INTES MK-63

Giugno - Luglio 2015

INTRODUZIONE

The first telescope from this company was a 6" f/10 unit that could be purchased as an optical tube only, or as a complete telescope. Their was no model designation for the telescope initially, but with the announcement of the availability of other sizes in 1993 it was given the name MK63. The first version of the MK63 included a 10x30 finder, 1 ¼" helical focuser and star diagonal, camera adapter and a reasonably good quality fork mount with DC worm gear drive and hand held single axis drive corrector. It also included an interesting 60mm f/25.4 Maksutov photo-guide scope, but did not include a tripod. Later the MK63 was marketed without the guide scope, but with wood tripod and storage cabinet.

 

Questo è quanto è possibile leggere su TelescopeBluebook, una sorta di mini-enciclopedia che raccoglie produttori e loro telescopi, quantomeno i più significativi, nel tentativo di redigere un database informativo utile ai più.

In effetti il MK-63, a differenza dei più conosciuti Intes successivi, era uno strumento estremamente innovativo quando venne presentato.

Ricalcando la moda degli strumenti a forcella inaugurata dalle major del settore nei due decenni precedenti, Intes proponeva però uno strumento compatto dalla configurazione ottica meno diffusa e con un rapporto di apertura universale.

Lo schema Maksutov-Gregory (che prevede lo specchio secondario ricavato come alluminatura del menisco frontale) veniva configurato con rapporto focale di f10, piuttosto “tirato” dunque, e dotato di una livrea accattivante e ben gestibile. La soluzione dello specchio fisso e del sistema di focheggiatura sul terminale angolato del diagonale permetteva poi, almeno sulla carta, di rendere meno scollimabile lo strumento.

Durante il primo anno di produzione il telescopio veniva consegnato con due ottiche ausiliarie: un cercatore 10x30 con regolazione diottrica all’oculare e un bellissimo maksutov da 66 millimetri aperto a f22 (in questo ho notizie lievemente discordanti rispetto al Telescope Bluebook).

Immagini tratte dal web di strumenti MK-63 completi.

ACQUISTO E PRIME IMPRESSIONI STATICHE

Quando qualche anno fa vidi per la prima volta in foto lo strumento me ne invaghii. Sono un detrattore della produzione di telescopi russa, non ne ho mai fatto mistero. Pur ben lavorate le ottiche degli Intes e poi Intes Micro sono sempre state intubate in meccaniche robuste ma anacronistiche: pesanti, mal rifinite, dotate di componentistica fine (viteria varia) assurdamente microscopica e non adatta, e infine valore sul mercato dell’usato estremamente basso rispetto al prezzo dal nuovo.

Inoltre, e questo mi ha sempre disturbato, i trattamenti antiriflesso e le alluminature degli specchi sono generalmente di basso livello e non consentono la trasmissione luminosa propria dei loro competitor americani o giapponesi (e oggi nemmeno di quelli cinesi o similari).

Così, tutti gli Intes che ho avuto e usato sono perentoriamente stati venduti (a un tozzo di pane me lo si consenta) e anche per questo motivo avevo (vanamente lo ammetto) deciso di non lasciarmi mai più tentare...

Un anno fa avevo perso l’occasione di acquistare un MK-63 completo (e quindi esteticamente bellissimo) per la modesta cifra di 795 dollari e quando ho visto l’inserzione di un suo simile italiano ho scritto per accordi.

Lo strumento non sembrava certo versare in condizioni “pari al nuovo” (e la realtà è stata anche ben peggiore!) e in più mancava della sua base motorizzata e del telescopio guida 66mm. f22.

La richiesta del venditore era alta e così ho desistito finché non mi è stato proposto uno scambio con il Vixen 70/600 tripletto. Lo strumento era in “quasi vendita” poiché, nonostante l’assoluta rarità, il suo utilizzo era discontinuo avendo altre ottiche simili che preferisco.

Ho chiuso l’affare e il MK-63 è giunto insieme al venditore a casa mia.

Così come è visibile dalle immagini le condizioni del povero MK-63 erano ben poco felici. Graffi e mancanza di vernice in più punti, ottiche non molto pulite, alcune parti meccaniche mancanti (persino le maniglie sulla forcella) e una generale sensazione di abbandono a sé stesso.

