Takahashi began manufacturing telescopes in 1967 their 35th year of business. They began and remain in the sand casting business today. Their first model was TS- 65 a 65mm x 900mm achromat. By 1969 they produced their first 65mm triplet semi-apochromat and 100mm f/10 reflector in 1969. The TS80 built in April of 1972 was the first triplet apochromat Takahashi telescope built. Then in 1973 their first fluorite triplet telescope was used too photograph the total solar eclipse on June 29th of that year in Africa . It was an 80mm x 1200mm and in the same year they produced their first equatorial mount with a polar telescope.
TS65P refractor 1st EQ mount w/polarscope 1972
This P type EQ mount is the 1st Tak mount with built-in polar scope, with Polaris position angle indicator, which is very easy for polar alignment thus obtain high accuracy for photographic use. The new designed 65mm lens with highest resolution which exceeds Dawes limit, the Cassini division of Saturn is resolvable. High quality wood is used for tripod, 48~82cm in length. Standard accessory: Or18, Or7mm eyepiece, diagonal prism, 5x25 9¢X finder, wooden case, weight 10.7kg. complete set price Yen53,000
TS65/ P2 mount 1979
This
65mm fluorite lens is a triplet APO design, thus achieve a very low chromatic aberration even at f/7.7. OTA weight 2.2kg
P-2 is usable from 0~70¢X latitude, it is one of the most precise portable equatorial mount ever made. Its R.A. worm (144 teeth) & gear uses the
same declination worm & gear of NJP. Dec. manual movement by tangent arm of 20¢X With the high magnification of polar scope, it is possible to align the polar axis accurately, tracking accuracy
+/-7", HD-2 R.A. motor, loading 6kg
Standard accessory of TS65: Or7, Or18 eyepiece, diagonal prism, 5x25 9¢X finder, wooden box or 12.2kg
Price: TS65 P2 complete set Yen119,500
P-2 EQ mount
Yen65,500
Il Takahashi in mio possesso viene da un noto commerciante estero (che non è riuscito a venderlo a nessuno prima che a me evidentemente). Pagato il giusto e senza sconti, lo strumento è giunto in buono stato e conforme alle mie aspettative.
La logica del suo acquisto deriva da una lunga chiacchierata avuta con un amico americano in occasione dell'acquisto del Pentax 105-SD. Non appena venne a conoscenza del mio interesse per la serie TS Takahashi trasalì, dicendomi che aveva alienato, pochi mesi prima, un raro TS 65-D (che è la versione a lunga focale della serie 65). Mi si incrinò una costola alla notizia dell'occasione perduta e mi feci raccontare dello strumento.
Ebbi poi occasione, grazie al link inviatomi da un altro amico d'oltreoceano, di accedere al mondo del mercato giapponese di ottiche astronomiche, accesso per il momento esclusivamente da “spettatore” in quanto difficilmente il materiale viene spedito oltre i confini nipponici e, comunque sia, acquistare in lingua originale mi è ancora impossibile. Nel corso di questi anni ho comunque trovato alcuni TS Takahashi (mai i 90 mm . però), prevalentemente nel diametro 65mm. e nelle due configurazioni di focale (500 mm . e 1000 mm.) e in condizioni di conservazione non sempre consigliabili.
La prima indicazione che si può dare usando lo strumento è di trovarsi nelle mani un'ottica quasi perfettamente spianata per uso visuale con oculari da 31,8 mm., anche grandangolari, prestazione sicuramente aiutata dal rapporto di apertura non molto spinto e pari a f 7.7. capace di immagini molto piacevoli.
L'obiettivo è uno dei primi Takahashi in configurazione tripletto, cosa oggi comune ma relativamente rara per il 1972, e si dimostra molto ben lavorato sia per contenimento della cromatica che per lucidatura e assenza di aberrazioni geometriche.
Le considerazioni che esprimo sono rapportate a quanto siamo soliti avere oggi dalle ottiche moderne ma se si pensa che lo strumento ha la mia età ci si rende facilmente conto di quanto fosse pregiato (benché piccolo) ai suoi tempi.
