LICHTENKNECKER ORTH.

Giugno - Agosto 2015

SCAMPOLI STORICI

Il sito della Lichtenknecker Optics è frustrante da usare e visitare poiché nulla è presente di innovativo. Gli unici prodotti offerti visibili sono quelli di importazione (cui non ci importa affatto) mentre per tutto quanto di loro produzione bisogna scrivere.

Storicamente però quanto riportato sul sito stesso risulta chiaro benché stringato e può essere introduttivo al nostro articolo.

 

Lichtenknecker Optics was created in Hasselt in 1973, following the resumption of the society of the same name in Berlin. The main activity in the beginning was concentrated on the manufacture of a wide range of instruments for the professional and amateur astronomer. The expertise gained in conceiving and achieving complete optical systems inside the company leads rapidely to new sectors of activities for the science and the industry. Our present activities are mainly the sale of imported optics instruments and the production of optics components of high precision and big dimension. This specialisation in the big diameters (5 to 25 inches) is born of our expertise in astronomical instruments.

LICHTENKNECKER: un fatto personale

Va fatta un po’ di chiarezza sulla mia personale passione per il marchio della “L” e “O” interpolate. Sono infatti anni che inseguo alcuni strumenti, almeno uno, tra quelli realizzati a vario titolo dalla piccola manifacturing belga. Caddi inzialmente in amore per un 125/1500 acromatico dotato di montatura e colonna integrate in un mobiletto di controllo con seduta. Lo strumento era in vendita da un noto commerciante tedesco che, come al solito, voleva semplicemente speculare in modo abnorme sullo strumento e fui costretto a desistere.

Fu poi il tempo di un 23 cm. semi apocromatico da osservatorio in versione coudé. Offrii alcune ottiche in cambio ma i venditori, sempre veicolati dal “solito” tedesco speculatore, preferirono una vendita diretta e così non se ne fece nulla.

In seguito mi imbattei, purtroppo in ritardo, nell’annuncio di un conoscente che alienava un doppietto apo da 125 mm aperto a f20 (solo ottica in cella). Quando scrissi il “pezzo” era già stato venduto e dovetti, ancora una volta, richiudere nel cassetto il mio debole per le ottiche belghe.

Finalmente, e in modo del tutto casuale, venni in contatto con un francese desideroso di monetizzare la sua collezione di ortoscopici Lichtenknecker. La richiesta iniziale era importante ma poi, dopo alcune considerazioni di fondo, siamo riusciti a concludere l’affare per un importo decisamente più favorevole. Parlo al plurale perché, in questa piccola avventura, sono stato affiancato dai due amici astrofili di sempre, Fabio Bergamin e Marco Murelli che hanno comprato in società con me il set di oculari.

RICERCA E ACQUISTO

Nonostante ci fosse latente una “voglia di Lichtenknecker” non è la serie ORTH dei loro oculari che stavo cercando quando mi sono imbattuto nel venditore francese.

Le mie attenzioni erano da tempo rivolte alla GALOC e ai suoi oculari. Si tratta di pezzi di buona fattura e prestazioni, benché non eccezionali a quanto si dice, per la quale nutro però un certo debole dovuto esclusivamente al loro nome e al logo: un Saturno stilizzato che mi piace moltissimo.

Avevo appena perso (per una manciata di ore) la possibilità di ritirare da un venditore americano una serie di 3 oculari ben tenuti e venduti a un prezzo equo quando mi sono imbattuto nel Vixen ED130SS e nella serie dei Lichtenknecker. Così, per consolarmi, ho comprato il primo e coinvolto Marco e Fabio nell’acquisto dei secondi.

Qui di seguito riporto, tradotta dal francesce, una delle mail scambiate con il venditore:

 

Gli oculari sono in condizioni buone con solo lievi tracce di utilizzo. Hanno barilotto da 31 millimetri e non da 31,75 come lo standard attuale.

