giugno 2013
Il Meade 12" Schmidt Cassegrain installato su una robusta montatura equatoriale russa ALTER D-6 dotata di sistema FS2 a 30 Volt
Vorrei non ripetermi nel presentare il solito Schmidt Cassegrain commerciale marchiato Meade, così preferisco fare alcune considerazioni di comparazione con il fratello a campo spianato denominato ACF che, fino a 20 giorni fa, campeggiava sulla mia montatura e oggetto di lungo test presente in questa sezione del sito.
La cosa che infastidisce nell’uso di questi strumenti è il peso non indifferente che li segna. L’ago della bilancia supera di slancio i 16/17 chili e questo impone una montatura di notevoli dimensioni oltre ad uno stativo robusto per poter sfruttare il telescopio. Troppo spesso ho visto astrofili installare tubi ottici di peso e pregio su montature assolutamente inadatte ad accompagnarli e poi lagnarsi delle apparenti scarse prestazioni dei loro strumenti. La imperversante EQ6 non è la panacea dell’astrofilo moderno, sarebbe bene tenerlo a mente quando si pensa di acquistare un’ottica di diametro medio. Nella fattispecie, il Meade 12” S-C richiede perlomeno una equatoriale nella classe della G11 o anche superiore.
Altra considerazione può essere fatta circa la subdola attrattiva che esercitano sull’astrofilo medio. Non si riesce a stare loro lontani. Io stesso ne ho avuti tanti, li ho venduti tutti, ma finisco sempre con il ricomprarmene ciclicamente qualcuno. Quando si desidera uno strumento equatoriale di diametro prossimo ai 25/30 cm. non c’è scampo del resto. I newton sono ingestibili, almeno quelli fatti bene (penso ai Parallax), gli R-C hanno il difetto della notevole ostruzione e poi , se si fa eccezione per la produzione GSO, vengono venduti a prezzi illogici per le loro prestazioni visuali (del resto nascono come strumenti fotografici), i derivati dello schema cassegrain sono poco diffusi e i pauperi costruttori che li hanno a listino li vendono a prezzi esorbitanti.
Quindi, di “riffa o di raffa”, si torna sempre a pescare in casa Celestron o Meade per ritrovarsi sulla montatura un grosso fustino di detersivo che racchiude il meglio e il peggio della tecnica strumentale a disposizione dell’astrofilo moderno.
La lastra correttrice di Schmidt
Quali sono le differenze tra la vecchia versione non aplanatica (oggetto di questo test) e la nuova “ACF” (il cui test è riportato nella sezione di riepilogo)?
Abbiamo detto che il peso è il medesimo, così come uguali sono la livrea, il tipo di cella del secondario, il sistema di messa a fuoco a traslazione dello specchio primario (infelicemente realizzata), la culla, il sistema di estrazione del portaoculari, il tappo del tubo, etc…
La differenza risiede esclusivamente nella mancanza del campo spianato: gli ACF mostrano una puntiformità stellare notevole fino ai bordi del campo inquadrato con piacevole effetto di pulizia d’immagine e possibilità di sfruttamento ottimale dei bassi ingrandimenti.
Vorrei però, con spirito critico e libertà di parola, soffermarmi sull’utilità di questa innovazione.
In campo fotografico la ritengo utilissima: benché sia nota la ristrettezza del campo inquadrato da uno strumento da 30 cm. di apertura e 3 metri di focale il beneficio c’è e si vede. Ma in campo visuale, obiettivamente, serve questa correzione extra (che si fa notevolmente pagare guardando i listini in essere)? La risposta è NO, e vi spiego il mio punto di vista.
Uno strumento con 3 metri di focale non sarà mai adatto all’osservazione deep sky a largo campo. Bisogna dimenticarsi le immagini della Via Lattea, dei campi estesi ricchi di stelle, dei larghi ammassi aperti nell’Auriga o in Cassiopea e Perseo. Scordiamoci anche molte nebulose diffuse, o quantomeno scordiamoci di vederle nella loro interezza. L’uso inoltre di oculari a lunga focale (indispensabili a ridurre il potere di ingrandimento) introduce effetti di parallasse che generalmente inficiano la spianatura di campo dell’ottica principale. Ho provato, a questo proposito, due oculari multielementi (un plossl modificato e un erfle di focale pari a 56 e 50 mm. e campo prossimo ai 60° per un reale potere di circa 60x e 1° di campo). L’effetto al centro è ottimo ma basta una posizione non perfetta dell’occhio rispetto al centro dell’oculare o una minima inclinazione rispetto al suo asse ottico ed ecco affiorare aberrazioni geometriche che mandano “a donnine poco serie” il lavoro dei tecnici progettisti sull’ottica primaria.
Quando si sale a 150x (regime di lavoro di “crociera” per questo tipo di strumenti) con un comune plossl da 20mm. l’effetto di spianatura del campo della versione ACF rispetto a quella S-C tradizionale è difficilmente avvertibile e comunque non determinante.
Si quo quindi concludere che l’introduzione dei sistemi aplanatici in casa Meade e Celestron, denominati ACF e HD EDGE, non rappresenti una gran miglioria per l’astrofilo visualista, non serva a nulla per l’astrofilo che si limita a fotografare i pianeti, sia utile per chi ritrae la Luna e il Sole, sia sicuramente molto utile per chi fotografa il cielo profondo.
Quando volete acquistare un fustino di detersivo per osservare il cielo e siete indecisi se risparmiare comprando un S-C tradizionale oppure lasciarvi tentare dall’acquisto di un più caro aplanatico, riflettete su quale sarà il target delle vostre osservazioni.
la cella porta secondario con le 3 viti di collimazione
Le notti di fine maggio e inizio giugno non sono state certo generose in quanto a seeing e pulizia del cielo, ma sono comunque riuscito a effettuare uno star test indicativo dello strumento.
