BRESSER 152-S (152/760 f5 petzval refractor)

Anno 2022

INTRODUZIONE

Un rifrattore da 6 pollici in configurazione Petzval dal costo inferiore ai 700 euro. Fino a non molti anni fa sarebbe stata una equazione impossibile da realizzare, oggi invece, grazie alla manifacturing cinese e taiwanese a basso costo, l’astrofilo desideroso di “poca spesa e tanta resa” può appagare il suo desiderata ed entrare in possesso di uno strumento che, vedremo, merita alcune lodi pur con qualche limite.

MOTIVI DELL'ACQUISTO

Osservavo con il Meade Maksutov 178/2640 alcuni campi stellari e mi è venuto desiderio di un rifrattore da 6 pollici a corto fuoco a cui aggiungere due razze incrociate (come il supporto dei newton e cassegrain) per godere, a basso ingrandimento e senza pagare fio alla scomodità del newton classico, dei campi stellari con lunghi spikes intorno alle stelle più luminose.

Un mero capriccio possedendo già un Vixen 120S Petzval e un apo 115/800 (oltre a svariati altri strumenti visuali e fotografici).

Il mercato offre, tralasciando i costosi apocromatici o presunti tali, tre possibili soluzioni alla mia richiesta: i rifrattori a f5 dotati di doppietto acromatico e intubazione leggera e un poco spartana (tra i quali il diffuso Skywatcher 150/750 è forse il più conosciuto), i rifrattori 152/900 variamente marchiati che si fregiano di una meccanica di ottimo livello ma anche di un peso significativo e soprattutto di un rapporto focale meno “spinto”, e in ultimo la linea Bresser con il suo 152-S. 

E’ indubbio che, considerati i tre contendenti, il Bresser risulti il più appetibile non solo perché più economico (con un costo paragonabile a quello dello Skywatcher e inferiore di ben 400 euro e oltre ai 152/900) ma soprattutto per la sua configurazione che consente, sulla carta, prestazioni globalmente superiori.

Inoltre, avendo avuto modo di testare gli SW 150/750 e aver posseduto ben due 152/900 (marchiati rispettivamente TS e Tecnosky e appartenenti a due “generazioni” differenti), ero curioso di capire se il Bresser mi avrebbe deluso meno degli altri (tutti non all’altezza o della loro apertura o del loro costo).

SCELTA DELLA MONTATURA

Uno degli aspetti cruciali del Bresser 152-S riguarda la sua costruzione meccanica e scelta ottico progettuale. Il fatto di essere un Petzval consente infatti di avere un po’ di peso aggiuntivo nel comparto posteriore del tubo aiutando a bilanciare la distribuzione dei pesi, specialmente in accoppiamento ad un diagonale da 2 pollici e un grosso oculare di pari diametro.

Alla bilancia elettronica il 152-S accusa un peso di 9,9 kg (con la sola esclusione di diagonale e oculare) completo di culla originale, cercatore 8x50, paraluce, barra Vixen di supporto.

La lunghezza di 108 cm., piuttosto contenuta per un rifrattore da 15 cm., e un paraluce molto leggero pur di metallo, consentono di posizionare il tubo in modo accettabilmente centrato su una montatura di classe medio/leggera. La mia Vixen SPHINX SXW, ad esempio, lo regge senza colpo ferire e consente una ottima solidità fino a circa 130x e un buon utilizzo anche ad ingrandimenti prossimi ai 190x.

SCHEMA OTTICO E COMPARAZIONE

Citando il termine Petzval ricordo trattarsi di un sistema multilente realizzato con due gruppi da 2 elementi ciascuno posti uno anteriormente e l’altro verso il focheggiatore.

Lo schema, nato in ambito ritrattistico fotografico e tipico di alcuni Pentax del secolo scorso e dei Televue da 4 e 5 pollici astrografi (dai “Genesis” in poi), offre notevoli potenzialità sia di correzione ottica geometrica che di correzione cromatica. 

Anche utilizzando un semplice doppietto frontale di tipo “acromatico” questi può avere un rapporto focale meno “spinto” di quello finale del telescopio a tutto vantaggio del contenimento della cromatica residua.

Il Bresser 152-S monta l’obiettico frontale che “dovrebbe” essere il medesimo impiegato nel 152/1200 (quindi un F8) poi corretto posteriormente da un doppietto con funzione di spianatore di campo e riduttore di focale.

Questo schema, che risulta vincente quasi sotto ogni aspetto ottico, impone costi decisamente superiori a quelli di un rifrattore tradizionale obbligando l’impiego di un secondo gruppo ottico e di una seconda cella.

Riuscire a contenere i costi produttivi e distributivi e fornire comunque un tubo ottico performante è una notevole impresa.

Se paragoniamo il SW 150/750 al Bresser 152-S troviamo due strumenti di costo paragonabile (770 contro 670 euro) e molto competitivo che permette agilmente l’ingresso al mondo dei rifrattori da 6 pollici.

Sopra: lo schema ottico di un rifrattore Petzval classico (In questo caso un TeleVue 101)

Sopra: Il tubo ottico dello Skywatcher 150 F5 Black Diamond (doppietto standard).

Sopra: Il tubo ottico del TS Individual (ultima versione) 152/900 (doppietto standard). La maggiore cura dei dettagli costruttivi e il focheggiatore con riduzione micrometrica incidono sul costo finale all'acquirente ma generano un prodotto molto "accattivante" anche se fortemente sbilanciato verso l'obiettivo (come del resto avviene anche per il Black Diamond di Skywatcher.

Il focheggiatore dello Skywatcher è un gruppo a pignone e cremagliera adatto all’utilizzo di treni ottici da 2 pollici che non brilla né per fluidità né soprattutto per assialità e assenza di larghe tolleranze. Il sistema Hexafoc di Bresser è invece un gruppo misto, sempre con possibilità di impiego 2 pollici, di qualità superiore anche se con escursione del pignone inferiore e quindi per questo dotato di una serie di prolunghe a vite aggiuntive.

Per il resto i due rifrattori appaiono differenti. Oltre all’indubbio maggior valore del Bresser per lo schema ottico Petzval, il rifrattore bianco e rosso (i colori Bresser) vanta una culla rigida molto bella e una maniglia integrata comoda e ben fatta. Infine, il sistema di aggancio del cercatore appare superiore mentre la qualità ottica dei due sistemi ausiliari sembra grossomodo equivalente. Nonostante le premesse il Bresser costa sul mercato meno del suo antagonista di casa SW che è anche piuttosto brutto se osservato con lo sguardo del “gusto classico” e che, comunque, denota in media una qualità ottica sicuramente più bassa.

