HEYFORD 90/900

anno 2013

INTRODUZIONE

“A SHOCKING SCOPE “: è la prima considerazione che mi sento di esternare, dettata una pletora di motivazioni che, nei loro aspetti negativi e positivi, sono tutte “al limite”.

Prima di addentrarmi nella valutazione dello strumento e dar corso a quanto accennato, ritengo però doveroso raccontare come mai sia venuto in possesso dell’ottica Heyford.

Cercavo, per completare un progetto tutt’ora in “fieri”, un piccolo strumento a rifrazione che potesse essere utilizzato come cercatore di buon livello.

In sé, il nostro Heyford, possiede alcune delle caratteristiche adatte a tale scopo: ha un diametro utile di ben 90 mm e un peso molto contenuto (non superiore ai 2 chili). Per contro, la sua focale di 900 mm. impone l’utilizzo di oculari da almeno 40mm di focale per poter essere validamente impiegato come “cercatore”. Un comune plossl cinese da 40mm, con un campo di 50°, offre 22,5 ingrandimenti e un campo di circa 2°, valori “limitati” se rapportati a quelli di un cercatore classico ma accettabili per la ricerca di stelle doppie in mancanza di una montatura di tipo “go-to”.

L’altro vantaggio (puramente estetico) di questo Heyford 90R è rappresentato dalla sua livrea da” rifrattore fatto e finito” che, se osservata da qualche metro di distanza, sfoggia una certa eleganza.

Ultima considerazione la merita il prezzo d’acquisto: l’esemplare in mio possesso, dotato esclusivamente della sua clampshell originale e barra a coda di rondine dedicata, è costato 55,00 euro sul mercato dell’usato in condizioni tra l’altro indistinguibili dal nuovo, e si propone quindi come outsider di appeal estremamente elevato.

Le prime impressioni riguardano la costruzione dello strumento, dotato di un tubo di colore bianco realizzato in lamierino di alluminio, ben verniciato all’esterno e altrettanto ben opacizzato all’interno, dove sono installati 2 diaframmi di contrasto.

Il paraluce, di fattezza identica al tubo, è alloggiato a pressione mentre il tappo copri-ottiche, privo di forometria centrale diaframmata, è in plastica nera. L’obiettivo, molto pulito e privo di riflessi strani o di maculazioni di qualsivoglia genere, non mostra i separatori a 120° tra l’elemento flint e crown ma un unico anello distanziatore di colore nero.

Gli aspetti negativi cominciano non appena ci si sofferma ad analizzare il fuocheggiatore e il clampshell. Il secondo è interamente fatto in plastica (!). Nera, opacizzata, molto dura, ma plastica. Ancora più incredibile è il fatto che di plastica sia anche la barra a cora di rondine. A questo tripudio di solidità si aggiunge la inusuale larghezza della barra a coda di rondine che è troppo stretta per essere alloggiata nei classici morsetti di passo Vixen.

La sola possibilità è quella di smontare sia il clampshell che la barra a coda di rondine, riporli ordinatamente in un armadio, chiudere le antine, dimenticarli, e ovviare con altri elementi al fissaggio del tubo sulla montatura.

 

Nel mio caso ho usato due anelli Vixen originali che rendono giustizia alle proporzioni del tubo ottico e presentano l’insieme con maggiore professionalità.

Se clampshell e fissaggi possono essere facilmente sostituiti (consideriamo una spesa extra di circa 70/80 euro per rimediare a questo problema), discorso diverso merita il focheggiatore. Nessun elemento è metallico, a parte la rotellina dentata che agisce sulla cremagliera e il perno che la attraversa. Tutto il resto è realizzato in plastica: il corpo del fuocheggiatore, la cremagliera, il tubo di scorrimento, l’anello di ritenzione del diagonale, le viti di frizione, etc.. Nella ricerca spasmodica di un segno di “metallo”, mi imbatto nelle due vitine che bloccano il carter (anch’esso di lamierino) a rivestimento del meccanismo di focheggiatura. Un miraggio... del resto sarebbe stato davvero difficile realizzarli in materiale plastico e sperare che avessero vita media superiore alle due ore.

