SKYWATCHER EVOSTAR 100-ED in FPL-53

Anno 2023 e 2024

INTRODUZIONE

Ho avuto modo di scrivere più volte in merito alla serie Evostar “ED” di Skywatcher, una fortunata linea di rifrattori che copre, con diametri compresi tra i 7 e i 15 cm., un po’ tutte le possibili esigenze degli astrofili.
Con la esclusione del 150mm, ho avuto e usato tutti gli altri componenti della famiglia (di cui posseggo ancora il 72 che però non monta vetri in FPL-53). Oggi tocca al quattro pollici classico l’onore della ribalta.
Con il successo commerciale, la serie Evostar, che merita numerosi elogi e un globale apprezzamento per il rapporto qualità/prezzo che ha sempre vantato, ha anche purtroppo subito un notevole rincaro, in alcuni casi prossimo al 30% in soli tre o quattro anni e oggi si propone come meno economica di un tempo.
Il lievitare dei costi, che ha portato il 120/900 a superare i 1.900,00 euro e il 102/900 i 1.100,00, ha sicuramente contribuito a rendere meno “best seller” i tubi glitterati Sw che però sono e restano un ottimo “compromesso” in un settore oramai inflazionato.

Cinese-cinese... o no?

Taipei è Taiwan e Taiwan è Taipei. E' vero e non lo è al tempo stesso, perché Taipei è una città moderna (in parte almeno) e popolosa mentre esistono zone dell'isola di Formosa (la chiamo così per aumentare la confusione) che sono invece profondamente radicate alla cultura classica e altre che sono meravigliosamente boschive e lussureggianti.

Ma Taipei, e Taiwan, non sono nemmeno la Cina (o almeno non lo sono completamente). Per comprenderlo è sufficiente leggere la storia di questa tormentata unione di fatto, la divisione in tre capitali della Cina antica, l'apertura ai mercati e investimenti che Taiwan ha avuto in difformità da quella che nel secolo scorso ha assunto il nome di Cina continentale, oppure il continuo dichiarala "provincia" da parte del governo di Pechino pur accettando de facto una sorta di parziale indipendenza.

Prima o poi Taiwan tornerà, in maniera assoluta, ad essere parte della cortina cinese ma fino ad allora si può pensarla come ad una entità che non è del tutto Cina e ha un qualcosa di occidentale, anche se in minima parte.

E' qui che nasce Synta Technology Corporation, nel 1980. E' una data storica perché sancisce il passaggio (che nella pratica avverrà però quasi venti anni dopo) tra una astronomia "classica" e una "moderna". Non ci sono giudizi di merito in questa definizione ma semplicemente la constatazione che, dopo il primo decennio di assimilazione delle necessità, un secondo di rodaggio, e quasi un terzo di affinamento, il prodotto taiwanese è diventato leader del mercato. E non lo è solo nei numeri, perché lo standard qualitativo raggiunto è oramai il riferimento mentre il rapporto prezzo-prestazioni ha surclassato qualsiasi altro produttore al mondo.

Ma è giusto definire questi prodotti, o meglio quelli marchiati SkyWatcher, come "cinesi" o "taiwanesi"? Continueremo a farlo perché lo sono de facto ma dobbiamo anche ricordarci che, almeno dal punto di vista giuridico e fiscale (in parte almeno), Skywatcher è una azienda canadese, fondata nel 1999 con sede a Richmond (Columbia Britannica). Che poi gli stabilimenti dove i prodotti commercializzati (e distribuiti) dal marchio SW si trovino a Suzhou (quindi sulla costa orientale della Cina) è una splendida dimostrazione di quanto assurda sia la apparente chiusura del regime Cinese in campo economico. Sembra un controsenso ma si è difronte alla lapalissiana verità che la più sfrenata globalizzazione è propria anche e soprattutto di un paese conservatore come la Cina. Potremmo valutare questa affermazione: "Produco qui, alla "cinese", distribuisco in modo occidentale con un nome canadese, e colgo ispirazione, attraverso il mare, della qualità e design giapponesi". Fa male... ma chi vince lo fa perché è più forte, più abile, più spregiudicato. E noi non siamo allo stesso livello. Non lo propongo come modello, sia chiaro, ma per vincere a livello globale bisogna infischiarsene dei diritti umani.