Ho ritirato comunque lo strumento e, come prima opera, mi sono messo a pulirlo per benino così da riuscire a capire come fosse fatto e quanto lavoro avrebbe richiesto il restauro.

La presenza di una barra Vixen posticcia (con relativi fori filettati) sembrava quantomeno utile all’installazione (dopo aver cambiato la barra con una a passo Losmandy) sulla montatura per un primo test ottico.

Affascinante il piccolo e lungo cercatore 10x30 millimetri, con campo ridotto ma buona meccanica generale, la forcella compatta (che non permette però la chiusura completa dello strumento) e il diagonale con focheggiatore a “vite”.

Questo aspetto, bello esteticamente, è però piuttosto limitante. Se nell’uso visuale la rotazione dell’oculare non comporta alcun problema nelle applicazioni fotografiche questo potrebbe portare sensori e DSLR a impattare sulla culatta del tubo ottico.

Inoltre, per me più irritante, il filetto e le tolleranze di realizzazione delle parti ruotanti sono tali da creare avvertibile gioco e un conseguente disallineamento ottico che, sebbene non eccessivo, lascia però una sgradevole sensazione di pressapochismo. 

A tal proposito mi sono ripromesso, dopo aver valutato le prestazioni ottiche nella loro interezza, di acquistare una base motorizzata e modificare il sistema di focheggiatura. Il tutto sempre ché fossi soddisfatto dell’ottica.

UNA FUGACE "PRIMA LUCE"

La prima cosa che balza all’occhio è l’impossibilità di andare a fuoco con il diagonale/focheggiatore di serie. Il fuoco sembra cadere almeno 3 cm. oltre la massima escursione del focheggiatore a vite e richiede quindi una prolunga ad “hoc”.

Francamente la cosa mi infastidisce non poco perché significa che lo strumento non è a posto (tendenzialmente dovrebbe avere la distanza tra menisco e primario sbagliata...) anche perché non posso pensare ad un errore progettuale.

Ho comunque, almeno provvisoriamente creato un raccordo ad “hoc” utilizzando pezzi sparsi che vagheggiano nei vari armadi e cassetti dedicati al materiale astronomico. A questo proposito devo felicemente constatare che, di tanto in tanto, spuntano oggetti interessanti di cui avevo completamente dimenticato l’esistenza...

Con l’accrocchio storto realizzato ho volto l’Intes alla Luna che, nel cielo ancora azzurro chiarissimo della mezz’ora che precede il tramonto, era una falce diafana ad occhio nudo. Il contarsto bassissimo mi ha fatto desistere e così mi sono rivolto a Giove, un poco più alto, che all’oculare da 40 millimetri disegna un dischetto variegato sul cielo cilestrino con le leggere nuvole trasparenti che gli passano innanzi: siamo a poco meno di 40x. A circa 75x, oculare da 20mm, le bande diventano evidentissime anche se il cielo lattiginoso toglie molto contrasto. In pochi minuti nuove leggere nuvole mi hanno obbligato ad interrompere l’osservazione e rivolgermi ad Algieba che appariva ben separata pur mettendo in evidenza una sostanziale tensionatura del menisco anteriore che genera tre spikes ben visibili anche nella paupera immagine sotto riportata scattata con un telefonino sorretto a mano.

PROBLEMI COSTRUTTIVI, TENSIONATURE, FOLLIE E RIMEDI

Considerando che il cielo andava scurendosi e velandosi al temo stesso ho tolto il maksutov gregory dalla montatura e cominciato a lavorarci per eliminare i problemi di tensionamento riscontrato.

Va detto che (vedremo nel proseguo dell’articolo) smontare e rimontare completamente un maksutov russo di inizio anni ’90 è operazione capace di mettere in crisi la pazienza di chiunque. 

La follia progettuale che ha scompigliato i pensieri ai tecnici russi Intes sembra infatti essere infinita. Nessuna vite, brugola o grano utilizzato sembra essere adeguatamente resistente e le sue dimensioni microscopiche ne fanno oggetto apparentemente progettato per spanarsi.