C’è di che scoraggiarsi: il movimento del fuocheggiatore appare piuttosto morbido e tutto sembra funzionare accettabilmente finché l’estrazione del pignone non raggiunge circa la metà della sua corsa utile. Da questo punto in poi, l’inversione di movimento provoca uno spostamento ortogonale all’asse di scorrimento che raggiunge, alla massima escursione, circa mezzo centimetro (e forse anche più). Deprimente, vista la premessa, accorgersi che la posizione di fuoco con un diagonale da 31,8 mm. e un oculare da 20mm. avviene proprio oltre la metà della corsa utile del fuocheggiatore.

Impensabile sperare di avere una accettabile uniformità di prestazioni con un simile spostamento dall’asse ottico.

Come dicevo in apertura: “A SHOCKING SCOPE”. Mi domando se l’uso massiccio di plastica offra un reale risparmio finale a fronte delle limitazioni di utilizzo che impone, e se la clientela a cui tale strumento è dedicato non ponga attenzione a questi aspetti che, di fatto, pregiudicherebbero le prestazioni di qualsiasi ottica.

Di fronte a tanta sconsolante realtà non resta che tentare di porre qualche rimedio al problema. Smonto il fuocheggiatore, mi rendo conto dei giochi e delle deformazioni in essere, spessoro, limo, aggiungo dei tutori, poi rimonto il tutto. Dopo aver eseguito tre o quattro volte questa serie di operazioni riesco ad ottenere un risultato accettabile. Il fuocheggiatore resta da cambiare ma quantomeno è ora possibile eseguire uno star test che abbia una minima parvenza di credibilità.

Vista del doppietto nella sua cella "fissa"

Il focheggiatore originale: un giocattolo

il clampshell originale (plasticoso e fuori standard Vixen...)

STAR TEST

Lo strumento viene installato su una montatura Vixen Super Polaris, motorizzata in entrambi gli assi. In questa configurazione, il leggero Heyford 90R appare “granitico” e nemmeno il classico “buffetto” sul tubo ottico sembra avere ripercussioni sull’immagine fornita che, anche a oltre 200x denota un tempo di smorzamento prossimo al secondo.

Il delta termico dall’interno dell’appartamento, in cui arde la legna nel camino, all’esterno è superiore ai 15°C ma provo comunque, senza far acclimatare lo strumento, a osservare.

Inserisco un diagonale da 31,8 di qualità non certificata (un serioso modo per dire che non la conosco) e un oculare plossl da 20 mm di fattura cinese. Punto Antares, che è alta in cielo, e osservo l’immagine fuori fuoco: il disco è incompleto e deformato e molte correnti d’aria attraversano l’immagine.

Lo strumento, poveretto, ha bisogno di andare in temperatura ma mi stupisco di quanto sia osservabile questo problema in confronto a quanto avviene con altri rifrattori di pari apertura ma meccanica meno “plasticosa” che, evidentemente, palesano deformazioni più simmetriche durante il cool-down.

Decido di attendere una ventina di minuti e lascio solo lo strumento nell’attesa. Intanto il cielo si vela e, quando esco nuovamente in giardino sono appena in tempo a ritirare il set-up e porlo al riparo della imminente pioggia.

Trascorrono alcuni di giorni densi di nebbia, pioggia, e neve, finché non si presenta una serata umida e fredda ma con il cielo sgombro da nuvole e con il bello spettacolo offerto dalla Luna oltre il primo quarto, Giove, Aldebaran, e il carosello delle costellazioni invernali ben posizionate in cielo.