Suzhou, affinché venga correttamente collocata e dimensionata, è una megalopoli che conta oltre dieci milioni di abitanti. Se questo non fa la più popolosa città cinese la identifica comunque come il 20% più popolata di New York e ben 10 volte più estesa. Sono dati che possono aiutare a comprendere quello che è il disprezzo cinese per le società occidentali e che, sommate alla storica valenza di Suzhou come polo industriale e produttivo, mettono in ridicolo qualsiasi considerazione mossa da insignificanti realtà produttive, in campo astronomico-amatoriale, occidentali (pur blasonatissime). Synta Tecnology Corporation è un colosso industriale che è cresciuto e che, con altri pochi, ha acquistato in pochi anni alcuni dei brand che hanno fatto la storia della seconda metà del secolo scorso in campo amatoriale: da Celestron a Meade, a Orion.

Di fronte a tanto potere (produttivo ed economico), oltre alla lapalissiana acquisizione di tecnologia, siamo ancora tanto sicuri che questi prodotti non siano il riferimento "reale"? Perché è soprattutto in Italia (dove aleggia una immotivata schizzinosità) che si utilizza ancora, con disprezzo, il termine di "telescopi cinesi". In gran parte, gli astrofili del resto d'Europa e del mondo si sono adeguati...

Il 100/900 ED

Agli occhi di un nostalgico osservatore come me, che strizza l’occhio alla fotografia deep in modo anomalo e controcorrente, il 100ED appare il più affascinante nella proposta Skywatcher di apocromatici "economici" (benché la versione 150mm sia sicuramente un target che prima o poi vorrò testare).
La sua architettura ottica beneficia di vetri FPL-53 in un doppietto di stampo classico con rapporto di apertura di F.9 e focale relativa di 900mm.
Con queste caratteristiche progettuali si ha la certezza, oggi che la lavorazione ottica è diventata molto precisa e costante, che l’ottimo controllo qualità Skywatcher sia in grado di regalare all’acquirente uno strumento dalle prestazioni di alto livello.
Differentemente dai prodotti Kunming Optical, la cui qualità subisce delle variazioni random continue anche e soprattutto a causa di un assemblaggio lasciato ad una filiera a bassissimo costo, i prodotti Skywatcher risultano oramai ben fatti e soprattutto ben assemblati e “centrati”. Si tratta di un aspetto di primaria importanza che si riflette ovviamente sul prezzo di vendita ma che tiene salvo il cliente da esperienze negative.
Il quattro pollici Evostar, con la sua focale lunga, appartiene ad una nicchia di mercato oggi piuttosto stretta che tende ad incontrare meno di un tempo il gusto degli astrofili di nuova generazione più inclini ai falsi miti proposti dall’imperversare di strumenti a f7 con ottiche economiche.
La sua principale caratteristica è quella di offrire immagini geometricamente perfette o quasi e comunque prive di astigmatismo, errori zonali, e debitrici solo di un pizzico di sferica residua che emerge però soprattutto durante lo star test e che risulta in linea con la media dei doppietti.
Il tubo ottico risulta sufficientemente leggero e compatto da essere impiegato su qualsiasi montatura, persino altazimutale purché ben realizzata, e soprattutto facilmente e completamente smontabile così da permettere all’amatore evoluto e capace di intervenire sia per operazioni di pulizia saltuaria che per correggere i segni del tempo.

IL NOSTRO ESEMPLARE: CALIMERO

“AVA, come lava!” cantava stridulo Calimero nel 1963 pubblicizzando Mira Lanza in quello che fu, probabilmente, il più alto esempio di televisione: Carosello.
Calimero, che rinasce dopo essere stato opportunamente lavato, è quindi anche il nome che ho voluto dare al nostro 100ED, comprato da un noto “Astroseller italiano” e giunto in condizioni da denuncia a Telefono Azzurro.

All’atto dell’acquisto avevo ricevuto fotografie del tubo che ne denunciavano le ignobili sevizie del primo proprietario, un idiota che girava il tubo negli anelli con viti troppo lunghe solcandone la vernice e l’alluminio per poi nascondere le sue malefatte con il pennarello nero.

