Parlando con maggiore cognizione di causa sarebbe corretto dire che per il gruppo focheggiatore è stato scelto inizialmente un Moolite a doppia velocità ma poi ci si è accontentati di un buon cryford demoltiplicato tradizionale per una questione di "colori" - il Moolite era rosso... (anche se va detto che non esiste nessuna comparazione con i prodotti cinesi quanto a qualità). Il tubo ottico è un composito in fibra e gomma, le raccorderie sono state interamente ricavate al tornio da pezzi in alluminio pieno, gli anelli sono stati acquistati ex novo e per il cercatore si è invece optato per un costoso 8x50 a visione angolata con illuminazione interna.
Il resto lo hanno fatto la pazienza, vitine e brugole varie, molto lavoro al tornio, un paio di anelli nuovi e una certa opera di finitura.
In poche parole, senza scomodare i super produttori che “sanno fare tutto loro”, nel nostro piccolo e a tempo perso ci sembra di aver realizzato un piccolo grande strumento, icona classica aggiornata tecnicamente in grado di dire la sua quando al suo fianco appaiono gli economici e massificati strumenti orientali.
A conclusione dell’opera è stata scelta inizialmente una montatura di sostegno a me cara: la Mizar RV-85. Questa montatura ha una storia particolare e rappresenta una piccola "chicca" nascosta nelle plaghe del tempo. La necessità di acquistare una nuova motorizzazione ha però fatto decadere la sua candidatura che è stata raccolta da una superba Takahashi EM-100, equatoriale di altissimo livello meccanico che ha subito un lungo processo di restauro capace di donarle nuova vita. Data la sua portata dichiarata (prossima ai 15 chilogrammi) ci è parsa la soluzione migliore per accompagnare il nostro piccolo-super newton, almeno inizialmente.
Devo ammettere che, una volta montato lo strumento in quella che dovrebbe essere il suo set-up definitivo, la speranza di aver fatto un buon lavoro si è palesata con una certa apprensione.
Il lavoro è stato non difficile ma ha richiesto un po’ di impegno e la componentistica usata (focheggiatore, montatura, ammennicoli vari) impone che, quantomeno, la resa sul cielo sia molto buona.
Non nego di aver atteso una serata decente per testare l’ottica così da non poter addurre alibi di sorta e, quando finalmente il sole è tramontato e la prima stella ha fatto capolino nel cielo ancora chiaro della sera, puntare questo vecchio/nuovo strumento mi ha regalato una notevole emozione.
Sarà la sua architettura classica, forse anche il suo piccolo diametro e l’insieme aggraziato del tutto, ma centrare l’astro luminoso prossimo allo zenith con un oculare da 25 millimetri di tipo plossl mi ha trasportato indietro nel tempo di qualche decennio.
Non ero nemmeno tanto sicuro che il campo di piena illuminazione fosse correttamente rispettato e temevo un cono di restrizione che, data la notevole estrazione del fuoco, mettesse in crisi la piccola superficie dello specchio secondario e mi facesse perdere qualcuno dei pochi e preziosi raggi di luce raccolti dal primario di soli 10 centimetri.
Considerando che lo strumento era stato assemblato senza procedere alla sua collimazione il risultato è stato adeguato alle aspettative: un disastro! Le aberrazioni geometriche possibili erano presenti tutte, nessuna esclusa. Ovviamente la cosa non mi ha demoralizzato anche perché l’asse del secondario non coincideva con quello del primario, lo stesso secondario appariva lievemente ruotato rispetto alla sua posizione ottimale, etc..
Devo però ricredermi sulla facilità di collimazione (quando il punto di partenza è così terribilmente lontano dall’optimum) di un newton, specialmente con dimensioni così ridotte. In una serata sul campo non sono riuscito a ottenere un risultato che andasse, in una scala da 0 a 10, oltre quota 3. Immagini teoricamente buone ma che si fermano a circa 40 ingrandimenti (plossl simmetrico da 25 mm.) per via di una serie di aggiustamenti da fare sulla assialità degli specchi.
Ho scattato due foto alla luna con il mio telefonino Samsung (più che altro per fare qualcosa di utile oltre al guardare una stella di prima grandezza con immagini extra fuoco completamente diverse da come avrebbero dovuto essere...) e ho atteso di recuperare, nella postazione montana, il collimatore laser con cui lavorare comodamente sul banco, quantomeno per una collimazione “accettabile” da rifinire solamente sotto il cielo.
Il “Next Generation Laser Collimator”, nome che mi fa sempre sorridere ogni volta apro la scatola, è un bell’oggetto e, se il portaoculari del focheggiatore in essere è correttamente dimensionato con tolleranze strette, il suo utilizzo diventa non solo facile ma anche fruttuoso.
Nel mio caso l’adattatore sul focheggiatore è un Takahashi e quindi la qualità è assicurata.
Collimare lo strumento diventa estremamente facile e in meno di 5 minuti si ottiene un allineamento delle ottiche di buon livello, perfettibile e migliorabile solo sotto il cielo osservando una stella ad alto ingrandimento.
