Anno 2017
E’ buffo come la provvidenza mi porti a possedere strumenti simili eppur tanto diversi tra loro.
Se infatti non è segreta la mia passione per i piccoli telescopi è corretto dire che non faccio distinzione né sui loro natali, né tantomeno sul valore commerciale che il mercato riconosce loro.
Se ci si pensa bene, in fin dei conti, il cuore dei rifrattori da 6 cm. è un doppio pezzo di vetro variamente lavorato e intubato con il fine di offrire la visione di oggetti lontani (nel nostro caso stelle e pianeti).
Il desiderio di telescopi sempre più performanti, compatti e meccanicamente perfetti ha poi declinato questo pensiero in oggetti preziosi il cui valore oggi può essere anche cospicuo (relativamente a quanto sono). Risulta così logico porre a confronto strumenti diversi e divisi da qualche decade al fine di capire quanto il più moderno e costoso di loro abbia a spartire con pari diametro meno raffinati.
Benché le finalità di questi 6 cm. a lenti siano profondamente diverse (visuale in alta risoluzione il Mizar anni ’60 e ’70 e fotografico con velleità di tutto fare il fluorite odierno) puntarli verso la Luna e le stelle diventa obbligatorio per scoprire quale dei due sappia offrire di più.
Nel preparare la slitta a doppio morsetto da installare sulla mia CEM-60 su colonna fissa mi sono ricordato anche del Vixen 60M che acquistai tempo fa e ho così deciso di aggiungerlo alla coppia di partenza per avere una “terza via”.
I tre contendenti ai blocchi di partenza. Da sinistra a destra: Mizar 60/1000,
Vixen 60M, Takahashi FS-60 + Q extender.
Sotto: vista frontale dei tre obiettivi con la resa visiva dei trattamenti antiriflesso.
Da sinistra a destra: Mizar, Takahashi, Vixen.
Affinché ai lettori siano chiare le carte del mazzo presento i contendenti:
VIXEN 60M (detto “guiding scope”)
Si tratta di un doppietto 60/700 Fraunhofer classico con meccanica ben realizzata anche se semplice nel classico stile Vixen degli anni d’oro. Focheggiatore a pignone e cremagliera con canotto da 36,4 mm. ridotti per l’occorrenza a 31,8 e 24,5 mm. così da poter usare il maggior numero possibile di oculari e accessori. Ai fanatici dei calcoli per la determinazione della CA cito il valore di Sidgwick relativo pari a 4,94
Mizar 60/1000
Il più classico degli strumenti di casa Mizar monta un doppietto Fraunhofer da 60/1000 con una intubazione super leggera in materiale plastico dell’epoca. Bellissimo, estremamente rigido e molto ben rifinito con un focheggiatore a pignone e cremagliera da 24,5 mm. Valore di Sidgwick relativo pari a 7,06 (che soddisfa anche il criterio di Conrad).
Takahashi FS-60
Un super apocromatico con doppietto alla fluorite nel migliore stile Takahashi. Valori di 60/355 in versione standard aumentati a 60/600 con l’apposito Q extender originale che lo trasforma in un F10 apocromatico quasi assoluto. Intubazione superba e focheggiatore a pignone e cremagliera da 2 pollici. Dotato di una serie di accessori meravigliosi che lo possono rendere astrografo completamente spianato per il formato APS e superiore e che ne riducono ulteriormente la focale per renderlo più veloce nel raggiungere la magnitudine limite relativa all’apertura del suo obiettivo. Un piccolo telescopio il cui valore da nuovo supera i 1.200,00 euro.
I contendenti alla eliminatoria round: Vixen 60M vs Takahashi FS-60 + Q extender.
Il primo test tra i due strumenti è avvenuto sulla comparazione delle immagini di intra ed extra focale e sulla posizione di miglior fuoco usando, altissima nella prima sera con il cielo abbastanza chiaro, la Alpha Bootis Arcturus.
Gli oculari scelti, tutti serie LE Takahashi, sono stati impiegati nelle focali corte tra il 7,5 e 5 e 2,8 mm. per poteri così riassumibili: Vixen 60M (94x - 140x - 250x) - Takahashi FS 60-Q (80x - 120x - 214x).
Lo star test ha evidenziato quanto già sapevo me che si è reso enormemente visibile nel confronto diretto. Mentre il Takahashi ha esibito uno star test molto buono con immagini fuori fuoco pulite anche se migliori in intra focale e senza traccia di aberrazioni geometriche importati (forse un pizzico di sferica residua), il Vixen ha palesato una forte sferica con gli anelli di Fresnel ben netti in extra focale, ma con un cospicuo rinforzo di quello esterno , e impastatissimi in intra con notevole alone spurio.
