BRESSER 102xs (102/460mm.)

Gennaio 2024

Sopra: immagine pubblicitaria del Bresser 102xs tratta dal sito "www.bresser.de".

INTRODUZIONE

In questa chiacchierata ci occuperemo di un rifrattore estremamente interessante che ha però fatto parlare di sé in toni quasi mai entusiasti: il Bresser 102/460

Sulla carta appare un azzardo: prezzo di acquisto molto contenuto, architettura a doppietto Fraunhofer e un rapporto focale fantascientifico di F 4.5.

A pensarci bene simili azzardi sono già stati tentati da marchi famosi, sia alla fine del secolo scorso che più di recente, con astrografi a lenti di costo elevato.

Il primo fu il Pentax 100 EDUF F4 (un teleobiettivo rivisto in chiave “telescopica”), poi i Borg 101 con riduttori a F4, i Takahashi FSQ e Vixen 108 DED e molti altri sino ad arrivare agli ultimissimi astrografi di influenza cinese.

Gli scogli da superare per la corretta realizzazione di un simile prodigioso strumento sono tanti, a cominciare dal contenimento dell’aberrazione cromatica e sferica per finire con la costruzione di una meccanica che sia pressoché perfetta. Non tutti hanno avuto successo nel generare l’alchimia necessaria e gli illustri “flop” sono conosciuti tra gli astrofili di buon livello.

Bresser sembra aver voluto intraprendere questa perigliosa avventura fregandosene bellamente di tutte le accortezze necessarie per evitare un “bidone”. E questo assurdo approccio suscita la mia simpatia.

102-xs: FATTO ESATTAMENTE COME NON SI DOVREBBE

Per il loro “nanerottolo” alla Bresser hanno scelto di usare ciò che avevano. Il focheggiatore (invero di buon livello) è il Hexafoc che già equipaggia tutti i modelli della casa tedesca dai 4 pollici in su. Non è dotato di demolitiplica ma si distingue per una buona fluidità, assenza di giochi e robustezza invidiabile. 

Il tubo ottico è cortissimo, in alluminio leggero, e termina con un generoso paraluce in materiale plastico, ben fatto anche se delicato, il tutto in colore bianco latte e corredato di una staffa a coda di rondine a passo Vixen standard. Non ci sono quindi anelli “porta-ottica” e la basetta per il cercatore ha lo scomodo passo Bresser che impone di arrangiarsi nel caso si voglia installare un piccolo strumento guida come il diffuso 30/120 mm.

Cuore dello strumento è l’ottica e la cella che la contiene. Quest’ultima è di plastica, come le altre celle Bresser su rifrattori serie Messier: una scelta “maestra” data la delicatezza e attenzione che va posta ad un’ottica tanto “spinta”...

Con la sola eccezione delle viti di collegamento e delle 4 coppie di grani di regolazione tangenziale degli elementi ottici oltre che dell’anello spaziatore tra crown e flint, null’altro appare in metallo. La scelta, all’insegna della massima economicità, appare al purista quantomeno raccapricciante. 

Alla valutazione meramente estetica lo strumento appare comunque piacevole e compattissimo per essere un 100 millimetri di apertura. Se a questo si aggiunge il prezzo di acquisto di circa 350,00 euro presso i rivenditori italiani (che invece Amazon propone in offerta a 260,00) e alla dichiarazione di impiego di un vetro “ED” è chiaro come non si possa essere tentati all’acquisto. Quanto sia "ED" l'elemento crown è tutto da vedere ma si può ipotizzare che possegga un numero di Abbe un poco superiore a quello del Bk7 e inferiore a quello di un FPL-51.

IL NOSTRO ESEMPLARE

Ad osservarlo sembra che manchi un pezzo.. il tubo ottico! Il telescopio è talmente corto che si ha la sensazione di avere tra le mani un rifrattore Bresser classico a cui si siano dimenticati di realizzare il tubo centrale, quasi l’obiettivo fosse stato montato direttamente sul focheggiatore.

L’amico Matteo mi ha lasciato sul bancone del piccolo laboratorio il 102xs, dicendomi di farne ciò che più ritenevo utile e aggiungendo di non essere riuscito a utilizzarlo per nulla di buono se non come strumento guida ad altri telescopi.