Dopo l'operazione e riportato il piccolo newton alla luce della notte, in una sera da “dopo tempesta”, mi accorgo che il tempo impiegato a collimare al buio è stato sprecato. In pochi minuti con il collimatore laser ho ottenuto un risultato inimmaginabile alle due ore di imprecazioni passate qualche notte prima.
L’immagine stellare a 100 ingrandimenti è convincente e con qualche ulteriore ritocco ottengo una collimazione prossima al 90% della perfezione. Non ho tempo di migliorare ulteriormente (le nubi si addensano) ma il margine è ancora molto ampio. Nonostante questo l’ingrandimento offerto dall’oculare plossl da 6 mm. (potere di circa 166x) è perfettamente tollerato. Il disco di Airy appare ben netto con due/tre anelli di diffrazione e una certa luce diffusa dovuta alla totale mancanza di annerimento interno del tubo ottico. Il plossl da 4mm eleva il potere a circa 250 ingrandimenti che, nelle condizioni di seeing della serata e di collimazione dello strumento appaiono eccessivi anche se il disco di Airy resta ancora ben visibile benché annegato in una certa confusione luminosa e anche da qalcosa d'altro che non riesco a comprendere vista la turbolenza.
Interessante accorgersi che, a questo potere, la collimazione è ben lontana dall’essere accettabile con un marcato scostamento dal centro dell’ombra del secondario in posizione di fuori fuoco. Ciò che disturba maggiormente, ma è soprattutto un problema psicologico poiché al fuoco l’effetto aberrante si avverte relativamente poco, è la presenza ben visibile fuori fuoco dell’alone che circonda uno dei tre fermi dello specchio primario. Intorno a uno di loro, come si evince da una delle foto di apertura dell’articolo, è presente una lieve ossidazione superficiale della alluminatura che pur coperta in grossa parte dal tampone di blocco dello specchio resta comunque parzialmente visibile e si palesa nell’esame ottico.
Ho atteso, per rettificare la collimazione e provvedere all’annerimento interno del tubo, che giungessero gli anelli giusti di sostegno per sostituire quelli provvisori utilizzati nelle prime battute.
A causa della conformazione degli anelli iniziali ho dovuto smontare completamente lo strumento perdendo gli effetti della prima collimazione. Questo però mi ha permesso di eseguire una finale pulizia dello specchio primario e di segnare il centro dello stesso (cosa che risulta molto comoda in fase di collimazione del secondario) oltre a inserire un cartoncino nero in misura che opacizzasse e annerisse la parte di tubo compresa tra il secondario e il primario).
Una volta rimontate le varie parti ho installato la barra passo Losmandy, i nuovi anelli, e anche il cercatore 8x50 angolato con reticolo illuminabile, una “chicca” che mi avanzava e che si sposa cromaticamente molto bene con il resto dello strumento.
Per i nuovi test preliminari, non avendo ancora pronta la montatura EM-100 e la sua colonna dedicata, ho lasciato che a reggere il newton pensasse la Ioptron IE45 goto e ho portato lo strumento sotto il cielo.
Innanzitutto ho constatato, ora che tutti gli elementi erano posti in modo corretto, che il tubo in fibra e gomma richiede un minimo di adattamento termico (diciamo una mezz’ora circa) affinché si stabilizzi e non introduca problemi alle immagini finali. Il primo “fuoco” mi ha infatti palesato un astigmatismo pronunciato che è andato sparendo nell’arco di una trentina di minuti lasciando, a fine della stabilizzazione, una immagine molto convincente con un disco di airy perfettamente focalizzato, un primo anello di diffrazione ben delineato e di intensità regolare ma eccessivamente luminoso, e un secondo anellino di diffrazione più debole. Entrambi appaiono affievoliti nei punti di intersezione con le tre razze reggi secondario.
L’oculare Plossl da 6mm., con il suo potere di 166x, offre una immagine stellare piacevole che, da sola, vale l’impegno profuso. Ciò che però non convince è il residuo di aberrazione sferica che sporca un poco i contorni dell’immagine con una leggera luce diffusa.
L’immagine però è bella, indubbiamente, anche se soffre di un leggero astigmatismo residuo che ritengo però non insito nelle ottiche in sé ma nella loro posizione. Se però l'immagine stellare è bella ciò non significa che lo siano anche quelle planetarie. Uno dei dispetti dell'aberrazione sferica è che abbassa notevolmente il contrasto e tale problema non affligge tanto gli astri luminosi quanto la percezione dei particolari. Ho visto tanti strumenti con sferica male corretta le cui immagini della singola stessa apparivano belle esteticamente (anche il pesante primo anello di diffrazione in sé non è brutto) ma il loro utilizzo proficuo in alta risluzione risulta impossibile.
Poiché l’ultimo test sul campo, per quanto breve e non esaustivo fosse, mi aveva instillato alcuni dubbi sulla corretta geometrizzazione del complesso ottico e meccanico oltre a palesare la sferica cui facevo amenzione, ho approfittato delle giornate di pioggia incessante per lavorare al nostro piccolo newton.
