TAKAHASHI TG-150 D-R

marzo 2009

INTRODUZIONE

Esistono ottiche che affascinano l’animo dell’osservatore e del collezionista amatore indipendentemente dalle loro prestazioni pure. Alcune di queste sono ricercate per una “affezione” di parte (ci sono estimatori delle ottiche a rifrazione che non sanno avere occhi e cuore per quelle a riflessione e viceversa) altre per la loro intrinseca difficoltà di reperimento.

Tra queste, sicuramente, il TG 150 Takahashi oggetto di queste pagine.

La storia di questo strumento è di difficile ricostruzione poiché lo schema di cui si fregia è particolarmente raro nelle applicazioni astronomiche. Takahashi, come del resto anche Clavè, tentò la realizzazione e commercializzazione di questo schema ottico di indubbia difficoltà realizzativa andando incontro a un “flop” commerciale. Lo strumento era pensato e progettato per applicazioni terrestri più che astronomiche e questo, unito probabilmente al prezzo impopolare, lo penalizzò.

A cavallo tra il 1992 e il 1993, Takahashi Company propone sul mercato la sua linea TEEGUL (che prende il nome da una piccola montatura altazimutale portatile) composta da tre ottiche: il TG-60 (un piccolo rifrattore apocromatico alla fluorite, che diventerà poi il celebre FS60-C), il TG-100 e il TG-150 (due Dillworth relay da 100 e 150mm. Aperti rispettivamente a F.7,7 e F. 5,7).

Lo schema Dillworth prevede una sorta di Cassegrain con entrambi gli specchi sferici, che verrà in seguito implementato con un elemento a rifrazione interno composto da due o tre lenti con il fine di estrarre il fuoco e correggere le aberrazioni geometriche extra-assiali). Il Dillworth relay prevede infatti che il fuoco sia posizionato all’interno dello strumento e, grazie all’estrattore, questo venga portato oltre la culatta del primario con l’effetto di una immagine raddrizzata (che lo rende adattissimo come strumento diurno per osservazioni terrestri).

Sul “web” si trova molto poco riguardo questo strumento (almeno sui siti europei e americani, dato che quelli in lingua orientale non sono praticamente utilizzabili con i nostri traduttori) e di questo poco la maggior parte l’ho scritto io… quindi le notizie che posso fornire sono molto limitate.

Lo strumento in mio possesso è catalogato con numero di registro Takahashi 96008 e, poiché non sono in grado di recuperare il libro mastro dei numeri di serie del produttore giapponese, posso solo azzardare che, in realtà, siano stati prodotti pochissimi TG-150. In teoria il mio esemplare dovrebbe essere l’ottavo di uno sparuto gruppetto.

Solo nel 2007 scoprii, per caso, l’esistenza di questi strani strumenti e mi misi alla ricerca di uno di loro. Il mio interesse si era focalizzato sul “fratello di mezzo”, il TG-100, per motivi di costo e di trasportabilità. Cominciai a scrivere nei vari forum e mercatini internazionali alla ricerca di uno di questi strumenti senza ricevere risposta per più di un anno. All’improvviso, quando cominciavo a disperare, un signore di Honk Kong mi inviò una e-mail dicendomi di essere in possesso di un TG-100 e di essere disposto a venderlo. Lo strumento propostomi è ritratto nelle fotografie qui sotto (con l'esclusione della ragazza...)

Takahashi TG-100 - fotografia della brochure originale dell'epoca (anno 1992)

Takahashi TG-100

Da notare la strana dicitura sul copri-cella del secondario: lo strumento viene definito “newton teegul 100”, pur non avendo assolutamente nulla dello schema newton (a parte forse il primario sferico tipico dei vecchi 100/114mm. F.8/F.10).

Takahashi TG-100

Considerando lo stato di conservazione che pareva ottimo tentai in ogni modo di acquistarlo (pur non conoscendone le prestazioni: pochissimi lo hanno e nessuno sembra averne mai scritto una recensione). Purtroppo, dopo qualche e-mail, il venditore si dileguò dalla scena lasciandomi con “l’amaro in bocca”.

 

Ricominciai allora la ricerca (benché alcuni conoscenti americani e nostrani mi sconsigliassero di acquistare uno strumento di cui nulla si sapeva) e dopo un altro anno, quando oramai mi ero rassegnato a non trovarne nessuno, per una casualità che ha il sapore della provvidenza, su Astromart comparve un annuncio incredibile:

 

Here's a 1993 Teegul 150 with Tak 7-19 zoom, cover, 5x25 finder and dovetail. It is a Dilworth relay optical system. Very uncommon, nice spotter, not well suited to astronomy. The optics are clean and free of defects, there a few small paint flaws but over all its very nice.