Sopra: il gruppo focheggiatore del BRESSER 152-S. Sotto: il sistema di Skywatcher

Sotto: il grosso ed esteticamente bellissimo focheggiatore del TS 152/900 con demoltiplica. Un gruppo sulla carta di ottimo livello che però, nei miei test, ha esibito su entrambi gli esemplari, qualche fastidioso problema di slittamento.

A livelli ben più alti si pone invece il costo dei vari “152/900” (mi si consenta di definire bellissimo quello rosso proposto da Starwave) che non sembrano aggiungere nulla quanto a valore reale anche perché il focheggiatore di cui sono dotati (sicuramente più caro di quello Bresser) risulta poco utile al tipo di impiego cui è votato il telescopio accusando anche qualche fastidioso slittamento in presenza di treni ottici pesanti. Indubbio invece che alcune finiture dei 152/900 appaiano superiori e in generale più ricercate.

ANALISI COSTRUTTIVA

Con le premesse citate è più che normale volere analizzare con attenzione il tubo ottico Bresser indipendentemente dalle prestazioni che sarà in grado di generare e di cui parleremo nelle sezioni a seguire.

La cella dell’ottica anteriore è dotata di possibilità di regolazione sia frontale che laterale e questo è un quasi “unicum” nel panorama attuale (insieme ai 152/900) permettendo di collimare il doppietto in ogni suo aspetto e, quantomeno nelle mani di chi sa come operare, giungere al massimo delle prestazioni gestibili dal progetto ottico e dalla sua realizzazione.

L’interno del tubo, che appare perfettamente annerito, compaiono alcuni diaframmi di contrasto e infine la cella del doppietto posteriore, molto ben fatta e rifinita ma composta di materiale plastico rigido. In sé la cosa non stupisce né sminuisce lo strumento dato che il dimensionamento degli elementi è tale da mantenere inalterate le prestazioni ma giustifica in qualche modo il contenimento dei prezzi. Inoltre suggerisce di non impiegare lo strumento per osservazioni solari perpetrate con un prisma di Herschel. Nel caso del Bresser 152-S è quindi necessario, volendo osservare la nostra stella, impiegare un filtro frontale per evitare la possibile deformazione della cella interna.

La culla di sostegno è rigida, molto ben realizzata, dotata inoltre di una maniglia integrata utilissima. Parimenti valido appare il focheggiatore della serie Hexafoc da 2 pollici.

Più che adeguato, infine, il cercatore in dotazione che è un 8x50 mm. Va sottolineato che, con la sola eccezione della cella interna del gruppo correttore posteriore, non sembrano esistere altre parti in plastica nello strumento.

Sopra: la cella interna del gruppo spianatore prossimo al focheggiatore

STAR TEST E PRIME IMPRESSIONI

Abbastanza bilanciato, il Bresser 152-S trova comodo e robusto alloggiamento sulla montatura Vixen Sphinx SXW che gli ho dedicato con un aspetto finito, nel complesso, molto piacevole e vagamente “professionale”.

Lo star test è stato inizialmente eseguito in luce bianca impiegando sia un oculare zoom 7.2x21 mm che la serie di focali fisse Vixen LV da 6, 5 e 4 mm.

Emerge immediatamente una sostanziale uniformità di resa tra le posizioni di intra ed extra focale che solo dopo attenta analisi mostrano una leggera maggiore pulizia degli anelli di Fresnel in posizione esterna.

Ovvia la cromatica residua che però appare meno travolgente di quella canonica di un telescopio a rifrazione acromatico da 150mm aperto a F5

Risultano praticamente assenti distorsioni di astigmatismo e altrettanto molto difficile da quotare la sferica residua che appare tanto lieve da essere ininfluente all'atto pratico.

Anche al potere di 190x (ottenuto con l’oculare Vixen LV 4mm.) la focalizzazione è precisa e geometricamente corretta con due anelli di diffrazione, sottili, visibili intorno alle stelle di primaria grandezza e un po’ di luce diffusa, obiettivamente inevitabile.

Per scrupolo ho voluto eseguire lo star test anche in luce verde ove la correzione appare più elevata andando ad eliminare una buona parte dello spettro visibile. I risultati raggiunti hanno confermato quanto già visto a spettro completo con una lieve differenza percepibile nella collimazione che ha lasciato emergere una perfettibilità rilevabile solamente con una visione molto attenta e assolutamente ininfluente una volta a fuoco corretto. 

Lavorando in abbinamento ad un filtro Fringe Killer Baader la cromatica residua tende a scomparire per buona parte, riducendosi di circa il 50-60%. L’immagine acquista una tonalità più gialla rispetto alla condizione senza filtro che però, almeno a livello stellare, non sembra avere effetti significativi nella percezione del colore.

Resta, anche con l’impiego del filtro, una leggera sfrangiatura rossa residua sui soggetti più brillanti e stelle di magnitudine fino alla 1° circa.

Se devo valutare “a memoria” l’immagine a fuoco e a centro campo offerta da questo Bresser e dagli altri rifrattori da 6 pollici prima citati potrei dire che la qualità appare a centro campo comparabile con quella offerta dai 152/900 e invece superiore all’acromatico SkyWatcher che, almeno a memoria, offriva una cromatica residua molto più evidente. Allontanandosi da centro campo i rifrattori classici a due soli elementi non possono competere con un progetto spianato e quindi il Bresser risulta doverosamente più corretto.

CROMATICA RESIDUA

Lo strumento mostra una cromatica residua sicuramente significativa che è stata ben ripresa, con valori esaltati per mostrarla al meglio, attraverso il mio smartphone accostato all'oculare. La sua presenza, che viene ridotta accettabilmente dal filtro fringe killer, è sicuramente molto visibile sul lembo lunare (residuo giallo spurio) e anche in alcune zone della superficie selenica (viraggi blu/azzurri) ma risulta poco influente in ogni altro tipo di osservazione tanto che anche su stelle di prima grandezza appare contenuta e non fastidiosa. Se però all'osservazione visuale la sua presenza è trascurabile o quantomeno accettabile, in campo fotografico diventa un ostacolo notevole che preclude ogni immagine a colori se non si vogliono avere stelle molto dilatate. 