Per non cadere nell’errore di dare per scontato qualcosa ho deciso di smontare completamente il tubo e separare ogni parte dall’altra per ricontrollare che tutto fosse a posto mentre lo rimontavo.
Ho inizialmente allentato i blocchi di fermo dello specchio primario per evitare qualsiasi tipo di tensionamento meccanico. Ho poi smontato la cella del secondario e i suoi supporti e ho ricalibrato l’allineamento.
Ho nuovamente "centrato" il tutto e ho anche abbandonato gli incavi/sedi di spinta delle tre viti del secondario che mi apparivano lievemente ruotate rispetto alla posizione ottimale, creandone di nuovi.
Quando ho montato nuovamente i vari elementi (operazione effettuata 2 volte nell’arco di una mattinata di sabato) ho avuto l’impressione che il tutto fosse migliore di prima. Per evitare di lasciarmi fuorviare dagli altalenanti risultati offerti dal collimatore laser ho proceduto alla vecchia maniera, con il classico e collaudato barilotto con microforo. Ne ho costruito uno ad hoc e ho potuto allineare le ottiche in modo diretto. Quando ho ottenuto una situazione finale che ritenevo soddisfacente (inclinazione sull’asse principale del secondario, centralità della cella del secondario, inclinazione di quest’ultimo e aggiustamento della collimazione del primario) ho inserito il collimatore laser per una controprova.
Mentre l’immagine attraverso il microforo del barilotto mi sembrava piuttosto collimata il laser palesava un disassamento pronunciato. Significato? Il collimatore laser non riesce a lavorare in modo corretto e, probabilmente a causa di lievi inclinazioni del sistema di focheggiatura, non risulta credibile. E' quindi uno strumento utilissimo ma i focheggiatori in cui viene inserito devono essere necessariamente "non cinesi"...
La prima sera senza pioggia ha fornito test poco indicativi per via di un seeing terribile. Permane un poco di astigmatismo nell’ottica ma il risultato finale sembra accettabile ed è immaginabile (seeing a parte) che si posano usare con profitto gli ingrandimenti offerti da oculari da 6 millimetri circa.
Se il seeing della serata di nuovo test era pessimo risultava invece notevole la trasparenza dell’aria, ripulita da giorni consecutivi di temporali. Così, sotto un cielo movimentato, ho montato il plossl da 40 millimetri e inquadrato l’ammasso delle Pleiadi che transitava altissimo sull’orizzonte.
I 25 ingrandimenti offerti dall’oculare cinese da 31,8, con un campo reale di 1,7° sono appena sufficienti a contenere l’intero ammasso ma l’immagine è molto bella. Bellissima anzi. Lo strumento appare perfetto per l’osservazione degli oggetti estesi poiché completamente privo di aberrazioni geometriche a bordo campo.
Non contento ho riesumato un mastodontico Erfle da 56 mm. e 52° di campo con barilotto da 2”. Il tiraggio molto esterno del newton mi ha obbligato a inserire una altrettanto massiccia prolunga da 2 pollici ma quando ho focheggiato l’ammasso delle Pleiadi sono rimasto deliziato dalla visione.
Incredibile come, anche dalla periferia di Milano, un simile oggetto possa risplendere in modo tanto fulgido ed emozionante. Non erano ovviamente discernibili (servirebbe un cielo veramente buio per farlo) le nebulosità principali ma le stelle apparivano come capocchie di spillo luminosissime e geometricamente perfette.
Con questo oculare (che fornisce meno di 18 ingrandimenti) il campo inquadrato sale a 2,9°, quasi perfettamente piani e privi di aberrazioni di qualsivoglia sorta, e l’ammasso aperto risplende al centro circondato da una moltitudine di stelline puntiformi e deboli in un cielo grigio/latte.
Devo ammettere di essere rimasto deliziato dall’immagine ottenuta, che mi sono soffermato ad ammirare per molti minuti, grato alla buona planarità di campo restituita dall’ottica a rapporto F10, e praticamente sconosciuta a quasi tutti gli altri strumenti. E’ veramente difficile, anche in rifrattori moderni dichiarati “spianati”, trovare una sostanziale uniformità di campo di pari livello e mi sono reso conto di quanto questo aspetto sia importante nella visione dei soggetti di grandi dimensioni angolari tanto da far prediligere uno strumento di diametro inferiore purché ben corretto anche a bordo campo.
Nonostante le condizioni estremamente turbolente ho provato ad osservare la stella Polare ma l’impossibilità di avere stelle che non fossero “puffetti” oltre i 50 ingrandimenti ha reso molto arduo scorgere la debole compagna che comunque si è palesata, con un po’ di fatica, con l’oculare da 17 millimetri che, con i suoi 58x, rappresentava de facto il massimo utile della serata.
