Il re dei rifrattori da 6 pollici - da marzo 2015
Takahashi è sempre stata, fin dai suoi esordi, l’azienda di riferimento in campo amatoriale e semi-professionale per i telescopi a rifrazione ed è riuscita anche a realizzare ottiche a riflessione che sono entrate nella storia per qualità e prestazioni.
Il cavallo di battaglia della compagnia giapponese è però sempre stata la fluorite minerale declinata nelle varie configurazioni ottiche a rifrazione progettate e realizzate.
Sebbene altri, come ad esempio la Zeiss (ma anche Vixen e oggi TEC e altre piccole aziende minori come la Aries solo per citarne una), abbiano usato la fluorite cristallina per alcune ottiche è Takahashi ad essersi distinta per un impiego massiccio su una ampia gamma di strumenti che vanno dai piccolissimi 50 millimetri del TS fino ai 300 millimetri dell'incredibile FET.
Famosi e blasonati (a buon rigor di logica) i vari rifrattori della serie FC prima e FS poi, sostituiti negli ultimi anni per motivi economici e fotografici più che altro dai TSA e TOA, hanno rappresentato un punto di arrivo per tutti gli amatori che riconoscono nello schema a rifrazione qualità introvabili in altre configurazioni ottiche.
Non tutti gli strumenti Takahashi sono però stati prodotti su larga scala e, alcuni di questi, vuoi per le intrinseche stranezze progettuali, vuoi per costi elevati, sono rimasti pezzi per pochi. Tra i primi sicuramente la serie Teegul, tra i secondi... beh, qui l’elenco si spreca (dagli Epsilon da 300 e 350 mm., ai newton 250, dalle montature della serie 2500 e 3500 ai famosi FCT di medio e grosso diametro e i loro cugini FET).
Quando penso a Takahashi penso a strumenti che, indipendentemente dalle prestazioni pure (in alcuni casi eguagliate anche da altri brand), fanno di una livrea elegantissima e di meccanica “tradizionale” di gran livello loro punto distintivo.
Non esiste nessun altro produttore che sia stato in grado di realizzare una così vasta gamma di telescopi "top" e mantenerla “viva” nel corso delle decadi.
Sono un Taka-Boy, lo sanno tutti e non lo nascondo, e ogni loro prodotto, specialmente un poco “vintage”, mi seduce in modo languido.
Ho avuto tanti telescopi diversi, praticamente quasi tutte le configurazioni ottiche esistenti, e pur trovandone alcuni virtualmente privi di difetti resto legato indissolubilmente alla Takahashi Seisakusho Ltd Company.
Se poi parliamo di rifrattori, nonostante abbia posseduto e/o usato principeschi Nikon, Pentax, Zeiss, Lzos, Astro Physics, non ho mai trovato in loro immagini che mi piacessero quanto quelle fornite dalla fluorite di casa Takahashi.
Non è ovviamente un semplice fatto legato a quanto mostrino all’oculare ma al modo in cui lo fanno. Giove è e resta Giove e osservarlo con un Lzos o un Takahashi non permette più o meno dettaglio ma semplicemente una diversa sensazione e, dovendo accordare il mio favore, ho sempre scelto l’immagine che mi piaceva di più.
Ho così finito per avere e collezionare (tanti sono poi stati venduti, ahimé) molti strumenti con la T e la S sovrapposte e alcuni ancora li sto cercando.
I vari FS e TSA, Mewlon di vario diametro, sono “andati e venuti" ma alcuni pezzi rari sono rimasti e mi tengono ancora compagnia. Dopo aver recuperato (ottiche che restano nella mia collezione e che ho deciso di non vendere) il rarissimo TG-150, il TS-65P, il CN-212, il FC100N (rarissima versione Steinheil a f10), ho cercato qualcosa che potesse completare la gamma e porsi come strumento “definitivo” (anche se sappiamo bene che questa definizione è solo temporanea perché le passioni si alimentano di novità). Il pur bel FS-152 appariva ai miei occhi troppo comune, e i moderni TOA da 15 cm., alla portata del semplice portafogli, non sono mai riusciti ad intrigarmi a sufficienza.
Volevo qualcosa di speciale e sono stato baciato dalla sorte...
Quando Takahashi propose la serie FCT (che nasce come evoluzione perfezionista della più classica FC a doppietto) aveva l’ambizione di creare uno strumento che fosse perfetto.
Meccanica di altissimo livello, focheggiatori da 4 pollici (siamo negli anni ’80, non dimentichiamolo), obiettivo in grado di superare qualsiasi test e offrire prestazioni ai vertici massimi. Venne abbandonata la strada dei doppietti per un nuovo tripletto da loro derivato che, di fatto, azzerasse completamente qualsiasi minimo residuo di aberrazione cromatica e permettesse rapporti focali più “spinti”, una focalizzazione ineccepibile e soprattutto una vocazione fotografica più marcata rispetto alla serie TS e FC.