Innanzitutto devo segnalare l’inaccettabile funzionamento del meccanismo di messa a fuoco manuale tramite traslazione dello specchio primario. Non solo denuncia un gioco di circa 1 giro completo di manopola nell’inversione di moto prima che il meccanismo faccia presa e sposti lo specchio, ma introduce anche un notevole focus shift. Risulta necessario, se si vuole entrare in sintonia con lo strumento, dotarlo di un sistema posteriore di fuoco: un pignone e cremagliera o, accontentandosi, un cryford qualunque, oppure un sistema motorizzato. Così come per l’esemplare di ACF già testato su questo sito, anche la versione Schmidt Cassegrain tradizionale trova dunque nella meccanica del sistema di focheggiatura il suo peggior difetto. Il mio esemplare (non lo avrei comprato in mancanza) possiede fortunatamente un sistema motorizzato della JMI che, sebbene un poco rumoroso, funziona egregiamente dopo essere stato sistemato. Arrivato con un cavo dissaldato all’interno del carter di protezione ha richiesto dieci minuti buoni di lavoro e poi è stato in grado di operare come da specifiche, anche se la sua escursione, non superiore ai 3 cm., è un poco limitata.
Lo star test è stato effettuato
su Arturo (alpha Bootis) e ha mostrato un buon risultato
quanto a pulizia delle immagini di intra ed extra focale e assenza di significativa aberrazione sferica. Piuttosto buona la focalizzazione, considerato che stiamo parlando di un 30 cm. commerciale in
presenza di condizioni meteo turbolente.
La stima del potere massimo su soggetti stellari, con seeing prossimo a 4/10, è di circa 200x come testimoniato sia dalla brillante Arturo che dalla bella Izar (sistema doppio).
L’ingrandimento ottimale in queste condizioni è risultato quello offerto dall’oculare da 18 mm. (166x) in quanto a pulizia del disco stellare e dal 12,5 (potere di 240x) quanto a percezione delle cromie stellari. Saggi a poteri superiori sono risultati controproducenti per via dell’agitazione atmosferica. La curiosità maggiore deriva, in questo esemplare, dalla estrema sensibilità delle brugole di collimazione del secondario. E’ infatti sufficiente una rotazione di pochissimi gradi di una di esse per produrre una inclinazione notevole dello specchio, obbligando quindi a operazioni di collimazione estremamente attente e “ponderate”. In compenso, a differenza di quanto accadeva sull'ACF, la tenuta della collimazione sembra essere esemplare e nemmeno il passaggio al meridiano introduce disallineamenti percepibili in visuale.
Come tutti gli S-C aperti a f10 la sensibilità alla collimazione è alta: se si procede in modo corretto e si destina il giusto tempo per ottenere un'opera ottimale le immagini finali saranno piuttosto pulite, in caso contrario è un disastro...
il gruppo focheggiatore esterno dotato di motorizzazione JMI
A questo proposito non mi stancherò mai di ripetere quanto sia importante disporre di una buona montatura oltre che di un'ottica decente, soprattutto se si lavora ad alti ingrandimenti e ci si dedica ad osservazioni in risoluzione medio/alta. Il Meade 12" pesa grossomodo 16 chili oltre ad accessori, il che lo rende fuori portata per la classica ed economica EQ6, quantomeno se si vuole lavorare bene. Il sempiterno consiglio è quello di rivolgersi alla vecchia ma solida Losmandy G11 (se ne trovano molte nell'usato a prezzi più che vantaggiosi) o a qualcosa di più performante. Marche e produttori a parte sarebbe opportuno rivolgersi a equatoriali in grado di reggere almeno 30 kg. reali. Meglio robuste e spartane che “graciline” ed elettronicamente avanzatissime. Nel mio caso, avendola montata in postazione fissa, ho optato per la bruttina ma solida ALTER D-6 russa, montatura certo non raffinata ma di discreta portata (anche se francamente inferiore ai 45 chili dichiarati dal costruttore).
Ci sono ottiche particolarmente sensibili a "questo" o "quel" tipo di oculare. Su internet si legge di tutto e il contrario di tutto, ma i test eseguiti negli anni hanno dimostrato che, al variare dell'oculare (pur restando su prodotti di alto livello) sono facilmente distinguibili differenze, a volte sostanziali, nella qualità dell'immagine finale. Con questo Meade, francamente, non mi sento di avvalorare questa tesi. Le ottiche, buone, non sono quelle di un rifrattore particolare e il guadagno luminoso è molto. Inoltre si lavora con una focale nativa importante (tre metri non sono pochi) e un oculare da 10 mm. offre già il rispettoso potere di 300 ingrandimenti (quasi il massimo reale in ogni situazione). Meno lenti ci sono, in summa, e normalmente meglio è, soprattutto sui campi molto ristretti. Inutile spendere follie in preziosi oculari monocentrici o in ortoscopici tedeschi da collezionismo. Un banale plossl a 4 elementi ben realizzato è più che sufficiente per spremere il massimo o quasi da queste ottiche. Più che altro, a farla da padrone, è il seeing e la preparazione dello strumento all'osservazione. Oggi discreti plossl si comprano dalle manine laboriose dei cinesi e spendere più di 40/50 euro ad oculare significa, con questo meade, buttare via i soldi. Quasto non lo dico per sminuire lo strumento oggetto del disquisire ma per rassicurare tutti coloro che non hanno voglia o possibilità di investire 300 euro a oculare e pensano per questo di dover rimanere astrofili di serie "B".
Le fotografie sono del bravo ANDREA VANONI che ha ritirato il tubo ottico prima che ultimassi la review...