L’immagine a fuoco presentava un solo sottile anello di diffrazione nel rifrattore alla fluorite e ben tre in quello acromatico.
La centratura degli elementi è però apparsa ottimale su entrambi dimostrando collimazione delle ottiche e il solo problema di lavorazione nel Vixen.
Nonostante questo la capacità di reggere l’ingrandimento lievemente maggiore offerto a fronte della focale più lunga non ha fatto difetto al 60M.
Ho poi spostato l’attenzione sulla vicina Izar (Epsilon Bootis) e alla sua debole compagna.
Al potere inferiore (94x e 80x) la piccola secondaria appariva appena percepibile come “difetto” nella geometria della primaria con qualche accenno di singolarità. Salendo all’ingrandimento intermedio (140x e 120x) diventava invece immediatamente visibile in modo netto e pulito. Nonostante l’immagine apparisse leggermente più “flou” nel Vixen, il maggiore ingrandimento pareggiava la piacevolezza di visione e la facilità di individuazione della secondaria. Ovviamente più intenso l’anello di diffrazione sul 60M che non nel 60-Q.
La vera sorpresa è però avvenuta al potere di 250x sul Vixen e 214x sul Takahashi. La visione nel secondo era più netta, contrastata e anche “affilata” ma il maggior potere offerto dal Vixen non sfigurava e rendeva ancor più ampia la separazione apparente. In compenso l’immagine permessa dal Vixen era decisamente più “soft” con un punto di fuoco meno preciso e certo e un minimo effetto da “filtro gauss”. Inoltre, sia primaria che secondaria apparivano nel 60M più “cicciotte” (mi si passi il termine) con una definizione meno pulita del loro contorno.
Il confronto, vinto dal Takahashi, ha però dimostrato come su una doppia di questo tipo (ma se avessi osservato sistemi meno sbilanciati l’esito sarebbe stato ancor meno marcato) la superiore e schiacciante superiorità dello star test del rifrattore alla fluorite non si è tradotta in un proporzionale beneficio alla visione finale.
Questo aiuta a capire quanto diversa sia l’alta risoluzione operata su soggetti puntiformi rispetto a quella, ad esempio, su oggetti planetari, solari e lunari dove invece la perdita di contrasto dovuta all’aberrazione sferica residua si impone in modo ben più marcato.
Conoscendo le prestazioni del Mizar 60/1000 ho saltato il confronto diretto con il Vixen che non avrebbe potuto in alcun modo spuntarla e sono così passato alla finale direttamente.
Il Mizar 60/1000 è stato così simpaticamente promosso a “testa di serie” anche perché il vero quesito del test richiedeva di verificare quali e quante fossero le differenze percepibili in alta risoluzione tra i due migliori performer. Il Vixen, che personalmente mi è molto simpatico anche in virtù della sua lineare bellezza, è servito soprattutto come punto di riferimento per comprendere il valore assoluto dei “gap” presenti.
La logica "finale": Mizar 60/1000 vs Takahashi FS-60 + Q extender.
Anche la “finale” ha avuto come prima prova il classico star test sulla fulgida Arcturus. Questa volta le differenze tra i due strumenti sono apparse molto più sottili e ho trovato il miglior ingrandimento atto a evidenziarle quello intermedio di 120x sul Takahashi e di 142x sul Mizar.
In questo caso purtroppo ho dovuto (come per tutta la comparazione tra i due strumenti) usare oculari diversi in quanto il Mizar 60/1000 non accetta accessori del diametro moderno da 31,8mm.
Per avere un range di poteri quantomeno paragonabile (sebbene non identico) ho scelto la serie MC Ortho Takahashi nel formato da 0,965” e diagonale dedicato sul Mizar e riproposto la serie LE Takahashi sul FS60-Q.
Lo star test del Mizar appare obiettivamente quasi perfetto con immagini di intra ed extra focale quasi identiche e serve un poco di pazienza per apprezzare le leggerissime differenze con una appena percettibile maggiore pulizia degli anelli di Fresnel in intrafocale.
A fuoco i due strumenti lavorano egregiamente anche se mostrano caratteristiche diverse (accentuate anche dai 22x di differenza che tendono a falsare un poco il confronto). Il Takahashi mi è parso un pochino più “crudo” con poca o nessuna luce diffusa mentre il Mizar ha evidenziato un alone appena più visibile. Anche le tonalità mi sono apparse non identiche con una maggiore “freddezza” del Takahashi e una immagine più satura nel Mizar.