Si cominciò, siamo agli inizi degli anni ’80, nel 1983 e 84 per precisione, con i modelli minori da 76 e 100 millimetri (che sarebbero poi stati i più venduti per motivi di peso e prezzo) per poi proseguire con i rari FCT 125 e 150.
Se il 5 pollici rientrava ancora nella sfera degli strumenti “normali”, benché costasse il doppio di un analogo Astro Physics, fu con il 150 che l’azienda giapponese superò sé stessa e abbandonò qualsiasi velleità di porre il proprio prodotto in competizione con il brand americano suo concorrente.
L’FCT-150 venne progettato e costruito con la dichiarata intenzione di essere il migliore 6 pollici compatto esistente. Nessun risparmio e compromesso minò il progetto e alla Takahashi non posero limiti di costo e di peso.
Il risultato fu uno strumento diverso dai fratelli più “piccoli” e più vicino, proporzioni a parte, agli stratosferici FCT-200 e 250 (strumenti costruiti solo su ordinazione e il cui prezzo non si discostava da quello di una Ferrari).
L’FCT-150 pesa più di 20 chilogrammi e costava alla presentazione quasi 20 mila dollari (più del doppio rispetto ai suoi concorrenti americani come l'Astro Physics 155 EDFS).
Differentemente dai competitor venne inoltre prodotto in un numero relativamente modesto di esemplari, alcuni finiti negli Stati Uniti, pochi in Europa, e il resto in madre patria e in alcuni paesi limitrofi.
Queste caratteristiche lo resero, al pari dell’APQ 150/1200 Zeiss, uno strumento “mitico” di cui molto poco è stato scritto dalle nostre parti.
Se sia effettivamente migliore di un APQ 150 o di un 155 EDFS è difficile dirlo. Questi strumenti (e tra loro non cito i fratelli a lungo fuoco FC-150 f11.3, Nikon 150 F12, Pentax 150 SD f12, Skymax 150 F12, ma anche lo Showa 150 FRT) hanno un loro carattere particolare e una schiera di estimatori che, anche giustamente, ne decantano le qualità. Sicuramente però l’FCT-150 permette una visione che solo le ottiche Takahashi alla fluorite sanno restituire.
Ho avuto modo di osservare più volte nei migliori Astro Physics da 15 e 18 cm. (ma anche in LZOS di pari diametro) e, pur accettando prestazioni di altissimo livello, non mi sono mai piaciuti più di tanto. Forse per via della spaziatura in olio, forse a causa della “ricetta” delle lenti... Restano magnifici, sia chiaro, ma non cambierei mai un un FCT con un EDFS e questo a prescindere dalla livrea che, almeno a mio gusto, è molto più accattivante nel prodotto giapponese.
Il mio sogno nel cassetto sarebbe stato l’FC-150, la introvabile versione a doppietto aperto a f11.3, ma se recuperare un FCT-150 è impresa ardua, avere un FC-150 risulta praticamente impossibile essendo in mano quasi solamente a pochissimi osservatori giapponesi.
Così, quando è capitata l’occasione di mettere le mani su 2 (diconsi DUE) FCT-150 con numero di serie 4 e 7 (quindi 2 tra i primi sette prodotti) non abbiamo badato a sottigliezze e ci siamo catapultati in terra straniera a recuperarli.
Sì... ci è rimasto tra le mani anche un TOA 150 completo di "tutto".... ma solo perché ci dava dispiacere lasciarlo al proprietario originale... Una autentica gioiosissima follia che ho condiviso con gli amici Marco e Fabio.
Fluorite refracting telescopes
Attention has been generally directed toward fluorite as an optical material for its unique optical characteristics since 1886 when Abbe used fluorite CaF2 for its application in apochromatic lenses for microscopes. Following the introduction of the fluorite on the camera lens in the 1960’s, Takahashi Seisakusho Ltd. company started the development of fluorite objective lenses in 1970 for astronomical telescopes for the first time, and in 1977, the 90mm fluorite refracting telescope was announced and received domestic and foreign praise as the premier refracting telescope. From 1981, beginning with FC-100, FC-65, FC-76, and then in 1982, FC50, FC-125 etc., small and medium aperture machine types announced the entire F8 series, and the FCT and FS series which improve capabilities to a greater extent were further developed while the superior optical capabilities of fluorite were pursued to the extreme, and finally, a product with good operation capabilities as a short focus telescope with no chromatic aberration was realized. Also, reducer development was carried out that could not be actualized in the former refraction telescope simultaneously with the successful mass production and sale of an epoch-making telescope which introduced the new concept of a high quality optical system where visual observation and a combined use of photographic set-up is possible.
