Marzo 2019
Il Meade ETX 125 OTA è transitato per un breve periodo a casa mia, in viaggio da un amico all’altro e diretto a Francesco Romano, nuovo proprietario e amico a me estremamente caro.
Così, in una sera quasi tiepida di inizio primavera, ho deciso di dedicargli un po’ di tempo per uno star test prima di consegnarlo al suo nuovo papà.
Lo strumento mi è giunto in condizioni estetiche pari al nuovo, con solo la vite di blocco del porta oculari mancante e ho potuto constatarne pregi e difetti costruttivi. Se il tubo ottico appare molto ben realizzato, pesante e rifinito, altrettanto non si può dire del comparto posteriore (culatta e flip mirror) che pur gradevoli alla vista sono realizzati in plastica dura con alcune imprecisioni di assemblaggio che danno, ad una analisi accurata, una sensazione di incompiutezza che gradisco poco.
Il portaoculari del flip mirror, anch’esso in plastica, tende a deformarsi e non dispone della rigidità né delle ristrette tolleranze necessarie a mantenere il corretto asse ottico (stringendo la vite, da me sostituita, si ottiene infatti una lieve inclinazione contraria dell’oculare).
Non si tratta di un problema fondamentale ma di un aspetto psicologico che può disturbare e che potrebbe essere risolto con poca spesa da parte del produttore. La fattezza “plasticosa" del flip mirror mi suggerisce inoltre una serie di deviazioni dalla perfetta collimazione del sistema che potrebbe, almeno con il tempo, creare qualche problema in alta risoluzione.
Si tratta però di impressioni statiche che ho cercato di dimenticare una volta installato lo strumento sulla montatura EQ6 PRO in attesa dell’imbrunire. Venendo da due belle serate trascorse all’oculare del GOTO KOGAKU 80mm F15, strumento di altra epoca e fattezza capace di una focalizzazione impressionante e di prestazioni di rilievo pur nel limite della sua apertura, l’idea di porre l’occhio in un Maksutov da 5 pollici ostruito di oltre il 30% mi ha generato una serie di preconcetti comprensibili. Del resto, il mio vecchio Bresser 127/1900 (che de facto possiede le stesse ottiche del Meade) mostrava immagini molto contrastate ed era capace di ottima risoluzione sui panorami lunari ma anche di avvicinare il proprio potere risolutivo teorico in molte occasioni. Differentemente dal Meade tra le mie mani, il Bresser aveva la possibilità di accedere con facilità alle viti di collimazione dello specchio primario e questo mi aveva permesso di ottenere una collimazione ottimale. La presenza del flip mirror complica invece moltissimo le cose nel ETX Meade introducendo l’incognita “specchio interno” e suo sistema di ribaltamento.
All’atto pratico il nostro ETX-125 ha dimostrato invece, in barba ai miei timori, una capacità prestazione impressionante.
Per comprenderne il carattere ho eseguito usa serie di test stellari su astri tra loro diversi per cromia e luminosità (Capella, Betelgeuse, Dubhe) riscontrando una sostanziale collimazione (che potrebbe essere migliorata esibendo a 380x una leggerissima perfezionabilità che però non consiglio di andare a toccare al nuovo proprietario - io stesso non lo farei probabilmente) e una leggera sferica residua che però non appare invasiva e che va cercata.
La focalizzazione appare molto buona ma lo strumento sembra rendere meglio sui soggetti a media a bassa luminosità che sugli astri di prima grandezza dove resta in essere un poco di luce diffusa che ritengo dovuta però soprattutto all’ostruzione centrale.
Il vero benchmark è stata l’osservazione di due sistemi doppi profondamente diversi tra loro e scelti proprio per valutare la capacità di risolutiva che di contrasto dello strumento. Nel primo caso ho inquadrato la 52 ORI (STF 795), un sistema di due astri posto nel corpo di Orione con magnitudini rispettivamente di 5.99 e 6.03 (quindi virtualmente identiche) e separazione di 1”. Il test, che appoggia la linea di separazione su quella del potere teorico strumentale, è stato superato a 380x con oculare Takahashi LE 5mm senza grossi problemi mostrando due piccoli astri correttamente separati anche se quasi a contatto tra loro.
Il secondo test ha visto target THETA AURIGAE, sistema quadruplo, di cui ho esaminato solamente le componenti A e B che presentano una forte differenza di luminosità (magnitudini rispettivamente di 2.60 e 7.20) e una separazione prossima a 4.2”.
Anche in questo caso il test, che solitamente tende a mettere in crisi catadiottri di maggiori dimensioni, è stato superato in modo encomiabile che la visualizzazione della primaria e di una puntiforme e sottile secondaria.
Benché quanto raccontato possa lasciare presagire un risultato da 10 cum laude devo specificare alcune problematiche emerse. Sia nella visualizzazione della 52 ORI che della Theta Aurigae ho notato alcune immagini fantasma che sono forse dovute ad alcuni riflessi interni (la secondaria della Theta Aurigae era solcata da un sottilissimo arco di cerchio con centro sulla primaria, e la parte nord della doppia figura della 52 ORI mostrava un doppio arco). Si tratta probabilmente di un insieme di effetti dovuto alla sferica lieve e a qualche riflesso interno. Il fenomeno è molto lieve ma indica che lo strumento non è al 100% e che forse le sue ottiche e la sua meccanica sono perfettibili. Il fatto però che abbia superato in modo comunque tanto brillante test molto severi mi fa pensare che più di così non si possa ottenere e pur con l’esperienza maturata in tanti anni ammetto che se fossi il proprietario di questo Meade non lo aprirei per metterci le mani.
