“INSOLAZIONE”: TELESCOPIO SOLARE DA UN VECCHIO TELEOBIETTIVO

Anno 2024 - Maggio

INTRODUZIONE

INSOLAZIONE” è il nome che ho voluto dare al nuovo, strano ma incredibilmente performante telescopio solare che mi sono costruito.
Affezionato al mio vecchio
PENTACON SIX 4/300, un teleobiettivo storico, molto ben realizzato (come solo un tempo si faceva) nell’allora German Demoratic Republic (quella che dal 1946 al 1990 era nota come “Germania Est”), ho voluto offrirgli una nuova e originale vocazione.
Ora fuori produzione da molto tempo, il Pentacon è un obiettivo “perfetto”  (per gli standard di allora) per l’utilizzo professionale su cavalletto. Interamente realizzato in metallo, con un diaframma a 19 lamelle e una fluidità di messa a fuoco encomiabile, dichiara nei sui 2,5 kg. tutta la sua qualità costruttiva.
Le lenti, ben lavorate e con diametro generoso, erano progettate per lavorare sul full frame e l’attacco “propietario” era tale da permettere il massimo campo di illuminazione. La meccanica dell’obiettivo seguiva la logica del tempo senza alcuna concessione alle economie di scala e al risparmio sui materiali e numero di pezzi di assemblaggio.
Purtroppo, lo standard a baionetta di questo Pentacon si adattava solamente ai i corpi macchina originali e oggi non è semplice reperire adattatori che abbiano le caratteristiche meccaniche per non perdere prestazioni e tiraggio consentendo al tempo l’impiego di standard comuni.

Pochi anni fa, con l’idea di un impiego saltuario per immagini alla Luna contestualizzate con il paesaggio, reperii un bell’adattatore (costoso ma ben fatto) che però, nel tempo, si “incastrò” (sicuramente per colpa mia) impedendomi di rimuoverlo.

Nonostante i buoni propositi non ho mai impiegato la mia dslr Canon con il Pentacon che è così finito in un armadio a riposare, almeno fino a poche settimane fa quando, in una notte insonne, ho deciso di mettervi mano e di “estrarre la spada dalla roccia”.

In un articolo non posso riportare gli strali al mondo, al cielo, e a nostro Signore inviati nella immane fatica di rimuovere l’adattatore, ma dopo oltre un’ora di ingiurie sono riuscito a risolvere l’incastro. Nella immagine un "incubus" notturno in una rappresentazione letteraria e pittorica del tardo '800.

UNA IDEA, UN PROGETTO

Con il Pentacon finalmente “libero” ho dovuto affrontare il problema annoso della sua “compatibilità”.
Va detto che nessuno degli adattatori, anelli, raccordi che avevo a disposizione (e ne ho una quantità imbarazzante) aveva le caratteristiche corrette di diametro e filetto per agganciarsi in modo tradizionale all’obiettivo così, dopo molto cogitare, ho pensato di risolvere il problema alla “vecchia maniera”.
Alcuni raccordi Takahashi degli anni ’80 sembravano avvicinarsi al necessario e li ho adattati con qualche “giro” di nastro isolante sui filetti e poi “avvitati a semi-incastro” ove necessario.
Lo stratagemma (che appare a dirsi molto meno nobile di quanto in realtà non sia) risulterebbe poco duraturo dovendo collegare un treno ottico pesante, ma con il semplice carico delle camere a mia disposizione (nel caso specifico una ASI 183 mono), quanto realizzato appare più che robusto e degno. Valutata la sua bontà lo ho rifinito in modo il più elegante possibile e poi sono passato ad altro.
Mesi prima dei fatti narrati, per gioco in onestà, avevo acquistato un filtro solare frontale in
Astrosolar con cella di plastica rigida da un utente di Astrosell che, per amicizia, me lo lasciò a soli "nove" euro (ossia il prezzo della spedizione).
All’atto dell’acquisto non nutrivo grandi speranze nella qualità del prodotto ma mi resi conto, testandolo su un rifrattore 65/900, che invece era in grado di regalare ottime immagini sia visuali che fotografiche.
Il filtro, con un valore di trasmisisone N.D. 5.0 (quindi tipicamente visuale), si sposa bene ad un utilizzo anche di imaging per chi non voglia aumentare molto la focale di ripresa.