Unofficial translation from Takahashi Seisakusho Ltd. product catalog document (1994)
FCT SERIES
1984/7/20-21: FCT-150 preproduction model at '84 telescope & binoculars spreading/displaying' exhibition.
1985/3: New product FCT-76 tube announcement (76-487).
1985/7: New product FCT-150 tube announcement (150-1050).
1986/1: New product FCT-100 tube announcement (100-640).
1986/7: New product FCT-65 tube announcement (65-320).
1986/7/25-26: FCT-125 preproduction model at '86 telescope & binoculars spreading/displaying' exhibition.
1986/10: Lenses becomes multiple coat on the FC and FCT series except Fluorite lens.
1986/12: Monthly astronomical January edition, 'FCT-65' test report.
1987/3: New product FCT-125 tube announcement (125-705).
1987/6: Astronomical guide 'New Face Test Report ', FCT-76.
1987/9: Astronomical guide October edition, ' New Face Test Report ', EM-10 & FCT-100.
1987/11/22-23: FCT-200 with EM-2000 equatorial mount at Yorii factory and the Nagoya showroom.
1987/12: The FCT-76 is modified to rack and pinion focuser system.
1988/1: Dark green paint becomes on light green paint on telescopes.
1988/2: Monthly astronomical March edition, EM-10 & FCT-100 test report.
1989/12: Astronomical guide January edition, ' New Face Test Report ', FC-125, FCT-125.
1990/January to April: Fluorite gemstone crystal sale available at FC or FCT tube purchases.
1991/10: New product FCT-200 tube announcement (200-2000).
1992/6/25: FC and FCT series, also Fluorite element becomes multiple coat.
2000/2: New product FCT-250 tube announcement (250-2500).
2002/11: New product FET-200 tube (Triplet Fluorite ED).
2006/2: New product FET-300 tube announcement (300-2400).
Takahashi aveva già sperimentato obiettivi a tripletto prima della serie FCT. I “vecchi” TS a tre lenti (di cui ho un esemplare da 65 millimetri e di cui mi venne proposto tempo fa la versione da 90 millimetri e 1200 di focale alla rispettabile cifra di 2.000 euro) erano strumenti di alto pregio e prestazioni. Nati nei primi anni ’70 vennero destinati soprattutto al mercato interno e reperirli in Europa o negli Stati Uniti è piuttosto difficile anche se, di tanto in tanto, qualcosa “salta fuori” se si ha l’accortezza di porre annunci su tutti i principali mercatini.
L’ottica del FCT-150 è però diversa e figlia di un progetto più moderno. Peculiarità (all'epoca la tecnologia dei trattamenti antiriflesso era molto meno avanzata rispetto ad oggi) è data dall’elemento centrale in fluorite cristallina minerale privo di coating per gli esemplari prodotti fino al giugno del 1992. Il mio esemplare (che dovrebbe risalire all'anno 2000 - settimo esemplare) dovrabbe invece essere dotato di coating multiplo. Sulla corretta attribuzione dei numeri di serie Takahahsi trovo però notevoli difficoltà e nemmeno la casa madre ha saputo darmi ragguagli certi. Sembra che molti prodotti utilizzino una stringa numerica di 5 cifre delle quali le prime due indicano l'anno di produzione e le seconde tre il numero progressivo in capo all'anno individuato. Altri prodotti (vedi le serie FCT e MT) "vagheggiano" un po' e mentre per le prime trovo contraddizoni continue per le seconde sembrerebbe essere stato usato un criterio di progressione semplice in base al modello prodotto (e quindi indipendentemente dall'anno di stampigliatura), non si spiegherebbe come mai ci siano ad esempio solo 4 cifre e sovente le prime riportino numeri inferiori al '67 (primo anno di immissione sul mercato di un telescopio Takahashi). A mia precisa domanda Takahahsi Japan ha risposto che "non sa" avendo perduto molti dati. Non ho una EMOTICON per l'omino che si mette le mani tra i capelli, e mi dispiace... così passo ad altro.
Qualcuno ha voluto testare la differenza di magnitudine massima raggiunta confrontando un FCT-150 ad un Astro Physics 155 EDFS trovando una differenza di 0,04 mag., valore che ritengo francamente inutile e praticamente ininfluente (e anche sinceramente difficile da rilevare...) oltre che più facilmente permesso dai 5 millimetri di divario tra i due obiettivi più che dalla capacità di focalizzazione. Ritengo inoltre che il dato, proprio in virtù del mezzo centimetro di differenza, testimoni una migliore focalizzazione nel Takahashi e, a parità di altri dati, una superiore trasmissione luminosa dell’obiettivo giapponese rispetto a quello americano. Sono però sofismi che lascio a chi desidera con essi trastullarsi.