Il povero 102xs, già di seconda mano, è stato sicuramente maltrattato dal primissimo proprietario e al suo arrivo aveva aria dimessa: sporco esternamente e con le ottiche piene di polvere, pezzettini di “non si sa cosa”, ditate e alonature su tutte le superfici.

Poiché la fine del pomeriggio si stava ammantando di nebbia, compagna milanese delle giornate di metà gennaio, ho deciso di dedicare tempo alla valutazione del "nanerottolo".

Prima ancora di effettuare qualsivoglia pulizia ho controllato le ottiche con il collimatore REEGO e ottenuto due centri ottici ben distinti a denuncia di completa scollimazione.

Lo stato era tale da obbligarmi a smontare completamente lo strumento e separare crown e flint.

La cella in ABS non appare perfettamente rotonda, i filetti nella plastica tendono a impuntarsi e a “saltare” se non avvitati con estrema accortezza, le viti che ancorano la cella stessa al tubo ottico sistemate in asole un poco asimmetriche, e i grani di collimazione tangenziale avvitati in sedi filettate, nella plastica, che hanno vita breve.

Nella foto in basso un "close-up" del bordo di cella dopo che lo strumento era già stato messo a posto.

Smontando lo strumento ci si rende conto di un assemblaggio incredibilmente approssimativo. Più della semplicità ed economicità delle soluzioni ciò che inorridisce è il pressapochismo con cui il telescopio è messo insieme.

A fine pulizia, e dopo aver rimontato per ben tre volte tutte le parti, avevo spanato una delle sedi filettate dei grani di collimazione e una seconda dava candidamente prova di non funzionare.

Tentare di collimare lo strumento è stata opera di pazienza e cortesia, la prima nei miei confronti, la seconda a beneficio del 102xs. Ho dovuto persino spessorare asimmetricamente il flint per traslarlo in modo sufficiente a regolare il crown di conseguenza.

Solo dopo circa due ore di continui aggiustamenti ho ottenuto una condizione accettabile e un responso strumentale univoco.

Non sapevo se il telescopio fosse nelle condizioni di operare come da specifiche ma ero certo di esserci molto vicino e di non poter comunque fare di più. Del resto il miglioramento era abissale rispetto al primo test e, una volta terminato l’assemblaggio, ho provato a scuotere più volte il telescopio per assicurarmi che lo stato raggiunto venisse mantenuto anche dopo la movimentazione.

La finale opera di pulizia esterna mi ha consegnato un “rinato” Bresser 102xs in attesa di una sera di cielo sereno.

In alto: immagini della sistemazione delle ottiche. Sotto: il responso del REEGO a fine lavori.

LA VOCE DEL WEB

Su internet è disponibile una interessante disanima dei risultati ottenuti all’interferometro applicato al Bresser 102xs che può essere letta al seguente link: http://interferometrie.blogspot.com/2017/06/3-short-achromats-bresser-ar102xs.html

Il tester indica quanto il telescopio, almeno nell’esemplare da lui recensito, soffra di sferocromatismo e di come sia possibile, collimazione a parte, migliorarne il dato pur restando con una sorta di “melone poco utile” tra le mani.

Altri utenti di forum nostrani o statunitensi convengono, in un coro con poche eccezioni, circa la scarsa usabilità di questi strumenti e riportano osservazioni deludenti in ogni campo di applicazione. Accanto a loro qualche sparuta eccezione che dichiara soddisfazione nell’impiego solo a bassissimo ingrandimento.

STAR TEST E PRESTAZIONI

Il mio personalissimo responso ha dovuto attendere qualche giorno dopo la prima sistemazione per via del tempo meteo inclemente nel mese di gennaio.

Ho scelto un set di oculari che potesse essere compatibile, per prezzo e logica commerciale, al Bresser individuandolo in un plossl da 32mm, in un oculare zoom 21,5-7,2mm., in un plossl 10mm per lo star test e, infine, in un 5 e 4mm. al lantanio della serie LV Vixen per testare il massimo potere raggiungibile.

Per facilità di valutazione dei risultati ottenuti riporto uno schema degli ingrandimenti ed estensione di campo reale che gli oculari impiegati consentono.

 

 

 

 

Oculare 32mm plossl

14/15x circa

3,6° FOV risultante circa

Oculare Orbinar Zoom a 21,5 mm.

21x circa

1,9° FOV risultante circa

Oculare 10mm plossl

46x circa

1,08° FOV risultante circa

Oculare Orbinar Zoom a 7,2 mm.

