HI-RES VISUALE: MEGLIO UN TELESCOPIO SENZA OSTRUZIONE O E' UGUALE?

Anno 2013

INTRODUZIONE

E' una antica diatriba, quella inerente la necessità, in osservazioni visuali di alta risoluzione, di ridurre al minimo l'ostruzione del sistema ottico. Se ne parla tanto, soprattutto per "sentito dire", e sui forum gli astrofili si accapigliano in modo poco elegante cercando, in ogni modo, di far prevalere idee il più delle volte poco fondate.

Ho così deciso di offrire il mio contributo, senza che questo abbia intenzione di convincere nessuno, in questo spazio che dirigo e sul quale, come diceva qualcuno tempo fa, sono io a scrivere e a parlare.

Lo faccio perché, se l'argomento viene affrontato senza pregiudizi partigiani, può essere utile a molti e spunto di riflessione per guidare le nostre scelte strumentali.

PRESUPPOSTI

Innanzitutto va chiarito che affrontare un simile argomento non è facile poiché, oggi, per "alta risoluzione" si intendono molti differenti campi di applicazione e di fruizione. Esiste l'alta risoluzione visuale (quindi quella "classica" prima dell'avvento delle camere CCD e WEBCAM) e quella fotografica (quindi quella ricercata mediante la raccolta di informazione su un supporto che non è l'occhio umano). In questo articolo mi occupo esclusivamente della prima, anche perché non ho la conoscenza sufficiente ad affrontare in modo risolutivo la seconda.

Necessariamente, per poter disquisire, si dovranno operare dei confronti e anche su questi è bene porre i corretti limiti di discussione in modo da non dare adito a fraintendimenti, sempre in agguato "dietro l'angolo" delle parole.

Mi riferirò all'alta risluzione effettuata con strumenti alla portata di amatori di buon livello, senza quindi scomodare strumentazioni assolutamente fuori budget per i più e sistemi ottici con diametri notevoli, satisticamente poco probanti.

Parimenti, nel tentare raffronti, supporrò che i sitemi ottici presi a comparazione lavorino in condizioni "ottimali", ovverosia partirò dal presupposto che gli obiettivi siano perfettamente collimati, non soffrando di aberrazioni geometriche tali da inficiarne le prestazioni teoriche, e siano dotati di oculari a loro adeguati.

Considererò inoltre, fatto importantissimo, che tali obiettivi lavorino "sulla terra che noi conosciamo", e che quindi si trovino a produrre l'immagine dopo l'oculare in condizioni tipiche dei nostri lidi italiani, con le caratteristiche medie di seeing e illuminazione del cielo.

Non porteremo, in questo articolo, i nostri strumenti né sulla Luna né dentro un qualsiasi programmino di calcolo sterile, ma cercheremo di capire quale sia il punto di incontro realistico tra i dati numerici puliti e la realtà delle cose.

Volutamente, non verranno inoltre considerati gli asset dei vari tipi di configurazione ottica. Quindi nessuna valutazione sulla presunta comodità o scomodità di un certo tipo di strumento o sulla sua alta o bassa remuneratività (intesa questa in termini di costo/prestazioni), considerazioni che sono strettamente personali e che poco hanno che a vedere con quanto "esce" dall'oculare.

CONTRIBUTI

Nell'articolo che presento, è doveroso sottolinearlo, utilizzerò contributi personali ma anche di altri autori, in particolar modo mi riferisco ad alcuni grafici, per la comodità di non dovermi applicare a calcolarli nuovamente e giungere agli stessi risultati. Parimenti prendo spunto da alcune interessanti discussioni, apparse worldwide, che, benché non citate direttamente, serviranno quale suggerimento per affrontare gli argomenti necessari.

UNA FRASE, TANTI PROBLEMI

Questa farse: "Un rifrattore a doppietto "perfetto" aperto a f15 offre prestazioni non differenti da un pari diametro altrettanto perfetto riflettore ostruito del 30%" appare scritta in un articolo apparso su Sky & Telescope nel lontano 1993 e, da allora, sembra che sia "bibbia".

Gli astrofili di mezzo mondo, anche molti nostrani, hanno aderito con tanta convinzione a questa asserzione da essersene impregnati oltre ogni logica critica creando, forse differentemente dagli intenti dell'autore della frase, una diffusa disinformazione.

Questo errore è il risultato dell'incomprensibile fatto (a mio modo di vedere) che la sentenza trascura completamente il rapporto telescopio/occhio umano e si basa unicamente sui sistemi ottici "isolati" e concepiti come un "Rama" a sé stante.

