La produzione del 100ED a f12 inizia nel 1980 (fonte Nikon). In giro si legge anche quanto di seguito:
A little history on Nikon refractors courtesy of my friend in Japan: The initial date of the production of the 6.5cm achromat was November 10, 1983. The Nikon 6.5cm ED started on March 15, 1984. By the way, the Nikon ad said that the first 200 Nikon 6.5cm Achromats would come with a Nikon logo collapsible chair (a promotion item). So I think Nikon made two hundreds of 6.5cm Achromats, at least. The end of Nikon telescopes (10cm ED, 8cm ED, 6.5cm ED and 6.5cm Achr. ) was in 1991. But I don't know the accurate date. By the way, Nikon continued making large telescopes after 1991. I send an ad in 1995. This is the Nikon 25cm Apo made in 1999. I think it is the last Nikon made refractor:
http://www.actpal-uji.com/tenntaikannsatu.html
The 6.5cm mount can be set up as an alt-azimuth (page 15 of the manual.) The worm wheel diameter of RA is 76mm, and the number of teeth is 144. The worm wheel diameter
of Dec is 56mm, and the number of teeth is 112. (page 46 of the manual.) The official load capacity is 11 kg. You can use four counter weights with the mount. (page 9 and page 46) I can't believe the
load capacity written on the manual, because Vixen GPD's load capacity is 10kg. But the 6.5cm mount might be actually more robust than it looks.
By the way, Nikon 10cm mount's load capacity is 18 kg. I can believe it. I think it is sturdier than Tak EM-200, of which load capacity is 16 kg. I have never seen the
drive sold in the used market. By the way, the list price at the time was 75,000 yen! The polar scope price was 12,500 yen. 6.5cm ED setup was 198,000 yen.
Any idea how many were made or how many made it to the US?
I don't know. As for the 10cm ED, 600+ were made. It was written in an article in an Astronomical magazine. And I heard from Nikon that the production of 6.5cm was lesser than that of 10cm ED. Were they well regarded in Japan? Nikon 6.5cm ED is not well known even in Japan, because there were so few.
Incredibilmente sono venuto a conoscenza dell’esistenza di questo strumento “mitico” molti anni fa. Quella del Nikon apocromatico sembrava essere allora però semplicemente una fiaba nebulosa incentrata su un oggetto che nessuno nel mondo occidentale possedeva, aveva provato o mai neppure visto.
Per anni ha riecheggiato, nelle mie ricerche degli strumenti rari, il tarlo degli innominabili Takahashi a f10 e Nikon a f12. Poi, come sovente la vita concede, i piccoli, grandi sogni trovano il modo di avverarsi quasi tutti contemporaneamente.
Dagli Stati Uniti, Brad mi diceva di essere disposto a vendermi il suo Pentax 105SD. Dal Giappone, Takaya mi prometteva il suo Takahashi FC100N, quasi un premio alla costanza per i due anni di annunci inseriti sui forum e mercatini internazionali.
Takaya sapeva che cercavo anche il Nikon. Mi ha concesso il Takahashi (che resta ottica ancor più rara) per testare la mia volontà. A scambio avvenuto, e dopo aver ricevuto il pagamento per il raro doppietto alla fluorite, mi scrisse con misurato distacco:
"receive the FC and after we will talk about the Nikon 100 F12 ED…"
Un universo sembrava aprirsi all’orizzonte: l’ultimo mito a 4 pollici quasi a portata di mano, in un battibaleno, quasi senza sforzo. Attesi qualche giorno per rispondere e domandare. Il prezzo era
una incognita: pezzi di tale portata non hanno listino e vengono scambiati solo tra amatori che li cercano, dimostrano di esserne all’altezza, e non considerano il loro valore monetario un ostacolo.
E’ quasi un peccato che vengano venduti, talvolta si scambiano per qualcosa di altrettanto raro. Monetizzarne l’essenza è quasi un affronto, dopotutto.
La prima richiesta, anche considerando questo, suonò insostenibile. Ben oltre i 5000 euro per il solo tubo ottico, nudo e crudo. Un poco di fermezza e gentilezza fecero ragionare il mio amico giapponese e trovammo un accordo: una firma e una settimana di attesa, e l’”indiscusso” arrivò.