64x circa

0,9° FOV risultante circa

Oculare LV 5mm.

92x circa

0,5° FOV risultante circa

Oculare LV 4mm.

115x circa

0,43° FOV risultante circa

 

La scelta è stata propedeutica alle caratteristiche dell’ottica principale. Inutile ad esempio impiegare oculari super-grandangolari su uno strumento che già nasce estremamente “spinto” e che genera quindi una forte curvatura di campo. Al tempo stesso, inutile l’impiego di barlow e il raggiungimento di ingrandimenti che il doppietto Bresser non può a logica sostenere, nemmeno sulla carta.

Per il test mi sono affidato alla Vixen Sphinx SXW dotata di starbook di prima generazione, montatura che appare fin troppo sovradimensionata per il piccolo Bresser che, alla bilancia e metro, accusa un peso in “opera” di 2,8 kg (esclusi diagonale e oculare) e una lunghezza con focheggiatore non estratto, ma con prolunghe filettate montate, di 50 cm. circa.

Sopra: Il 102xs installato sulla Vixen Shinx. Sotto: la maschera di Bathinov trasformata in "tappo" frontale copri-ottica.

Per cominciare ho inserito il plossl da 10mm. ed effattuato lo star test, sia in luce bianca che in quella “verde” con un filtro G (500-600nm. di banda passante).

Lo strumento ha evidenziato immediatamente una scollimazione significativa, come purtroppo temevo per precedenti esperienze, che testimonia e certifica, ancora una volta, quanto il collimatore REEGO sia usabile solamente per una “grossolana” regolazione.

Ho impiegato una trentina di minuti a centrare le ottiche, ottenendo un risultato più che dignitoso e virtualmente perfetto a circa 64x (che si rileverà l’ingrandimento “elevato” più indicato per lo strumento).

In luce verde il comportamento in intra ed extra focale, pur con una pulizia e contrasto differenti, si fregia di buona regolarità ed evidenzia un contenimento dell'aberrazione sferica superiore alle mie aspettative.

Non che non vi sia traccia di sovra correzione ma questa è tutto sommato limitata e non inficia troppo le prestazioni globali dello strumento.

Anche in luce bianca la focalizzazione appare univoca ma, differentemente dall’immagine nel verde, si evidenziano luci spurie rosse e blu ben percepibili. La geometria stellare appare invece corretta e consente di spaziare con gli ingrandimenti tra i 15 e gli 80 circa senza problemi particolari.

A 115x, con oculare Vixen LV 4mm., ci si accorge di essere al limite superiore, ancora usabile in alcuni casi su soggetti prettamente stellari ma effettivamente al limite su target planetari.

il Vixen LV 5mm. appare, dal punto di vista conservativo, l’oculare a focale più corta usabile con profitto.

Ho eseguito alcuni test su campi stellari sfruttando la capacità zoom dell’oculare Orbinar ma soprattutto provando la reale sfruttabilità del plossl da 32mm.

Contrariamente a quanto mi attendevo, ai soli 15 ingrandimenti offerti (per un campo reale di oltre 3 gradi e mezzo) il matrimonio con il Bresser 102xs appare convincente. Le distorsioni intervengono solo molto lontano dal centro del campo inquadrato e le stelle restano puntiformi (o tendenzialmente tali) anche nelle vicinanze del field stop.

Nonostante questo ho trovato ancor più piacevole l’immagine prodotta tramite un plossl da 25mm. per via di una minore tendenza a “puntualizzare” le stelle luminose che, con il 32mm., formano un accenno di “croce” nel punto di massimo fuoco.

Lo star est evidenzia anche un lievissimo astigmatismo che non si rileva al fuoco con i 25 e 20 millimetri (e oculari a focale minore) ma che tende ad emergere alle focali più lunghe.

Per curiosità ho invitato il Bresser all’osservazione di Giove e dei suoi satelliti. Al potere modesto di 64x (oculare zoom Orbinar tarato a 7,2mm.) il pianeta esibisce un bordo piuttosto netto e una serie di bande sul disco. Il “fuoco” è delicato e va cercato con attenzione ma, nonostante i pochi ingrandimenti è già possibile osservare le caratteristiche principali del quinto pianeta.

Saggi con il 5mm. si sono rilevati meno apprezzabili mentre a 115x il pianeta fatica a trovare un punto di fuoco certo e si mostra un poco “flou”.

