CELESTRON C-90 e i suoi analoghi

Anno 2013 (l'articolo si riferisce ad esperienze di una quindicina di anni prima...)

Il C90 è un simpatico spotting scope creato da Celestron sulla base di un obiettivo Maksutov da 90 mm. di diametro e focale prossima a f11.

Sulla scia del successo e della formula inventata dalla Questar e poi riproposta dai “dissidenti” della Quantum, Celestron pensò bene che vi fosse una nicchia di appassionati di astronomia interessati a un piccolo strumento portatile, dotato di montatura motorizzata in Ascensione Retta e capace di stare “nello zaino” per essere trasportato in giro per il mondo.

Il super rifinito Questar 3,5"

Il raro QUANTUM 4" nella sua sobria livrea

L’idea non era nuova e, in campo astronomico, è stata più volte proposta anche con discreto successo commerciale. Si sono citati Questar e Quantum, ma si potrebbero dovrebbero citare anche Tinsley, Meade con il suo 2045 e poi con la fortunata serie EXT, oppure gli ultimi micro-telescopi-monobraccio-plasticosi di produzione cinese.

Il raro e intrigante TINSLEY 8" Dall-Kirkahm

Il Meade ETX

A differenza degli altri, che nascono come veri e propri telescopi miniaturizzati, il C90 non nascondeva i propri natali di “teleobiettivo catadiottrico” e, a parte la bella piccola forcella, il meccanismo di messa a fuoco restava a rotazione del corpo anteriore del telescopio, proprio come un classico teleobiettivo fotografico.

La cosa, di fatto, ne penalizza fortemente le prestazioni in campo astronomico a causa delle vibrazioni e movimenti che tale soluzione impone durante le operazioni di messa a fuoco. A parte questo, le ottiche e il resto della meccanica erano di buon livello. Lo schema maksutov assicurava un ottimo contrasto e valide immagini anche a poteri medio alti. Ricordo alcune comparazioni, fatte all’epoca in cui possedevo uno di questi piccoli “giocattoli”, con un Vixen 80/910 e con un MTO 1000 F10 convertito a telescopio.

Sulla Luna, il piccolo Celestron mostrava immagini non distanti, per quantità di dettaglio, al più votato Vixen anche se con una maggiore scomodità imposta dalla “miniaturizzazione” della sua meccanica, e fondamentalmente identiche a quelle garantite dal più grande MTO 1000.

Particolare della culatta e del cercatore, un 5x24

Giove decretava una certa superiorità del rifrattore, così come l’osservazione degli oggetti del cielo profondo (francamente poco adatti a un maksutov da 9 cm. di diametro per via del campo ristretto), e anche Venere, cromatismo a parte, risultava più piacevole nello strumento a lenti. Le differenze, comunque, erano limitate e il piccolo e compatto C90 reggeva a testa alta il confronto, stravincendo ovviamente quello della portabilità (ma di questo riparliamo più avanti).

La livrea di questo strumento è accattivante ancora oggi, decisamente vintage sia per le soluzioni tecnico/meccaniche adottate, sia per le scelte cromatiche (arancione e grigio).
Quando acquistai lo strumento (correva l’anno 1993) lo feci per gioco quasi fosse un bel soprammobile, completo della sua tipica valigetta di plastica dura di colore grigio chiaro, e lo tenni un paio di anni a supporto di ottiche più convenzionali.

Oggi è una “chicca” ricercata da amatori nostalgici e gode di una discreta diffusione sul mercato dell’usato, specialmente in territorio statunitense, con prezzi intorno ai 250 dollari.

Il Celestron C-90 in versione "nera" con la sua valigetta originale

Prima di dire se mi piace o meno, desidero fare una considerazione sul reale utilizzo pratico di questi strumenti iper-portatili (indipendentemente dai loro natali). Se si fa eccezione per il Tinsley, che è un vero e proprio telescopio di diametro utile convincente (un Dall-Kirkham da 20 cm.), dotato di meccanica dimensionata correttamente e degli spazi adatti ad essere usata senza le “pinzette da ciglia”, gli altri sono obiettivamente poco più di giocattoli.

Il Questar è un capolavoro di miniaturizzazione meccanica, l’ETX di miniaturizzazione della componentistica plastica. Sono geniali e belli a modo loro: io stesso non resto impassibile di fronte alla qualità percepita di un Questar o di un Quantum ma, all’atto pratico, quanto sono usabili?

Ben poco, in effetti. Il fatto di essere piccoli, compatti, completi in ogni parte e quindi “finiti in sé” li rende ottimi da stivare nel bagaglio per prendere l’aereo e seguire qualche eclissi, ma certo non fa di loro strumenti con cui l’astrofilo può lavorare bene. Sono dotati di ottiche di ottimo livello, ma quando li si usa (gli ETX li ho provati ben benino e a Questar ho più volte rinunciato) ci si scontra con costrizioni “fisiche” importanti che, benché teoricamente superabili, di fatto restano tali e non appena si desidera osservare davvero il cielo si sceglie di riporre questi nano-telescopi e usarne di più comodi (magari anche di medesima apertura, sia chiaro).

Quindi, al di la del loro valore di “proposta tecnica apprezzabile”, quasi fossero uno sfoggio a qualche fiera di design, proprio non riesco ad amarli e, soprattutto, ad usarli. Li acquisti pure chi pensa di riuscire a cavare soddisfazioni da un nano-concentrato che sta su tre piedini asimmetrici appoggiato al tavolino di un bar (perché non appena lo si dota di un treppiedi solido e di corretta altezza tutta la sua trasportabilità va a farsi benedire), oppure chi deve assolutamente riprendere
l’eclissi “X” dall’altra parte del mondo, o magari chi, possessore di altri svariati strumenti, ha voglia di togliersi il capriccio di un telescopio quasi inutile.

Un po’ come ilformanumeri in argento a 6,75 dollari tasse federali incluse” definito “un oggetto di puro capriccio per chi già possiede tutto” dal meraviglioso commesso della gioielleria newyorkese nell’indimenticabile commedia di Blake Edwards Colazione da Tiffany”.

Un commesso "così" non si trova più...

Ci potete contattare a:

diglit@tiscali.it

oppure usare il modulo online.

n° di accessi al sito dal 10/4/2013

 

 

 

 

 

 

 

 

Stampa | Mappa del sito
© ARCHITETTO PAOLO CASARINI