MERCURIO

Una piccola rivelazione nel cielo, difficile e affascinante. Agosto 2015

INTRODUZIONE

Mercurio, il più interno e piccolo dei pianeti del sistema solare, è una preda generalmente difficile ed è poco osservato dalla maggior parte degli astrofili, sia per la sua vicinanza al sole, sia per la sua scarsa luminosità che lo rendono non semplice da rintracciare nelle ore diurne.

Se però si dispone di una buona montatura dotata di goto e di stazionamento eseguito in modo corretto centrare il “portavoce degli dei” è impresa da poco. Ciò che apparirà all’oculare a basso ingrandimento è un piccolo puntino luminoso che si staglia in modo non molto brillante dal fondo cielo azzurro cilestrino e bianco (siamo in pieno giorno, nel mio caso quasi alle 14:00 di un pomeriggio di fine Agosto 2015). Aumentare l’ingrandimento, con il sole che picchia sul telescopio e i moti convettivi diurni, non è possibile oltre modo e pur avendo tra le mani un superbo FCT-150 Takahashi devo fermarmi, almeno in visuale, al potere offerto dal plossl da 6 millimetri. Siamo a 175x circa e il disco del pianeta è una Luna in miniatura, attualmente quasi al primo quarto, che si mostra in modo accettabilmente nitido ma senza altri dati se non quelli morfologici.

E’ un bel vedere, romantico a modo suo che consiglio a chiunque ami osservare i pianeti.

SINGOLO SCATTO

Dall’osservazione visuale alla fotografia però le cose cambiano molto. Devo ammettere che, se non avessi creato un nuovo supporto da me studiato per lo smartphone e avessi dovuto riprendere utilizzando le normali camere CCD o CMOS (di cui ho tre diverse configurazioni) non avrei sicuramente iniziato. Troppo lunghi i preparativi, troppo invadente la presenza di un PC portatile, eccessivamente noioso il groviglio dei cavi. Il fido telefonino però rappresenta una frontiera di libertà di cui mi sento un reale pioniere (perché se è vero che altri prima di me hanno fatto qualcosa è altrettanto vero che nessuno lo ha fatto con metodo e assiduità pari alla mia).

Per ottenere una traccia dimensionalmente significativa a questo potere sono costretto ad usare lo zoom digitale dello smartphone tarato al massimo possibile (4x).

A questo potere l’immagine vibra molto e il contrasto con il fondo cielo è molto basso ma rimane ancora possibile focheggiare alla ricerca di quella che sembra la posizione migliore del fuoco. E’ molto difficile, va precisato, trovarla e accorgersi di quale essa sia e quindi i risultati che otterremo, sia nell’opzione “single shot” che in quella di “filmato e stacking”, saranno parzialmente viziati da una leggera sfocatura.

Conviene sempre riprendere più immagini (almeno una decina) con lo scatto ritardato (2 o 5 secondi il ritardo a seconda della stabilità della strumentazione usata) per poi scegliere quella migliore (o meno deteriorata dal seeing).

La mia prima prova, effettuata in condizioni di forte irraggiamento solare, ha comunque messo in evidenza la fase planetaria anche se il contrasto e la pulizia di immagine offrono spazio al miglioramento.

FILMATO E STACKING

Immediatamente dopo aver scattato alcune immagini singole (tra le quali quella riportata) ho eseguito anche due video della durata di 3 minuti e mezzo   (5700 frames circa) sempre con la proiezione dell’oculare plossl da 6 millimetri e lo zoom digitale 4x del telefonino. Il primo video, a causa di una messa a fuoco errata, è stato cestinato. Il secondo, nonostante la focheggiatura perfettibile (ma posso assicurare che non è affatto facile trovare il punto di fuoco esatto sulla piccola sagoma di Mercurio con il potere di raccolta di luce di un 15 cm. in pieno giorno e con il sole sulla testa osservando dallo schermo del telefono), è invece riuscito ad offrire una immagine finale accettabilmente corretta.

Siamo ovviamente lontani da quanto riescono ad ottenere i migliori imager planetari che operano con sensori sensibili all’infrarosso e filtri selettivi oltre che con strumenti dai 30/35 cm. in su.

E siamo anche lontani dal limite della configurazione usata. Una giornata di seeing migliore e una più corretta messa a fuoco consentirebbero un netto miglioramento. Per ottenerlo serve solo pazienza e assiduità nelle riprese. Sono infatti certo che presto potrò inserire in calce immagini più dettagliate, magari contando anche in un leggero aumento delle dimensioni angolari del pianeta che, all’epoca di questa stesura, misurano solamente 6,4” (non il minimo, pari a 4,5” circa, ma molto lontano dal suo massimo che giunge a 13”).

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