Così, dopo aver mentalmente commentato la grandezza del popolo russo affinché possa avere in gloria i progettisti ottici che ha partorito (e mi domando ogni qual volta mi ritrovo tra le mani un Intes come possano le Soyuz volare…), ho sostituito tutto quanto potevo. 

In effetti la prassi ex sovietica di stringere in modo forsennato ogni vite si rifletteva su una simmetrica punzonatura del menisco frontale che appare piuttosto sottile.

La regolazione non è semplice e richiede soprattutto “sentimento” , come del resto obbliga ad operare la pulizia delle superfici ottiche e dei loro trattamenti antiriflesso che appaiono molto meno “antigraffio” rispetto a quelli più moderni cui siamo abituati.

Una volta rimontato lo strumento ho eseguito un nuovo test, questa volta sulla luminosa Arturo, adagiata in un cielo finalmente rasserenato e color cobalto.

La tensionatura appariva scomparsa, in compenso la collimazione si era perduta. 

Mettere a posto un mak Gregory, se il tubo è diritto e la cella del primario regolabile, non è un gran problema e in circa dieci minuti l’operazione era eseguita correttamente con anche la correzione della deformazione ovoidale dell’immagine di diffrazione, in compenso appariva netta una notevole aberrazione sferica residua.

A parte questo mi si presentava però un nuovo rompicapo. Benché sul percorso ottico non ci fosse nulla, il menisco e il primario fossero pulitissimi, il secondario immacolato (nella configurazione Gregory si tratta di una zona alluminata del menisco frontale), l’immagine intra ed extra focale mostravano un bel punto preciso rotondo posto a 1/2 del raggio dal centro. Stralunato ho alzato gli occhi al cielo e mi sono serenamente chiesto di cosa potesse trattarsi.

Una nuova ispezione con torcia elettrica all’interno del tubo non mostrava nulla sul cammino ottico così mi sono deciso a smontare nuovamente lo strumento.

L’operazione di smontaggio e rimontaggio è stata ripetuta due volte con altrettanti test inframmezzati che portavano sempre, immancabilmente, allo stesso risultato.

Ora accade che, quando sembra di smarrirsi in un labirinto di stupore, sia consigliabile andare a fare qualcosa d’altro. Così, mentre riguardavo con i bambini uno dei film dedicati ad Harry Potter e scrivevo di tanto in tanto al caro amico Francesco di Napoli, sono stato colto come Paolo di Tarso sulla strada per Damasco dalla folgorazione cognitiva.

Lo stupore per aver rimosso il dato mi ha investito parimenti come uno schiaffo inaspettato. La mattina avevo persino fotografato, trullero per la finezza ottica, la piccola macchietta rotonda centrale sul diagonale a specchio del MK-63 (probabilmente creata per consentire un controllo degli allineamenti ottici). Il ricordo, prepotente, mi ha fornito la spiegazione ideale al fenomeno osservato fuori fuoco. Osservando l’interno del diagonale, che scopriremo essere un capolavoro di inutilità meccanica, fa bella mostra di sé lo specchio riflettente inclinato di 45 gradi contraddistinto al centro da un foro passante, inclinato di 45° anch’esso, del diametro di circa 2 millimetri. Sembra ovviamente che non bastasse ai russi della Perestrojka un semplice circoletto di vernice, comunque inutile dato che il diagonale non appare in alcun modo collimabile…

L’immagine in intrafocale con la presenza della MACULA dovuta al centro del diagonale evidentemente non in asse con quello ottico del sistema a riflessione.

Sostituire lo specchio è stata una impresa. Come si evince dalle fotografie allegate il diagonale è una cattedrale di incastri (ben fatti sia chiaro) bloccati da viti tutte diverse tra loro. I meccanici non sapevano evidentemente decidersi tra viti a taglio e brugole così ne hanno messe un po’ e un po’…

Accanto a questo sublime cubo di Rubik fa bella mostra di sé il mastice gomma americana usato per fissare lo specchietto.

Ho rimosso tutto e recuperato uno specchio analogo dal diagonale da pochi euro della Bresser. Lo specchio è di decente fattura ma la scocca in materiale plastico no così non ho avuto ripensamenti nel cannibalizzare il pezzo. Fortunatamente lo spessore del vetro è compatibile con quello Intes ma la dimensione no essendo un rettangolo in luogo di un ottagono, problema che il flessibile nell’armadio ha prontamente risolto…

Quando finalmente il diagonale, modificato come da descrizione, era pronto per lavorare lo star test ha rivelato altri problemi.