Non utilizzo, se non sporadicamente, i piccoli rifrattori apocromatici (o venduti per tali) di produzione attuale e quindi potrei non essere del tutto obiettivo nel giudizio ma ritengo che questo TS-65P sia, quantomeno a livello di correzione ottica globale, superiore. Probabilmente un moderno ED da 66mm. mostrerebbe un coating superiore in quanto a trasmissione luminosa ma dubito che possa vantare uno star test paragonabile al vecchio Takahashi.
Un test che non può dare indicazioni particolari ma sufficiente a farmi comprendere di essere davanti a un'ottica di alto livello. L'aberrazione sferica è praticamente assente, quella cromatica modestissima, e la puntiformità stellare risulta notevole con uno snap-test indicativo di ottima lavorazione e nessun tensionamento delle ottiche o astigmatismo rilevabile. Il tutto si traduce, nei limiti di luminosità di un 65 mm., nella non comune capacità di reggere ingrandimenti anche molto alti, nell'ordine delle 70/80 volte per pollice
Il primissimo test sotto il cielo dura poco più di dieci minuti trascorsi ad osservare l'evanescente immagine di Arturo attraverso nubi variegate. Alto tasso di umidità, diagonale dielettrico e il veloce intercambiarsi della serie LE Takahashi: 30 mm – 12,5 mm . – 2,8 mm. E' da questo primo veloce approccio che comprendo di essere al cospetto di uno strumento dalle ottime performances.
Altri test seguono il primo e, i particolare, alcuni svolti su stelle doppie e sul pianeta Giove. Mentre le prime sopportano ingrandimenti ben superiori ai 200x senza decadimento apparente di qualità nell'immagine, trovo il potere massimo utile su Giove prossimo ai 150x. Saggi con l'oculare Takahashi LE 2.8 (che offre poco più di 180x) hanno mostrato il limite oltre il quale il dettaglio non aumenta e, invece, l'immagine comincia a degradarsi. Personalmente preferisco la visione offerta dal 4mm. plossl che offre un potere molto contenuto (circa 125x) e una immagine perfetta benché un po' piccola. Lo ritengo un valore davvero lusinghiero per un'ottica da soli 6,5 cm . a corto fuoco con 37 anni di venerata attività, tanto che penso di eleggerlo a strumento portatile per eccellenza, magari supportato da una fluida montatura altazimutale.
Ho usato molte volte questo piccolo gioiellino dei primi anni '70 ma ritengo che, per valutarne le prestazioni e per dare un poco di “movimento” al report sia interessante l'esperienza vissuta con a fianco un altro raro strumento strano: il Kenko 125C (un cassegrain puro da 125mm con l'inusuale focale di 1000mm.).
Sono le notti a cavallo del 5 e 6 febbraio del 2011 e i due strumenti, accostati, hanno lungamente chiacchierato di quel che vedevano le rispettive ottiche.
Giove:
Il confronto è cominciato dall'osservazione del pianeta Giove, oramai un po' basso a dire il vero, ma comunque indicativo.
A parte la differenza di luminosità tra le immagini offerte dai due strumenti, il numero di dettagli visibili è molto simile con una lievissima superiorità del Kenko che rende più facili i medesimi particolari sulle bande. Molto bella, in entrambi gli strumenti (benché appaia più “facil”e nel Kenko) la divisione della SEB che si percepisce con chiarezza su tutto il diametro del disco planetario e che lascia intravedere qualche irregolarità.I poteri più adeguati ai due strumenti sul pianeta gassoso basso sull'orizzonte sono dati dall'oculare Takahashi LE 7,5 per il Kenko (che offre circa 150x) e dal plossl da 4 mm . per il Takahashi (potere di 125x che sembrava però limitarne un poco le prestazioni. Un 3.5mm sarebbe stato ideale ma non lo posseggo – mentre il LE 2.8 scuriva eccessivamente l'immagine). Il confronto si chiude quasi alla pari con una lieve supremazia del Kenko, nei momenti di calma atmosferica maggiore, dovuta sia al maggior potere risolvente che alla saturazione dei colori più netta.