L'idea iniziale di utilizzare la bella EM-100 Takahashi ha lasciato il posto ad altra soluzione. Benché ottimamente dimensionata mi spiaceva un poco che la gloriosa montatura giapponese finisse bassa verso terra e non svettasse alla sommità di una slanciata colonna. Così, mosso più da capriccio estetico che utilitaristico, ho destinato la EM-100 al suo naturale impiego con rifrattori come il FC100-N e il novello Antares 76/1250 circle K.
Forma, colore, dimensionamento, tipologia di anelli rendevano il newton 100 f10 adatto ad una piastra a passo Losmandy e all’installazione, almeno provvisoria, sulla CEM-60 e colonna fissa.
Per l’utilizzo itinerante penserò magari ad una altazimutale custom molto bassa oppure ad una go-to di nuova generazione su treppiedi dedicato.
Alla fine di Aprile del 2015, mi sono nuovamente dedicato al newton in oggetto e ho deciso di smontarlo completamente (lo strumento era stato mosso molte volte e sballottato) e avevo voglia di eliminare il baffo residuo di luce che permaneva nelle immagini a fuoco. Nel farlo ho anche controllato la pressione dei fermi dello specchio principale e li ho ulteriormente allentati perché il sospetto che deformassero il piccolo primario mi rodeva.
Contestualmente ho eliminato una “vitina” sul supporto del secondario che, fuoriuscendo dal cilindro, creava il "baffo" di diffrazione e ho controllato anche la rotazione del secondario.
Finalmente, con le accortezze prese, sono riuscito ad avere una collimazione pressoché perfetta. Avevo un gran desiderio di vedere cosa restasse ancora da fare e, pur sapendo che lo specchio primario va nuovamente alluminato per evitare la deformazione della macula presente su un lato, ho cercato un po’ di doppie difficili e le ho osservate.
Con mio grande stupore l’immagine stellare a fuoco era di ottimo livello, con il disco di airy perfettamente geometrico e una uniforme distribuzione della luce sui tre anelli di diffrazione. Geometricamente bellissima ma non da manuale. Gli anelli di diffrazione apparivano troppo “intensi” indicando il vero “tallone d’Achille” dello strumento che non poteva, dopo tutti i monta e smonta, che essere dovuto alle ottiche: aberrazione sferica sottocorretta.
Ora sappiamo bene che su certi target il problema influisce meno e, infatti, su doppie di magnitudine circa 5 e 6 le cose vanno benissimo. Sono giunto a separare senza alcune difficoltà sistemi da 1,8” - 1,5” e anche 1,2”. Immagini piacevolissime tra l’altro. Una bomba!
Peccato che il residuo di sferica, quando si lavora su soggetti molto luminosi, sia invasivo e tenda a rendere "flou" le immagini. Se i soggetti puntiformi appaiono generalmente piacevoli il basso contrasto impasta ad alto ingrandimento i particolari planetari e lunari dove lo strumento non riesce ad essere usato con reale profitto oltre i 160x circa.
Nella notte di buon seeing del 23 Ottobre 2015 ho potuto scorgere la debole compagna della Delta Cigny annegata tra gli anelli di diffrazione della primaria. Debole ma inequivocabile, oltretutto ribadita nelle posizioni di intra ed extra focale. Stavo lavorando a 166x ma l'immagine a questo potere non è comunque quella che dovrebbe essere e la sferica si sente. Così ho ridotto i poteri e installato un grosso oculare 50mm da 2 pollici. La visione mi ha ricordato molto quella permessa dal TeleVue Genesis con un oculare da 25 millimetri. 20 ingrandimenti perfettamente spianati con una restituzione cromatica delle stelle inquadrate da manuale. Bellissimo spostarsi da Vega alla doppia doppia e poi saltare a Sheliak e finire nelle plaghe del becco del Cigno sulla bella Albireo.
Il luogo deputato per il massimo della prestazione di questo intrigante newton è sicuramente l’alta montagna dove le sue ottiche possono godere di cieli bui e rendere anche qualche immagine interessante di oggetti brillanti del cielo profondo.
Se i larghi campi appaiono meravigliosi è la visione della Luna a deludere. Ho sciorinato ingrandimenti vari a partire dal minimo di 20x fino a giungere ai 250x del plossl da 4mm. con il residuo di sferica che comincia a farsi sentire poco oltre i 100x e rende inutile superare i 150x . Oltre questo livello non serve spingersi: l'immagine diventa molto flou pregiudicando particolari e contrasto. Se si vuole usare lo strumento per osservazioni planetarie spinte serve portare a rilavorare il primario e questa è una constatazione che, con le altre parti meccaniche a posto, mi affligge.
Prima di portare a rifigurare lo specchio primario ho messo un annuncio su astrosell alla ricerca di un set ottico completo originale Vixen R100L. Un conoscente stava vendendo il suo vecchio tubo ottico ma voleva una cifra piuttosto alta e ho lasciato perdere finché il sempre presente Francesco Romano mi ha fatto pervenire a titolo di regalo (perché un Signore è un Signore in ogni frangente) un pacchetto contenente celle e specchi originali. Le parti, mi ha spiegato, provenivano dal suo primo strumento, un Vixen R100/1000 per l’appunto, che però aveva visto giorni migliori. Il primario appariva infatti leggermente rovinato su quasi tutto il bordo esterno (larghezza di circa 1 millimetro o due) ma il gesto è stato comunque graditissimo anche perché mi ha messo nelle condizioni di sostituire uno alla volta i vari elementi ottici e intercambiarli per comprendere quale potesse essere l’amalgama migliore nel contenimento della fastidiosa aberrazione sferica residua del mio esemplare.