Va doverosamente precisato che il venditore mi aveva assicurato che lo strumento era a posto! Addirittura mi aveva comunicato di aver fatto eseguire un controllo su banco ottico a un conosciuto rivenditore che gli aveva riferito “lo strumento va bene a parte una lieve tensionatura sul menisco anteriore che è però normale in questi Intes. Consiglio di non toccarlo poiché il miglioramento sarebbe molto limitato...”.

Devo dire che una simile frase potrebbe anche essere accettabile ma, ammettendo che una verifica sia stata effettivamente eseguita, notifico che il “tester” o non capisce nulla (e direi di no), oppure semplicemente non ha posto grande attenzione a quello che vedeva.

Una tensionatura, nel caso dell’Intes in prova, equivale infatti ad un errore di campanatura su una gomma quando le altre tre sono bucate, la scatola dello sterzo rotta e la cinghia di distribuzione spezzata, se ci piace il paragone automobilistico.

Lo star test rivelava infatti una ovalizzazione della figura di diffrazione e la posizione delle viti “push and pull” della cella del primario apparivano (ma lo avevo già notato) posizionate in modo da mantenere storto lo specchio. Inoltre la loro posizione bislacca mi dava la sensazione che fosse loro colpa l’impossibilità di andare a fuoco con il diagonale di serie obbligando l’inserimento di una prolunga di circa 3/4 cm.

Usare il maksutov in queste condizioni era impossibile volendo sfruttarne le potenzialità ottiche e così ho riportato a “zero” la posizione delle viti di regolazione. L’operazione ha, nel giro di una quindicina di minuti di prove, riportato a “specifiche di fabbrica” (o quasi) le distanze tra gli elementi a riflessione permettendo di correggere le inclinazioni e di raggiungere il fuoco in posizione consona.

L’esperienza non è stata lusinghiera anche perché consegnare uno strumento in sifatte condizioni a chiunque non abbia davvero un poco di malizia ed esperienza significa “bidonarlo” alla grande anche se presumo che il venditore, non avendo usato da tempo il telescopio, poteva benissimo non essere al corrente dei gravi problemi in essere.

Detto questo la situazione è stata finalmente risolta e il piccolo mak-gregory sistemato. Le immagini di intra ed extra focale hanno ridotto notevolmente (pur senza eliminarla del tutto) l’aberrazione sferica residua che era dovuta all’errato posizionamento degli specchi e la focalizzazione è tornata ad essere quella che mi aspettavo.

STAR TEST A POSTO E PRIME OSSERVAZIONI

Un bel disco di Airy centrale e due/tre anelli di diffrazione, solo lievemente rinforzati nei punti di frizione delle tre viti a 120° che reggono il menisco, è quanto ho ottenuto.

Felice dell’esito ho apprezzato Arturo, incisa seeing permettendo, e gli ingrandimenti sulle stelle doppie hanno potuto essere usati in modo soddisfacente.

A questo proposito va detto che la sempre utile Izar mostrava una figura più appagante a 375x (oculare plossl da 4mm.) che non a 250x (oculare plossl da 6mm.) con chiara indicazione di quanto gli strumenti ostruiti soffrano della luce negli anelli di diffrazione rispetto a quelli a lente.

Una certa soddisfazione è giunta anche nell’osservazione in luce bianca del Sole che, sia a 38x che a 75x, mostrava le prominenti maculazioni del 21 di Giugno 2015 ben centrate sul disco solare con una notevole quantità di dettagli e una serie di altre piccole macchie sparse.

La granulazione era evidente anche con l’ingrandimento non eccessivo di 75x e il vecchio filtro in Astrosolar sembrava assolvere decorosamente il suo compito nonostante una certa opacizzazione dovuta a polvere, ditate varie, e un velo di sporcizia oramai ineliminabile. Le prestazioni sul Sole mi hanno convinto a sostituire l’attuale Astrosolar con uno nuovo che giungerà prossimamente e con li quale spero di godermi la nostra stella in pace e tranquillità. 