Dove invece agirei è su due componenti che ritengo assolutamente vergognose. La prima riguarda il cercatore, un “pistolino” di plastica con posizione errata, sistemi di centraggio impossibili da usare dato che ad ogni tocco si deformano, e qualità ottica molto discutibile.
La seconda interessa il focheggiatore che, come quasi tutti i sistemi Meade, collezione una lista di difetti che appare difficile sistemare. Tralasciando la scomodità della minuscola manopolina questa agisce in modo non progressivo sulla traslazione del primario mostrando ampi “buchi” e repentine accelerazioni. Inoltre il punto di fuoco, che è molto preciso grazie alla buone ottiche, tende a non venire mantenuto a lungo spostandosi lievemente (!) come se il primario avesse un movimento “elastico”.
Per valutare le prestazioni del 125 ETX gli ho affiancato due rifrattori storici, il GoTo Kogaku 80/1200 e il Takahashi FC100N.
Come immaginavo, nel test sulle stelle doppie il maksutov da quasi 13 cm. ha avuto margine sul pur ottimo 80 mm. a rifrazione mostrando meno “quiete” nelle immagini ma una luminosità e una separazione decisamente superiori.
Nei confronti invece del Takahashi da 10 cm. a f10 il Mak non ha potuto ripetersi. Pur esibendo maggiore risoluzione (nel caso della 52 ORI il mak ha mostrato il filo nero tra le due componenti che apparivano invece esattamente appoggiate una all’altra nel rifrattore giapponese) e anche una brillanza superiore, le sue immagini risultano meno piacevoli di quelle esibite dalla fluorite che in questo resta ineguagliabile.
Nonostante una superiorità di immagine del giapponese blasonato non posso però che dirmi molto contento dalle prestazioni ottiche del Maksutov Meade (come del resto mi avevano impressionato in ugual misura quelle del quasi gemello Bresser).
Con tali ottiche sarebbe bello poter spendere un paio di “centoni” in più e avere una meccanica di livello adeguato.
Il test diurno sul pianeta Venere ha ricondotto il pur ottimo ETX al suo rango di catadiottrico e il confronto con i due rifrattori è stato illuminante. Dove nel Meade si aveva una immagine pur buona ma tremolante e con i dettagli delle ombreggiature al terminatore impastati e non sufficientemente chiari da poter essere disegnati, nei due rifrattori appariva la sagoma pulita e netta del pianeta con ombreggiature similari tra loro anche se più dense e certe all’oculare del Takahashi da 10 cm.
Impressionante come la pur ottima resa del ETX 125 su soggetti ad alto contrasto venga ridimensionata nel caso di oggetti in cui questo è invece modesto, dove sono le sfumature leggere a farla da padrone e quando è la pulizia di immagine, più che il contrasto e la raccolta luminosa, aspetto basilare all’osservazione più proficua.
Immagine sopra: il TAKAHASHI FC100N impegnato nel confronto diurno sul pianeta Venere.
Benché una serata non sia sufficiente ad esprimere un giudizio ragionato e definitivo su uno strumento astronomico posso però azzardarmi a trarre alcune conclusioni che non credo verrebbero modificate in modo sostanziale da un utilizzo prolungato anche perché la sera del test si è contraddistinta per un seeing di buon livello e una trasparenza del cielo superiore alla media per lo standard milanese.
Indubbiamente devo ammettere che, dal punto di vista estetico, il Meade 125 è forse il più bello tra i maksutov da 5 pollici commerciali e meriterebbe una montatura equatoriale progettata specificamente per lui con i medesimi colori e una ergonomia ricercata, possibilmente installata su una colonna studiata ad “hoc”.
In tale chiave si potrebbe pensare ad un paraluce integrabile, magari con una filettatura sulla ghiera esterna della cella del menisco che consenta di avere il paraluce (che dovrebbe essere rigorosamente in alluminio) planare al tubo ottico.
In questo modo si otterrebbe uno strumento che, indipendentemente dalle sue prestazioni ottiche, potrebbe essere inserito in un ambiente moderno come elemento di arredo (!).
Eviterei di acquistarlo invece sulla sua montatura in ABS che se risulta inadeguata anche per il piccolo 90mm. figuriamoci per un 127…
Accantonate le dissertazioni puramente estetiche va valutata la capacità di un telescopio di fornire prestazioni in linea con la propria apertura e logica progettuale.
Il 127/1900 è progettato per lavorare in alta risoluzione (Luna, stelle doppie, pianeti in primis) e quindi è inutile chiedergli un contest sugli oggetti del cielo profondo, a meno che non siano angolarmente poco estesi e luminosi.
Deve, insomma, poter lavorare con incisione in un range di ingrandimenti compresi tra i 100x e i 250x senza mostrare aberrazioni significative di tipo geometrico (astigmatismo e sferica) e garantendo una collimazione eccellente anche e soprattutto perché intervenire a correggerne errori è impresa non alla portata della stragrande maggioranza degli astrofili.
In questo il nostro ETX-125 ha sfoggiato capacità entusiasmanti che vengono solo un poco offuscate da una indegna imprecisione meccanica del focheggiatore e da un cercatore che il produttore avrebbe fatto bene a non installare nemmeno risparmiandosi critiche feroci.