Pleiadi:
Benché osservate da un cielo suburbano, le Pleiadi sono sempre affascinanti.
L'utilizzo del plossl da 40 mm . accoppiato al TS65P offre il modesto ingrandimento di 12,5x con un campo di oltre 3° per una immagine bellissima. Difficilmente si può chiedere di più e, infatti, con lo stesso oculare, il Kenko esibisce un potere di 25x e un campo prossimo a 1,5° che contiene al “pelo” l'ammasso aperto.
L'immagine è molto bella ma il “quadretto” offerto dal rifrattore Takahashi è più emozionante.
La prova sul limite di percezione della magnitudine massima (prova tendenzialmente poco utile vista la luminosità di fondo del cielo) rende invece giustizia alla maggiore apertura del Kenko che mostra stelline più deboli.
Giudizio? Difficile… da un cielo scuro la maggiore profondità di magnitudine offerta dal Kenko avrebbe la meglio ma dal punto di vista estetico l'immagine a largo campo data dal Takahashi è impagabile.
Alnitak:
Il sistema doppio nella cintura di Orione diviene test per entrambe le sere di osservazione.
L'immagine nel Kenko è discreta, con i due dischi di airy separati e attorniati dai loro anelli di diffrazione (due per parte) che si interpolano e che offrono, nel complesso, una immagine particolare e identica ai disegni che compaiono sui libri e manuali per descrivere la focalizzazione nei sistemi ad alta ostruzione.
La separazione è facile ma per apprezzare quanto nell'oculare e cogliere il massimo della risoluzione si deve avere un po' di pazienza e lasciare che l'immagine degli anelli di diffrazione venga “accettata” e interpretata correttamente dal complesso occhio-cervello così da permettere una lettura “pulita” dell'immagine.
L'oculare che offre l'immagine migliore è il Takahashi LE 5mm per un potere di circa 200x
Il Takahashi TS 65 P ha, per contro, un'immagine altrettanto “manualistica” ma molto più pulita per via dell'assenza dei plurimi anelli di diffrazione e degli spikes che il Kenko esibisce. Ovviamente il potere risolvente è inferiore ma il sistema viene comunque separato bene con l'oculare Takahashi LE 2,8 a circa 180x che delinea una stella primaria luminosa e una secondaria perfettamente adagiata sull'anello di diffrazione della principale. Un quadretto bellissimo e “calmo”, molto diverso dall'immagine agitata e nervosissima del cassegrain.
Meissa:
Il complesso nella testa di Orione è sempre bello e l'immagine che il Takahashi ne restituisce è tanto deliziosa da sembrare finta. A qualsiasi ingrandimento il piccolo rifrattore “vince” sul cassegrain di maggiore apertura per incisione e facilità nell'ottenere il fuoco perfetto. In compenso, e come prevedibile, la saturazione dei colori è maggiore nello strumento a specchi che consente di cogliere meglio la tonalità degli astri.
Assaggi su altre doppie hanno più o meno confermato quanto già scritto. Il Kenko non è telescopio “votato” alle doppie strette ma, su componenti separate da almeno 2”, offre immagini molto accattivanti proprio in virtù della sua alta ostruzione che disegna svariati anelli di diffrazione e che, con seeing stabile, permette una visione “nuova” e particolarissima delle stelle.
Addendum di inizio novembre 2011
Ho installato entrambi gli strumenti su una montatura Ioptron 45i e ho dedicato un po' di tempo al pianeta Giove in una sera di inizio novembre 2011. Il seeing si presentava molto buono ma l'altissima umidità relativa mi obbligava a tappare alternativamente le ottiche dello strumento che non stavo utilizzando per impedire che si appannassero e invalidassero così il test.
Alternando gli oculari da 7,5mm. – 5mm. – 2.8mm. della serie LE Takahashi ho potuto decretare una certa superiorità del Vixen dovuta bene a cosa non so. Entrambi gli strumenti esibiscono uno star test virtualmente molto buono (se non perfetto) e l'apertura dei loro obiettivi è tutto sommato paragonabile.