CORREZIONE DI CAMPO 

Valutazione che mi premeva fare era quella relativa al campo corretto “percepito”.

Va subito anticipato che tale riscontro risulta difficile da “normalizzare” poiché dipende da alcuni fattori indipendenti dallo strumento in sé. Il primo riguarda la scelta e impiego del treno ottico, il secondo è inficiato dalla capacità visiva dell’osservatore.

Per il test sono stai impiegati due oculari diversi tra loro per dimensione, focale, e manifacturing.

Ho cominciato con un mastodontico oculare Super Plossl da 56mm. di focale (con formato da 2 pollici) e campo apparente di 52°. Abbinato al 152-S l’oculare genera poco più di 13 ingrandimenti per un campo inquadrato reale di 4 gradi: più di un binocolo da 100 mm. In queste condizioni si abbraccia con ampio margine l’intero ammasso delle Pleiadi e M44, l’ammasso del Cancro,  appare quasi “piccolo”.

Osservando in questo “mare” emergono stelle lievemente “crociate” (come se fossero viste attraverso uno strumento con razze sul secondario) per via di un effetto generato dall’insieme delle lenti sul treno ottico. Lo si nota solamente su stelle luminose ma è presente e va scomparendo man mano che si sale con gli ingrandimenti. Il campo completamente corretto appare prossimo ai 3° il che rende, de facto, tutto lo spazio visivo interno al field stop usabile.

L’impiego dell’oculare Takahashi LE 30 mm. (26x circa e campo reale di 2 gradi) mostra la totalità del campo visivo esente da curvatura e deformazione e la quasi totale scomparsa dell’effetto “a crociera” sulle stelle principali.

In questo tipo di osservazioni l’impiego o meno del filtro fringe killer determina differenze molto meno significative rispetto alla osservazione di Luna e pianeti.

Si può quindi dire che, almeno dal punto di vista prettamente visuale, l’effetto spianatore del gruppo posteriore faccia sentire il suo contributo rendendo il Bresser un vero “large field refractor”, dicitura che si addice decisamente meno bene ai competitor prima citati.

In campo meramente fotografico, invece, vedremo che le cose cambiano in modo sostanziale. 

Il test forografico è stato eseguito con una ZWO ASI 1600 mono (sensore da circa 13x17mm. con diagonale da 22mm.) che ho impiegato esclusivamente per testare quanta differenza separi la percezione visuale con oculare (che ha i suoi effetti di contro-curvatura) da quella di un sensore cmos moderno (che invece è impietosa valutando il risultato su un campo perfettamente piano e privo di elementi di normalizzazione).

Qui è emerso quello che ritengo essere il solo vero limite dello strumento. Cromatica a parte (che si azzera con un filtro H-Alpha anche “largo” da 35mm.) il Bresser ha evidenziato un campo spianato relativamente modesto e adatto a coprire completamente un sensore da circa 11x11 millimetri (come quello delle ASI 533 ad esempio) o poco più. Pur restando un risultato decisamente migliore rispetto a quanto faceva sia il SW 150 che il Individual 152 (che in più è un F6) è altrettanto chiaro che siamo molto lontani dai primi della classe.

Il mio ottimo Vixen 120S Petzval (che lavora a f6.7) copre perfettamente la ASI 1600 e si spinge praticamente a quasi l’intero APS-C generando stelle puntiformi su tutto il campo. Ancora meglio fa un TeleVue serie Np-is, ad esempio.

Non si può per questo biasimare il Bresser ma ritengo fondamentale informare che la sua capacità di garantire un campo esente da deformazioni geometriche è molto inferiore rispetto a quanto il termine “Petzval” potrebbe suggerire.

Sopra: immagine non calibrata eseguita solamente per valutare la distorsione stellare sulla diagonale da 22mm. della ASI 1600. Campo inquadrato centrato sull'ammasso aperto M38. Nella foto sotto: porzione del fotogramma angolo superiore destro (evidenziato nella immagine precedente)

Altro test (foto a seguire) eseguito sul campo stellare intorno alla fulgida Capella (Alpha Aurigae). L'immagine evidenzia sia le distorsioni di campo che, tutto sommato, un accettabile contenimento della cromatica residua che potrebbe scomparire con filtri interferenziali appositi.

LUNA: OSSERVAZIONE E FOTOGRAFIA

Il test lunare è avvenuto la sera del Primo Quarto nel mese di marzo 2022, momento in cui risulta facile valutare la resa di uno strumento su panorami con forti differenze di illuminazione, contrasto e ombreggiatura.

Nonostante un contenimento significativo dell’aberrazione cromatica questa resta abbondante nell’osservazione di un soggetto così luminoso come la Luna. La visione senza filtro F-K appare abbagliante a basso ingrandimento e denota un marcatissimo bordo di lembo evidenziato di giallo e una buona dose di blu percepito verso il terminatore.

Il dettaglio percepito è comunque di alto livello e in linea con il potere risolutore almeno fino a ingrandimenti da 150x ove il divario con un rifrattore apocromatico appare obiettivamente poco significativo.

L’impiego del Fringe Killer tende a nascondere il grosso della cromatica residua rendendola impercettibile al terminatore (a qualsiasi potere) e molto meno invadente ma pur sempre netta sul lembo lunare.

Si perdono alcune sfumature di colore nei mari principali tra il grigio/blu e il grigio inserendosi una dominante gialla che però accentua ulteriormente i contrasti.

Sono rimasto indeciso per qualche manciata di minuti ma alla fine ho decretato che la visione dei particolari con il filtro Fringe Killer sia migliore e ho passato una buona mezz’ora a ingrandimenti tra i 150x e i 190x (oculari da 5mm e 4mm.).

Benché Il potere di quasi 200x fosse ancora ben tollerato ritengo quello di 150x (Vixen LV 5mm) il migliore per mantenere altissimo il dettaglio senza alcun accenno di decadimento dell’immagine.

Tonalità a parte risulta davvero difficile fare di più anche con un ottimo ED di pari diametro o con un costosissimo apocromatico che offre prestazioni più elevate solo ad ingrandimenti superiori ove può far valere la quasi perfetta parafocalità delle varie lunghezze d’onda pur non evidenziando maggiori dettagli o facendolo in modo onestamente poco significativo.