Altra caratteristica del tripletto giapponese è quella di essere stato progettato per un impiego fotografico di alto livello tanto che lo strumento può essere accoppiato ad un correttore/riduttore/spianatore che porta il rapporto focale a F.5. Siamo nel 1985 e il prezzo del riduttore è di circa 2700 dollari...
In alto l’obiettivo tripletto senza il paraluce, sotto la targhetta identificativa. N° di serie “7”.
Ritengo, secondo le ultime indiscrezioni, che si possa trattare del settimo esemplare prodotto nell'anno 2000. Si legga però nell'articolo l'assoluta vaghezza descritta riguardo alla numerazione di serie dei prodotti Takahashi che sembra essere poco coerente e di cui molte informazioni persino la casa madre ha perso traccia...
L’FCT-150 è compatto ma leggermente più “grosso” rispetto all’attuale TOA 150. A vederlo sembra maneggevole ma basta alzarlo per capire quanto sia dannatamente pesante. I 22 chilogrammi ci sono tutti ma, tanto di cappello ai progettisti, sono perfettamente distribuiti.
Solamente il focheggiatore da 4 pollici pesa 3 chilogrammi in più rispetto al modello da 2,7 pollici standard e la flangia posteriore, che ha funzione di maniglia, punto di innesto per ottiche secondarie e contrappeso, aiuta a bilanciare in modo corretto la pesante ottica. Il resto è nell’intubazione.
Chi ha sperimentato gli attuali TMB e APM, ma anche i TEC, si troverebbe spiazzato (positivamente) nel constatare quanto rigido e pesante sia il tubo che collega l’obiettivo al gruppo di focheggiatura. Nessuna flessione è possibile e il bilanciamento sulla montatura trae dalla distribuzione uniforme dei pesi grande vantaggio.
Nonostante questo non si può pensare, se non per un utilizzo sporadico, di installare i 22 chilogrammi dell’FCT su una EQ6, in parte anche per via della illogica differenza qualitativa che divide i due prodotti, in parte perché la montatura cinese non è assolutamente in grado di reggere il telescopio in modo da farlo performare correttamente. Se una semplice Losmandy G11 può svolgere il compito di portare “sua maestà” in modo permanente va però detto che L’FCT-150 meriterebbe la sua montatura, che è la EM-500 o la EM-400, ma il costo di questi gioielli è pari a quello dell’ottica e il set-up finito richiede un investimento che risulta proibitivo per la maggior parte degli appassionati (in questo momento me compreso).
Ho così deciso, con un occhio al portafogli e l'altro a una innata volumptas anticonformista, di scegliere una montatura Ioptron CEM-60 che, nel corso del tempo, sia è dimostrata ottimamente in grado di gestire la massa del rifrattore. Inoltre, aspetto secondario dal punto di vista prestazionale ma non da quello estetico, l'insieme, installato su una colonna fissa, è molto piacevole.
Lo strumento in mio possesso non ha un vero e proprio cercatore (quello originale di serie era comunque molto bello) ma un piccolo telescopio di pari livello qualitativo. Collegato alla flangia posteriore porta oggetti è presente un “holder” (nel solito colore verdino Takahashi) che sostiene un FS-60C a cui è accoppiato anche il Q-Extender da 1,7x. Il risultato è un piccolo ed eccezionale telescopio da 60 millimetri di fluorite con focale 355 millimetri che vengono portati a 600 (per un f10 reale) con l'extender dedicato. Il tutto condito dalla ineccepibile meccanica Takahashi e dalla sua livrea classica con il focheggiatore che sembra una miniatura di quello da 4 pollici del FCT-150. Per informazioni maggiori sul FS-60Q si veda il test relativo su questo sito: http://www.dark-star.it/astronomia-articoli-e-test/test-strumentali/takahashi-fs60-q-e-c/
Tra tutti gli strumenti a rifrazione che ho avuto il piacere di possedere e/o usare ho sempre attribuito la “palma” del migliore "star test" al Takahashi FC-100N che è aiutato sia dalla eccelsa qualità del suo doppietto steinheil alla fluorite sia dal favorevole rapporto focale di f10.
Le immagini stellari a fuoco del 10 cm. giapponese sono ineguagliate e parimenti risulta l’assoluta parità tra gli anelli di Fresnel mostrati in intra ed extra focale.
Ho provato varie volte a “indovinare” la posizione di intra ed extra modificata manualmente da altri osservatori trovando enormi difficoltà a riconoscerle.