In effetti sarebbe da considerare che una differenza di mezzo centimetro (apparentemente ridicola) incide in proporzione per circa l'8% (che proprio trascurabile non è) a favore del Vixen e anche il rapporto focale di 7.7 penalizza il Takahashi rispetto al più “lungo” Vixen che è caratterizzato da un D/Foc pari a 8,5. Questi due semplici dati forse bastano da soli a dare giustificazione della lieve superiorità del Vixen.
Cominciamo con il dire che l'immagine del Takahashi era decisamente buona e ricca di dettagli per un 65mm. I particolari discernibili (si parla di notevoli increspature della SEB e di un buon dettaglio sui contorni della Grande Tempesta e delle porzioni bianche di SEB che la seguono e precedono oltre banda centrale asimmetrica) erano praticamente gli stessi ma il 70mm. Vixen li mostrava con maggior facilità e immediatezza tanto da far pensare di osservare con uno strumento più grande. Inoltre l'immagine del Vixen esibiva un lieve maggiore contrasto che rendeva l'intero pianeta più “facile”. Contenutissima a valori di puro dato statistico l'aberrazione cromatica residua, appena percepibile sfuocando l'immagine in entrambi gli strumenti o facendo lavorare fuori asse gli oculari, con il Takahashi lievemente meglio corretto in questo ambito.
Per fugare ogni dubbio mi sono rivolto a un target “classico”, la Theta Aurigae, al momento praticamente allo zenit e dotata di caratteristiche molto utili ai test strumentali. Si tratta di un sistema doppio con componenti fortemente sbilanciate in luminosità (con primaria a mag. 2.7 e secondaria a 7.2) e poco separate, sottendendo un angolo di 4”. Un test molto severo per un'ottica da 7 cm. o poco meno.
Trascorrono un paio di mesi e si giunge a una sera invernale di fine anno, la notte del 30/12/2011.
Il Takahashi TS65-P è nuovamente in parallelo al Vixen 70mm tripletto: il cielo è stranamente caldo per essere inverno e la trasparenza ottima. Serata strana per Milano, con moltissime stelle visibili e una sensazione di “immenso” che difficilmente si coglie dalle nostre città.
La trasparenza del cielo è aiutata da una lieve instabilità d'aria che genera un seeing non ottimale ma comunque usabile per un test indicativo e probante con aperture sotto i 4 pollici.
Lascio acclimatare le ottiche per molto tempo, oltre 3 ore, pur estraendole da un ambiente che è solamente 5/6 gradi più caldo dell'esterno, così da essere certo di non avere correnti interne o situazione differente tra i due obiettivi.
Il primo target è la Luna, oramai bassa e poco indicativa. Gli oculari plossl si snocciolano fino ai 4mm. e poi si passa ai compound con barlow interne aggiuntive. Lascio l'immagine lungamente sul cratere Theophilus, quasi attraversato dal terminatore e quindi sede di notevoli contrasti e giochi d'ombra. Il seeing non è ideale e l'altezza della Luna peggiora le cose ma il verdetto è chiaro. Non solo l'immagine del Vixen è meno incisa ma è anche più affetta da cromatismo. I terrazzamenti sono più netti nel Takahashi e anche il punto di fuoco corretto è più facile da trovare. Decisamente più bianca l'immagine offerta dal Vixen, più luminosa in modo netto, ma anche più sfrangiata da un lieve cromatismo che il Takahashi non denota, pur tingendo i soggetti di note più calde e tendenti al giallo.
Punto Giove, decisamente più alto, e la situazione si ripete. Questa volta è il Takahashi ad avere la meglio sul gigante gassoso, seppure di poco, e a mostrare con maggior disinvoltura una formazione scura sulle bande del pianeta e, fortunata coincidenza, a “staccare” meglio uno dei satelliti medicei che si sta eclissando dietro al lembo di Giove. Il satellite è vicinissimo e la turbolenza in quota tende a farlo scomparire e a impastare l'immagine per poi rimostrarlo nei momenti di maggiore quiete. Lo noto prima con il Takahashi e poi lo ritrovo con il Vixen: un dato indicativo. A parte questo i dettagli sul disco (pochi per questa serata) sono praticamente identici.