Ammetto che l’occasione mi è stata estremamente utile per riscoprire, dopo un periodo di osservazioni in H-Alpha e con il prisma di Herschel, il piacere del filtro a tutta apertura che permette una colorazione molto più naturale della nostra stella.

Riprese di Venere in afocale su telefonino Samsung S4 tenuto a mano. E’ stato usato un oculare da 10 e 6 millimetri per la proiezione e zoom digitale del telefono.

Venere mostra una immagine inaspettatamente bella e pulita. Considerando l’ostruzione e la sicura perdita di perfetta assialità dovuta alle prolunghe improvviste usate per andare a fuoco non mi sarei mai aspettato, ponendo l’occhio all’oculare, di trovare un siffatto spettacolo. Il plossl da 10 mm offre 150 ingrandimenti ai quali il pianeta sfoggia una silhouette incisa e immobile e chiede di aumentare i poteri per essere apprezzato appieno.

I 250x offerti dal plossl da 6mm. appaiono l’ingrandimento massimo tollerabile dall’ottica al quale comincia a mostrarsi il tremolio indotto dalla turbolenza atmosferica e una risibile ma presente perdita di incisione rispetto all’immagine a 150x. Nonostante questo l’osservazione è ricca di particolari ma preferisco quella a 150x: ombreggiature al terminatore, le due nette indentature prima delle due cuspidi che si allungano seguendo la curvatura del lembo planetario, la parte gibbosa dello stesso netta e qualche impressione di non compattezza nel bianco latte delle nubi atmosferiche.

Venere è però un pianeta facile e la sua fase attuale lo rende bello in qualsiasi strumento. L'immagine postata è ben lungi dal riprodurre quanto visibile all'oculare, sia per dettaglio che pulizia. Del resto è fatta con un telefonino Samsung S4 accostato a mano all'oculare in metodo afocale e la qualità resta molto bassa.

PROFONDO CIELO DA MILANO

Lo strumento nasce come “al around” cercando di coniugare uno schema ottico originalmente studiato per rapporti focali molto chiusi (e quindi per l’alta risoluzione) con una focale realizzata di “compromesso” e limitata a f10 che porta l'ostruzione complessiva a un valore prossimo a 0,35.

Il risultato, come negli schemi Schmidt cassegrain più diffusi, è un telescopio che fa il suo dovere ma che non eccelle in nulla. La qualità ottica aiuta, sicuramente, ma abituati alle immagini restituite dai rifrattori classici si tende a non restare colpiti quando ci si limita ad osservare i soggetti stellari più luminosi (esattamente come avviene in un C6 Celestron per fare un paragone o anche in un Mak Synta 150/1800 grossomodo).

Il campo restituito non è piano e ai bordi del FOV permesso da normali plossl simmetrici (circa 50°) si nota una certa deformazione stellare, proprio come in un SC o in un Mak.

In compenso le poche osservazioni del cielo profondo compiute da Milano, sotto un cielo terribilmente bianco anche a notte fonda, lasciano presagire un buon comportamento da siti meno inquinati.

M13 è completamente sgranato, anche se le componenti mostrano poco contrasto sul velluto grigio medio del cielo di fondo, e le nebulose classiche molto luminose come M57 e M27 (nella Lyra e nella Volpetta) sono appaganti e ben segnate con caratteristiche morfologiche facili e una definizione di ottimo livello.

Anche le stelle doppie non eccessivamente sbilanciate e con componenti non troppo luminose offrono piacevolezza di veduta e la possibilità di avvicinarsi al potere risolutore teorico che è prossimo a 0,8”. Sicuramente belle appaiono le componenti di Algieba, Mizar, Cor Caroli, e anche alcune doppie più ostiche.

Diversa la resa su sistemi stretti e sbilanciati in cui è difficile scendere sotto gli 1,3"-1,5", campo dove invece un ottimo apocromatico da 4 pollici sfodera pulizia inarrivabile e una separazione più facile e netta. Indicativa a questo proposito la visione della Delta Cigny che ha faticato a mostrare la compagna debole, un po' annegata nei luminosi anelli di diffrazione della primaria.