Indipendentemente dai toni entusiastici con cui questo rarissimo strumento viene recensito su Excelsis Rating ciò che interessa a me è il reale valore qualitativo dello strumento che i miei occhi riescono a cogliere.
In una sera maggio, il giorno 18 per la precisione, nonostante un seeing ballerino incostante con valore compreso tra i 6/10 e i 7/10 nei momenti migliori, ho tentato la visione di Zeta Bootis: stella doppia di classe A0 e magnitudine di primaria e secondaria intorno a 4,5, con separazione di 0,547”.
Il Nikon era montato fianco a fianco del Takahashi FC100-N ed entrambi hanno mostrato un lieve allungamento della stella. Il seeing non perfetto ha comunque livellato le prestazioni degli strumenti e non ha permesso di raggiungere l’immagine ottenuta qualche sera prima con il Pentax 105-SD (in occasione di una notte di eccezionale stabilità atmosferica a dire la verità).
Il test viene ripetuto qualche sera dopo e, complici condizioni di turbolenza più favorevoli, Zeta Bootis mostra un chiaro e inequivocabile allungamento. L’immagine è migliore di quella ottenuta in precedenza e, finalmente, posso effettuare uno star test significativo.
Il Nikon riceve, dopo più di trenta minuti trascorsi ad osservare le immagini di diffrazione in intra ed extra focale e la focalizzazione nel punto migliore, la mia personale palma al migliore star test che abbia mai visto. Senza conoscere la posizione del fuocheggiatore è praticamente impossibile riconoscere l’immagine intra focale da quella extra focale. Il che significa, in ultima analisi, che i maghi di casa Nikon sono riusciti a realizzare una alchimia perfetta che coniuga la totale assenza di cromatismo con una correzione pressoché perfetta dell’aberrazione sferica e dello sferocromatismo. Le ottiche, inoltre, sembrano molto ben lucidate: nessun segno di aberrazione cromatica, nessuna rugosità fuori dalla norma dell’eccezionalità, la presenza di luce diffusa è bassissima e l’intervallo che divide una centrica dall’altra è estremamente netto e scuro (con una indicazione importante nel valore di RMS che, infatti, è inferiore a 1/70).
Persino uno Zeiss APQ 100/640 (tra i migliori che siano realizzati a detta del mio amico Massimiliano) esibisce uno star test meno “perfetto”. Merito sicuramente della lavorazione ottica, del rapporto di apertura favorevole, di una valore di RMS da guinness.
Saturno mi ha concesso, all’oculare LE accoppiato a questo rifrattore, la visione di 4 bande (di cui una molto sfumata e appena percettibile) sul globo oltre alla calotta polare e una visione della sottostruttura principale degli anelli estremamente contrastata e definita nonostante la scarsa apertura degli stessi sul piano equatoriale (Saturno si sta avvicinando al periodo in cui gli anelli, visti perfettamente di taglio, scompariranno quasi alla vista).
Il Mewlon 210 Takahashi su montatura Ioptron IE45
La notte trascorsa è stata, almeno dal punto di vista “astronomico”, estremamente generosa con un seeing di rara stabilità.
Poco dopo la mezzanotte il Mewlon 210 Takahashi era pronto all’osservazione e ha elargito immagini eccezionali di Giove, culminate nell’intervallo compreso tra le 4 e le 5 di mattina.
I dettagli visibili erano davvero tanti, ovali bianchi, increspature sulla NEB, svariate bande filiformi e non del tutto lineari su tutto il pianeta, particolari all’interno della macchia rossa e un livello di dettaglio che raramente ho potuto osservare con queste aperture.
Devo dire che il mewlon (il 210 non è il mio preferito della serie per via delle 4 razze invece delle 3 dei 180 e 250mm.) ha superato sé stesso e si è dimostrato notevolmente più performante dei vari8 pollicidi tipo Schmidt cassegrain commerciali.
Vista la qualità del cielo e la visione mozzafiato che il pianeta gassoso offriva non ho resistito alla tentazione di montare il Nikon 100 F12 e vedere quanto (e se) fosse inferiore al ben più grosso D-K.
Ero scettico, visto il dettaglio che il mewlon mostrava, che il ben più piccolo (per quanto perfetto) Nikon potesse eguagliare o sostenere il paragone.