Per capire meglio in nocciolo del discorso ho deciso di considerare due strumenti "classici" da 15 cm. di diametro: un rifrattore acromatico aperto a f15 e un riflettore newtoniano con ostruzione del 30%.

Vediamo cosa succede al'occhio (indipendentemente dallo strumento utilizzato) quando osserva.

Come sappiamo (o crediamo di sapere) l'occhio umano non offre una risposta costante allo spettro luminoso, bensì una curva di risposta distorta che è esemplificata nel grafico qui sotto.

Si nota che, al di fuori della banda 500-600 (tipicamente la gamma d'onda corretta in un 150 mm. f8 acromatico) solo il 15% dello spettro visivo viene colto dall'occhio umano in una osservazione fotopica (quindi alta risoluzione con luminosità non bassa). Se invece di un rifrattore cinese da 4 soldi usiamo un acromatico CdE aperto a f15, la frequenza a "fuoco" aumenterà e porterà a circa il 7% l'informazione visiva "persa" o "diluita".

Un riflettore (che non ha aberrazione cromatica) tenderà a portare a fuoco tutta la luce con l'eccezione di quella oscurata dall'ombra del suo secondario (ostruzione) che però è un valore trascurabile e comunque non superiore a pochi punti %

Al di là di quanta luce arrivi, il vero confronto avviene sulla "qualità" dell'immagine che è un valore ben rappresentabile e calcolabile (prima che si entri poi nella sfera soggettiva del "gusto") e che è ben testimoniato dagli osservatori che affermano di vedere "meglio" in un sistema non ostruito rispetto ad uno ostruito.

Dire che "non è così" è non vero. Vediamo cosa succede alla tanto amata (da alcuni) curva MTF.

Potrei continuare io ma ritengo che le parole dell'autore dei grafici siano adatte e meglio argomentate, quindi le riporto senza tradurle per non rischiare di mistificarle in qualche modo:

 

Here it can be seen that the difference in contrast delivery within the critical visual sub band between a unobstructed system and an obstructed system exceeds the difference between a 30% obstructed system and a 15% "planetary optimized" 15% obstructed system. This represents a substantial improvement in contrast. This is even more apparent when one realizes that an obstructed system delivers this level of decreased contrast at *all* frequencies--to 100% of the visual waveband--and nearly perfect contrast at 0% of the visual waveband. In stark contrast (pun intended!) the moderate to slow achromat delivers nearly perfect contrast within 85-95% of the visual waveband actually utilized by the eye to form the image you actually see. This difference has been noted thoughout observational astronomy's history. It is no myth, but accurately reflects the design-optomized symbiosis between the achromatic design and the human eye it was made to be used with. 

 

While on the subject of MTF curves, I also see a lot made of the characteristic "crossover" point typical of centrally obstructed systems occurring in the 0.2-0.3 range of contrast differential (Y-axis) and ~120lp/mm on the X axis (or ~.6 expressed as frequency as above). This is claimed to provide obstructed systems with some sort of "bonus" increased photopic visual contrast upon low contrast extended features. Yes, this sounds quite reasonable---*until* one considers the eye's lowest contrast differentiation threshold--which lies before this crossover point, rendering this characteristic of no advantage in visually accessing low contrast detail visually ---the theoretical advantage lands squarely beyond the eye's sensory range to detect. (Compared to a 40% obstructed system the unobstructed contrast advantage is on the order of +30 lp/mm. See diagram, Ruttren & Venrooij, obstructed telescopes for visual use.) In imaging, the contrast threshold is artificially lowered by post-processing to levels below those which the eye can natively access. This is why large reflecting systems today are able to routinely record features on the Moon and planets which were utterly unknown during the visual era--because they simply could not be seen by the human eye. 

 

In conclusion, in order to evaluate the relative performance of optical systems, one must not stop at the focal plane of the instrument itself (as ATMers & opticians are wont to do) but continue on to include the relationship between the image produced by the telescope and the manner in which that image is interpreted by the final sensor in the image formation chain. Failure to assess on a whole system basis can lead, as we have seen, to significant underestimation of the visual image quality that an achromat can deliver.

MA ALLORA VANNO BENE (anzi meglio) SOLO I RIFRATTORI? SI, NI, NO...

Come dicevamo in apertura, l' "ALTA RISOLUZIONE" ha tanti aspetti e vanno considerati bene tutti prima di operare una scelta.

Questa deve necessariamente tenere in considerazione il tipo di osservazioni che vogliamo fare, perché fare di "ogni erba un fascio" corrisponderebbe a commettere errori cosa che, almeno sulla carta, dobbiamo cercare di evitare o quantomeno limitare.

La principale domanda che dobbiamo porci, nella scelta della strumentazione con cui fare alta risoluzione, riguarda il nostro target.