Ho rivolto anche attenzione alla falce lunare (giorno 14 gennaio 2024) già superato il meridiano e prossima alle ramaglie degli alberi.

Con il plossl da 32mm. e i suoi 3.6 gradi di campo ho goduto di quella che, forse, è la più bella osservazione della luce cinerea che mi sia mai capitato di avere.

Non credo di esagerare perché la falce illuminata, nettissima e molto particolareggiata, faceva da contorno alla parte lunare illuminata dalla Terra e capace di mostrare i mari principali e formazioni di grande dimensione. Il tutto, condito dalle ramaglie lontane (e quindi praticamente a fuco) degli spogli alberi invernali, mi ha letteralmente affascinato tanto da farmi dimenticare la ribattitura fucsia del lembo lunare.

Ho provato ingrandimenti superiori e mi sono fermato ai 64x dell’oculare zoom che permetteva ancora una perfetta messa a fuoco e notevoli e netti dettagli sui mari lunari verso il lembo. 

Quanto ottenuto è stato piacevole, usabile, e lascia spazio a ipotesi di impiego dello strumento come large-field fotografico, accoppiato magari ad un filtro G (con banda passante tra i 500 e i 600 nm.) o anche ad un h-alpha largo, ossia il 35nm., possibilmente dal cielo meraviglioso di cui godo nella postazione montana in alta val d’Ayas.

Da non disdegnare, e sarà oggetto di una “uscita” apposita sull’Appennino piacentino, il suo utilizzo come strumento a largo campo, installato al limite anche su un buon cavalletto dotato di testa fluida con regolazioni micrometriche.

UN ESEMPLARE, MOLTO IMPEGNO, MA IN GENERALE COSA ASPETTARSI?

E’ indubbio che il controllato entusiasmo del test risulta frutto di un certosino, spasmodico e amorevole impegno di collimazione e ottimizzazione. Sempre non pari all’optimum è però sufficiente a permetterci di godere di “questo” esemplare e di trarne, forse, buone soddisfazioni.

Ma chi si appresta ad acquistare da un rivenditore (che NON controlla nulla, sia chiaro, qualsiasi questi sia) o dal market di Amazon, come può sperare di ricevere un esemplare che sia usabile?

La risposta sta in quello che viene definito “novacula Occami”, è semplice, spietata, e va considerata come (probabilmente) veritiera: non può! L’acquirente non vi riponga alcuna fiducia o speranza. Deve essere pronto ad accettare la sfida, a smontare, tarare, spessorare, anche con il rischio di combinare qualche disastro. E’ il “sale” dell’avventura, il pathos del vero astrofilo che vuole capire e migliorare.

Se non si è disposti a tanto bisogna semplicemente lasciar perdere anche per evitare (come ho visto) di trovarsi a proporre lo strumento usato sui mercatini nazionali magnificandone le caratteristiche e vendendo invece un “bidone” agli ignari acquirenti.

In soldoni, pur economico e passato per “entry level”, il Bresser 102xs è strumento per veri astrofili, non certo per principianti.

UNO "SCATTO" ALLA LUNA

Sebbene sia preferibile impiegare un filtro h-alpha da 35 nm. ho scelto, in sua mancanza, un tipico filtro R (dal set LRGB) e una camera ASI 183 mono.

Desideravo comprendere quanto fosse possibile fare, soprattutto in relazione alle zone di “terminatore” benché la Luna fosse in fase tra il 9 e il 10 giorno all’atto del test (quindi due giorni dopo il primo quarto).

Quattrocentosessanta millimetri di focale non sono certamente molti ma sufficienti ad estrarre qualche particolare piacevole sulla superficie selenica, sempre che il complesso “strumento-fotocamera” funzioni correttamente.

Probabilmente l’impiego del filtro “G”, in ragione del “R”, avrebbe concesso un maggiore dettaglio ma desideravo provare il medesimo set-up fotografico usato per il “cielo profondo”.

Al momento della ripresa, inoltre, il Bresser 102 montava ancora lo spider di nastro nero anteriore.

Consiglio vivamente di visionare l’immagine su Astrobin dove è possibile valutarla correttamente: link https://www.astrobin.com/full/nf790m/0/

Stacking di 1000 frames ripresi in ROI con un frame rate di 32 fps. Filtro “R” e spianatore 1x inserito. Camera ASI 183 monocromatica.