Teegul-150 (TG-150)
Dilworth Relay telescope (erect image)
D=150 (Pyrex primary)
f.l.=858 (F/5.7)
Central Obstruction: 29.3%
Tube diameter: 180mm
Tube weight: 4.0kg. (including eyepiece)

Thank you.

L’annuncio era scritto da un signore di Singapore che risponde al nome D.S.I. e che si dimostrò così gentile e onesto da meritare la mia considerazione: la transazione fu immediata e in dieci giorni lo strumento giunse in ufficio da me, perfettamente impacchettato e integro. Mentre lo attendevo pensai: “Non ha importanza se lo strumento funziona, ha importanza portarlo a casa: poi si vedrà”.

 

(...)

 

Dopo il 1993, Takahashi S. Company decide che lo schema Dillworth non ha futuro commerciale e interrompe la produzione della serie Teegul ottiche mantenendo però la costruzione della piccola montatura altazimutale. C’è da dire che, oltre alla serie TG, Takahashi dota dello schema Dillworth realy uno dei suoi strumenti più prestigiosi: il Mewlon 300 (allora aperto a f.8,7 circa). Dopo pochissimi anni anche il “300” abbandona lo schema esotico e sposa il più facile e prestazionale Dall-Kirkham che caratterizzerà la produzione i tutti i Mewlon Takahashi fino ad oggi.

 

Nel suo annuncio, D.S.I. dice che lo strumento è un ottimo “spotter” poco adatto alle applicazioni astronomiche. In effetti non è il solo. Durante le mie ricerche ho trovato un altro TG-150, operante negli States e nelle mani di una vecchia conoscenza che, interrogata via e-mail sull’argomento, mi ha laconicamente risposto:

The 150 I have does have some color and the wavefront is just a little rough. The 100 is tidier. The 60 is the same fluorite objective in the FC60. These are interesting scopes, but were meant primarily as spotting scopes. If you look thru the archives of Astromart you should find the ad for the 150 that has photos from a Japanese magazine review that show lots of info on the lens layout.

 

Inutile dire che ho cercato infruttuosamente questa “japanese magazine review” ma, fondamentalmente, anch’egli sottolinea la vocazione da “spotter” dello strumento.

In effetti, le foto dell’epoca trasmesse dalla Takahashi, ritraggono lo strumento proprio in configurazione da osservazione terrestre.

OSSERVAZIONI

A corredo delle fotografie riportate, sul sito “TAKAHASHY HISTORY”, il commento alla serie TEEGUL è di una brevità disarmante:

 

The Teegul is a serie of three little telescopes. The Dilworth optical design gives correct oriented image, so these telescopes are suitable for terrestrial use or for travel use.

 

Ovvio che, con queste premesse, la sola possibilità di avere maggiori informazioni sulle reali capacità e caratteristiche ottico-meccaniche di questi strumenti risieda nell’acquistarli e testarli direttamente. Così, la sera del 18 marzo 2009, dopo aver avuto la “prima luce” dello strumento, ho scritto quanto segue:

 

“Lo strumento è arrivato collimato e con le viti di registrazione della cella del secondario spanate. Fortunatamente il passo di queste risulta essere standard e sono riuscito a sostituirle senza problemi con nuove di lunghezza lievemente superiore (mi sorge un dubbio… domani controllerò accorciandole di pochi millimetri)

L’allineamento avviene con le stesse modalità richieste dai Mewlon e lo strumento risulta piuttosto sensibile anche ai più piccoli errori: ho effettuato la collimazione a 128x (che è un potere limitato e risulta essere il massimo offerto dall’oculare zoom in dotazione).

Lo strumento, nel classico star test, si comporta in modo differente da quanto immaginassi. Le immagini in intrafocale ed extrafocale sono lievemente diverse con una maggiore definizione degli anelli in posizione intrafocale. Ombra del secondario netta e altrettanto netti i tre spikes di importanti dimensioni (il secondario è sorretto da tre barre filettate…).

Premetto che la collimazione è “appena passabile” e andrebbe perfezionata poiché il risultato ottenuto in cinque minuti è quasi indecoroso, ma la curiosità è troppa per resistere.

Scelgo, per testare l’immagine a fuoco, la rossa Betelgeuse poiché la sua altezza sull’orizzonte sufficiente a non obbligarmi a contorsioni eccessive del collo dal momento che la visione è priva di diagonale a 90°

Il fuoco è unico ma di difficile interpretazione ed è il primo dato oggettivo che riesco a determinare. Il potere è prossimo ai 44x (come indicato sulle tacche dell’oculare zoom) e l’immagine della stella a fuoco è un disco di airy piuttosto “cicciotto” ma perfettamente sferico e fermo (praticamente l’immagine tipica di un rifrattore se non fosse per la dimensione apparentemente maggiore del disco) e con i sei spikes ben definiti che offrono una immagine tridimensionale che, personalmente, amo molto.