Durante i giorni di brutto tempo ho modificato lo strumento, sostituendo il fuocheggiatore originale con un GSO dual-speed da 2” che, a parte qualche “limatina” allo spessore interno del tubo ottico, calza quasi a pennello sullo strumento. Le forometrie passanti delle viti di aggancio risultano non correttamente posizionate e sono costretto a modificarle ovalizzandole e allungandole, ma a parte questo lo strumento si presenta finalmente dotato di un fuocheggiatore decente.

Eseguo nuovamente lo star test e riscontro un netto miglioramento generale dell’immagine. Il focus shift (dovuto alla basculanza del fuocheggiatore originale) è scomparso e le immagini risultano più secche. Purtroppo noto una collimazione perfettibile dell’obiettivo. Non essendo dotato di cella registrabile sono costretto ad accettare la limitazione (ma credo che proverò a porvi rimedio quando avrò tempo e voglia di aprire il barilotto porta ottica) che incide sulle immagini oltre i 180x circa.

Il difetto è limitato e accettabile, soprattutto considerando l’estrazione “proletaria” dello strumento ma, personalmente, mi infastidisce perché il resto delle aberrazioni sembra ben corretto e l’ottica “pulita”. Penso a cosa potrebbe fare lo strumento se fosse anche perfettamente collimato e mi accingo ad osservare con questo piccolo rimpianto.

La sensazione, in effetti poi ampiamente dimostrata dai fatti, è di essere in compagnia di un’ottica molto buona e la consapevolezza di non poterla portare al suo massimo mi rincresce non poco.

La correzione cromatica, tengo ad evidenziarlo, è ottima. Abituato a rifrattori molto blasonati e dotati di ottiche e meccaniche di prim’ordine, resto positivamente stupito da questo “giocattolo” che offre una correzione complessiva della cromatica pari (ma tenderei a dire anche migliore) a quella di uno dei tanti 80-ED oggi di moda, con in più l’innegabile e determinante vantaggio (per chi è visualista puro come me) di una focale maggiore che è di grande aiuto quando si vuole salire con gli ingrandimenti.

Finalmente un focheggiatore decente (un semplice crayford marchiato TS: nulla di speciale ma almeno lo strumento lavora in modo dignitoso)

OSSERVAZIONE PLANETARIA

L’immagine di GIOVE è sorprendente. I dettagli sono molti e non sfigurano se confrontati con quelli di un buon catadiottrico da 20 cm. Solo l’ingrandimento massimo realmente sfruttabile risulta inferiore. L’Heyford mantiene l’immagine estremamente nitida fino a 180x, oltre i quali non risulta utile spingersi per osservare il pianeta gassoso. Aumentando i poteri l’immagine tende a diventare troppo morbida e, benché i dettagli restino visibili, si fatica maggiormente a percepirli.

Comunque, già a 180 ingrandimenti la grande macchia rossa è ben definita, con le sue regioni bianche che la circondano e la STB a seguire che emerge nitida e contrastata e di tonalità grigio-mattone.

La regione polare australe è meno densa e scura di quella Nord, che appare più estesa a latitudini minori e mostra una texture orizzontale parallela all’equatore. Ben frastagliata risulta la NEB, ora divisa in due bande di ampiezza differente che mostrano alcune screziature. Due festoni, infine, fanno capolino nella zona sud della NEB: uno più tozzo precede di poco la latitudine della grande macchia rossa, l’altro, molto più avanti, appare più sottile.

Infine, la SEB si mostra, nella parte che precede di circa 1 ora e mezza la macchia rossa, punteggiata da un paio di ovali bianchi poco definiti (appaiono come maculazioni chiare della banda stessa).

Una visione, per quantità e qualità di dettagli, molto proficua e sufficiente a rendere difficile un disegno completo del pianeta. Quello che riporto più sotto si riferisce, purtroppo, all’osservazione condotta in una notte successiva a quella del test qui riportato e riproduce una porzione differente del pianeta Giove.