Benché non sia il suo campo di elezione, il Bresser si difende bene anche nell’imaging del nostro satellite.

Lo scatto che propongo, a largo campo, ritrae la Luna al primo quarto ed è ottenuto con la ASI 1600 mono e il filtro F-K che è risultato però poco adatto allo scopo.

Un filtraggio rosso puro (quindi filtro R del classico set RGB) consentirebbe prestazioni sicuramente superiori e permetterebbe anche l’impiego in alta risoluzione con barlow 2x o 3x., soprattutto in condizioni di ottimo seeing. 

A causa della compressione del sito si consiglia la visione a piena risoluzione su Astrobin al seguente link: https://www.astrobin.com/full/oy0ceg/0/

La seconda fotografia è un “single shot” atto ad evidenziare la stella doppia 118 Tauri prossima al lembo lunare.

Non avevo previsto tale evento ma mi si è offerto spontaneamente e ne ho approfittato per registrarlo.

Purtroppo l’opzione di frame singolo non permette di “mediare” il seeing come avviene nello stacking tradizionale e quindi le componenti stellari, ingrandite in modo significativo, mostrano l’effetto di distorsione che l’agitazione atmosferica produce. A causa della compressione del sito si consiglia la visione a piena risoluzione su Astrobin al seguente link: https://www.astrobin.com/full/klthk7/B/

SISTEMI STELLARI MULTIPLI

Per asserire che uno strumento a rifrazione acromatico da 15 cm. con focale di 760mm. non sia il non plus ultra nell’osservazione in alta risoluzione non serve attendere l’articolo di Cherubino ma forse alcuni dei risultati ottenuti durante il test potrebbero farci ricredere sulla usabilità del “nostro” Bresser anche in questo campo.

Poiché lo star test aveva fornito risultati più che incoraggianti ho dedicato una serata alla ricerca e osservazione di alcuni sistemi multipli stagionali che potessero fornire indicazioni utili.

Affinché quanto dirò possa essere facilmente confrontato dai lettori con le proprie esperienze eviterò di citare sistemi poco conosciuti e mi concentrerò su quelli tradizionalmente più osservati.

Ho cominciato con l’osservazione di Castore A-B, uno dei due Dioscuri, la cui duplicità emerge anche a ingrandimento basso. Con l’oculare zoom impostato su 7,2mm si ottengono 105x che appaiono poco più del minimo per osservare bene la coppia di stelle. Ingrandimenti maggiori aumentano la piacevolezza dell’immagine che a 150x ma ancor di più a 190x è veramente bella. 

Il seeing della serata scelta per il test è stato decisamente collaborativo con una mobilità bassissima dell’aria sia in quota che a terra.

Archiviata la doppia principale dei Gemelli mi sono spostato lungo uno dei lembi della costellazione alla ricerca della intrigante Wasat.

Sopra: parametri orbitali del sistema di WASAT

Si tratta di un sistema triplo (ma otticamente è visibile solamente il duo A-B) composto da due stelle di magnitudine 3.55 e 8.18 separate da circa 4,6”. Gialla e arancione la traccia delle due componenti è un simpatico test per valutare la luce diffusa e la capacità di isolare in modo pulito una secondaria molto più debole della principale.

Il duo ha dato una immagine di sé bellissima sia a 105x che, soprattutto, a 150x con notevole immobilità e con la sola componente principale dotata di un sottile anello di diffrazione.

Mantenendo la tipologia di coppia ho aumentato il divario di luminosità inquadrando la fulgida Rigel e la sua debole compagna. All’atto dell’osservazione il sistema si fregia di due stelle rispettivamente di magnitudine 0.30 e 6.80 con separazione di 9,2”.

Il Bresser ha mostrato senza indugio la flebile compagna come una bella stellina relativamente debole (eravamo pur sempre sotto il bianco cielo di Milano) e la componente principale “faro” nella notte.

A rigor di logica non avrei dovuto osservare il sistema seguente, catalogato come Struve 1037 AB, in quanto coppia al limite fisico della strumentazione con componenti di magnitudine 7.24 e 7.27 (quindi identiche) separate da soli 0,81”.

Nonostante i dati ho avuto immediatamente la sensazione di duplicità del sistema che è diventata certezza a 190x quando, al centro dell’oculare, si palesava un piccolo e quasi perfetto “8” un po’ interpolato. L’immagine risultava un pochino scura e con qualche sfrangiamento cromatico che la rendeva leggermente instabile. Saggi ad ingrandimenti superiori non hanno migliorato la visione rendendo solo molto più critico trovare il fuoco corretto ed evidenziando un po’ la “corda” del Bresser.

Sopra: parametri orbitali del sistema di STRUVE 1037

Non si tratta ovviamente di una osservazione standard avendo beneficiato di un ottimo seeing e raccolto una immagine “di limite”. E’ però significativa in quanto conferma che il nostro 150 f5 sia capace di lavorare anche su doppie “strette” o quasi. Sicuramente si può annoverare tra i target risolvibili senza troppi patemi tutti quei sistemi che vedono distanze angolari superiori ai 1,1”-1,2”, almeno in condizioni di turbolenza favorevole.

SUN PHOTOGRAPHY

Quindici centimetri di lente con buona correzione geometrica possono costituire un'ottima base di partenza per dedicarsi alla fotografia della fotosfera solare. La configurazione Petzval, che prevede una cella del gruppo secondario in materiale plastico, sconsiglia ovviamente un impiego con il classico prisma di Herschel e diventa indispensabile rinunciare ad un poco di contrasto e pulizia di immagine per sposare l'impiego di un filtro frontale. Dopo aver scartato i filtri in vetro a tutta a pertura, non disponibili in versioni di alta qualità sul mercato amatoriale, ho scelto un diffuso Astrosolar Baader in versione ND 5.0.

Il problema dei filtri solari frontali è annoso e significativo. Trovo assurda la impossibilità di acquistare prodotti resistenti e duraturi (in vetro ottico di alta qualità) con diametri entro i 20 cm. Qualcosa esiste ma sono prodotti difficilissimi da reperire, poco certificati e diffusi e dal costo di qualche migliaio di euro. Un controsenso se si riflette sulla quantità di astrofili che si dedicano alla osservazione foto-visuale del Sole.