Il vero vantaggio degli strumenti ostruiti (siano essi catadiottrici o riflettori puri) consiste nel poter disporre, a parità di altri elementi, di diametri interessanti.

Questo, non dobbiamo dimenticarlo, permette poteri risolutori teorici alti, cosa generalmente non ad appannaggio dei rifrattori (che sono rari oltre i 15 cm. di diametro).

LUNA

Parto da Lei perché è il soggetto più vicino.

Il nostro satellite è caratterizzato da alta luminosità e, gneralmente, alto contrasto. Questo permette di raggiungere poteri risolutori molto alti e un diametro elevato ci consentirà, teoricamente, di vedere particolari più minuti.

Qundi, in base allamia esperienza, uno strumento di maggior diametro offrirà possibilità maggiori.

PIANETI

Hanno caratteristiche molto differenti gli uni dagli altri e, se si escludono quelli lontani (Urano e Nettuno), o Mercurio (su cui non si vede quasi nulla) per gli altri non esiste una soluzione "univoca".

VENERE: offre pochi particolari e i loro contrasti sono molto poco accentuati. Inoltre è sempre "basso" sull'orizzonte nelle ore di buio e questo si scontra con la stabilità dell'aria che non è mai migliore di 1". Usare strumenti che offrano poteri risolutori maggiori non serve quindi a nulla in visuale.

MARTE: qui i contrasti si accentuano, il disco è sempre "abbastanza piccolo" e i grossi diametri offrono più chanches di cogliere particolari minuti.

GIOVE: non manca la luminosità ma, a parte qualche feature (festoni, macchia rossa, e ombre di transito) i contrasti sono generalmente medio bassi. Diffiicle sfruttare, visualmente, diametri superiori ai 15/20 cm.

SATURNO: contrasti maggiori sugli anelli, cotrasti bassisismi sul globo. Questione di gusti ma, generalmente, un diametro elevato permette più dettaglio.

STELLE DOPPIE

Un vero cruccio!

Qui si deve operare una scelta. Chi vuole separare doppie molto strette e deboli deve necessariamente optare per diametri generosi. Chi invece predilige le doppie sbilanciate deve necessariamente optare per un sistema non-ostruito. Non esiste panacea... o UNO o l'ALTRO.

E CON IL SEEING? COME LA METTIAMO?

Anche questo problema affligge gli osservatori e determina le loro scelte.

Generalmente, almeno dai nostri siti italiani, trovare condizioni di seeing che siano migliori di 1" o di 0,8" è davvero difficile. Questo però non significa che non potremo vedere particolari che abbiano dimensione inferiore.

Ogni osservatore sa che, anche con un modesto strumento da 6/7 cm. di diametro, può vedere (magari un po' al limite) la divisione di Cassini sugli anelli di Saturno. Eppure questo particolare ha dimensioni angolari molto inferiori a quelle accessibili al piccolo telescopio citato. Come mai?

E' una questione di contrasto. Se la divisione di Cassini (ma è solamente un esempio) avesse tonalità grigiastra non la vedremmo con un 6 cm. e nemmeno con un 13 cm. Ma è nera (o quasi) e questo ci aiuta moltissimo sia a vederla che a comprendere come mai alcuni strumenti ostruiti di ampio diametro ci mostrano molto bene features su Giove che sono al limite con strumenti più piccoli e, al tempo stesso, sono "alla corda", sempre su Giove, su particolari più evanescenti che invece si palesano meglio in sistemi più piccoli ma non ostruiti.

Per il medesimo motivo possiamo capire come mai riusciamo a sdoppiare, con uno Schmidt Cassegrain da 30 cm. una doppia come la Zeta Bootis ma andiamo in crisi (faccio un esempio) sul Sirio B o su Delta Cigni mentre un rifrattore da 15 cm. ci mostrerà entrambe le compagne di queste coppie ma riuscirà solamente a disegnare due dischi a contatto sulla Zeta Bootis.

E ALLORA, COSA FACCIO?

Mi chiedo, semplicemente, cosa voglio osservare, e poi decido di conseguenza tenendo presente che l'adagio "meglio più grosso, sempre e comunque", è tutto fuorché vero, almeno nel campo dell'alta risoluzione visuale e almeno per diametri superiori a quelli che consentono di sfruttare il seeing medio italiano, vale a dire 1" e quindi oltre i 120/130 mm. di apertura del nostro amato telescopio.

Ci potete contattare a:

diglit@tiscali.it

oppure usare il modulo online.

n° di accessi al sito dal 10/4/2013

 

 

 

 

 

 

 

 

Stampa | Mappa del sito
© ARCHITETTO PAOLO CASARINI