FOTOGRAFIA DEEP SKY

La vocazione logica dello strumento, se si fa eccezione per l’impiego come “spotting scope”, è chiaramente quella fotografica anche se i limiti imposti dalla sua architettura e fisica ottica sono insormontabili in abbinamento ad una OSC (One Shot Camera = camera a colori).

Il Bresser 102xs genera stelle “ciccione” oltre ogni fantasia e un caleidoscopio di colori spuri.

E’ quindi indispensabile lavorare in mono banda, con un sensore in bianco e nero, e stringere anche in modo considerevole la “finestra” di spettro passante.

Resterà un certo residuo di aberrazione sferica, che non può essere controllato con filtri interferenziali, ma si otterranno immagini quantomeno gradevoli.

Nella foto sotto: il Bresser 102xs con installato il "cross-tape" per la generazione degli spikes di diffrazione.

Dal cielo di Milano, in occasione di una Luna tra il primo quarto e la totalità, ho ripreso due ammassi classici nella regione di Cassiopea.

A fotografare c’era una camera monocromatica con sensore medio piccolo, ossia la ASI 183mm (8.8x13,2 millimetri) e un filtro “R” (banda passante tra i 600 e i 700 nm.) in abbinamento ad uno spianatore di campo 1x, molto economico (un Long Pern), che ha il significativo difetto di lavorare, lato telescopio, con un canotto classico da 2 pollici.

Purtroppo questa soluzione è comoda per adattarsi a tutto ma terribile quando si cerca di avere un asse ottico correttamente coincidente con il primario.

Nelle mie immagini, ad esempio, l’angolo inferiore destro dei fotogrammi appare fortemente distorto a causa della minima inclinazione dello spianatore rispetto al piano ideale.

Non avendo predisposto un telescopio guida mi sono limitato a brevi pose da 15 secondi non guidate, gain 300 (in una scala da 0 a 500), eseguendo un dithering manuale ogni 8 pose circa (il minimo per non estrarre eccessivo “rain noise” dalle immagini).

Come sempre ho lavorato con Sharpcap PRO in live stacking e non ho eseguito, a parte le scritte e poco altro, alcun post processing. Unico vezzo, la presenza degli “spikes” ottenuti anteponendo all’obiettivo due nastri neri da 3mm. di spessore. 

Centoventi frames per un totale di 30 minuti di integrazione per ogni immagine.

Nella foto sopra l’ammasso aperto M52 in Cassiopea. Link Astrobin per valutare l’immagine:https://www.astrobin.com/full/bbrqu5/0/

Sotto, l’ammasso civetta, NGC 457, sempre adagiato tra le plaghe di Cassiopea. Link Astrobin: https://www.astrobin.com/full/5lrw0z/0/

Si può supporre che, ben tarato, lo spianatore 1x possa lavorare correttamente sulle dimensioni di un sensore paragonabili a quelle della ASI 18mm (quindi circa 9x13mm.). Oltre questi valori ritengo piuttosto difficile avere stelle ben puntiformi in assenza di un "flattener" appositamente progettato per rapporti focali così spinti (e del costo 2 o 3 volte superiore a quello del OTA Bresse...)

Alla luce dei risultati fotografici ritengo ideale l’impiego di un filtro più stretto con banda passante limitata a 50/60 nm. (che però non esiste senza scendere ai 35 nm. di un h-alpha, una vera disdetta!)

Per pura curiosità ho modificato il set-up con l’impiego di un filtro OIII visuale da 8 nm. a cui ho aggiunto un UvIr cut. Con questa accoppiata (obiettivamente troppo stretta) ho rivolto attenzione all’ammasso NGC 7789 “forzando” anche i dati di ripresa. Pose da 30 secondi (a fronte di dark generati per 15s), mancanza totale di dithering (dovevo nel frattempo cucinare), e anche la generazione di condensa sull’esterno del crown.

Il risultato ha subito un ritaglio significativo per ovviare sia al amp-glow non corretto dai dark errati sia alla deriva in declinazione. Il tutto come se avessi ripreso con un sensore da 7,7 x 7,7 millimetri contro i 8,8 x 13,2 originali.

Se si fa eccezione per una leggera asimmetria nella forma stellare, dovuta più che altro al treno ottico e anche alla non perfetta collimazione (con 8 nm. di banda passante qualsiasi “nonnulla” geometrico emerge prepotentemente) l’immagine suggerisce di essere sulla strada giusta, forse solo troppo “oltre”.