A parte la buona definizione dei dettagli sul globo si nota una lieve luce diffusa (comunque contenuta e, anche se non ai livelli di un buon apocromatico, inferiore a quanto espresso nel mio disegno in cui ho esagerato l’alone) e un accenno di aberrazione cromatica che tende a conferire una dominante rossa al bordo d’uscita del pianeta e una più bluastra a quello d’ingresso. Tale effetto, peraltro molto limitato, tende a scomparire avendo l’accortezza di mantenere l’asse occhio/oculare il più centrato possibile, segno che la sua genesi avviene dopo il doppietto Heyford.

Buona anche la definizione dei diametri dei satelliti galileiani che appaiono, se vi si pone la dovuta attenzione, di diametro lievemente diverso l’uno dall’altro (purtroppo non mi sono annotato la posizione dei satelliti all’atto dell’osservazione e non li ho quindi riprodotti nel disegno).

La LUNA offre altro test positivo. Il bordo lunare, sia con l’oculare da 30mm. (potere di 30x) che con il 18mm (potere di 50x), appare neutro con una sostanziale assenza di aberrazione cromatica. Il fondo cielo è lattiginoso, più per le reali condizioni di umidità dell’aria che per la scattered light dovuta allo strumento, ma l’incisione ottima. Del resto siamo a ingrandimenti bassi, utili per una visione romantica ma poco indicativi delle reali capacità ottiche.

Sia con l’oculare da 7,5mm. (123x) che con quello da 5mm. (180x), l’incisione resta altissima e sembra davvero di usare un apocromatico di pari diametro. Mi spiace solamente usare oculari non ortoscopici puri, con i quali sicuramente otterrei un ulteriore incremento di contrasto a centro campo.

Mi soffermo lungamente sulle formazioni al terminatore e sui terrazzamenti di alcuni crateri ad esso prossimi che si evidenziano con un contrasto rimarchevole e una facilità di visione tipica di rifrattori di costo ben più elevato.

Plato offre i due crateri principali interni facili alla prima visione, sebbene non se ne colga la morfologia completa ma solamente la macchia di albedo della parte di conca più illuminata, e, con un po’ di pazienza, la percezione di altri due: uno più facile, l’altro davvero “al limite”. Tre e “mezzo” restano comunque un risultato lusinghiero e posso dirmi soddisfatto.

STELLE DOPPIE

L’altezza del treppiedi che utilizzo in questa prova è ridotta (equipaggiava in origine un newton Vixen) e non indugio oltre sul nostro satellite data la posizione scomoda che l’osservazione impone. Mi sposto in Orione e vado a caccia di tre doppie “test” classiche: la 52, la 33 e la 32 ORI.

La prima, che è la più stretta del trio, è visibile come due stelline interpolate a 321x (potere al limite superiore dello strumento in questo genere di osservazioni) e offre un percepibile allungamento anche a 180x. A questo potere l’immagine è più facile e riposante. Ricordo che il sistema è formato da due stelle di magnitudine 6.0 separate da 1,1”.

La 32 ORI è più difficile (primaria 4.4 – secondaria 5.8 – separazione 1,2”) e richiede qualche istante in più per evidenziare una certa duplicità. La magnitudine di differenza tra le due componenti rende più difficile percepire la secondaria che, dopo un minimo di impegno, appare come una “mezza” testa sul corpo della primaria (una sorta di Barbapapà).

Comprensibilmente più bella e facile è invece la 33 ORI che appare come una coppia di stelle vicine (primaria 5.7 – secondaria 6.7 – separazione 1,9”).

Facile, infine, la compagna di Rigel, nonostante il grande divario di luminosità tra le componenti del sistema.

Durante l’osservazione, specialmente in presenza di Luna in avanzata fase, si notano alcuni sporadici riflessi interni. Dopo qualche cogitazione credo di poter concludere che la colpa sia ascrivibile al limitato aggetto del paraluce. Anche la protezione dell’obiettivo all’umidità è scarsa e mi sentirei di consigliare al produttore di allungare di almeno 7/8 cm. il tubo paraluce, cosa che scongiurerebbe entrambi i problemi evidenziati.

