TAKAHASHI CN-212 vs FCT-150

Aprile 2016

UN CONFRONTO RARO E SPECIALE

La sera del 25 aprile è stata, e questo senza sminuire in alcun modo l’importante ricorrenza nazionale, una delle più emozionanti dal punto di vista astronomico degli ultimi anni.

Graziato da un seeing di ottimo livello e da una trasparenza altrettanto valida, almeno per il cielo milanese, ho avuto il tempo di preparare una personale sfida tra due tra i più amati strumenti della mia scuderia.

Sulla Vixen Atlux avevo preparato il riflettore newton/cassegrain CN-212 (operante per l’occasione a fuoco cassegrain f12,4) in configurazione “alpina”. Ho infatti deciso di trasferire lo specchio giapponese, e la montatura Atlux con il suo sistema Skysensor 2000-PC, nella mia postazione valdostana a quota 1800 metri dove lasciarlo come strumento polivalente. Il CN-212 andava però provato in modo adeguato in combinazione con la bella montatura Vixen e il rifrattore guida 60M (anch’esso Vixen) di recente acquisizione.

Devo dire che l’insieme, se si fa eccezione per i contrappesi non ancora riverniciati, si fregia di una certa eleganza e si è dimostrato di solidità granitica anche perché la meccanica Atlux regge con estrema disinvoltura i 12 chilogrammi dello strumento completo (OTA CN-212 + cercatore + diagonale e oculare + piastra, anelli e Vixen 60M) con smorzamento delle vibrazioni a 200x inferiore a 1 secondo.

Il secondo strumento, il superbo Takahashi FCT-150, ha invece trovato posto sulla Ioptron CEM-60 su colonna fissa.

L’idea della sfida è sorta solamente a inizio serata quando, intorno alle 21:30, stavo godendo di una immagine strepitosa di Giove attraverso il cassegrain Takahashi.

Chiacchieravo amabilmente con l’amico Francesco Romano via whats’app quando mi ha chiesto come mai non lasciassi spazio, data la bontà delle condizioni meteorologiche, al grande tripletto alla fluorite. In dieci minuti la sfida è stata raccolta e l’apocromatico installato e puntato sul grande pianeta gassoso.

Il CN-212, in accoppiamento all’oculare Takahashi LE da 12,5mm., forniva 211x con una immagine che difficilmente avrebbe potuto essere superata, almeno all’umore del momento. Bianchissima, mirabilmente dettagliata con la netta visione di due ovalini bianchi nella zona sud temperata, e una pletora indescrivibile di dettagli su tutte le altre bande oltre ai due bellissimi festoni grigio-bluastri all’equatore.

Ero restio a porre occhio al rifrattore da 6 pollici pur conoscendone le capacità poiché pensavo (erroneamente) che l’ottimo seeing della serata (sicuramente superiore a 8/10) desse ragione al maggior diametro (21 cm. contro 15).

In effetti, quando ho a malincuore migrato la mia persona del metro e mezzo che separava i due strumenti per pormi all’oculare del FCT-150, ho vissuto una certa delusione. Accoppiato al 5mm. LE il rifrattore permetteva esattamente lo stesso ingrandimento del cassegrain (210x) ma l’immagine soffriva di una serie di problemi che la rendevano non solo meno dettagliata ma anche meno bella.

Era ben percepibile una forte cromatica differenziale (che tingeva un bordo del pianeta di magenta e l’altro di blu) oltre ad una generale sensazione “flou” e una dominante calda non esaltante. I dettagli si intravedevano numerosi ma apparivano terribilmente lontani da quelli mostrati dal CN-212.

Ho pensato ci fosse qualche problema nell’oculare o nel diagonale e così li ho sostituiti entrambi con elementi di pari dimensione, lunghezza focale e schema diverso ma il risultato, se non per lievissime differenze, rimaneva sostanzialmente identico.

Non avevo coraggio di ammettere all’amico Francesco (felice possessore di un bellissimo TEC 160-FL) la superiorità schiacciante del CN-212 e così ho preso tempo. E’ bastata una mezz’ora (che ha portato il tempo di esposizione alla sera del FCT a quasi un’ora) a cambiare profondamente le cose. Il seeing era addirittura migliorato e il CN-212 si superava ma, incredibilmente, l’immagine nel FCT-150 andava ad affinarsi in modo ancora più rapido. Nei successivi 15/20 minuti le prestazioni si erano livellate, in alto. La cromatica differenziale era quasi del tutto scomparsa e la finezza dei dettagli si stava finalmente mettendo a fuoco.

Nel frattempo Giove si arrampicava lungo l’eclittica e volgeva alla culminazione sul meridiano locale. Nella seguente mezz’ora ho assistito alla più stupefacente rimonta e allungo schiacciante dello strumento a lenti.

Non avrei scommesso un penny che il Giove restituito dal CN-212 potesse celare altri dettagli, soprattutto in ragione del seeing ora eccezionale raggiunto dal cielo della mia zona, ma quello che le magiche lenti del grande rifrattore Takahashi mostravano rendevano quasi “sfuocata” l’immagine, mi si creda, comunque mozzafiato del cassegrain. Si dice a volte “immagine da fotografia” ma nel corso di quella notte incredibile mi sono accorto che, forse, una simile emozione non l’avevo mai provata.

Ho finito con il contare quattro sotto-strutture orizzontali alternate (3 sottilissime bande e un paio di cambi di densità) nella sola regione polare sud, meglio di alcune foto eseguite da me stesso sul gigante gassoso con strumenti tra i 20 e i 25 cm. Non so, e non è un eufemismo, descrivere il restante 70% del disco planetario. Qualsiasi parola usi lascerebbe largamente insoddisfatta la verità oggettiva di visione, e nonostante Francesco al telefono continuasse a chiedermi di riprendere un video ed elaborarlo mi sono imposto di non rinunciare alla visione diretta in favore di inutili e pretestuose immagini facilmente dimenticabili.

Quando, dopo altre due ore di osservazione, ho smontato la strumentazione avevo un sorriso lieve indelebile non solo sul viso ma, più profondamente, nelle curve dell’animo.

La fortuna di possedere e poter confrontare due “top class” è non comune a molti, soprattutto quando le condizioni atmosferiche permettono loro di giungere al massimo delle prestazioni.

Accordare la compresenza di seeing superiore a 8/10, dei due strumenti, della quiete di una notte a casa senza disturbi, e la solitudine, che lascia anche il tempo di vivere le immagini non solo con gli occhi ma anche con i muti pensieri dell’animo, è un privilegio raro. Essere l’uomo al posto giusto e nel momento giusto mi ha donato un ricordo unico e bellissimo.

Ancora una volta posso dire che, per quanto fantastiche, le ottiche a lambda/20 del cassegrain e i suoi trattamenti di altissimo livello non sono riusciti a pareggiare quanto il re dei rifrattori da 6 pollici di ogni tempo (e che costava quasi 26.000 dollari nel suo ultimo anno di commercializzazione) sa fare su un pianeta delicato e terribilmente intricato nelle sue componenti nuvolose come Giove.

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