Un filtro in vetro, esente o quasi (se impiegato e conservato con cura) da manutenzione e usura, permetterebbe anni di impiego in maggiore sicurezza rispetto ad un filtro in carta velina-domopack (mi si consenta l'iperbole denigratoria) come il Mylar o l'Astrosolar. E sono certo che chi si dedica con continuità all'imaging e osserazione solare (che offre vantaggi non indifferenti rispetto al freddo umido della notte imposto dall'astronomia classica) sarebbe più che disponibile a spendere qualche centinaio di euro per un prodotto di alta qualità in vetro piuttosto che accontentarsi di un foglio spiegazzato venduto a prezzi iperbolici (un Astrosolar come quello usato sul "nostro" Bresser costa quasi 150 euro).

A proposito di quest'ultimo mi chiedo inoltre quale sia la logica di proporlo in doppia versione di trasmittanza ND 3.8 (meno "oscurante" indicato per fotografia) e ND 5.0 (consigliato per osservazione visuale).

Con i moderni CMOS, che hanno sensibilità spettarle ampia, velocità di scatto elevata, e con strumenti di diametro moderatamente superiore ai 3 cm. di un qualunque cercatore economico il "frame rate" concesso da un filtro solare 5.0 è elevatissimo e non credo che la picola differenza spettrale tra i due filtri abbia ripercussioni significative sul dettaglio registrabile, tanto più che, a valle, il segnale viene ulteriormente "ristretto" dai filtri di contrasto verdi, Continuum, OIII.

Tralasciando la digressione e tornando alla resa del nostro Bresser ho verificato la possibilità di operare osservazioni di buon dettaglio in luce bianca. Il filtro Astrosolar frontale, pur non raggiungendo la pulizia di immagine del prisma di Herschel, garantisce una buona risoluzione visuale in grado di evidenziare nettamente la granulazione superficiale e molte caratteristiche interne alle macchie solari tradizionali (zone centrali, cigliature, penompbre).

E' anche possibile individuare facilmente la ramificazione principale di alcune formazioni brillanti come le facole in relazione a regioni attive e brillamenti di grandi dimensioni.

La buona capacità di raccolta di luce e il grande potere separatore rappresentano un livello di potenzialità nell'indagine della fotosfera che però molto difficilmente si riesce a sfruttare appieno a causa della turbolenza diurna, questo ovviamente a patto di non lavorare in banda ultra stretta come quella garantita dai filtri h-alpha da frazioni di angstrom.

La mia esperienza con il 152-S attesta comunque la posibilità di dedicarsi alla osservazione ma anche alla ripresa della fotosfera con risultati di buon livello a patto di avere la necessaria pazienza per attendere le condizioni di turbolenza e attività solare più favorevoli.

La prima immagine postata rappresenta quanto si riesca ad ottenere nelle condizioni più sfavorevoli possibili (escludendo i pomeriggi di pioggia battente...). Il giorno 9 di aprile 2022 il cielo era terso e azzurro ma imperversava un vento così forte da obbligarmi a lavorare con il PC portatile appoggiato al pavimento per evitare il rovesciamento dei tavolini di sostegno. I rami degli alberti danzavano come ossessi e quelli più sottili venivano letteralmente strappati dal vento. In queste condizioni ho rischiato ad installare l'astrosolar e ho indugiato per una manciata di minuti per trovare una messa a fuoco accettabile e riprendere un solo filmato da 2000 frames con la ASI 1600 mono operante in ROI da 2500 x 2500 pixel.

Con queste impostazioni (il tempo di espsosione calibrato a 5 millisecondi e il guadagno elettronico, gain, ridotto a zero) avevo la possibilità di inquadrare con grande abbondanza l'intero disco solare pur a scapito di un frame rate piuttosto basso e mai superiore ai 15 FPS (un valore ideale dovrebbe essere quantomeno doppio).

Alle impietose condizioni del seeing si è aggiunta anche la assenza di formazioni significative sul disco solare. Se si esclude un microscopioco gruppo di macchie che transitavano in zona centrale e alcune facole verso il bordo del disco, il Sole era completamente "muto".

Nonostante questo l'immagine finale è quasi gradevole e mostra alcune caratteristiche di base che emergono a prima occhiata e che sarebbero precluse a rifrattori di diametro inferiore come i tanti 3 o 4 pollici solitamente impiegati in questo tipo di applicazioni. Il colore giallo dell'immagine è un "falso" introdotto con una saturazione di un canale fittizio (la ripresa originale è infatti monocromatica in scala di grigi).

A causa della compressione imposta dal sito DARK STAR si consiglia di visionare l'immagine al seguente link ASTROBIN: https://www.astrobin.com/drknju/

Per trovare condizioni più favorevoli, anche se ancora lontane dall'optimum, ho dovuto attendere una giornata limpida e quieta con attività fotosferica più generosa. Sono oramai poetico "amarcord" gli anni di intensa attività con gruppi enormi di macchie solari facili all'osservazione e quanto oggi disponibile, ben poco a dire il vero, va accettato per non "rinunciare e chiudere lo strumento in attesa di anni migliori".

La differenza fondamentale con la ripresa sopra presentata riguarda le condizioni di turbolenza (sempre elevata di giorno) che hanno beneficiato della quasi assenza di vento a terra. Un poco di stabilità ha permesso di evidenziare in modo più marcato le formazioni di granulosità e le modeste macchie presenti anche alla sola indagine visuale. Il giorno in questione il pc ha fatto le "bizze" e non mi ha permesso di registrare filmati ma il livello di dettaglio all'oculare appariva decisamente interessante.

In altra occasione ho voluto eseguire una estemporanea comparazione tra diversi "treni di filtraggio" a valle del Astrosolar 5.0 N.D. impiegato come schermatura principale. Ho ripreso la nostra stella con il filtro verde 58A, con quello viola 47, e con i filtro VENUS UV (che più si avvicina alla riga del Calcio-K). Nonostante il poco tempo a disposizione e filmati molto corti, che in fase elaborativa hanno fatto emergere tantissimo rumore e artefatti "tirando" i valori su Registax 6.0, è emersa una notevole differenza di resa. Mentre il filtraggio con il Wratten 58A permette di estrarre dalla cromosfera i dettagli principali (macchie e facole), il Wratten 47 (viola) offre una immagine quasi del tutto priva di particolari. L'imprego del filtro ultravioletto esalta ulteriormente quanto disponibile già con il verde 58A aumentando il contrasto delle formazioni.