Dopo averli testati mi sono accorto che soprattutto quelli a corta focale con vetri al lantanio (misure  da 4-6-10-12,5 mm.) offrono su Giove immagini migliori di quelle permesse al altri oculari ortoscopici come i Clavé, gli Zeiss Abbe I e II, e AstroPhysics soprattutto nell’individuazione dei dettagli e sfumature deboli nelle bande del pianeta. Per i test che ho condotto ho usato un 76/1200 e un TeleVue 85/600 apocromatico

Gli americani non sembrano conoscere gli oculari Lichtenknecker e la loro diffusione è molto limitata.

Posseggo anche alcuni fogli tecnici tratti dalla stessa casa madre che allego. L’azienda Lichtenknecker che era una ditta artigianale che fabbricava materiale di altissima qualità e la loro attrezzatura era molto costosa negli anni '90.

Vendo questa collezione che ho utilizzato per alcuni anni per monetizzare dato che sono da poco passato all'impiego di una torretta binoculare.

Se siete interessati a questa collezione, potete scrivermi.

L’affermazione riportata che vorrebbe questi oculari realizzati con un elemento o più al lantanio non sono confermate. Ho provato a cercare in rete senza alcuna indicazione di merito e così ho scritto direttamente in azienda per avere qualche "lume" maggiore.

Il gentile Hugo Ruland, della Lichtenkneker Optics, ha risposto prontamente alla mia domanda sugli oculari ORTH da 31 mm. comunicandomi quanto segue:

 

You mean the original ORTH eyepiece produced in 1975-1990 by Lichtenknecker Optics (diameter 31mm, and not 1 1/4")?

I cannot tell you which glass was used, but I can tell you the mechanics is 100% aluminium (no backelite) and the optical design is very close to the classic orthoscopic design.

ORTOSCOPICI e MITTENZWEY

Chiusi nelle bustine di plastica sigillate sono giunti 10 oculari neri. Alcuni in configurazione Ortoscopica (definiti ORTH.), altri in configurazione Mittenzwey (siglati MZW) così assortiti:

 

coppia di MZW da 40 millimetri.

coppia di ORTH da 25 millimetri.

ORTH da 16 millimetri.

ORTH da 12,5 millimetri.

ORTH da 10 millimetri con reticolo doppio interno e ghiera di calibrazione del fuoco sul reticolo.

ORTH da 10 millimetri.

ORTH da 6 millimetri.

ORTH da 4 millimetri.

 

Ritengo non ci sia molto da dire sullo schema ortoscopico che è formato da due coppie di lenti cementate simmetriche come un plossl prima versione. Credo invece sia più interessante spendere qualche attimo sullo schema Mittenzwey che rappresenta un esempio (raro come diffusione) del Huygens primario.

Trae il suo nome dall’inventore, il chimico tedesco con la passione dell’astronomiaMoritz Mittenzwey (1836 - 1889) che modificò il doppietto spaziato Huygens usando un piccolo menisco invece della lente piano-convessa classica.

Questo portava ad aumentare il FOV ad un valore tra i 45° e o 50° (notevole per l’epoca) a scapito però di un aumento della cromatica laterale e della aberrazione sferica. A causa di questa caratteristica, l’oculare di Mittenzwey diventa interessante soprattutto su strumenti “classici” molto chiusi, tipicamente rifrattori con rapporti da f12 o f15 o superiori.

UNA GAMMA AMPLISSIMA

La batteria di oculari acquistata non rappresenta la serie completa della offerta che “fu” della “laterale” Lichtenknecker. Va detto che la ampiezza di accessori, raccordi, oculari, filtri, era davvero completa tanto da fare concorrenza, quantomeno per vastità, a cataloghi importanti come quello Meade o Vixen dell’epoca.

Gli oculari che sono oggetto del test risalgono all’inzio degli anni ’90 e fanno parte di un set incredibilmente vasto che contava addirittura focali da 50, 70 e 100 millimetri!

In calce riporto uno schema della disponibilità dell’epoca.