Collimando lo strumento sul banco da lavoro dopo la sostituzione del primario mi porta con grande curiosità. Lo specchio primario di nuova installazione non sembra alla vista migliore di quello che sostituisce (macula a parte) e mi chiedo se ci possa essere tanta differenza nella lavorazione che i laboratori Vixen hanno effettuato nel corso della storia del R100-L.
Ottengo quella che mi sembra un’ottima centratura del secondario e installo lo strumento sulla CEM-60. Il cielo è velato e umido e scorgo a stento le tre/quattro stelle più luminose del periodo. Punto Vega, che transita altissima al meridiano e focheggio con l’oculare plossl da 40mm.
Mi occorre un attimo per accorgermi che la situazione sembra migliorata. Gli spikes sottilissimi si intravedono e passo all’oculare da 20 mm. che offre 50x. Anche qui l’immagine appare sottilissima e i sei baffi di luce escono sottili ma netti dal fondo cielo grigio chiaro.
I primo star test vero e proprio lo effettuo a 100x con l’oculare da 10mm. Le figure di diffrazione in intra ed extra focale sono ora identiche senza alcuna differenza nella dimensione dell’ombra del secondario e con assenti rinforzi degli anelli.
A fuoco la geometria stellare è perfetta, sembra di osservare in un costo rifrattore apocromatico di buon livello. Un solo anello di diffrazione è visibile, appena interrotto nei punti di ombra degli spikes.
Salgo con gli ingrandimenti a 166x e poi a 250x (oculare da 4mm.)
Anche a questo potere il disco di Airy appare perfettamente rotondo e il primo e unico anello di diffrazione è sottile e quasi del tutto uniforme. Nessuna traccia di aberrazione sferica residua e una luce diffusa contenutissima!
Si comincia a leggere, a questo potere, un lieve cenno di astigmatismo indicato da quattro accenni di rinforzo sull’anello di diffrazione. E’ un fenomeno appena percettibile ma desidero indagarlo meglio.
Salgo a 357x (oculare Takahashi LE 2,8mm.) e l’immagine è ancora splendida. L’accenno di astigmatismo diviene più percepibile e mi sento di dire che, su soggetti tradizionali, forse il potere di 300x rappresenti il limite corretto di utilizzabilità.
Esagero e riprendo l’oculare da 4mm. a cui aggiungo una barlow Ultima Celestron 2x. 500 ingrandimenti, un poco di astigmatismo visibile ma tutto sommato contenuto e una focalizzazione ancora molto buona. Sono poteri “spot”, usati solamente per vedere dove giungono le ottiche in condizioni estreme, ma forniscono le loro indicazioni.
Con il nuovo primario lo strumento si è trasformato in un performer eccezionale. Dovrei avere a disposizione un acromatico classico 102/1000 per un confronto ma non credo che il rifrattore possa mostrare immagini migliori considerando soprattutto che oltre i 200/220x cominciano a “rompersi” per via del residuo cromatico non corretto.
Scivolo sulla Epsilon Lyrae che mi ricorda molto la visione offerta dal 76/1250 con però un po’ di luce e e separazione in più.
Il cielo non aiuta e si vela ulteriormente ma sono adesso certo di avere per le mani il newton che desideravo quando ho cominciato a lavorare a questo progetto.
Una immagine ripresa in afocale (singolo scatto) con proiezione di oculare da 6mm.
e telefonino Samsung S4 tenuto a mano.
Le nuove prestazioni proiettano il newton 100 Hypertech (come lo abbiamo simpaticamente battezzato tra amici) nella ristretta schiera dei 4 pollici di ottimo livello.
Già a 166x la compagna della Delta Cigny appare evidente e l’immagine tende a migliorrae passando a 250x. La debole secondaria resta appoggiata all’esterno dell’unico anello di diffrazione ed è visibile senza eccessivo sforzo.
Albireo è la solita gemma colorata di cobalto e arancio/oro. E’ immobile a 250x ma ottiene il suo massimo a 166x dove la saturazione dei colori sembra risultare più densa.
Il cielo è ben poco trasparente ma la stabilità atmosferica in compenso ne guadagna. Punto la Luna che viene ancora graffiata dalle foglie più alte degli alberi e il contrasto sembra finalmente degno di questo nome.
La luce diffusa un po’ flou che caratterizzava lo strumento con il precedente primario è scomparsa e i crateri al terminatore (la Luna volge alla totalità purtroppo e ha superato il primo quarto da circa 3 giorni) appaiono nettissimi anche se un po’ giallastri per via dell’umidità dell’aria.