L'immagine è molto compressa e per visualizzarla correttamente si rimanda al link ASTROBIN: https://www.astrobin.com/lt1y6i/

TAKE AWAY UNDER DARK SKIES

Ho sempre sorriso alle pubblicità dei “telescopi portatili” che ritengo, sotto ogni punto di vista, una sonora boiata.

Per essere “portabile” nel vero senso della logica (ossia trasportabile in uno zaino e sostenibile da un cavalletto con cui raggiungere, a piedi, quota 3000 metri sulle Alpi) un telescopio deve essere grande come una banana e con una apertura relativa.

Un 60 mm. apocromatico o anche un 80 a corto fuoco di ultimissima generazione potrà forse assurgere a questo titolo ma, anche sotto il cielo dei 3450 metri del rifugio Lambronecca (oggi "Guide di Ayas) sul margine del ghiacciaio di Verra, raggiunto dopo 4 ore di cammino, resterà sempre un 60 o 80 millimetri e mostrerà “quel che può” sulla maggior parte dei soggetti del cielo profondo (ossia non moltissimo).

Se invece per “portatile” vogliamo considerare la dicitura “trasportabile in auto e installabile da una sola persona senza eccessivo sforzo” allora la mia ilarità si diluisce e comincio a considerare il Bresser 152-S sulla Vixen Sphinx (o su analoga montatura) uno strumento davvero degno di nota.

Che si disponga di una “giardinetta” a gpl, di una utilitaria o di una grossa berlina 12 cilindri quadriturbo, quanto necessario per osservare potrà essere contenuto nello spazio del baule o dei sedili ribaltati.

Con 110 cm. di lunghezza il Bresser sta obiettivamente anche sui sedili posteriori della Fiat 500 di mia moglie e la montatura, cavalletto, contrappesi, pad di controllo, power tank, seggiolina pieghevole e pochi oculari e due filtri trovano in qualche modo il loro spazio. 

Serve una giacca a vento, un ricambio, un cappello, un termos di bevanda calda, e una fiaschetta di bevanda fredda (tecnicamente non ad alta gradazione alcolica pena rischiare il ritiro della patente).

Così attrezzati sarà possibile, anche partendo da una grande città come Milano, raggiungere in meno di novanta minuti qualche altura piacevolmente protetta dalle luci della pianura e dotata di un cielo che consenta di essere definito Bortle 4 o poco più.

E’ in queste condizioni che il Bresser offre il meglio di sé.

Sei pollici sono il minimo per approcciare proficuamente l’osservazione deep sky ma se intelligentemente impiegati possono offrire soddisfazioni. Restano ovviamente precluse le galassie di tredicesima magnitudine, per cui sarà necessario dotarsi di aperture più che doppie, ma avremo comunque a disposizione decine (per non dire centinaia) di ammassi aperti, tutti i globulari galattici (compresi i NGC), moltissime nebulose planetarie (quasi tutte se escludiamo le Abell e altri oggetti tipicamente fotografici), una pletora enorme di stelle doppie (quantomeno quelle, parlando cautelativamente e immaginando seeing non sempre ideali, con separazione superiore ai 1,2”). E questo senza dimenticare decine di galassie mediamente luminose che si potranno evidenziare bene grazie ad una puntiformità stellare di ottimo livello.

A titolo puramente indicativo posso confermare che osservazioni condotte sotto un cielo "notevole" con magnitudine 6,5 visuale hanno permesso una visione interessante di tutte le nebulose planetarie comprese nel "trinagolo estivo" formato dalle costellazioni di Cigno, Aquila e Lira. In tradizionale luce bianca, senza l'impiego di alcun filtro interferenziale, ognuna delle nebulose comprese nel catalogo NGC era perfettamente visibile con non pochi dettagli morfologici principali e ha beneficiato di ingrandimenti anche prosimi ai 200x benché la resa migliore si ottenga generalmente a circa 100/120x con oculari da 7,5mm. e 6mm. (rispettivamente un Takahashi LE e un Vixen LV al lantanio).

BAADER FRINGE KILLER E ALTRI FILTRI: CONSIDERAZIONI

Il filtraggio a rimozione o riduzione degli effetti della cromatica residua in sistemi ottici a rifrazione di tipo acromatico semplice è un tema che divide gli astrofili e imperversa, sui forum generalisti, solitamente con asserzioni che poco o nulla hanno a che fare con la fisica ufficialmente riconosciuta.

Se un’ottica non mette a fuoco contemporaneamente le lunghezze d’onda tra i 400 e i 750 nanometri significa che, anche in campo meramente visuale, qualche alone colorato emergerà in modo direttamente proporzionale alla luminosità del soggetto inquadrato.

E’ quindi ridicolo leggere asserzioni che promettono di trasformare acromatici da pochi euro in super rifrattori solamente impiegando filtri dal costo di un centinaio di euro.

Che si chiamino “semi-apo”, “fringe killer”, “minus violet” e così dicendo, questi filtri, in modo lievemente diverso gli uni dagli altri, operano in modo confrontabile evitando che una parte più o meno grande della luce visibile giunga all’occhio.

Quando si “taglia” qualcosa si “perde” qualcosa che ha un nome: informazione.

Se si è ben consci di quale e di quanta informazione si sacrifichi si può coscientemente operare un taglio e impiegare uno di questi filtri perché si saprà analizzare quanto resta e usarlo per il fine preposto, ossia “vedere” ciò che si cerca.

Sembra una asserzione banale ma non ho mai avuto (o quasi) la sensazione che gli astrofili del “bla bla” la abbiano fatta loro.

Tra i vari filtri che il mercato mette a disposizione ci sono quelli “dedicati” e quelli “generalisti”.

Tra i primi (che ovviamente costano molto più dei secondi) i più usati si chiamano “Semi-Apo”, “Fringe-Killer”, “Contrast-Booster”, “Minus Violet”. Tutti tagliano un po’ di cromatica residua e tutti alterano in modo più o meno vistoso la dominante dell’immagine finale.

Tra i citati, i Fringe Killer e Minus Violet sono quelli meno “selettivi” e quindi a mio modo di vedere anche i più consigliabili.

I filtri generalisti sono invece i cosiddetti “filtri colorati” che riportano solitamente il codice Wratten che ne indica il colore di base (giallo, giallo chiaro, giallo scuro, verde chiaro, etc..).