Ho quindi reputato che il termine di paragone per l’FCT-150 fosse proprio il piccolo cugino da 4 pollici anche se la differenza considerevole di apertura e rapporto focale giocano sicuramente a favore dell’ottica minore.
Sebbene lo star test dell’FCT-150 sia molto buono devo ammettere che non raggiunge la perfezione dell’FC-100N nelle immagini di intra ed extra focale. O meglio, quasi identica appare l’intrafocale mentre in extra si assiste ad una impeccabile figura nell’FC e in un minore contrasto degli anelli nell’FCT. A fuoco la situazione appare praticamente identica, salvo la maggiore sensibilità alla turbolenza del 15 cm. e la differente resa fuori fuoco è perfettamente in linea con la fisica ottica di un doppietto apo a f10 da 10 cm. e di un tripletto apo a f7 da 15 cm. Il punto di fuoco appare ovviamente unico e inequivocabile e la pulizia generale intorno alla stella di riferimento molto elevata anche se, in una spasmodica ricerca, si può evidenziare una lievissima luce diffusa che non è ritrovabile nel più piccolo 10 cm. a f10. Anche qui tutto in linea con la teoria e mi sento di promuovere il grosso Takahashi pur lasciando la palma di vincitore assoluto al 10 cm. in versione steinheil.
L’inverno tra l’anno 2014 e 2015 è stato un disastro, almeno dalle mie parti, quanto a stabilità dell’aria e turbolenza. Oltre ad essere stato mediamente piovoso il cielo non ha quasi mai offerto un seeing adatto ad eseguire lavori interessanti in alta risoluzione. Ho avuto due sole eccezioni la sera del 9 e del 17 febbraio 2015 quando, però, stavo utilizzando l’economico Bresser 127L acromatico. Un vero peccato perché la sera tarda del 17 febbraio ho goduto di una stabilità dell’aria ottima con punte (rapportate al diametro da 5 pollici) di 8/10 sulla scala di Pickering. Sono riuscito, grazie alla fortunata condizione, ad ottenere in quella occasione ottime immagini del pianeta Giove (quasi al limite teorico dello strumento usato) e una visione del pianeta gassoso davvero strepitosa pur stando all’oculare di un modesto doppietto acromatico da poco più di 300 euro.
Le sere destinate all’osservazione e ripresa con l’FCT-150 sono state invece molto meno esaltanti con microturbolenza elevata e rarissimi momenti di seeing stabile con valore di circa 5/10 o poco più.
L’immagine di Giove all’oculare ne ha sempre risentito e ingrandimenti di circa 210x sono stati il massimo realmente sfruttabile (oculare Takahashi LE-5 mm.). Nonostante questo ho maturato una certa esperienza nell’osservazione del maggiore dei pianeti del sistema solare con l’FCT-150 e ne ho ricavato alcune indicative informazioni.
La prima, e forse la più importante, è che il 6 pollici giapponese richiede ingrandimenti superiori ai 300x per operare bene su Giove. Sotto questo potere l’immagine appare infatti eccessivamente bianca (una caratteristica anche del FC-100N che però raccoglie meno luce) e molto più luminosa di quanto non avvenga, ad esempio, in un classico Schmidt Cassegrain da 20 cm.
La focalizzazione è molto buona e i dettagli sul pianeta sono infiniti. A 200x le regioni intorno la NTB sono piene di sottilissime bande così come avviene a sud della SEB e intorno alla STB ma si sente il bisogno di salire con gli ingrandimenti. Anche le regioni polari sono striate in varie tonalità di rosso mattone chiaro e la zona equatoriale, così come la South Equatorial Band, appare (in tonalità diverse e con saturazione opposta) screziata di striature e ricami delicatissimi.
La seconda lezione che mi ha dato lo strumento concerne la grande difficoltà di approccio che impone. La resa dei bianchi e la lucentezza delle immagini richiedono, differentemente da quanto abituato con altri rifrattori di pari apertura, un po’ di tempo all’oculare per estrarre tutta l’informazione a disposizione. Non come avviene con i grossi strumenti, che obbligano ad attendere le frazioni di secondo in cui il seeing mostra picchi di miglioramento, bensì perché il complesso occhio cervello sistemi la saturazione del bianco e si “tari” su un livello di resa particolare che sembra esaltare proporzionalmente più i bassi contrasti che le regioni a forte differenza di colore.
Le striature delle zone temperate a latitudine maggiore ne sono un chiaro esempio e la differenza con altri rifrattori da 15 cm. è piuttosto marcata.
Altra lezione che l’FCT ha preteso imparassi riguarda il suo equilibrio termico che viene raggiunto in tempi piuttosto lunghi. Differentemente dai doppietti classici (ma anche da alcuni tripletti di pari apertura) il grosso Takahashi se la prende comoda forse anche per via dell’elemento in fluorite chiuso tra due lenti e difficilmente prima di due/tre ore è pronto per mostrare cosa può fare. Il miglioramento avviene in modo graduale e costante ma impiega un tempo adeguato.