Mi arrampico con gli ingrandimenti e giungo finalmente a poter sfruttare i 250x sul suolo selenico. L’immagine è ancora graffiante e si possono osservare con profitto alcuni sottili terrazzamenti al bordo dei crateri principali oltre alla “polvere” fine disseminata intorno ai picchi centrali.
E’ una immagine realmente godibile che ricorda molto da vicino quella offerta da un ottimo acromatico di pari apertura con il vantaggio di non evidenziare shift cromatici. Ritengo che i rifrattori top level apocromatici facciano anche meglio ma le differenze possono essere “accettate” soprattutto pensando alla realizzazione completamente custom del piccolo newton 100/1000. Intanto il cielo va ulteriormente velandosi e le poche stelle visibili vengono letteralmente "inghiottite" da una cappa semi-nebbiosa.
Nonostante la terribile umidità e lattiginosità del cielo ho provato a puntare Urano con il sistema go-to. La zona di cielo che lo contiene viveva una momentanea trasparenza (a occhio non si vedevano stelle sia chiaro ma al cercatore il punto luminoso del pianeta si notava in modo preciso).
All’oculare da 6 mm il disco planetario appariva immobile e percepibile come pallino denso di un colore grigio verde (a 250x invece il dato cromatico si perdeva interamente o quasi). Ho fatto appena in tempo a scattare qualche immagine con il mio telefonino (a mano) in afocale con il 6mm. e una di queste la propongo a seguire. La saturazione dei colori è un po’ “inficiata” dallo stato dell’atmosfera e forzando appena la saturazione esce più “blu” che “verde” ma il risultato resta notevole per un newton da 10 cm.
Immagine di URANO ripresa in afocale (singolo scatto) su telefonino Samsung S4 e proiezione di oculare da 6mm. Applicato resize da 2x circa e aumentata un poco la saturazione del colore. Strumento di ripresa newton 100/1000 Hypertech - località Milano
La sera del 30 Ottobre 2015, complice un buon seeing e una accettabile trasparenza del cielo (per lo standard milanese), ho rispolverato il 100/1000 Hypertech per tentare qualche sistema al limite teorico della sua risoluzione (che pone, secondo Dawes, in 1,2” il massimo ottenibile).
ETA CASSIOPEIAE appare molto bella con le due componenti fortemente diseguali sia per colore che magnitudine. La primaria appare sicuramente bianca mentre la compagna, anche per via del cielo e della bassa luminosità rapportata ai 10 cm. dell’obiettivo, sembra avere tonalità grigio/cobalto.
L’ingrandimento migliore, che permette il massimo della saturazione, resta quello di 166x dato dal plossl da 6mm.
Dopo essere passato per la Struve 79 che è una doppia con componenti di mag. 6 e 6.8 distanti circa 8”, puntata più che altro per calibrare il GO-TO sul successivo e impegnativo sistema (tra l’altro la 79 Struve è una ottima doppia per strumenti di piccolo diametro, consigliata per la bella visione che offre), mi sono spostato di un paio di gradi e ho inquadrato la Otto Struve 21 (01.03 + 47,23).
Il sistema è teoricamente alla portata dello strumento ma risulta difficilissimo. Primaria di mag. 6.8 e secondaria di 8.1 separate da soli 1,2”.
La sera è favorevole e le ottiche del piccolo newton 100/1000 sono ben collimate e acclimatate. Il pizzico di umidità nell’aria aiuta la stabilità e infatti a 250x la stella appare innegabilmente doppia con la secondaria piuttosto debole attaccata alla componente principale.
Un risultato notevolissimo che pone il newton sicuramente al pari se non al di sopra di un rifrattore commerciale da 10 cm. acromatico e che non fa rimpiangere il cugino Vixen 102M che tiene meno bene gli ingrandimenti per i ricordi che ho.
Con queste premesse, e anche per verificare su altro sistema quanto visto, scivolo di lato un poco e inquadro la Struve 3062 (00,06 + 58,26) che si fregia di due componenti di mag. 6.4 e 7.3 separate da circa 1,6”.
La risoluzione avviene già a 100x (oculare plossl da 10mm.) e la coppia appare bellissima a 166x (plossl da 6mm) con le due compagne ben separate (benché vicine) e dalla differenza di luminosità di circa una magnitudine, stimata visualmente.
Entrambe le stelle appaiono bianche e non noto variazioni di dominante alcuna.
Molto bella anche la visione a 250x che porta ad avere i dischi di Airy più “cicciotti” e notare una qualche sottile differenza di colorazione. Da sobrio indicherei le stelle come identiche ma sotto tortura potrei convenire che la primaria appare leggerissimamente più “calda” della compagna.
Decisamente più difficile risulta invece il vicino sistema doppio della Struve 5057 che pur con maggiore separazione pone a 4” una secondaria di magnitudo 9.3 (la primaria brilla a 6.7) che risulta al limite della percezione dal cielo milanese anche in una serata accettabilmente limpida come quella teatro delle osservazioni. A tratti, più con l’oculare da 6mm. che da 4mm., scorgo il fantasma della secondaria come una capocchia di spillo di tenue luminosità.