Avevo accettato di prendermi cura del martoriato tubicino con l’idea di riverniciarlo completamente, ma non sapevo delle condizioni in cui versava il focheggiatore.
Questo è un Crayford a due velocità (accettabilmente ben realizzato da nuovo) che nel mio esemplare, oltre a mostrare una manopola presa in prestito da altro dispositivo, denunciava impuntamenti ad ogni decimo di giro tanto da dover focheggiare “a step”.
Dall’altra parte del tubo anche le ottiche non apparivano al massimo del loro splendore e sembrava fossero state pulite da qualcuno con un panno da pavimenti. Grasso, sporco e polvere incorniciavano il quadretto.
In compenso il cercatore 8x50, con la eccezione del crocicchio interno diritto come la Serravalle presso Genova, appariva ben messo e conservato.

Viste le condizioni disarmanti mi sono concesso una sera e un veloce star test prima di confermare l’acquisto e procedere con il pagamento, come peraltro concordato con il venditore.
Installato sulla
EQ8-R e puntata Vega, unica stella visibile nella notte nuvolosa che la calda Milano di fine agosto mi ha concesso, il 100ED ha visto alternarsi oculari da 40, 20, 9, e 3mm. anche con l’interposizione di un filtro verde “G” per valutare la differente resa tra la gamma policromatica e quella monocromatica.

Il risultato, commovente, è stato quello di un doppietto dalla resa geometrica prossima alla perfezione. Escludendo infatti un minimo di shift cromatico tra intra ed extra focale nella colorazione degli anelli e una perfetta pulizia in intra che lasciava alla posizione extra focale un pattern leggermente meno inciso, al fuoco il 4 pollici apo generava un disegno d’annata.
Il disco di Airy, perfettamente identico nelle due posizioni di prossimità del fuoco e molto netto alla focalizzazione massima, appariva contornato da un primo anello di diffrazione e forse, ma solo su un faro come Vega, da un accenno di secondo, debolissimo.
Nessuna aberrazione cromatica risultava visibile e lo snap test consegnava un’ottica inequivocabilmente ben lavorata.
Il mattino seguente ho eseguito il bonifico di pagamento e poi ho smontato lo strumento in ogni sua parte pur lasciando intatta la cella e il doppietto in essa contenuto.
Prima di procedere alla parte cosmetica, che mi avrebbe occupato per un paio di giorni, mi sono dedicato al focheggiatore, unico elemento che mi dava reali preoccupazioni.

Sopra: alcune immagini delle condizioni dello strumento PRE restauro.

I Crayford con demoltiplica sono un vero cruccio se non funzionano bene (cosa non rara) e sistemarli impone di non aver paura di lavorare con pazienza.
l’interno delle manopole aveva raccolto di tutto e ho dovuto giungere a smontare completamente anche la sede delle micro-sfere del cuscinetto (che hanno diametro inferiore ai 2mm.) per una pulizia fine, sgrassaggio, e rimontaggio oltre a correzione di una spirale della molla piatta di compensazione.
Si lavora con la pinzetta e la lente di ingrandimento e servono almeno un paio di ore per fare un bel lavoro (nel mio caso terminato anche con la riverniciatura di una boccola.

Sopra: il focheggiatore tipo "crayford" interamente smontato per la pulizia.

Le regolazioni del focheggiatore devono avvenire con grande gradualità e va cercato il compromesso migliore ma se si lavora bene e si ha fortuna il risultato può offrire non poche soddisfazioni.
Con il gruppo focheggiatore sistemato e testato con accessori di medio peso ho potuto dedicarmi, vigoroso e risoluto, al resto del tubo ottico.
Un primo sgrassaggio delle parti bianche e la pulizia accurata della cella dell’obiettivo e paraluce hanno fatto il miracolo (ma serve sapere usare i prodotti giusti e inertizzarli in poche manciate di secondi) e riattaccato le braccia alla Venere di Milo.
La vernice nera glitterata del tubo era invece irrecuperabile e ho dovuto intervenire il modo radicale: una carteggiatura con grana 500 e poi 2000, anche ad acqua, ha aperto i lavori di riverniciatura.

Sopra: immagini delle opere di verniciatura e preparazione del tubo.

Sopra: immagini delle opere di verniciatura e preparazione del tubo.

Va detto che alcuni solchi, piuttosto profondi, hanno necessitato interventi localizzati significativi ma sono comunque giunto ad avere una superficie accettabilmente pronta al fissativo di fondo. La verniciatura è avvenuta in tre mani più spruzzata di rinvenimento a cui ho aggiunto, dopo una lucidatura a mano, una nebulizzata per generare un poco di effetto “glitter”.
Tre mani di “trasparente” e una lucidatura con due paste a grana media e ultra-fine hanno completato l’opera prima della pulizia finale a microfibra e aceto bianco diluito 1:5 per rimuovere gli aloni rimanenti.