Si consideri che i filtri “selettivi” costano, in versione 2 pollici, dai 130 euro in su a seconda della tipologia mentre i generalisti si acquistano per circa poco più di un quarto della cifra.

Se si tralascia la differenza di prezzo, le due categorie si distinguono per il taglio che i “dedicati” hanno della radiazione infrarossa (inutile in visuale ma determinante in fotografia) e per la possibilità, in fase progettuale, di “tagliare” anche qualche picco di radiazione interno alla gamma passante. Il Contrast Booster di Baader, ad esempio, ha un taglio nel giallo verde aggiuntivo a quello nel blu e nell’infrarosso.

Sopra: immagine del filtro Baader Fringe Killer scelto e impiegato.

Usare i primi, i secondi, o non usare nulla è scelta dell’osservatore che però, escludendo l’arroccamento su posizioni da puristi, deve sapere che in alcuni casi l’impiego di un filtraggio può effettivamente aiutare a raggiungere il proprio scopo.

Poiché ad esempio la risoluzione massima del complesso occhio cervello (ossia la capacità di “separare” due segnali vicini) è massima nel “giallo-verde” è indubbio che, per sdoppiare qualche sistema luminoso ma molto stretto, l’impiego di un filtro verde 56 sia di aiuto.

Se sia consigliabile, in vista dell’abbattimento della cromatica su soggetti luminosi, un Fringe Killer come il mio o un più banale “giallo 08” è e resta un fatto di capacità o volontà di spesa.

In entrambi i casi si avrà una certa dominante gialla risultante e un potere di taglio della radiazione blu fuori fuoco pressoché identica. Potrebbe variare un poco la trasmissione luminosa rimanente (il che riduce lievemente, nel caso del giallo 08, la percezione della magnitudine limite) e restare non tagliata la parte IR (che ha però influenza solamente le riprese fotografiche). Per il resto l’effetto che otterremmo sarebbe tutto sommato quasi identico.

In base a quanto detto il Fringe Killer resta più performante ma non vale certamente la differenza di prezzo e quindi consiglio di acquistarlo solamente se lo si trova usato in ottimo stato. Si ricordi, a questo proposito, che un telescopio può avere il tubo graffiato e scolorito ma questo non influisce sulle sue prestazioni mentre un filtro che non abbia la componente ottica perfetta vede un drastico decadimento della qualità dell’immagine finale.

Questi filtri servono inoltre soprattutto nell’osservazione di Luna e pianeti e riducono moltissimo il loro apporto nella visione degli oggetti del cielo profondo se non in presenza di componenti stellari di grande luminosità.

In abbinamento al Bresser 152-S mi sono sorpreso a preferire l’impiego costante del Fringe Killer soprattutto da cieli scuri dove il suo effetto di lieve shift cromatico non si percepisce per via del fondo cielo tendenzialmente nero. L’effetto appare invece più accentuato sotto cieli fortemente inquinati dal punto di vista luminoso ove la dominante “gialla” ha più possibilità di essere percepita. Come già altri amatori prima di me, che come me hanno testato tutti i filtri di soppressione cromatica giungendo alla conclusione che quelli meno invadenti sono anche i preferibili, ho avviato fisso il filtro al diagonale da 2 pollici e lo ho inserito nel corredo del Bresser...

OCULARI CONSIGLIATI

Sempre molto difficile consigliare un set specifico di oculari per strumenti "consumer". In sincerità potrei dire che qualsiasi plossl di qualità quantomeno media sia un ottimo connubio al Bresser 152S ma, considerando l'esperienza acquisita e le caratteristiche proprie dello strumento, mi sentirei di sugggerire alcuni "must" che permettono di operare correttamente con immagini di buon livello e una gestione corretta del campo utile.

Per i bassissimi ingrandimenti utilizzo un grande Plossl da 56mm (che per sola coincidenza è marchiato Bresser) e un buon plossl 32mm. con barilotto da 31,8mm (contro i 2 pollici del 56mm.). Affiancherei un oculare zoom come quello Omegon in mio possesso (focale variabile da 21,5mm. a 7,2mm.) così da avere "in mano" tutti gli ingrandimenti utili alla osservazione di soggetti del cielo profondo e delle doppie larghe. A questi affiancherei un plossl da 5mm. (o ancora meglio un Vixen LV-5mm.) per i poteri da 150x circa che rappresentano l'"optimum" per i sistemi binari in generale. Se lo si ha si può tenere anche un 4mm. (possibilmente con lente di campo comoda come appunto gli LV Vixen o alcuni "planetary" moderni) che genera un potere ideale per i particolari minuti sulla superficie selenica, raggiungere le doppie più srette senza avere decadimento della qualità di immagine, e operare su soggetti planetari come Saturno e Marte. Eviterei le lenti di barlow per timore di aggiungere ulteriore "stress" al treno ottico. Le barlow economiche introdurrebbero ulteriori aberrazioni e quelle di alta gamma, visto il loro prezzo di acquisto, risultano inutili in uno strumento da 200 ingrandimenti al massimo già dotato di una focale tale da raggiungere i poteri descritti con oculari tradizionali.

Sopra, da sinistra a destra: Bresser 56mm - Omegon zoom 21,5-7,2 - Vixen LV-5

(l'ultimo consigliato anche nelle varianti da 6 e 4 millimetri di focale).

DEEP SKY PHOTOGRAPHY

Dalla mia postazione di Milano ho impiegato per circa un mese il Bresser 152S nella ripresa di alcuni oggetti del cielo profondo. La mia febbrile attività di ripresa, volta non alla fotografia dei "soliti" oggetti iper fotogenici, appare poco indicata ad un articolo divulgativo ma i miei campi di interesse sono poco seguiti dal pubblico generalista. Immortalare "fari cosmici" è facile e offre buoni risultati con qualsiasi strumento. Differentemente, operare da un cielo tipicamente Bortle 9 estremamente opaco con poco più di una quindicina di stelle visibili nel cielo, puntando inoltre soggetti relativamente difficili, è per me esaltante.

Le fotografie riportate sono quindi le poche che interessano oggetti più conosciuti e di questo mi scuso con i lettori anche perché sono quelle a cui dedico minore attenzione.

Indipendentemente dal soggetto ho utilizzato quasi sempre un filtro R (il ROSSO del set R-G-B con banda passante tra i 590 e i 710 nanometri) accoppiato ad una camera ASI 1600 mono operante con tecnica del "live stacking" e con integrazioni non elevate, solitamente il massimo che raggiungo è di 90 minuti o poco più.