Non so chi effettivamente realizzasse questi oculari. voci di corridoio li vogliono commissionati dalla Lichtenknecker ad un produttore esterno di ottica da microscopio. In effetti alcune stranezze lasciano perplessi (si veda il capitolo inerente) ma, a pare questo, leggendo parte del catalogo Lichtenknecker viene voglia di cercare, trovare e acquistare qualsiasi “pezzo” con la “L/O” o di sua derivazione: torrette multioculari, riduttori, oculari, filtri, diagonali, etc…

Sopra lo schema sinottico delle focali e tipologie di oculari disponibili all’epoca. Sotto le pagine dedicate ad alcuni (non le ho tutte purtroppo) degli accessori a corredo dei telescopi del produttore belga, il tutto tratto dalla brochure originale Lichtenknecker.

STRANEZZE COSTRUTTIVE

La prima stranezza che salta all’occhio impugnando gli oculari della serie ORTH è la loro fattezza. Il colore nero semi-opaco e la strana leggerezza parlano di una resina fenolica termoindurente (come la bachelite) poi lavorata con macchine di tornitura. Una scelta molto particolare che farebbe pensare ad una realizzazione da parte di terzisti specializzati nell’uso di questo materiale. Hugo Ruland ricorda che fossero in alluminio al 100% ma io non sono convinto e anche l’osservazione del diaframma di campo su uno sfondo pienamente illuminato mostra alcune imperfezioni tipiche di un materiale non metallico lavorato con utensile meccanico. Per essenrne certi ho eseguito un piccolo taglio su un bordo inferiore e, con mia sorpresa, devo confermare la natura "tutta alluminio" dell'oculare. Evidentemente i residui interni sono dovuti ad abrasione in lavorazione (non perfettamente ripulita) dell'alluminio stesso.

Altra stranezza, che offre non pochi grattacapi nell’utilizzo, è rappresentata dal diametro dei barilotti: 31 millimetri precisi.

Impossibile pensare di “arrangiarsi” ad usare un portaoculari da 31,8 standard. Il fuori asse che si genera è tale da mandare a “donnine poco serie” la correzione ottica e diventa quindi obbligatorio creare un qualche tipo di raccordo ad “hoc” (foglio di ottone, portaoculari tornito con diametro adeguato) oppure adattarsi a lavorare SENZA uso di diagonale impiegando i portaoculari Takahashi che hanno un sistema adattabile autocentrante che risolve il problema.

PIANETI: GIOVE

Il primo test su Giove ha dato esiti praticamente identici tra gli oculari presenti: serie LE Takahashi, Serie XP Pentax Ortho e serie Orth Lichtenknecker.

Con le focali da 16 mm (Pentx e Lichtenknecker) e 18mm. (Takahashi) le immagini apparivano una miniatura di dettagli ed erano indistinguibili tra loro.

Il set da 12,5 mm. (per tutte e tre le serie), eleva il potere a 84x che non permette ancora alcuna distinzione di performances.

I 6 millimetri cominciano ad essere forieri di potere sufficiente ad apprezzare l’intricatissima atmosfera gioviana che offre quasi al meridiano centrale la GRM e una serie di ovalini e indentellature bianche sulla SEB oltre ad una intricata ramaglia di bande sottili nelle zone polari (soprattutto Nord). e disegni arabeschi sulle zone temperate e sulle due bande equatoriali.

Il Pentax Ortho e il Lichtenknecker da 6 millimetri (potere di 175x) offrono virtualmente la stessa imagine. Abbiamo cercato lungamente di cogliere differenze significative che non sono rilevabili. Il numero di dettaglio appare identico e anche la tonalità di fondo. In alcuni momenti sembra che il Pentax abbia un leggero sopravvento ma sono “sensazioni” che non abbiamo coraggio di convalidare poiché, soprattutto nella notevole quantità di dettaglio mostrato, trovare reali differenze appare più una forzatura che una realtà.

Anche la calsse dei 4mm. (4mm. il Lichtenknecker e 3,8mm. il Pentax), con l’ingrandimento fornito di oltre 260x non riescono a decretare un certo vincitore.

A questo potere il Takahashi LE 5mm. mi piace personalmente un pochino di più anche se Fabio non è tanto convinto del mio parere. Del resto il Takahashi si ferma al potere di 210x che rendono il pianeta più inciso e quindi operare un confronto diventa obiettivamente opinabile.