In realtà il fuoco “vero” è lievemente spostato rispetto a quello trovato e me ne rendo conto esaminando bene l’immagine delle stelline di campo che risultano lievissimamente sfuocate. E’ questione di un aggiustamento minimo del fuoco ma sufficiente per rendere perfettamente puntiformi le stelle di campo e “peggiorare” la definizione del disco di Airy di Betelgeuse (diventa un po’ più tremolante e concettualmente più vicino all’immagine tipica di un riflettore). La sensazione generale è quella di vedere unite le caratteristiche sia degli strumenti a rifrazione che di quelli a riflessione, con una sorta di connubio estremamente ben riuscito e molto piacevole.

L’oculare zoom lavora molto bene e, all’ingrandimento di 44x, sembra offrire un campo complessivo di circa 45° apparenti (è una mia stima visuale che credo comunque essere molto prossima al dato corretto) che diventano circa 65° al massimo potere disponibile (128x).

L’immagine della zona del Trapezio in Orione è incantevole e la nebulosa M42 è sufficientemente definita e ramificata anche dal cielo urbano da cui osservo. Mintaka è altrettanto bella e anche il complesso di Meissa si mostra in tutta la sua varietà cromatica.

Salendo con gli ingrandimenti cominciano però le magagne dovute al non perfetto allineamento, all’apertura molto spinta dello strumento (ricordiamoci che lavora a f. 5.7) e al complesso di tre lenti di correzione poste all’interno del paraluce primario. Stranamente si evidenzia, oltre i 60/70x (quando l’immagine è ancora buona) una dominante cromatica residua importante che “sfrangia” le stelle di verde-azzurro e di rosso. Il potere di 128x è ancora sfruttabile ma non credo che lo strumento, nella configurazione attuale, possa offrire ingrandimenti maggiori con decoro. Per certi aspetti sembra di osservare con un rifrattore da 15 cm. operante a f5 ma senza la tipica curvatura di campo degli strumenti a lente così aperti.

Castore è ovviamente risolta nelle sue due componenti senza difficoltà ma l’immagine non è buona come dovrebbe essere.

Qualsiasi tentativo di utilizzare diagonali ha dato esito negativo dovuto a una incorretta assialità dei componenti che ho utilizzato (dovrò studiare meglio la cosa) e quindi non posso pronunciarmi.

Possibile invece utilizzare qualsiasi tipo di oculare montandolo senza diagonale con un adattatore della gamma Takahashi. Poteri nell’ordine dei 140x sono risultati comunque eccessivi.

La cosa assolutamente interessante è che, a ingrandimenti minori, il campo e l’immagine sono praticamente perfetti.

Il dubbio di avere avvicinato eccessivamente il secondario al primario mi resta in mente come il Grillo Parlante ma è un timore relativo. Ciò che, invece, si palesa dopo questa “prima luce”, è la vocazione assolutamente turistica a basso ingrandimento dello strumento che esibisce un campo piano notevole, una morbidezza di immagine che trovo solamente in rifrattori ben lavorati, e una tonalità dei bianchi assolutamente neutra a ingrandimenti medio bassi. E’, dopo tutto, uno strumento anche fotografico e ha l’innegabile vantaggio di fornire l’immagine raddrizzata.

Il tubo ottico, di splendida fattura, pesa 3950 grammi completo di oculare e focheggiatore e sta comodamente su un cavalletto robusto e una montatura altazimutale.

Premesso che mi riprometto un test più impegnativo e severo da cieli migliori e con condizioni osservative mie (tra uno strillo di Ginevra e uno di Federica) più quiete, posso per ora dire che lo strumento è così particolare da essere intrigante.

Takahashi TG-150: schema ottico e particolari meccanici

Takahashi TG-150: targhetta identificativa

Vista dello specchio primario e del correttore a tre lenti interno al paraluce

L'oculare zoom dedicato allo strumento

Il cercatore 5x25mm. con regolazione diottrica

Immagine del primo Mewlon 300 (prima che si chiamasse Mewlon e acquisisse lo schema Dall-Kirkham - Cassegrain e la livrea attuale): era un dillworth relay (probabilmente con specifiche differenti dal più piccolo TG.150 in mio possesso.

CONCLUSIONI

Cosa dire di questo strumento? Sicuramente che è atipico.

Ha vocazioni per alta risoluzione? Sicuramente no. Vocazioni per il deep-sky? Sicuramente sì, scomodità a parte data l’assenza di un diagonale. Quanto vale la pena cercarlo (ho impiegato 2 anni a trovarne uno)? A mio modo di vedere vale tutto il tempo impegnato.

Per osservare sistemi multipli (se non quelli larghi) non lo userò certo mai ma è l’unico riflettore a fuoco posteriore che mi ha offerto la sensazione di guardare in un rifrattore con, in più, l’effetto “six spikes” che prediligo. Inoltre, e forse questo è il vero must, è uno strumento rarissimo.

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