Ultima considerazione, che sorge spontaneo inserire in questa sezione dell’articolo per via degli alti ingrandimenti raggiungibili, riguarda il focheggiatore e la montatura che deve sostenere il set-up. Il pignone e cremagliera Takahashi è fantastico: non ha giochi, è meravigliosamente realizzato, ma non è come uno dei tanti crayford a cui ci siamo abituati negli ultimi anni e che si muovono solo sfiorandoli. Serve pressione sulle manopole e, quindi, serve una montatura di buon livello altrimenti “ciao e vibrazioni”.
Detto questo, conviene sperare che prima o poi torni la “sera giusta” e di essere dietro al FCT-150 per godere di un Giove da ricordare.
Le stelle doppie e multiple sono, non ne faccio segreto, una delle mie passioni. Sarà che dall’inquinato cielo milanese, da dove osservo perlopiù, rappresentano un target molteplice e pressoché illimitato o forse perché, osservandole da anni, mi sono di loro invaghito sono e restano una delle mie passioni astronomiche.
In questo campo l’FCT-150 sfodera buona parte delle sue incredibili qualità. A qualunque ingrandimento si decida di lavorare l’immagine è geometricamente e cromaticamente perfetta e le stelle appaiono in tutto il loro splendore e variegata tonalità di colore.
Il solo appunto che posso muovere all’FCT-150 è di avere una focale corta. 1 solo metro, o poco più, limita il potere raggiungibile con gli oculari tradizionali a circa 375x (Takahashi LE 2,8mm.) o, al massimo, ai 456x offerti dal Celestron da 2.3 millimetri. Si tratta di oculari con già una sorta di barlow integrata ed è un peccato perché, accoppiando la barlow 2x Celestron al plossl economico da 4 millimetri si ottengono 525x che sono il giusto valore a cui osservare i sistemi più stretti. La barlow 2,5x apocromatica, sempre in abbinamento al plossl da 4 mm., eleva il potere a un rispettabilissimo valore di 656 ingrandimenti, ai quali l’immagine stellare è ancora perfetta e senza alcun segno di decadimento.
Non amo gli “accrocchi” e quindi tendo a limitarmi ai 375x o 456x raggiungibili senza ulteriori complessi negativi, con i quali sono più volte sceso sotto il limite di Dawes, che fissa il potere separatore dello strumento in circa 0,8”, allungando in modo palese sistemi con separazione da 0,6”.
Il vero piacere osservativo si ottiene però guardando doppie molto sbilanciate in cui l’immagine, delicatissima, lascia un’emozione persistente.
Nella mia vita di astrofilo ho trovato solo un altro strumento (o meglio altri tre) che potessero fregiarsi di una immagine similare o lievemente migliore e sono stati i più piccoli apocromatici da 10 cm. Takahashi FC-100N (F10), Pentax 105-SD (F9,5) e Nikon 100ED (F12). Ovviamente dotati di prestazioni inferiori quanto a capacità di risoluzione ma lievemente superiori quanto a luce diffusa che il rapporto F7 dell’FCT-150 non riesce ad eguagliare unito alla capacità doppia di raccolta della luce. E’ fisica, non si può pensare che uno strumento da 15 cm. a f7 abbia meno luce diffusa di uno, altrettanto perfetto dal punto di vista ottic, da 10 cm. aperto a f10.
Resta comunque l’FTC-150 un superbo rifrattore anche per stelle doppie, forse superabile solo da una sua inesistente (peccato) versione a f10 o F12 o dal già menzionato e "fantasmatico" FC-150 f11.3.
Affinché queste parole non tendano a lasciare il lettore con un po’ di amaro in bocca posso dire che l’immagine, confronto fatto a distanza purtroppo, appare significativamente superiore sia al mio precedente D&G 150/1800 che al FECKER 150/2250.
La visione del nostro satellite attraverso il grosso Takahashi è impagabile. Non ho altro modo di descriverla e riportare la visione di “questa” o “quella” rima o craterino appare francamente poco utile a trasmettere il senso di tridimensionalità che lo strumento offre. La superficie selenica, vagamente come siamo abituati a vederla attraverso le foto denominate “mineral moon”, è densa e anche tenuemente colorata. La scala di grigi che lo strumento restituisce è molto ampia e si notano in modo distinto e appariscente differenti tonalità nei mari e nelle zone riempite a vario modo dalla fuoriuscita del magma selenico. I dintorni dei crateri, quasi tutti, rivelano la frantumazione dei materiali rocciosi causati dagli impatti meteorici e il contrasto delle ombre è eccezionale. Si dice a volte che la sensazione sia quella di sorvolare il suolo e mai come attraverso questo strumento ho avuto la medesima impressione. Il limite appare fissato esclusivamente dalla turbolenza atmosferica e la visione del lembo lunare, sul cui sfondo di cielo nero si stagliano le catene montuose, è bellissimo ed estremamente netto.