CONCLUSIONI

Sono di doppia natura e facilmente estrapolabili da quanto scritto. Se si desidera uno strumento “pronto all’uso”, questo Heyford è sconsigliabile. I problemi al fuocheggiatore sono insormontabili (almeno nell’esemplare in mio possesso) e l’assurda scelta di realizzare una clampshell in plastica e una staffa di sostegno di misura non standard (e per giunta di plastica anch’essa) rappresentano limitazioni inaccettabili.

Se si è invece disposti a lavorare un poco sullo strumento e si riesce a farlo utilizzando componenti già di proprietà o acquistati sul mercato dell’usato si può ottenere uno strumento di ottima resa e poca spesa.

Accettando un budget di upgrade di 100/150 euro (anelli, staffa, focheggiatore di seconda mano), questo Heyford può trasformarsi in un compagno di osservazioni visuali (anche e soprattutto in alta risoluzione) strabiliante in rapporto al prezzo e, a mio avviso, più consigliabile e godibile di un “corto” 80-ED.

In sintesi si tratta di un rifrattore classico, con una buona focale nativa, che va installato su una montatura leggera (una SP Vixen, oppure una moderna go-to di stampo cinese) per creare un ottimo set-up capace di prestazioni di buon livello e dotato, mi si perdoni la valutazione prettamente estetica, anche di grande eleganza.

UN FINALE FORTUNATO E FELICE

Per ragioni di utilizzo ho dovuto restituire al piccolo Zeiss AS-63/840 reintubato da me il suo focheggiatore cryford che avevo preso in prestito per l'upgrade dell'Heyford. Ritenevo, dovendo usare il cinese 90/900 come strumento "puntatore" che potesse essere più che accettabile usarlo con il suo focheggiatore di plastica originale. Dopo aver reimpiantato gli arti originali ai rispettivi proprietari ho usato il piccolo Heyford in parallelo al Takahashi FC 100N in alcune "session" osservative e fotografiche del pianeta Saturno e di qualche stella doppia. Buttando l'occhio nel cinesino puntato su Izar in una notte di inizio giugno ho trovato l'immagine estremamente pulita e così ho abbandonato momentaneamente il prestigioso rifrattore giapponese e ho tirato gli ingrandimenti. L'oculare Takahashi LE da 5mm, per un potere di circa 180x, mostrava la coppia tanto bella e pulita da catturarmi per una buona quindicina di minuti. Straordinariamente non notavo più il lieve disallineamento delle centriche e la focalizzazione appariva "perfetta". Non so se sia stata una casualità tanto fortuita nel rimontare il vecchio focheggiatore a compensare il difetto o se, forse più realisticamente, la cella dell'obiettivo fosse perfettamente in temperatura e accordasse all'ottica tutto ciò che può fare.

Il risultato è che l'Heyford mantiene ora il suo scrauso focheggiatore e le prestazioni sono ottime.

Misteri dell'astronomia amatoriale...

IL LAVORO DI UN LETTORE

Nell’aprile 2014 ci ha scritto il gentile Paolo Manzan che, leggendo la review dell’Heyford 90/900, ha deciso di migliorare il suo esemplare dotandolo, come descritto nell’articolo, di un nuovo focheggiatore crayford da 2 pollici. Sembra che il trapianto sia avvenuto con successo e siamo lieti di aver ispirato una miglioria semplice e utile. Postiamo qui sotto l’immagine ricevuta e auguriamo a Paolo buone osservazioni.

Ci potete contattare a:

diglit@tiscali.it

oppure usare il modulo online.

n° di accessi al sito dal 10/4/2013

 

 

 

 

 

 

 

 

Stampa | Mappa del sito
© ARCHITETTO PAOLO CASARINI