Si tratta però di differenze realmente sottili che si colgono ad un confronto diretto alternando la visione da uno all’altro e che potrebbero anche dipendere in parte dal treno ottico impiegato oltre ad essere in qualche modo influenzate dal seeing che non era eccellente durante il test.
In entrambi i casi la visione è comunque precisa e molto appagante e così ho modificato le coordinate e mi sono adagiato, come già fatto per il precedente testa a testa, sulla doppia Izar.
Al potere usato per lo star test (120x e 142x) l’immagine è apparsa più convincente nel Mizar. Ovviamente il maggiore ingrandimento ha giocato a suo favore ma la compagna risultava immediatamente visibile e più satura e quindi azzurra di quanto avvenisse nel Takahashi.
Ai poteri maggiori (e qui un grande peccato è stato non disporre del MC Ortho da 5mm.) ho faticato a decidere quale strumento mi piacesse di più. I 214x offerti dal Takahashi aiutavano l’immagine ad essere appena un pochino più contrastata ma la saturazione del Mizar era incredibile con la primaria più gialla e la secondaria più blu.
Sono certo che se avessi avuto lo stesso potere (magari proprio i 214x sviluppati dal FS60-Q) avrei potuto fugare ogni dubbio ma ho comunque deciso di offrire la palma del vincitore al Mizar data la sua eccezionale capacità di rivelare (o esaltare) la differenza cromatica tra le componenti stellari.
Per continuare il test ho atteso una notte di seeing molto favorevole e ho ricominciato da capo cercando di evidenziare tutte le possibili differenze alla portata del mio occhio.
La sera era davvero propizia e con la calma atmosferica tipica di alcune notti di mezza estate ho ripreso ad osservare prima la Alpha Bootis, poi Deneb, e infine Vega.
Alternandomi all’oculare del Mizar e del Takahashi ho potuto rilevare le differenze che mi erano sfuggite al primo test comparativo e che ora la calma quasi innaturale dell’aria permetteva di evidenziare.
Lo star test ha dato questa volta ragione al Mizar che ha saputo essere più uniforme nella restituzione degli anelli di Fresnel da una parte e dall’altra del fuoco permettendo anche una migliore pulizia a fuoco. Il seeing benevolo ha infatti permesso di cogliere una maggiore sottigliezza del primo anello di diffrazione nel Mizar mentre ha mostrato un maggiore inspessimento nell’immagine del Takahashi.
Date le ottime condizioni di turbolenza ho puntato la Delta Cygni, coppia difficile per strumenti da soli 6 cm. di diametro, scegliendo un range di ingrandimenti che spaziasse dai circa 120x fino a superare i 200x.
Al potere di circa 150 ingrandimenti (142x sul Mizar con OR-MC 7mm. e 150x sul Takahashi con plossl da 4mm.) ho avuto il primo vero responso. Benché visibile in entrambi gli strumenti la stella secondaria (di mag. 6,27 con una separazione virtuale di 2,7” dalla primaria di magnitudine 2,89) è apparsa immediatamente più netta nel Mizar. Adagiata sul primo e unico anello di diffrazione si palesava come un punto debolmente luminoso ma ben netto e più avvertibile che non nel Takahashi alla fluorite.
Per aiutarmi a ricordare la differente resa mi sono messo a disegnare cercando di rendere nel migliore dei modi a me concesso la differenza che potevo cogliere all’oculare.
Differente resa dei due strumenti impiegati a circa 150x sulla doppia DELTA CYGNI.
Nel tentativo di esaltare le differenze o di trovare redenzione al Takahashi ho spinto gli ingrandimenti al massimo valore a mia disposizione (250x sul Mizar e 214x sul Takahashi). All’oculare del doppietto HINO la compagna appariva ben rotonda e immediata, perfettamente attraversata dal primo anello di diffrazione, mentre tendeva a scomparire (o ad essere visibile con grandissima difficoltà) nel moderno rifrattore alla fluorite.
Inoltre, e parziale spiegazione della vittoria netta del Mizar, l’anello di diffrazione mostrato dal Takahahsi appariva più spesso annegando così la debole luce dell’astro e tendendo a confonderlo con i rinforzi saltuari che le fluttuazioni minime del seeing imponevano all’anello.
Il responso è stato chiaro e inequivocabile.