Anche altri strumenti a rifrazione di pari apertura offrono visioni simili, ma la pulizia e trasparenza offerta da questo Takahashi sembra più “pura”, quasi non ci fosse vetro tra l’occhio e i crateri lunari.
Non mi è parso di accedere a maggiore dettaglio di quanto non facciano gli Schmidt Cassegrain da 25 o 30 cm. ma la visione è totalmente diversa e non paragonabile. Persino il CN-212 Takahashi, che in questo è superbo, offre una pulizia inferiore.
Chiunque abbia a cuore l’osservazione visuale lunare troverebbe affascinante perpetrarla attraverso questo FCT-150.
Provate a trovarvi sotto un cielo con magnitudine limite visuale ad occhio nudo superiore alla 6, a quota di quasi 2000 metri in un ambiente con bassa umidità relativa e totale assenza di luci parassite vicine o lontane. E fate in modo di avere questo Takahashi con voi...
Per offrivi una idea di paragone mi sento di dire semplicemente che, dal cielo di Milano (lattiginoso, umido, e chi più ne ha più ne metta), si scorge quasi sempre la componente "E "del complesso del trapezio nel mezzo della nebulosa M42. E talvolta anche la "F"...
A questo riguardo devo essere sincero fino in fondo e ammettere tutte le mie carenze.
Tanti anni fa ero solito (si usava ancora la Technical Pan 2415 e le varie Fuji 800 e Scotch Chrome 800/3200) trascorrere le notti in alta montagna a fotografare gli elusivi oggetti del cielo profondo.
Lo facevo con tutte le ottiche che mi passavano per le mani e mi divertivo.
Poi sono trascorsi gli anni e il mondo dell’astrofotografia è stato rivoluzionato dall’avvento di sensori a CCD sempre più performanti che offrono incredibili possibilità se si ha, anche, la pazienza di post elaborazioni lunghe e noiose.
Di questo non ho più voglia. L’astronomia è tornata ad essere, per me, la contemplazione serena del cielo e seppur ancora qualche immagine dei corpi del sistema solare la riprendo non sono più disposto alla cieca versione digitale del deep-sky.
l’FCT-150 è (non lo dico io) una macchina fantastica in questo tipo di applicazioni, specialmente se corredata del suo correttore a f5, ma io non posso e non voglio provarlo.
Se avessi l’occasione di trascorrere una notte o due con qualche bravo imager sicuramente gli lascerei il tripletto giapponese affinché si diverta, ma ora come ora mi limito alle considerazioni visuali, non me ne vogliano i lettori... Sul web è però possibile recuperare alcune immagini eseguite da fotografi di "manico" che, proprio con un FCT 150 hanno tratto quadri meravigliosi di nebulose diffure e galassie lontane. Io ne riporto solo una ringraziando l'autore che mi ha concesso di usarla più un'altra che ritrae M31 (consiglio di andare a vederla in formato originale...ho postato il link sotto il nome dell'autore).
L'amico JOSH WALAWENDER mi ha prestato questa sua bella immagine di M42 tratta
con un FCT-150. Ritengo sia, insieme a quanto reperibile sul web, indicativa della bontà
ottica dello strumento nelle applicazioni fotografiche. Sooto una superba ripresa di M31
ottenuta da un bravissimo Wade Van Arsdale.
Messier 31 (M31, NGC 224) is the famous Andromeda galaxy, our nearest large neighbor galaxy, forming the Local Group of galaxies together with its companions (including M32 and M110, two bright dwarf elliptical galaxies), our Milky Way and its companions, M33, and others. At modern times, the Andromeda galaxy is certainly the most studied "external" galaxy. It is of particular interest because it allows studies of all the features of a galaxy from outside which we also find in Milky Way, but cannot observe as the greatest part of our Galaxy is hidden by interstellar dust. Thus there are continuous studies of the spiral structure, globular and open clusters, interstellar matter, planetary nebulae, supernova remnants (see e.g. Jeff Kanipe's article in Astronomy, November 1995, p. 46), galactic nucleus, companion galaxies, and more. The Andromeda Galaxy is in notable interaction with its companion M32, which is apparently responsible for a considerable amount of disturbance in the spiral structure of M31. Computer simulations have shown that the disturbances can be modeled by a recent close encounter with a small companion of the mass of M32. Very probably, M32 has also suffered from this encounter by losing many stars which are now spread in Andromeda's halo. The Andromeda Galaxy is 250,000 light years in diameter and lies at a distance from Earth of 2.9 million light years, so it is more than twice as large as our own Milky Way galaxy.