Sopra: ammasso aperto NGC 7789 in Cassiopea, pose da 30 secondi. Link ASTROBIN: https://www.astrobin.com/full/iw6wnz/0/

In questa ottica si evidenzia che un taglio a 35 nm. porterebbe lo strumento a lavorare al massimo delle sue possibilità. Ideale quindi accoppiarlo ad un OIII di pari larghezza passante e ad un filtro UvIr cut per eliminare la radiazione infrarossa residua, questo almeno nella ripresa di alcuni ammassi stellari, pur riducendo la luminosità delle componenti vecchie. In altri casi meglio un H-alpha da 35 nm. 

La presenza di un doppio filetto (camera e innesto spianatore) permette di montare i due filtri (nel mio caso prima il UvIr cut da 2 pollici e poi il OIII da 1,25”) a debita distanza tra loro evitando di avvitarli uno sull’altro e generare riflessi indesiderati che facilmente si verificano in questi casi. Così facendo risulta possibile l’impiego di OIII “visuali”, decisamente meno costosi rispetto alle versioni fotografiche.

Con un sensore del calibro del imx 183 o di dimensioni analoghe e un corretto posizionamento dello spianatore, il rapporto focale di f4,5 del Bresser 102xs si dimostra effettivamente eccezionale nel registrare le tracce stellari e nebulari.

L'immagine sopra ritrae il 102/460 montato in parallelo ad un raro Takahashi FC100N F10. Il Takahashi è servito solamente come "contrappeso" per bilanciare la montatura EQ8-R Skywatcher.

CERCATORE 6x30 E DINTORNI

Sul fatto che un rifrattore con una focale di 460mm. possa non aver bisogno di un cercatore è valutazione assolutamente condivisibile ma resta il fatto che, almeno in applicazioni fotografiche e con un sensore piccolo, avere un puntatore preciso risulta utile.

Il cercatore di serie, di infima qualità ottica ma sufficiente al puntamento di stelle di prima grandezza, paga soprattutto il supporto realizzato da una lamina di plastica spessa che flette al vento.

Inutile, a mio avviso, cestinare il tutto e sostituirlo con un sistema nuovo che costa sul mercato almeno 50 o 60 euro. Risulta più furbo affiancare all’asta di sostegno un tutore in legno da sagomarsi e incollarsi come irrigidimento.

Nel mio caso l’opera non è stata necessaria poiché il Bresser mi è giunto privo di cercatore originale ma, per chi acquistasse lo strumento nuovo, il suggerimento potrebbe rivelarsi utile.

CONCLUSIONI

Come ho severamente sentenziato in un forum nazionale pochi anni fa, in risposta ad un utente che aveva incontrato molti problemi nell’utilizzo del Bresser 102/460, confermo che lo strumento sia, in termini di prestazioni che giungono all’utente, un “bidone” di cui solo il Meade ETX 70 riesce ad avere ragione.

Chiunque compri questo barilotto bianco, dotato di un ottimo focheggiatore e un mirabolante rapporto focale, è quasi certo di ricevere un telescopio che non focalizza e che raccoglie una serie di aberrazioni cromatiche e geometriche da compendio di ottica.

Senza mettere mano alla cella e alle ottiche e sudare per portarle a “funzionare” decorosamente è impossibile trarre qualche soddisfazione ed è incontestabile la pletora di cattive recensioni che punteggiano il web.

Eppure, se si ha voglia, pazienza, capacità e anche un poco di fortuna, si può ricomporre un telescopio fotografico che, posto a lavorare in condizioni molto ristrette (filtri, camera, etc.), riesce a sbalordire.

Consigliato? Non saprei, onestamente. Come potrei a cuor leggero consigliare uno strumento così? Posso suggerirlo ad una ventina (forse) di astrofili sparsi tra Italia ed Europa.. per gli altri: keep out!

Era il 1982 quando uno dei gruppi più iconici degli anni '70 e '80 pubblica "Hard To Say I'm Sorry", successo globale e ballata ancora irresistibile. Nella foto sopra la copertina del singolo. Formatosi nel 1967 a Chicago, il gruppo (vivendo negli anni scomparse e integrazioni) pubblica il suo ultimo album in ordine cronologico del 2022: "Chicago XXXVIII: Born for This Moment".

Ci potete contattare a:

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oppure usare il modulo online.

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