Una volta sistemato a dovere e con le viti di regolazione tese al livello corretto la collimazione viene mantenuta bene e lo strumento può essere un buon compagno di viaggio anche se, una volta dotato di moto orario e treppiedi adeguato appare più indicato come secondo strumento per la casa al mare o in montagna.

Purtroppo, almeno con il diagonale in dotazione, risulta impossibile raggiungere il fuoco con le torrette binoculari se non con con l’aggiunta di un sistema di estrazione del fuoco. Una volta dotato però il buon MK-63 lavora bene e sulla Luna offre panorami a ingrandimenti medi e medio alti di tutto rispetto.

L’immagine non sembra affetta da dominanti invasive e la protezione ai riflessi extra assiali appare adeguata. In barba a quanto se ne dica però, e il discorso vale per la maggior parte dei compound disponibili, un bel rifrattore da 10/11 cm. permette una esperienza più gratificante ed immagini più taglienti.

AL MARE, SU RV-85 MIZAR

Avevo organizzato una vacanza di dieci giorni in terra ligure, in un vecchio decadente albergo a picco sul mare con l’ascensore che porta direttamente in spiaggia e una camera piccola con un balcone esposto a nord-est, e così ho pensato di ridurre l’MK-63 ai minimi termini e dotarlo di una equatoriale non motorizzata ma di buona meccanica.

L’INTES è stato così svestito della sua forcella originale e ha viso tornare in sede la barra Vixen con cui mi è stato venduto. Peso contenuto, dimensioni compatte, diametro interessante sia per le osservazioni planetarie che di oggetti del cielo profondo i suoi vantaggi.

Sul fronte della montatura, dopo qualche tentennamento, ho optato per una Mizar RV-85 oggetto di passato restauro a cui ho tolto il suo cavalletto in legno autocostruito (troppo ingombrante) e adattato un vecchio treppiedi Vixen Super Polaris in alluminio in versione strumenti newton (quindi con gambe a doppia sezione corte).

Ho montato il tutto a casa prima di trovare alloggio in un paio di borse e ho completato il se-up con un atlante stellare, un filtro UHC da 1,25”, una serie di oculari plossl standard, e una dotazione minima di chiavi a brugola e cacciavite vari adatti alla correzione di eventuali scollimazioni dovute al trasporto.

A questo proposito devo dire che dopo la mia cura lo strumento sembra mantenere l’allineamento ottico in modo perfetto. Nei giorni antecedenti la partenza ho riposto, imballato e disimballato più volte lo strumento sottoponendolo a stress da spostamento e ottenendo in risposta una sostanziale inamovibilità della collimazione. Un bel risultato considerando come lo strumento è giunto a casa.

Le vacanze marine solitamente non fanno gran bene agli strumenti portando un leggero deposito di salsedine e iodio sulle ottiche. Usarli richiede quindi un po’ di ingegno e attenzione e un paraluce, anche casereccio e improvvisato, può rivelarsi estremamente utile

Nel mio caso è stata provvidenziale la solita mostra fotografica noiosa e banale che tenta di propinare l’artista dell’anno su catalogo nero patinato. La grammatura della carta e la sua dimensione sembrava adattarsi molto bene al piccolo Intes e due nastri di carta hanno trasformato l’inutile in “quasi indispensabile”…

Per chi è abituato a lavorare su grosse e stabili colonne con sistemi goto precisissimi tornare a fare astronomia da campo è sempre scioccante. I cavalletti in alluminio non si distinguono per rigidità torsionale e la pur ottima RV-85, che anni fa sarebbe stata considerata sovradimensionata per il MK-63, non può correggere quanto il cavalletto non sa fare.

L’utilizzo dei moti manuali non impone eccessivo fastidio nell’inseguimento ma certamente la mancanza di un computer di puntamento allunga i tempi di ricerca degli oggetti.

Però, e questo ha il suo innegabile fascino, ci si veste della sensazione tranquilla di molle immobilità e di libertà.

Non serve cercare oggetti esotici per divertirsi e i 15 cm. del Maksutov Gregory bastano e avanzano.