SISTEMI MULTIPLI

Se il pianeta gassoso gigante non è stato capace, almeno in abbinamento al rifrattore Takahashi FCT-150, di indicare chiara classifica i sistemi multipli visibili dal cielo milanese hanno saputo fare ancora meno.

Nessuna delle doppie e triple osservate è riuscita a offrire indicazioni sufficienti a decretare vincitori, né per risoluzione, né per saturazione cromatica.

Molte sono state le doppie osservate, con separazioni comprese tra i 9” e gli 0,8” che sono il limite strumentale per una risoluzione certa e completa (Otto Struve 215 nel Leone - 1,4", Gamma LEO - Algieba - 5", 54 LEO 6", Iota LEO - 1,7", la bella tripla 35 COM, la Otto Struve 229 nell'Orsa Maggiore - 0,7", La Struve 1517 nel Leone a circa 0,7" e così via...)

Colori saturi in tutti e tre i tipi di oculare, dischi di Airy perfettamente definiti, nessuna sbavatura sugli anelli di diffrazione e nessuna differente percezione di luce diffusa tra questi ultimi.

Indispettiti da tutta questa ottima correzione siamo passati alle doppie “oltre limite” che hanno visto sistemi da circa 0,6”  di separazione e soprattutto gli 0,43” attuali della Zeta Bootis.

Fabio non era informato, quando ha posato l’occhio all’oculare, né del sistema che stava per osservare, né del potere a cui il telescopio stesse lavorando.

Era molto buio e toccava a me scegliere il sistema e il treno ottico.

Appena messo a fuoco esclama: “Che bell’allungamento! Un splendido cicciottoso trattino. Che stella è?”

Sapere che stessimo osservando un sistema da 0,43” a ben 940x con tanta pulzia di immagine e definizione ci rendeva basiti. Per l’occasione avevo installato il Takahashi LE 28,mm con una barlow aggiuntiva TS apo da 2,5x (un accrocchio oltre il limite considerando che l’oculare possiede già, al suo interno, un sistema negativo di ingrandimento).

Per valutare l’effettiva resa dei Pentax e dei Lichtenknecker abbiamo riesumato i rispettivi 3,8 e 4 mm. e li abbiamo dapprima accoppiati ad una barlow Celestron Ultima 2x e poi usati da soli. Poteri ottenuti di circa 520-530x nella prima versione e 260x circa nella seconda.

Al potere maggiore la Zeta Bootis era dichiaratamente un trattino allungato mentre al potere inferiore tale aspetto emergeva ancora ma con minore ovvietà.

Al di là del risultato in sé, merito soprattutto dello strumento a rifrazione usato, ancora una non sono emerse differenze tra gli oculari.

PIANETI: VENERE

Nel tentativo di trovare qualche “appiglio” visuale valido ad una identificazione del carattere dei “nuovi” Lichtenknecker ho cambiato set-up e atteso un pomeriggio tardo che mi mostrasse Venere ancora durante le ore di piena illuminazione solare.

Per l’occasione ho scelto un rifrattore “perfetto” come il Takahashi FC100-N che con il suo rapporto di f10 meglio si adatta alla logica progettuale di questi ortoscopici.

Fabio non mi ha lasciato il set Pentax e così mi sono limitato a confrontare gli oculari belgi con i Takahashi LE e con i miei economici plossl che tante volte hanno mostrato di valere molto più del costo affrontato per acquistarli (a questo proposito ricordo che questi cinesi si sono dimostrati superiori come pulizia e contrasto ai vari “planetary” odierni: PrimaLuceLab, Tecnosky, HR, etc…).

Usando il rifrattore Takahashi da 4 pollici a f10 la resa degli oculari è superlativa. Anche in pieno giorno (mi riferisco a osservazioni effettuate intorno alle ore 15:30 circa) i dettagli planetari sono entusiasmanti (e parliamo di un pianeta ostico come Venere). Certamente la resa del 4 pollici apocromatico è altissima e merito di quanto osservabile sta soprattutto nel magico doppietto steinheil giapponese ma gli ORTH fanno la loro parte. Confrontando l’immagine data dal Lichtenknecker da 6 mm. con quella del plossl standard di pari lunghezza focale (i due oculari sono davvero molto simili per schema ottico). ho notato una lieve superiorità del prodotto belga nel cogliere le deboli ombreggiature sul disco planetario a ridosso del terminatore e di una delle due indentature delle cuspidi.