Mi sbagliavo.
Messo a fuoco il pianeta gigante e utilizzando ingrandimenti simili sui due strumenti e prossimi ai 230/240x, l’immagine offerta dal rifrattore era incredibilmente dettagliata.
Cosi netta e “perfetta” da farmi per un attimo sembrare inferiori le prestazioni dello strumento a specchio.
Ho trascorso quasi un’ora con i due strumenti affiancati e ho cercato di annotare tutte le differenze.
Il testa a testa è stato serrato.
Devo cominciare con il dire che, fondamentalmente, i particolari mostrati erano sostanzialmente gli stessi.
Solo un paio di striature interne alla NEB (di colore più chiaro rispetto alla fascia) erano lievemente più dettagliate nel mewlon e appena-appena più “facili”. Anche i due festoni della SEB (si vedevano molto bene benché fortemente scoloriti e di colore grigino) erano immediati nel Mewlon e più difficili nel Nikon.
In compenso il rifrattore era più netto nel disegnare i contorni della Macchia Rossa e le volute della fascia appena sotto alla sbiadita SEB.
Quali le conclusioni?
Se mi fosse stato chiesto di scegliere lo strumento per cogliere, in quelle condizioni tanto favorevoli, il massimo dettaglio possibile avrei optato per il Mewlon, anche se la sua supremazia era tutto sommato risicata (la valuterai in circa il 10%). Certo che il comportamento del rifrattore Nikon è stato sorprendente tanto da avvicinare moltissimo il più grosso strumento a specchio.
E’ stata ulteriore riprova di quanto, fondamentalmente, il potere risolutore di un rifrattore perfetto da 10 cm. sia sufficiente a cogliere quasi tutti i dettagli mostrati da uno strumento di apertura doppia e di qualità indiscussa come il Takahashi Mewlon 210 anche in una serata con seeing prossimo a 8-9/10, quindi assolutamente perfetto per quanto concesso dai nostri cieli.
Molto alta l’umidità relativa che non ha però dato fastidio agli obiettivi principali ma che, semmai, creava di tanto in tanto aloni sulle lenti degli oculari a causa della vicinanza dell’occhio.
Un Tele Vue Genesis 100/500 1° serie (quadrupletto Petzval con un elemento in fluorite)
Diventa molto difficile recensire uno strumento di tale qualità ottica che, obiettivamente, sembra essere limitato solamente dal suo diametro di 4”.
Nelle numerose osservazioni in alta risoluzione effettuate negli ultimi due anni lo strumento è stato capace di prestazioni estremamente elevate: a parte gli exploit sulla Zeta Bootis va segnalato che ha allungato in modo convincente sistemi multipli con separazione tra le componenti prossima a 0,8”, mostrato dettagli lunari quali la rima all’interno della Vallis Alpes e una manciata di craterini sul fondo di Plato, per non parlare di buona parte di quanto indicato sul Rukl. Ha offerto la visione di dettagli atmosferici di un pianeta ostico quale Venere, una resa degna quasi di un 20 cm. catadiottrico a bassa ostruzione su Marte (pianeta dove conta molto il diametro, almeno fino a certi limiti imposti dall’atmosfera terrestre) e visioni di Saturno e Giove paragonabili se non superiori a quelle offerte dai classici Schmidt Cassegrain da 8 pollici.
Personalmente, nello studio di un pianeta come Giove, ho trovato il Nikon più performante (sebbene di un soffio) di un maksutov da 18 cm. aperto a f15, e paritario o quasi anche nei confronti di un newton planetario da 20cm. a f6 con ottiche con correzione superiore a 1/14 di lambda (raro esemplare che ho nella mia piccola collezione).
Riporto uno stralcio di appunti tratti da una serata di inizio ottobre 2011, osservazione cominciata all’oculare del mio TeleVue Genesis prima serie e terminata dietro al focheggiatore del Nikon e del suo altro stretto cugino nipponico.