Quanto scritto sembra ribaltare completamente il verdetto di due mesi prima, ma va detto che ho trovato molto più sensibile al seeing il Vixen rispetto al Takahashi. Mi rendo conto che questa affermazione, considerando due strumenti da 7 cm. entrambi a tre elementi, può avere poco senso ma non saprei altrimenti spiegare ciò che vedo.
Saturno è ancora troppo basso e sfrangiato dalle alte ramaglie di alcuni alberi che ne precludono una visione adeguata. Sono oramai le 5:15 del mattino, la temperatura è bassa e il mio corpo comincia ad accusare il freddo. Punto il pianeta inanellato per sfizio più che altro: tra le ramaglie non si vede molto e la sua figura non serve al test che concludo rimanendo con la voglia di reimpiegare questi due piccoli strumenti in condizioni diverse.
Premetto a questo punto che ciò che mi ha sempre sorpreso del piccolo Takahashi TS65-P è la incredibile resa che sfoggia sui sistemi binari. La focalizzazione che permette la sua ottica è, in questo campo, straordinaria e ha fatto valere la sua superiorità (sebbene lieve) sul Vixen.
La Theta Aurigae era perfettamente sdoppiata nel Takahashi con il plossl da 4mm. (125x) e mostrava una stella primaria con il suo anello di diffrazione ballerino (per via del seeing non stabilissimo) e una secondaria debole ma ben netta e alla giusta distanza. Per contro, con il medesimo oculare, il Vixen faticava di più a mostrare la secondaria che diventava invece palese con l'oculare da 2,3mm. (per il potere notevole di 260 ingrandimenti). Ciò che più mi ha colpito è la pulizia di immagine offerta dal Takahashi che il pur ottimo Vixen non riusciva a replicare e la sua innaturale attitudine all'osservazione dei sistemi stellari multipli.
Attendo qualche ora che Marte salga e raggiunga un'altezza elevata (prossima al transito al meridiano) per sbirciarlo con i due strumenti. Purtroppo il suo diametro è esiguo e non arriva nemmeno a 9”. Il pianeta rosso, complice anche un seeing non perfetto, non fa la differenza tra i due strumenti apparendo in entrambi come una palla aranciata con una mal definita calotta polare e un debole accenno continentale a circa centro sagoma. La regione polare si rende lievemente più visibile nel Vixen ma nulla più. Non insisto e non installo i vari filtri colorati che avrebbero potuto “quietare” l'immagine e fare emergere meglio i pochissimi particolari discernibili, del resto con un diametro angolare così limitato è davvero difficile spremere sassi da due piccole lenti come quelle in prova.
Ci si può domandare ora a cosa possano servire questi strumenti e perché ricercarli e acquistarli, a parte l'indiscusso piacere (per alcuni) di possedere oggetti relativamente rari.
Se non si opera fotografia astronomica e ci si limita ad un utilizzo visuale è facile dire che uno strumento come il TS65-P non può competere con un apocromatico da 4 pollici cinese di oggi. A minor costo il 100 ED offre di più sia in termini di risoluzione che di magnitudine limite raggiunta. Sembrerebbe quindi uno strumento anacronistico ma la sua perfezione ottica unita alla sua incredibile compattezza (è lungo meno di un avanbraccio) ne fanno un possibile compagno di viaggio davvero formidabile. La visione che offre di sistemi multipli e della Luna è di ottimo livello e certamente non fa rimpiangere un newton da 10 cm. e la sua fattura meccanica è mirabile. E' ovviamente un secondo strumento, piccolo ma “di lusso”, o un semplice gioco di miniaturizzazione per tentare di sfidare le leggi della fisica e divertirsi, di tanto in tanto, a sentirsi parte del famoso “CLUB SIXTY” e ripercorrere, attraverso una piccola lente di altissima qualità, alcune scoperte astronomiche di carattere storico.