Per puro caso, il diametro della cella in plastica del filtro si adatta ottimamente al paraluce metallico del Pentacon offrendomi la possibilità di un impiego sicuro.
Anche l’apertura libera del filtro, pari a 70 millimetri, si sposa bene con la lente frontale del teleobiettivo (da 75mm.) permettendo di non perdere risoluzione in modo significativo.
Adattare il tappo frontale originale del Pentacon al filtro solare è stato infine facile e, a fine lavori, è emerso dalle ceneri sparse un incredibile teleobiettivo solare!
A questo punto mi è rimasto, a parte il test sul campo, da risolvere un ultimo problema insito nell’anello di sostegno del teleobiettivo il cui filetto di ritenzione della vite che lo collega ai cavalletti risultava spanato.
Ri-filettarlo non è stato facile (ho dovuto farlo due volte prima di finire il lavoro in modo adeguato e funzionale) e mi ha obbligato all’uso di un bullone a brugola piuttosto grosso, impossibile da inserire (per spessore della testa) in nessuna barra Vixen commerciale.
Così ho creato una “nuova” barra a passo Vixen da un listello spesso 3 cm. in legno massello, sagomando, limando, carteggiando e scavando le asole corrette.
Una doppia passata di gomma spray finale nera e l’applicazione di una listarella di plastica dura per evitare che le viti di serraggio del morsetto della montatura affondassero nel legno hanno terminato l’opera.
Ammirare il “costruito”, dopo averlo ripulito per bene, è stato estremamente soddisfacente.

FUNZIONAMENTO E PRESTAZIONI VISUALI

Al fine di quanto in proposito va detto che il Pentacon 4/300 presenta almeno tre aspetti distintivi di grande utilità. Il primo, già citato, è quello di essere interamente costruito in metallo, il secondo è di avere un back focus interessante (progettato per gestire le riduzioni e raccordi originali) che consente il montaggio di un portaoculari da 31,8mm. come sede di inserimento del “naso” delle camere di ripresa.
In ultimo, l’apertura di 75mm. (ridotta a 70 dal filtro frontale) è sufficiente a raggiungere una discreta risoluzione sul disco solare e quindi a garantire immagini finali dettagliate.
Il meteo inclemente del mese di maggio 2024 mi ha fatto attendere per il primo test dello strumento ma quando, finalmente, ho avuto a disposizione una giornata con alcune schiarite sul disco solare ho potuto constatare la bontà dell’idea iniziale.
Con un oculare plossl da 40mm si ottengono circa 8 ingrandimenti ed un campo inquadrato di 5 gradi. Osservare il
Sole e vedere che il calcolo del back focus era corretto è stato emozionante. Il disco giallo arancione raggiunge il fuoco in modo progressivo e preciso e mostra molte caratteristiche grazie al picco di attività solare del momento. Nonostante il basso ingrandimento è possibile vedere chiaramente molte piccole macchie, definite e “pulite”.

Ho provato a variare l’apertura dello strumento passando da f 4.2 circa a f 8,3 e poi f 13 per scegliere, come soluzione ideale a questo ingrandimento, l’impostazione a circa f8.
Salendo con i poteri (oculari da 20mm e poi 15mm., per circa 15x e 20x) l’immagine rimane pulita e contrastata tanto da lasciare emergere una apprezzabile granulosità della fotosfera. Molto belle e ramificate mi sono apparse le regioni ricche di facole ma anche la base dei brillamenti esistenti (questi invisibili in luce bianca).

L'immagine sotto è stata ottenuta con lo smartphone accostato all'oculare, scatto singolo.

Aumentando ancora l'ingrandimento (pur non andando oltre i 43x dell’oculare da 7mm.) ho tratto maggiore beneficio dalla visone a “tutta apertura” benché l’assenza di filtri di contrasto non consentisse una incisione altissima.
Ben fruibile si è rilevata anche la messa a fuoco che però ha beneficiato del sostegno di una robusta montatura EQ6 black (prima versione) su colonna semi-fissa.