Vale la pena osservare i due sistemi descritti sotto un cielo montano poiché a 100x vengono entrambi comodamente contenuti nel campo di un plossl tradizionale e danno accenno di risoluzione: un po’ come una versione più esotica e difficile oltre che sbilanciata della Epsilon Lyrae tanto osservata da tutti gli astrofili del mondo.
Ho avuto grandi difficoltà a trovare uno strumento che potesse confrontarsi in modo paritario con il 100 Hypertech. Un caro amico, in possesso di un rifrattore TS 102ED aperto a f7, me lo ha fatto provare per una sera e ne ho tratto un giudizio tiepido. Indubbiamente piacevole, soprattutto se tenuto ad ingrandimenti medio/bassi, non mi ha dato la sensazione di essere superiore al newton di pari apertura forzando i poteri. A parte il residuo di cromatica che il rifrattore mostra (piuttosto pronunciato se devo essere sincero) la correzione geometrica dell’ottica e la possibilità di ottenere separazioni al limite strumentale si sono dimostrate paragonabili se non inferiori a quelle dello specchio classico aperto a f10.
Il mio Takahashi FC100-N appartiene ad un ”IperUranio” inarrivabile e non risulta nemmeno pensabile un confronto ma un 100 ED f9 orientale potrebbe essere utile. Probabilmente il rifrattore mostrerebbe un contrasto più elevato per via dell'assenza di ostruzione centrale ma non credo che si fregerebbe di prestazioni sensibilmente superiori. Non avendone uno per le mani ho dovuto ripiegare su un più tradizionale 4 pollici acromatico aperto a f9 con obiettivo Meade. Ho scritto tradizionale ma in tutta sincerità lo Stufachro 102/920, oggetto di una lunga review su questo sito, di tradizionale ha davvero poco essendo un ibrido economico intubato con un tubo da stufa ma dotato di ottiche di elevata qualità che sono state "scoperte" solo dopo averci lavorato e trovato il corretto posizionamento degli elementi ottici. Lo Stufachro ha dato prova di sé uscendo a testa alta (benché sconfitto) in un side by side con un blasonato Takahashi FS-102. Lo considero quindi un vero "termine di paragone" per qualsiasi strumento da 10 cm. che non appartenga al ristretto gotha degli apocromatici di alto blasone.
Così, la sera del 19 gennaio 2016, ho messo gli strumenti fianco a fianco e ho scelto come soggetto il Sinus Iridum e il cratere Copernicus.
In entrambi gli strumenti i particolari raggiungibili erano praticamente gli stessi con unica reale differenza la resa cromatica che appariva molto neutra nel newton e decisamente più calda nel rifrattore. Mentre però il secondo era “pronto all’uso” non appena raggiunto il corretto equilibrio termico (circa 20 minuti), per il newton è stata necessaria una nuova fine collimazione eseguita prima al banco e poi sulla brillante Capella.
Bellissimi, in entrambi gli strumenti, i ricorrenti domi del golfo lunare e visibili anche i microcraterini interni al Sinus: A, E, G. (purtroppo le foto sono state acquisite con un valore di esposizione troppo basso e i dettagli si perdono - molto meglio l'immagine visuale in questo caso).
Anche nell’indagare i picchi centrali di Copernicus e la miriade di puntinature dei detriti intorno all’anello del cratere non ho trovato grandi differenze se non nella più facile fruibilità del rifrattore che mi permetteva di osservare seduto e comodo mentre il newton impone di stare in piedi con conseguente minore quiete e relax.
Alla fine della serata, che è andata velandosi dopo le poche riprese eseguite con la camera IDS NIR accoppiata al newton, è stato difficile decretare un vincitore assoluto anche se mi sentirei di offrire la palma al rifrattore soprattutto per la maggiore semplicità di utilizzo. A favore del newton 100 il bilanciamento cromatico privo di dominanti. Praticamente identici i particolari che mi hanno permesso, tra l’altro, di intravedere anche tre dei cinque principali craterini interni a Plato benché le condizioni di illuminazione non fossero proprio ideali.
Le immagini sopra e sotto riportate sono state ottenute con una camera IDS NIR senza filtri.
Era una delle prime volte che usavo questa piccola camerina e la mia imperizia ha portato a risultati appena accettabili anche in comparazione con quanto visibile all’oculare.
Ho provato anche una comparazione (ovviamente propibitiva) con un ben più nobile e correto Takahashi: il classico e intramontabile FS-102/820.
Va detto che il 4 pollici giappinese, declinato nella versione che più ha avuto diffusione e successlòoà, è e resta a mio avviso uno dei più riusciti, bilanciati e usabili 10 cm. mai costruiti.
Non giunge alla perfezione assoluta di un FC100-N (che è davvero una macchina otticamente superiore per quanto possa sembrare iperbolico sottolineare) ma è e sempre sarà un riferimento importante per la categoria.
L’occhio attento coglie una minima cromatica residua nelle immagini di star test che restituisce ma la fluorite cristallina del suo obiettivo è sorprendentemente trasparente e permette una esperienza di visione che pochissimi altri rifrattori avvicinano.