Image Information Courtesy of SEDS.
Instrument: Takahashi FCT-150
Flourite Triplet Apo Refractor with Takahashi Reducer/Flattener @ f/5.0 focal ratio (525mm effective focal length).
Mount: Paramount ME by Software Bisque
Image Scale: 2.47 arc-seconds per
pixel
Camera: SBIG STL-11000M Large Format CCD Camera with Astrodon Gen. 2 LRGB Filters
Filters & Exposure Times:
L: 9 x 15 minutes binned 1 x 1
R: 4 x 15 minutes binned 2 x 2
G: 4 x 15 minutes binned 2 x 2
B: 4 x 15 minutes binned 2 x 2
Multiple Luminance Layering in Photoshop (technique as described by Rob Gendler) Total equivalent unbinned exposure time of 8.25 hours
Software: CCDSoft Ver. 5, CCDStack, Adobe Photoshop CS2, RC
Astro Gradient X-Terminator
Location: New Mexico Skies, Mayhill,
NM. El. 7250ft
Date: October 28th, 2011
Wade Van Arsdale - Little Rock, AR., USA - November 8th, 2011
Il test di un’ottica simile a quella dell’FCT-150 ha senso soprattutto se lo si paragona, side by side, a un “pari categoria”. Che sia un LZOS 152/1200, un AP 155, un TEC 160 FL, un TOA 150, uno ZEISS APQ 150/1200 ha relativamente poca importanza ma è indubbio che ognuno degli strumenti menzionati possiede un carattere proprio e offre immagini differenti e riconoscibili. Non parlo di differenze nette tra i dettagli percepibili ma di centratura del contrasto massimo a seconda delle varie lunghezze d’onda visibili.
Al momento della stesura di questo articolo non sono ancora riuscito a fare un test comparativo con strumenti in parallelo e quindi non riporto (ho già scritto le impressioni generali a questo riguardo) giudizi tratti da paragoni a distanza e memoria che poco senso hanno. Chiedo ai lettori di avere pazienza perché un confronto è in programma nel futuro quando, con altri fortunati amici, potremo disporre di una batteria di strumenti da 6 pollici in parallelo che farebbe invidia a qualsiasi Star Party americano.
Quando si è seduti all’oculare dell’FCT-150 si ha un solo lieve rimpianto: non avere un FCT-200...
Purtroppo è un desiderio che, almeno in questo momento della vita, non posso realizzare sia per motivi economici (il prezzo della sola ottica supera abbondantemente i 70 mila euro) che logistici (un tale rifrattore ha senso solo in unione con la superlativa EM-2500 o 3500 - con costi relativi - e all’interno di una cupola adeguata - per la quale occorre, oltre al vil denaro, anche la postazione adatta a realizzarla). Fantascienza... ma è è bello sapere che, al mondo, qualcuno ha l'enorme privilegio di usare simili strumenti.
Non potendo avere un FCT-200 dovrei quindi dire di essere felice solo a metà...
Se però valuto l’insieme delle possibilità non posso che esultare per avere il piacere di possedere questa superba ottica che è ancora trasportabile e installabile su montature “umane” e che rappresenta quanto di meglio si possa desiderare da un rifrattore quasi-definitivo. Inoltre, per alcuni conterà poco ma per me è parte del “gioco”, l’FCT-150 è esteticamente bellissimo.
In addendum, e lo dico a ragion veduta, per quanto un FCT-200 sia strumento sicuramente fantascientifico richiede (come del resto qualsiasi altro rifrattore da 20 cm. apocromatico di altissimo livello) condizioni di stabilità dell’aria notevoli per essere portato ai suoi limiti, condizioni che raramente i nostri cieli assicurano.
Mi resta la “sfergola” di fare una comparazione con il TEC 160 FL (versione alla fluorite) dell’amico Francesco Romano (recentemente recensito su questo sito) che purtroppo vive lontano da me ma sono sicuro, prima o poi, di riuscire a mettere i due gioiellini vicini vicini e vedere cosa succede.
In conclusione penso che non cambierei questo FCT-150 con nessuna altra ottica da 6 pollici al mondo e, se anche dovessi avere la sventura (per le mie finanze) di imbattermi nell’occasione di un FC 150/1700, sono certo che farei la pazzia di acquistarlo senza vendere l’FCT.
E sarebbe una ulteriore, meravigliosa follia.... (Se ne trovate uno, vi prego, NON ditemelo perché non resisterei!).