Si tratta di differenze veramente limitate che non stravolgono il dato rilevato ma che possono comunque essere colte con un po’ di attenzione.

Il Takahashi LE da 5mm. (che offre in questo caso 200x contro i 167x circa dei “6 mm.”) risulta un poco penalizzato dal seeing non perfetto e dal riscaldamento dell’ambiente circostante (la giornata è torrida e il Sole sembra voler scavare il terreno con raggi termici che tagliano la pelle tanto sono caldi).

Gli oculari ORTH testati di giorno su Venere installati su un rifrattore apocromatico

Takahashi FC100-N alla fluorite.

VISUALE CON I MITTENZWEY

Ero estremamente curioso di provare lo schema Mittenzwei (de facto un Huygens modificato per offrire un campo maggiore) anche se sapevo che gli strumenti oggi disponibili agli astrofili sono quanto di meno adatto a questo particolare schema ottico.

La scarsa correzione geometrica del Mittenzwei richiede infatti strumenti con rapporto focale molto alto (pari o supriore a f15) cosa che nessun rifrattore attuale presenta. I moderni apocromatici a corto fuoco sono infatti assolutamente inadatti (pensiamo che il Mittenzwei nasceva per l'impiego su grnadi rifrattori professionali o universitari da 15 o 20 cm. con focali di oltre 4 metri) sui quali un 40 millimetri aveva senso di esistere. Provare a osservare un campo stellare con un Vixen ED130SS a f6.6 e focale da 0,8 metri e il MZW 40 lichtenknecker è esperienza frustrante: sembra che l'immagine non vada a fuoco. In realtà lo fa ma le stelle più luminose restano poco definite, quasi attorniate da un leggero alone e con una precisione di fuoco difficile da trovare. Inoltre risulta necessario mantenere in posizione corretta l'occhio per evitare che si introduca una sorta di astigmatismo secondario.

Molto meglio sembra andare l'accoppiamento con il mio CN212 cassegrain Takahashi. Focale da 2,6 metri e rapporto di f12,4 circa. L'immagine di un astro luminoso risulta più pulita anche se persiste una certa deformazione geometrica nei punti immediatamente prima e dopo il fuoco corretto.

Sicuramente un vecchio rifrattore fraunhofer da 10 o 12 cm. aperto a f15 risulterebbe più adatto al MZW 40. Non possedendolo ho optato per una soluzione “furba” e ho riesumato il mio piccol Revue 60/910 che, in miniatura, sembra possedere le caratteristiche progettuali adatte allo scopo.

Ho atteso di essere in alta montagna, sotto un cielo molto buio, per testare l'accoppiata permettendo così ai limitati 60 millimetri di apertura di andare in “profondità” tra gli ammassi stellari della Via Lattea estiva e di indagare nel migliore dei modi la brillante luce di astri come Vega e Deneb.

CONCLUSIONI

Strani, molto performanti, assolutamente anticonformisti e piuttosto rari. Qualche “singolo pezzo” ogni tanto fa capolino su e.bay a prezzi illogici (alti e bassi) ma si tratta di “cani sciolti”. 

Avere un set quasi completo o quantomeno eterogeneo è una “chicca per collezionisti” che non va persa.

Indubbiamente serve creare adeguati raccordi ma la resa planetaria in alta risoluzione è assicurata. Stare alla pari con gli ortoscopici Pentax da 0,968” (considerati in assoluto tra gli oculari più performanti in questo ambito, al pari di zeiss e monocentrici) rappresenta un risultato da “primato”.

E poi, onestamente, quanti di voi li conoscevano prima di aver letto questo articolo?

Ora, tra me, Marco, Fabio sorge un grosso problema… chi se li tiene?

Ci potete contattare a:

diglit@tiscali.it

oppure usare il modulo online.

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