La Luna sorge dietro le limitate alture oltre il golfo quando ha appena superato il primo quarto e si avvia alla totalità non offrendo grandi emozioni lasciandosi ammirare più per il suo sorgere dalle acque del mare che non per lo spettacolo offerto all’oculare nei giorni intorno alla totalità.

Nuovamente il Sole, in un pomeriggio caldo, è oggetto della finestra riflettente del filtro in Astrosolar.

Il caldo è insopportabile o quasi e l’osservazione non si protrae mai oltre la decina di minuti dedicata a prima mattina. Le immagini non sono mai state impressionanti per contrasto ma imputo il problema al filtro usato (molto vecchio e sporco) più che alle ottiche del Mak Intes oltre ad un riscaldamento eccessivo dell’interno del tubo ottico che, per pigrizia, non è mai stato adeguatamente protetto prima di osservare.

Se l’esposizione del balcone non è propizia all’eclittica devo però dire che mi ha permesso il vagabondare tra le stelle circumpolari più a nord e un approfondimento delle prestazioni del MK-63 su alcuni sistemi nella coda del Cigno e nella Orsa Minore.

Utilizzando il semplice telefono cellulare Samsung in mio possesso ho eseguito alcune riprese con metodo afocale e telefono tenuto a mano di una manciata di sistemi multipli tra cui quello della Polare, stella doppia di grande interesse e impatto visivo. Le sue caratteristiche la pongono, di diritto, tra le doppie più belle del cielo anche se l’osservazione richiede cieli piuttosto bui con strumenti di modesta apertura. La secondaria, terribilmente più debole della principale, tende a restare un po’ annegata nella lattiginosità dei cieli cittadini ma in condizioni migliori appare come una gentile gemma lontana ben separata dalla luminosa alfa.

Riprendere il sistema con un semplice telefonino, senza ausilio di sostegni adeguati, non è semplice come si pensa. Il tremore indotto dalla mano anche più ferma e la debole luce della secondaria trovano difficilmente un punto di incontro e mi ritengo abbastanza fortunato per lo scatto ottenuto che riporto in “negativo” per meglio evidenziare la duplicità del sistema.

L’immagine si è avvalsa della proiezione di un oculare plossl da 10 millimetri e dello zoom digitale del telefonino impostato su 2,5x

L’esito su tutte le doppie e triple osservate si è rivelato molto positivo, soprattutto considerando l’ostruzione non limitata dello strumento, e il piccolo Intes MK-63 si è guadagnato il diritto a una base motorizzata al quarzo che ho recuperato di seconda mano, alla cifra di circa 120 euro, presso un astrofilo che non la usava più.

CONCLUSIONI

Si tratta di uno strumento da amatori e come tale deve essere considerato.

Indipendentemente dalla difficoltà di messa a punto dovuta più che altro ad una situazione iniziale “difficile”, questo MK-63 può essere un buona alternativa (ammesso di trovarne uno) ai maksutov cinesi di pari apertura o agli SC odierni. Differentemente da entrambi permette di porre rimedio ad eventuali problemi di disallineamento ottico che dovessero presentarsi ed è esteticamente, almeno secondo il mio gusto, molto più bello.

Il mio interesse per il MK-63 non è ovviamente legato alle sue prestazioni ottiche avendo rifrattori di pari diametro che rendono molto di più ma piuttosto alla sua particolarità e difficoltà di reperimento che ne fanno telescopio intrigante anche per il piacere di portarlo agli antichi splendori. Conviene forse recuperarne uno completo anche se il suo valore sta lievitando e si può aggirare intorno al migliaio di dollari a cui serve aggiungere trasporto, dogana e tasse varie (valore comunque allineato se non inferiore a quello di un banale SW 150 F12 che viene fornito, solo ottica, a non meno di 700 euro - listino TS Germany giugno 2015). Anche paragonato al suo cugino odierno, l'Intes Micro Alter M603 di simili caratteristiche, il "vecchio" MK63 sfoggia un value for money superiore (l'Alter M603 ha uno stratosferico listino di 1.660,00 euro solo OTA!).

Ora servirà solo attendere l'arrivo della base motorizzata da adattare alla forcella originale e un cavalletto (la Intes non lo forniva) o una colonna che possano sposarsi esteticamente con il resto della strumentazione. 

Ci potete contattare a:

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