ottobre 2013
Non a tutti, almeno in Italia, il titolo di questo articolo dirà molto. In effetti si tratta di uno stratagemma, una piccola “furbata”, un modo economico per aiutare le montature equatoriali alla tedesca a lavorare meglio quando caricate con rifrattori o strumenti di lunghezza importante.
Quante volte, magari con l’occhio al focheggiatore di un lungo rifrattore, abbiamo dovuto pazientare affinché l’immagine prodotta si “fermasse”, ovverosia il sistema telescopio montatura smettesse di vibrare e ci offrisse la possibilità di osservare. Si tratta generalmente di pochi secondi (3 o 4 al massimo - se fossero di più saremmo al cospetto di un sottodimensionamento eccessivo della montatura e del suo supporto) ma, all’oculare, sembrano una eternità e il disagio che impongono è fastidioso.
Avremmo, in questi frangenti, voluto che una mano magica ci tenesse ferma l’altra estremità dello strumento, oppure desiderato una montatura di portata almeno doppia di quella a disposizione.
Ovviamente una montatura più performante sarebbe la soluzione migliore, ma quando quella disponibile ha già capacità di carico superiore ai 20/25 chili la sua sostituzione impone esborsi da non sottovalutare.
In questi casi, benché non possa essere considerato una “panacea” globale, un hagreaves strut può però rappresentare un compromesso economico e dignitoso.
Si tratta, banalmente, di un collegamento tra la testa del tubo (nel caso di un rifrattore la parte prossima alla cella dell’obiettivo) e un punto dell'asta contrappesi posta sull’asse di declinazione.
Poiché questi è solidale ai movimenti del tubo ottico, unire i due punti non inficia in alcun modo le corrette movimentazioni della testa equatoriale.
In apertura azzardavo lo scarso utilizzo, nel nostro paese, di questo accessorio dovuto alla relativa scarsa diffusione di rifrattori a lungo fuoco e di diametro medio (generalmente dai 15 cm. in su). Negli Stati Uniti, dove invece i lunghi rifrattori sono più benvoluti dagli amatori, il problema è sentito maggiormente e l’hargreaves strut ben più diffuso. Vediamo alcune immagini, prese dal web, che esemplificano il concetto.
Concettualmente è estremamente semplice. Si tratta generalmente di un “puntone” rigido in metallo che collega il tubo ottico all’asse di declinazione formando una sorta di “arco a tre cerniere” con il vantaggio di ridurre le vibrazioni sull’asse di declinazione.
Ho detto "generalmente” perché gli esempi trovati hanno statisticamente decretato ciò. Ritengo però che questa non sia una norma assoluta. Nel caso di uno strumento in postazione fissa la soluzione di un collegamento rigido è probabilmente da preferirsi, ma se si è costretti a un “monta smonta” in occasione di ogni sessione osservativa un hargreaves strut rigido impone un lavoro di set-up più lungo e noioso.
Mi sono quindi domandato se fosse possibile trovare una soluzione più friendly e ho ricordato il desiderio espresso in apertura di articolo (se esistesse una mano magica che...) rendendomi conto che una semplice corda sottoposta ad azione di trazione avrebbe risolto il problema.
Il primo approccio però, decisamente “meccanico”, che prevedeva un cavo in acciaio di piccola sezione posto in trazione da un arridatoio non mi entusiasmava. Poi, così come a volte accade, chiacchierando con un amico che ha un grosso negozio di ferramenta ho trovato la semplice, banale, immediata soluzione. Un cavo composto da una molla armonica a spire fittissime rivestito di materiale gommoso, con le estremità dotate di ganci da inserire in asole metalliche fissate al tubo ottico e alla barra contrappesi, si è rivelato il così detto “uovo di Colombo”.
Ovviamente, data la leggera estensibilità del cavo, questi va tagliato in misura inferiore alla distanza da coprire così che, messo in tensione, lavori al meglio.
L’hargreaves strut installato sul rifrattore “MORGANA” con ottiche D&G da 15 cm. aperto a f12 e sulla montatura ALTER D-6 preposta a reggere il telescopio. Il risultato è più che incoraggiante e riduce effettivamente le vibrazioni armoniche introdotte dalle operazioni di focheggiatura manuale (un dato su tutti vede oscillazioni per circa 3 secondi senza hargreaves che si riducoino a meno di 2 secondi con l'accessorio - il tutto testato a ingrandimenti compresi tra i 240x e i 300x). L’installazione dell’hagreaves, inoltre, richiede circa 4 secondi (contro qualche minuto imposto da un puntone rigido) e non necessita di chiavi, viteria, e via discorrendo.
Altro aspetto da non sottovalutarsi (siamo nella sezione ASTRONOMIA ECONOMICA del resto) è il costo realizzativo, che non supera i 4/5 euro.