Incassato il risultato ho ridotto gli ingrandimenti a 150x circa e volto l’attenzione al sistema di Albireo per valutare la resa e saturazione cromatica dei due telescopi. Questa volta è stato molto difficile trovare differenze apprezzabili tanto che ho indugiato per oltre dieci minuti saltellando da un oculare all’altro. Infine mi è parso di cogliere una leggera maggiore colorazione sia blu che gialla nel Mizar (cosa che ha poco fondamento fisico) e che testimonia la esigua differente resa su una coppia di per sé molto colorata.
Anche tornando alla neutra e bianca Vega ho faticato a convincermi di una leggera diversa dominante imposta dai trattamenti e dai vetri dei due strumenti che mi suggerivano un viraggio appena più caldo sul rifrattore più anziano.
Sono quindi ritornato sul sistema della Delta Cigny cambiando i set di oculari impiegati (plossl, MC Ortho Takahashi, Vixen OR, HM GoTo, Takahashi LE) ritrovandomi sempre e comunque al cospetto di una miglior visione nel Mizar.
Che terribile e affascinante battaglia! Mai mi sarei aspettato di assistere a uno spettacolo così interessante e mai mi sarei potuto convincere, prima di un serrato “testa a testa”, della migliore vocazione all’alta risoluzione su sistemi multipli del Mizar-Hino.
Le conclusioni del raffronto sono e restano parziali per via della mancanza di un dato oggi divenuto fondamentale: la resa fotografica sul cielo profondo. Se infatti, date le prestazioni dei due strumenti finalisti all’oculare, si può asserire una misurata superiorità del Mizar nell'impiego visuale in alta risoluzione è altrettanto vero che se il playground venisse spostato sull'imaging del cielo profondo si otterrebbe una impossibile comparazione tra i rapporti focali di oltre f16 e di f10 (o addirittura 5,9 con la focale nativa del Takahashi alla fluorite).
Lo scopo del test era però limitato all’osservazione in alta risoluzione e in questo ambito le affilate lame dei due telescopi hanno permesso di poter essere obiettivi e veritieri nel trarre conclusioni.
Il primo aspetto che va sottolineato riguarda la mera fruibilità degli strumenti. La notevole differenza di lunghezza depone ovviamente a favore del Takahashi che permette l’utilizzo di cavalletti di minor estensione. Per quanto invece riguarda la montatura devo ammettere di non trovare differenze sostanziali tra i due telescopi. Entrambi, capaci di reggere ingrandimenti pari a 3 volte il loro diametro in millimetri su soggetti planetari senza battere ciglio e anche superiori nell'indagine di sistemi multipli luminosi, richiedono montature solide. Il Mizar è più leggero ma decisamente più lungo ma quando si lavora a 180/200x serve necessariamente una equatoriale “capace”, impensabile montare questi telescopi su una EQ3 ad esempio. Il loro coronamento avviene con una SP o GP Vixen o analoghi prodotti odierni che ne ripropongano sia la portata massima che la capacità di smorzare le vibrazioni e la fluidità di inseguimento.
Si metta quindi in conto, nell’idea di voler davvero “spremere” telescopi di questo tipo, la corretta considerazione volta alla montatura che non deve essere “entry level”.
... AND THE WINNER IS.... MIZAR 60/1000 !!! (foto tratta dal web - non dell'autore)
Tornando al test, infine, che dire oltre che è stato divertente e sorprendente al tempo stesso?
Se ci si limita ad osservare stelle doppie, pianeti, il Sole, la Luna, un ben corretto strumento acromatico di 40 anni fa non ha nulla da invidiare al più costoso rifrattore alla fluorite moderno, almeno nei limiti del piccolo diametro preso in considerazione e quindi di 60-80 millimetri al massimo (oltre le cose cambiano come ho avuto in più occasioni modo di sperimentare) tanto che, a tutti gli effetti, il MIZAR è uscito vincitore dal confronto. Se però analizziamo la potenzialità generale e più ampia dei due strumenti ci accorgiamo che quanto ottenuto sia solo una "vittoria di Pirro".
Il Mizar è un formidabile performer, vero, ma il Takahashi sa stare in una piccola valigetta e si trasforma in un astrografo potente e versatile con una correzione cromatica ottima che sa andare a braccetto con una altrettanto fantastica velocità di ripresa (in particolar modo con l'aggiunta del riduttore che lo porta a lavorare a f 4,2 circa). Del resto gli oltre 1600 euro necessari per acquistarlo in negozio completo di extender e riduttore varranno pur qualcosa!
In ogni modo: viva i 60ini, sempre e comunque!