E’ inoltre sufficientemente leggero da essere gestito con una montatura portatile e dotato della focale “corretta”, non troppo alta né troppo spinta; ed è bello, perché sfido chiunque a dire che un FS-102 non abbia una livrea accattivante.
Ovviamente, in ogni campo applicativo, il rifrattore giapponese alla fluorite si è dimostrato più performante e meno "delicato". Una maggiore capacità di salire con gli ingrandimenti, contrasto più elevato, maggiore pulizia di immagine, e anche una sensazione di maggiore luminosità.
Il risultato non era in discussione a inizio confronto ma è stato interessante vedere quanto il divario non fosse troppo marcato ma anche come le due immagini fossero diverse, valutazione che riesce spostando l'occhio da uno strumento all'altro e che risulta più difficile da fare "a memoria". Va detto, e questo vale per tutti i confronti eseguiti, che il newton si dimostra sempre, nel suo utilizzo, molto "delicato" richiedendo una perfetta messa a punto e controllando ripetutamente la collimazione durante la sessione osservativa. Questo deve servire da monito per tutti coloro che usano telescopi simili poiché che, se vogliono ottenere il massimo dai loro strumenti, devono lavorarci continuamente ed essere accorti nel movimentarli affinché non vengano a modificarsi, anche di poco, le geometrie che li regolano.
All'inizio di giugno 2016 ho eseguito qualche ripresa al suolo lunare con una camera monocromatica QHY5L-II e filtro light red. Il seeing non buono non ha permesso di spingermi troppo con la focale ma i risultati sono comunque discreti anche se (in tutta onestà) molto meno esaltanti rispetto alla visione all'oculare (purtroppo sono un pessimo imager lunare...).
Il 21 maggio del 2017, complice un buon seeing generale, ho effettuato due riprese a Giove usando la barlow 2x e ottenendo risultati molto lusinghieri. Camera QHY5L-II a colori prima versione.
Difficile trarre delle conclusioni su uno strumento che esiste in un esemplare unico e che, come tale, non ha competitor di mercato non essendo prodotto di business. Si può però considerare la validità della scelta fatta alla luce dei risultati ottenuti.
Oggi un rifrattore acromatico da 10 cm. a f10 costa 250/300 euro (quello più economico) per passare dai 550 richiesti per un 102/1100 fino ai quasi 2.000 per un telescopio (solo OTA) realizzato da una piccola azienda. Nel newton 100/1000 il solo cercatore e basetta costano quasi 200 euro... Il rifrattore permette una percezione dei soggetti planetari classici piuttosto simile ed è sempre pronto (nel senso che non richiede di essere collimato - in teoria), ma è uno strumento “stupido” se mi viene concesso senza che questo termine abbia connotazioni offensive (amo molto i rifrattori da 10 cm.). Però "insegna" molto poco: si prende, si usa (con grande soddisfazione indubbiamente), si ripone nella propria scatola.
Il newton che ho realizzato è invece un vero e proprio piccolo laboratorio ottico/meccanico in cui ogni componente è regolabile, modificabile, adattabile (anche con le sue pecche ovviamente). Meriterebbe forse la rialluminatura ad altissima riflessività dello specchio primario, quantomeno per guadagnare forse un decimo di magnitudine (forse) ma sono fisime che lasciano il tempo che trovano. Per il resto è stato un banco di prova per materiali poco usati nella creazione di strumenti astronomici: vetroresina, gomma, adattatori fatti “ad hoc” in alluminio lasciato lucido, annerimento “fuori standard” (sorrido al pensiero della soluzione adottata provvisoriamente) per la parte interna del tubo, e così via.
E’ un compagno con cui sperimentare e, soprattutto, imparare quasi tutto sui sistemi newton, dalla loro ottimizzazione alla loro collimazione, dalle opere necessarie al corretto bilanciamento alla gestione termica delle ottiche.
E’ costato un po’, indubbiamente, e ha richiesto tante ore di lavoro e affinamento e a rivenderlo si dovrebbe chiedere una cifra importante, sicuramente prossima ai 5/600 euro o anche superiore. Non fa rimpiangere un ottimo acromatico di pari apertura e focale nelle applicazioni di alta risoluzione e offre un campo maggiormente spianato e quasi interamente scevro da distorsioni (che sfiora i 2,8 gradi reali). Tra i suoi "contro", escludendo la scomodità intrinseca dei newton, la delicatezza richiesta nel suo utilizzo e una accurata preparazione e controllo affinché le sue ottiche possano esprimersi al meglio.
La domanda più pertinente è sempre quella che determina la validità di una scelta: potendo tornare indietro nel tempo lo rifarei? Sicuramente sì: è bello, molto performante, completamente custom e importante nella presenza scenica. Lo porterò probabilmente al prossimo Star Party invernale a St. Barthelemy dove avremo modo di paragonarlo ai tanti ED et similia con aperture comprese tra gli 80 e i 100 millimetri che intasano il mercato.