Ciò che mi premeva di più valutare è però la prestazione fotografica e così ho montato la camera PlayerOne con IMX 585 a colori, il tutto volutamente privo di filtri a valle dell’Astrosolar.
Così facendo mi sono accorto, come del resto temevo, che la correzione cromatica del Pentacon non è sufficiente (salvo chiuderlo a f16) a formare una immagine policromatica di buon livello. La ripresa effettuata non trovava mai la messa a fuoco “corretta” evidenziando ampie parti dello spettro visibile “fuori fuoco”, problema che fa crollare la definizione finale dell’immagine.
Ho così sostituito la camera a colori con una
ZWO ASI 183 mono pro, a cui ho anche aggiunto un filtro G (dal set R-G-B) con banda passante tra i 500 e i 600 nm. circa.
A monitor mi è subito apparso un Sole diverso, contrastato e "affilato" con molti dettagli percepibili.
Ho effettuato, lottando con le nuvole passeggere dense e tumultuose, un primo filmato di prova da 1000 immagini e poi, a distanza di due ore, un nuovo filmato da 10.000 immagini di cui ho eseguito lo stacking al 30%. Alla immagine che riporto non ho aggiunto ulteriori correzioni, se non il livellamento dei wavelet su registax 6.0 e un lieve cropping per avere il disco solare perfettamente al centro dell’immagine.
Il risultato è sicuramente piacevole e sarebbe stato anche di qualità superiore se avessi impiegato un filtro più selettivo come il Baaader Continuum.

L'immagine può essere visualizzata a piena risoluzione sul portale di Astrobin al seguente link: https://www.astrobin.com/full/bvwggy/0/

Ho provato ad inserire anche una pessima barlow 2x cinese da 15 euro (Amazon) ma il velo di nuvole andava aumentando e nei pochi scampoli liberi ho ottenuto solamente una immagine (peraltro problematica) che resta a semplice memoria. Mi sono inoltre accorto di aver mantenuto la selezione del diaframma su F8 mentre avrei dovuto lavorare a F4 per beneficiare del la massima risoluzione teorica.

Anche in questo caso risulta più indicativo osservare l'immagine (e i suoi difetti) in piena risoluzione: https://www.astrobin.com/ayn8yu/

UN REGALO E UN “COMPROMESSO” DI BUON SENSO

Durante i primi test mi è stato “donato” dalla sorte il passaggio di un aereo  davanti al disco solare. Poiché stavo osservando a bassissimo ingrandimento ho potuto apprezzare con dettaglio nettissimo e un lasso di tempo adeguato (forse un secondo) la sagoma nera come la pece del Boeing in transito.
Devo ammettere che, pur avendo visto il fenomeno in tante fotografie, mi ha impressionato ammirarlo in diretta con tanta pulizia e definizione.
Il “compromesso” riguarda invece l’approccio fotografico che ho scoperto beneficiare in modo significativo dell’impiego di una “mezza barlow”.
Come è risaputo, l’effetto di ingrandimento dei sistemi ottici negativi varia al variare della distanza con  l’oculare impiegato (o la camera di ripresa).
Smontando il “naso” delle barlow (per questi lavoretti impiego sempre prodotti mass market di poco prezzo) e inserendolo direttamente sul raccordo delle camere di ripresa si ottiene un effetto moltiplicativo inferiore al valore nominale della barlow di partenza. Nel caso di una “2x” si riduce l’ingrandimento a circa 1,5x (dico “circa” perché il valore è molto approssimato). In questo modo, il telescopio solare INSOLAZIONE lavora con una focale equivalente di prossima ai 450mm., valore che risulta ottimale per riprendere l’intero disco solare con una camera come la 183 a ROI del 50% circa e mantenere un FPS compreso tra i 60 e 70 frame per secondo, adeguato a “congelare” le fluttuazioni maggiori del seeing.

CONCLUSIONI

Il Pentacon 300, ora amichevolmente definito INSOLAZIONE, si è rivelato molto più di una balzana idea notturna dimostrando di poter fare tanto e bene. Le immagini proposte sono le prime in assoluto ottenute e quindi scontano i limiti insiti in un sistema che va “tarato” al meglio e portato a lavorare al massimo delle sue possibilità, ciononostante sono e restano “belle” e soddisfacenti.
Quanto è alla portata del “nostro” sembra essere tutto (o quasi) ciò di cui ha bisogno l’astrofilo che si dedica saltuariamente al Sole con approccio “turistico”. Nonostante ciò si possono ottenere fotografie di buon livello, nei limiti della focale dello strumento, e anche osservare il disco solare con la certezza di cogliere i fenomeni fotosferici principali con buona definizione.
Il basso potere concesso da oculari a lunga focale (tipicamente da 30 o 40 millimetri) è inoltre utilissimo a godere del passaggio, davanti al disco solare, delle nuvole della giornata e, se si è fortunati, di qualche “jumbo” in volo verso paesi esotici.

L'immagine sopra è ironica, in realtà il romanzo di Nesbo è una crime story con nessun riferimento alla nostra vicenda se non per il titolo che richiama il passaggio dall'INCUBUS di apertura alla creazione del telescopio solare, opera avvenuta appunto nottetempo...

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