“…Riporto il Genesis in giardino e lo installo sulla Ioptron IE45iper un nuovo test su alcuni soggetti indicativi a cominciare dal sistema doppio di LAMBDA CIGNI che è stato allungato in modo inequivocabile e che, stando alle effemeridi, ha le seguenti caratteristiche:
posizione: 20.47 +36,29 magnitudini 4.9-6.1 separazione 0,9"
Lo ritengo un bel risultato davvero, soprattutto poiché ottenuto con uno strumento di oltre 20 anni operante a f5 (accoppiato in questo caso a un oculare nemmeno di eccelsa qualità: un Celestron X-Cell da 2,3 mm. per un potere complessivo di circa 217x.)
Il 4 pollici TeleVue ha invece separato con notevole facilità, e con immagine piuttosto precisa e molto ben focalizzata, anche la tripla Struve 2624 (già oggetto di altri test) che ha componenti:
posizione 20.04 +36.01 magnitudini 7.1-7.7-9.1 separazione 1,9" - 42"
E' venuta poi la volta di Giove, alto sull’orizzonte e graziato, come ogni soggetto in questa fortunata notte, da un seeing di notevole qualità.
L'immagine attraverso il Genesis è molto bella: contrastata, praticamente scevra da aberrazione cromatica di rilievo e ricca di molti particolari. Verrebbe voglia di non chiedere di più a un "ottimo" 4 pollici apocromatico, e non posso negare di amare questo Genesis.
Ma gli voglio DAVVERO bene?
Mi pongo questa domanda perché, ribaldo, ho ben pensato di vedere cosa avrebbe fatto un altro 4 pollici apo al suo posto, uno di quelli “veri” magari (di cui si è persa memoria, invasi come siamo da cineserie da quattro soldi che gli astrofili decantano come panacea per ogni loro male e che valgono forse meno degli acromatici degli anni ’70).
Certo, ho preso proprio quello sbagliato (per il Genesis intendo...)
Ero indeciso, ma poi la scelta è caduta sul Nikon apocromatico f12.
Pur con una lunga esperienza alle spalle, e se non si ha il massimo paragone a portata di mano, si può cadere nell'errore di pensare che un 4 pollici di ottima fattura sia uguale ad un altro di superlativa fattura. Si può pensare insomma, con l'occhio all'oculare del TeleVue, che non si possa fare molto meglio.
Ecco... non è così!
Il Nikon è, mi si passi il termine, "un altro pianeta"
Il dettaglio visibile non è il doppio, ma un buon 15/20% in più, con una facilità nel coglierlo che lascia attoniti.
Numerosissime appaiono le bande tropicali nell'emisfero nord: la dove il Genesis mostrava accenni di striature il Nikon disegnava bande sottili e delicate, perfettamente staccate dal resto dell'atmosfera avorio.
Ho provato ingrandimenti simili paragonando la visione offerta dal Genesis + LE 2,8mm con quella del Nikon + LE 7,5mm (quindi 178x contro 160x) e anche quella con il X-cell 2,3 + Genesis (217x) e Nikon + LE 5mm (240x).
Circa 30 minuti di osservazione con il Genesis e altrettanti con il Nikon.
Verdetto: scontato.
Con questo, l'immagine offerta dal TeleVue resta notevole e molto soddisfacente e ritengo comunque difficile, nel campo dei 100 mm. “normali”, trovare qualcosa che gli stia davanti se non di stretta misura.
Non finisce qui perché, dopo aver dato lustro al gioiello di casa Nikon ho dovuto, par condicio, sentire l'altro clan giapponese che fa capo al nome Takahashi.
Vicino a me l' FC100-N (versione steinheil in fluorite cristallina a f10) strizzava l'occhio.
Smonto, rimonto, osservo.
Ora che si fa?
Perché se è vero che il Nikon è un diamante è altrettanto vero che la versione dell'FC a f10 della Takahashi (circa 160 esemplari prodotti) è parimenti fantastica.
Dire quale sia il migliore è molto difficile, però... forse però... su Giove offrirei la palma (se proprio dovessi a tutti i costi scegliere) al Takahashi.
Non che mostri più dettagli, ma li mostra in modo diverso (diciamolo, così su certi forum possono scrivere di queste mie affermazioni - e io leggere e divertirmi un po').
Il "bianco" offerto dall'FC è più chiaro di quello restituito dal Nikon. Questo fa emergere ulteriormente le sottili bande tropicali e tropicali/polari. L'immagine è più facile in queste regioni e ancora più contrastata (sembrerebbe impossibile, eppure...).
