Gennaio 2014
Una delle prime preoccupazioni del disegnatore di campi stellari è quella di realizzare uno schizzo che sia verosimile non solo in quanto a “luminosità” del soggetto rappresentato ma anche e soprattutto in quanto a proporzione dello stesso nel campo inquadrato e corretto posizionamento degli elementi facenti parte del disegno.
La maggior parte degli scketch che si possono ammirare sul web, specialmente quelli che ritraggono soggetti del cielo profondo (galassie e nebulose di varia natura) appaiono sempre (per quanto belli e ben realizzati) assolutamente esagerati quanto a luminosità del soggetto. Leggendo le didascalie che li accompagnano ci si può facilmente rendere conto di quanto, anche in buona fede, il disegnatore abbia “calcato la mano”. Se le galassie si vedessero DAVVERO come vengono rappresentata sarebbe da fare salti di gioia e stappare bottiglie di champagne ad ogni osservazione.
Altra cosa, a mio modo di vedere più importante, è il corretto posizionamento degli elementi che compongono il disegno.
Senza un reticolo preciso che suddivida in aree bene identificate il campo inquadrato dall’oculare è ovviamente difficile essere molto precisi ma risulta indispensabile sforzarsi affinché quando disegnato possa essere non smentito troppo (quanto a posizioni) da fotografie tratte con DSLR o CCD vari.
Occorre, prima di lasciarsi prendere dalla volontà estetica del disegno, posizionare correttamente le stelle di campo principali e poi, lentamente, quelle più deboli sino alla soglia di percezione.
Solo dopo aver correttamente (o quasi) predisposto il campo del disegno sarà possibile individuare il soggetto principale e rappresentarlo.
Per comprendere quanto espresso ho eseguito, in condizioni “turistiche” (quindi senza reticoli, ausili di sorta, e una strumentazione minima: carta e matita di tipo “B”) uno schizzo dell’ammasso aperto delle Pleiadi (M45).
Il disegno è stato effettuato all’oculare di un rifrattore Takahashi FCT-150 con oculare Takahashi LE da 30 millimetri per un potere di circa 35x e un campo reale di 1,4°. Il disegno è stato tratto sotto il cielo di Milano, con Luna piena alta sull’orizzonte in una serata di inizio gennaio 2015. Dato il chiarore generale e il cielo ben poco terso della città non vi è stata alcuna possibilità di scorgere la nebulosità azzurra che circonda le stelle principali.
Dopo aver eseguito lo schizzo iniziale l’ho terminato a tavolino (cancellando le annotazioni varie) e creando il suo “inverso” in bianco e nero.
Ho poi scelto una immagine qualsiasi tratta dal web per provare a confrontare il campo inquadrato e la correttezza di quanto disegnato.
Ho sovrapposto le due immagini indicando con un cerchio VERDE gli elementi correttamente posizionati (molto ben corrispondenti devo dire...), in GIALLO quelli leggermente “fuori posizione” (di valori davvero limitati ed esigui e praticamente accettabilissimi) e in ROSSO quelli decisamente sbagliati.
Sono stato piuttosto severo con il mio lavoro ma ritengo che l’esito sia utile a far comprendere la difficoltà di essere precisi in mancanza di riferimenti costanti.
foto non dell'autore presa da web (sopra) - confronto di posizione (sotto)
Qui sotto il disegno finale che è stato confrontato con la fotografia
Sicuramente si può fare di meglio ma, lavorando con un minimo di attenzione e anche senza strumenti particolari è possibile non sbagliare troppo. Essere precisi ha importanza fondamentale se quello che ricerchiamo è una riproduzione accettabilmente fedele di quanto osservato.
Lo stesso principio va applicato alla “brillanza” apparente delle componenti stellari. Purtroppo, nel disegno, rendere un astro più luminoso di un altro passa necessariamente per la sola strada disponibile: farlo “più grosso”. E’ una limitazione che dobbiamo purtroppo accettare anche se rende le immagini stellari degli astri maggiori molto grandi e “misurabili” quando questo, nella realtà, non avviene.
Nel disegno delle PLEIADI usato sono stati scelti 4 diversi tipi di diametro (eseguiti in modo non precisissimo ma comunque sufficientemente indicativo). Si è trattato di una “normalizzazione” del disegno poiché, a ben vedere, il range di magnitudini disponibili all’oculare era sicuramente maggiore.
A questo proprosito devo ammettere che nello schizzo di rilievo avevo indicato anche un 5° livello di luminosità che ho poi “accorpato” nella finitura del disegno diventando eccessivamente difficile distinguere i dischi stellari indicati con il valore 1 da quelli indicati con il valore 1/2 (per cronaca 1 e 1/2 sono le stelle meno luminose, 4 quelle maggiori).