In addendum ho generato degli "spikes" reali, ottenuti con un doppio nastro isolante incrociato con spessore da 3 mm. posto appena oltre l'obiettivo frontale. Questo "vezzo" per ottenere immagini di ammassi aperti con la crociera sulle stelle più luminose e avere così una immagine più "intrigante".

Sopra: immagine del lontano e concentratissimo globulare NGC 6229 in Ercole. Immagine a risoluzione corretta su ASTROBIN https://www.astrobin.com/full/dwjojh/0/

Sotto: altra immagine decisamente "difficile" per il mio cielo e che riprende il gruppo di galassie intorno a NGC 5354: https://www.astrobin.com/full/n6pcxu/0/

Un contributo all'ammasso globulare M92 è dato nella immagine sottostante. Su astrobin la piena risoluzione: https://www.astrobin.com/full/f54d88/0/

L'ammasso aperto di STEPHENSON-1 è immortalato nella foto a seguire. Astrobin piena risoluzione https://www.astrobin.com/full/56ctmw/0/

Due soggetti più "gettonati" sono invece la sempiterna nebulosa M57 nella Lira (immagine sopra), Astrobin https://www.astrobin.com/full/dkqalt/0/

Sotto: contributo alla spirale di M101, Astrobin:https://www.astrobin.com/full/znppwz/0/

L'ultima fotografia proposta è un tentativo azzardato. Si tratta della ripresa del grande ammasso globulare M13 in Ercole eseguita con la interposizione di una barlow 2x e distanziatore che ha portato la focale a circa 1700 millimetri con un rapporto focale di circa f12. L'immagine è solo di pochi frames (8 per la precisione) della durata ciascuno di 120 secondi, quindi un tempo di integrazione bassissimo. E' stata realizzata con l'interposizione anche di un filtro H-ALPHA da 35nm. e la camera ASI 1600 mono. Condizioni di cielo di Bortle 9 o peggiore e ampie velature e umidità nel cielo. Immagine a piena risoluzione su Astrobin: https://www.astrobin.com/full/8jlnv0/0/

Consiglio vivamente di guardare le immagini usando i link indicati poiché il sito di DARK-STAR impone una compressione terrificante alle immagini e le rende molto più banali di quanto in realtà non siano.

Ho scattato un'altra ventina di immagini ad altrettanti soggetti più esotici e mi sono trovato eccezionalmente bene con il Bresser 152-S tanto da sostituire il mio newton 200/800 modificato e ottimizzato per astrofotografia. Ovviamente per ottenere un campo spianato ho dovuto aggiungere al quadrupletto Bresser uno spianatore 1x a due elementi ma il risultato finale, soprattutto considerando il mio cielo che scoraggerebbe anche il più assiduo e inossidabile dei fotografi, è sicuramente piacevole e di quona qualità.

Il grande pregio di questo strumento, se si accetta di lavorare in monocromatico e in una banda sola dello spettro (blu-verde-rosso a seconda delle esigenze) è quello di avere un fuoco univoco che non varia con le condizioni meteo (o varia in modo limitato) ma soprattutto una immobilità meccanica eccezionale e che è il vero tallone d'Achille di ogni newton o derivato.

Si può anche ottenere un bilanciamento ottimale sulla montatura (che deve essere di ottimo livello e portata - nel mio caso una Skywatcher EQ8-R) aspetto che non deve essere trascurato specialmente quando si lavora con le autoguide moderne.

Notevoli sono anche le prestazioni in banda stretta, ad esempio h-alpha, che sia nella sua declinazione "larga" da 35nm che in quella da 7nm. offre prestazioni entusiasmanti. Con banda passante da 7nm., fotografando nebulose ad emissione di ampiezza non eccessiva dati i 760 millimetri di focale equivalente, si possono ottenere risultati di alto livello con dettaglio rimarchevole. Al tempo della stesura dell'articolo le immagini di prova non sono ancora state elaborate ma mi si creda se dico che i risultati sono veramente soddisfacenti.

CONCLUSIONI

A circa 700 euro compresa IVA ritengo sia impossibile trovare un rifrattore che offra più del Bresser 152-S a cui non difetta né robustezza meccanica né quantità di luce raccolta.

Risulta anche arduo muovere qualche critica allo strumento a parte la scelta, giustificabile, del materiale della cella supporto del gruppo spianatore. In molti sarebbero disposti a investire cinquanta euro in più e avere un petzval usabile anche con il prisma di Herschel pur non essendo questa la vocazione principale del telescopio.

In questa fascia di prezzo non esistono nemmeno dei reali competitor a mio modo di vedere. Gli Skywatcher 150/750 presentano una architettura meno raffinata e prestazionale, costano poco di più ma sono anche meno pesanti di quasi tre chilogrammi il che potrebbe renderli preferibili a chi impiega montature sotto-dimensionate.

Il resto della produzione, e mi riferisco ai vari 152/900 multibrand, risulta non valevole il prezzo richiesto se commisurato al Bresser. Restano strumenti di fascia e prezzo più alto come il Vixen NA-140SS che costa più del doppio ma che si comporta come un vero astrografo spianato (pur sempre acromatico) e risulta anche più leggero con un peso di poco meno di 7 kg.

Se escludiamo il Vixen e vogliamo pensare ad un rifrattore leggero e di buona qualità, dotato di ottiche ben corrette e anche capaci di arrampicarsi sulla china degli ingrandimenti, mi sovviene purtroppo solo un “pezzo” (introvabile): il Borg 150-ED. Ma anche qui dobbiamo mettere in previsione almeno tremila euro (ammesso che sia in buono stato) per acquistarlo da qualche amatore che ha deciso di alienarlo.

 

PRO: diametro, costruzione, prestazioni globali, distribuzione dei pesi, costo irrisorio nella valutazione del “value for money”, possibilità di collimazione after market, prestazioni fotografiche in mono banda di ottimo livello con uno spianatore aggiuntivo.

 

CONTRO: cella porta gruppo posteriore in materiale plastico, campo spianato molto meno ampio dei “Petzval” apocromatici blasonati come il TeleVue 127i (che però costa oltre diecimila euro...).

Ci potete contattare a:

diglit@tiscali.it

oppure usare il modulo online.

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