In compenso le dominanti scure sono leggermente meno "cariche" e risultano più incise nel Nikon (mi riferisco alle "nodosità" rosse delle bande equatoriali - specialmente quelle della NEB - le due famose tempeste a "fagiolo".
In questo autunno del 2011 le condizioni di osservazione del gigante gassoso sono molto favorevoli e il suo diametro e l’altezza sull’orizzonte permettono di godere di immagini dettagliate. Ho così avuto modo di comparare la visione di Giove offerta dal Nikon con quella di molti altri strumenti, a lente e a specchio. Tra questi ritengo particolarmente interessanti quelle restituite dal Celestron ULTIMA 8” P.E.C., dotato di ottiche molto ben lavorate (stimo superiore a 1/6 di lambda la correzione sul fronte d’onda) e lucidate in modo convincente.
Nonostante il diametro superiore, la buona qualità ottica, e una notevole attenzione sia alla stabilizzazione termica che alla collimazione, il pur performante Celestron non ha mai saputo mostrare maggiori dettagli rispetto al Nikon. Inoltre, l’immagine offerta dal catadiottrico, è sempre più “difficile” e meno rilassante. In definiva, tralasciando la maggiore saturazione di colori che il 200mm. offre, il più piccolo rifrattore apocromatico di casa Nikon è sempre uscito vincitore dal confronto diretto su Giove.
Il "tremendo" giunge quando lo si compara a un ottimo acromatico Vixen da 10 cm. e 1300 di focale (il famoso e raro Vixen Pulsar 102/1300, che ha ottiche simili a quelle Carton che oggi equipaggiano rifrattori "new-vintage" tipo gli Skylight e i Northek). Benché questo rifrattore esibisca immagini molto belle e quiete, con un residuo di cromatica più contenuto rispetto a quello del classico Vixen 102M f10, se posto accanto al Nikon sembra che le sue ottiche, semplicemente, "non vadano". E' più rugoso, ha cromatismo (che pur poco in confronto alla neutralità del Nikon appare enorme) e si ferma ad almeno 120x prima del Nikon. I dettagli sono meno incisi, l'immagien più incerta e soft. Insomma: bello strumento, sia chiaro, ma appartenente a una classe non paragonabile a quella top di Nikon e takahashi (ma anche Pentax 105SD a f10).
Uno strumento raro e performante, questo Nikon.
Lungo e pesante, benché ben fatto, richiede una montatura adeguata capace, a mio giudizio, di reggere carichi da almeno 16/18 chili. Usarlo su una EQ6 è un sacrilegio, meglio accettare qualche vibrazione e installarlo, piuttosto, su una Super Polaris Vixen originale o altra montatura giapponese dell’epoca (sempre che non si disponga dell’originale Nikon).
I soli due altri esemplari trovati in vendita in questi ultimi anni (uno sul mercato nordamericano e l’altro su quello giapponese) versavano in stato di conservazione pessimo (tanto da sconsigliarne l’acquisto anche alle cifre – giustamente basse - richieste dai venditori).
Se però mai doveste trovarne uno in ottimo stato, compratelo. A qualsiasi prezzo…
Si tratta pur sempre di una “meteora” di altissima e ineguagliata qualità ottica (Zeiss compresi)
Il rarissimo Takahashi FC100-N (versione steinheil alla fluorite naturale con rapporto focale 1:10)
Quello che è riconosciuto il migliore Schmidt Cassegrain commerciale da 8 pollici di sempre:
il Celestron ULTIMA 8 P.E.C.
Il Vixen Pulsar 100/1300 su montatura HEQ5 goto
Difficile trovare qualcosa a specchio sotto i 20 cm. che gli stia davanti nei settori dedicati (stelle doppie, pianeti, Luna).
Impossibile, se non disponete di uno Zeiss APQ 100/1000, di un Takahashi FC100-N, di un Pentax 105SD, o di uno Showa 100SD, trovare un 4 pollici che gli si avvicini o accosti (anche tra quelli di ultimissima generazione e prezzo esorbitante: vedi TSA, e compagnia).
Superiore ai vari tripletti cinesti da 127 mm. e f7. Raro e molto bello. Serve altro per trarre conclusioni logiche?