All’appello mancava solo rimontare le varie parti del tubo ottico e presentarlo in soggiorno dove mia moglie ha candidamente commentato in: “hai sostituito quello dell’altro giorno? Hai fatto bene a compralo nuovo, era un rudere quello che ti hanno mandato!”.
Non so se i telescopi abbiano un’anima, e non so neppure se sia logico chiederselo, sicuramente però so che Calimero, in quel momento, un certo sorriso sotto i baffi se lo è concesso.

Il mitico Edd China, mio maestro ispiratore (sia nel restauro dei telescopi che delle automobili, ovviamente).

Mancava, mi sono accorto, un'opera significativa di miglioramento della verniciatura dell'interno del paraluce, eseguita con una speciale vernice antiriflesso. Operazioni sotto visibili.

I MOTIVI DELL'ACQUISTO

Raffrontato al mio amato Takahashi FC100N, Calimero pesa quasi la metà, è lungo il 25% in meno, può installare accessori da 2 pollici, ed è dotato di un riduttore di focale e spianatore di campo che lo porta a lavorare a f 7.65.
Queste prerogative lo rendono ideale ad essere installato sul
Celestron RASA-8 (un Rowe-Ackerman 200/400 F2) e dedicato, con i suoi 765mm. di focale equivalente, alla ripresa di qualche ammasso globulare o aperto di ridotte dimensioni.
Dovendo operare da Milano, dove le condizioni di trasparenza del cielo sono pessime (Bortle 9+), la sua “apocromaticità” permette inoltre l’impiego di filtri interferenziali a doppia banda stretta.
Prima però di installare e tarare i back focus ottimali per la camera monocromatica, ho voluto trascorrere un po’ di tempo ad osservare il firmamento in compagnia di Calimero.

Sopra: lo Skywatcher 100ED porta in parallelo il mio Omegon 90/500 per riprese solari con filtro di Herschel

OSSERVAZIONI E DILETTO

“Non c’è nulla di meglio di un buon rifrattore da 4 pollici”, non so chi lo abbia detto e se non è stato nessuno lo faccio io adesso. Ma immaginiamo che le parole siano di Gene Wilder durante la sua lezione universitaria...

In effetti, se si accetta di peregrinare in qualche zingarata fuori casa alla ricerca di un cielo quantomeno decente, si scopre quanto amabili siano 10 cm. per osservare il nostro vicino universo. Se l’obiettivo è ben corretto, geometricamente e cromaticamente, si può godere di immagini deliziose che portano in risalto il colore di molti astri consentendo la visione di finissime stelle deboli di ammassi aperti negletti e misconosciuti. Un buon cielo scuro offre accesso anche a svariate nebulose planetarie oltre ad un discreto numero di galassie, pur dovendosi accontentare di un aspetto “puffettoso e fuligginoso”
Con oculari grandangolari a basso ingrandimento e filtri CLS non è difficile estrarre dal fondo cielo filamenti gassosi di famose nebulose ad emissione: la
Nord America Nebula (NGC 7000) o il complesso del Velo del Cigno sono solo alcuni esempi.
In luce bianca e in condizioni di buona trasparenza si colgono numerose
Barnard “oscure”, specialmente nelle zone ricchissime di stelle della Via Lattea estiva (la costellazione dell’Aquila ne ospita diverse ben visibili e relativamente facili da osservare). Per questo tipo di oggetti serve ovviamente mantenere bassi gli ingrandimenti con oculari da 40 o 50 millimetri e accomodarsi sotto cieli montani, senza fretta e con la mente, non solo gli occhi, aperta.
E’ anche possibile osare di più, aumentando il potere alla ricerca di planetarie come la
Fetus Nebula o la Saturno Nebula che riescono a non deludere nemmeno un po‘, così come ovviamente appaiono affascinanti le sempiterne M27 e M57.

Benché il potere risolutore e la capacità di raccolta della luce siano propri di un quattro pollici ci si può divertire con i globulari maggiori ma anche alcuni meno appariscenti e luminosi come M56 e M71, per restare nelle plaghe del cielo estivo, vengono ben staccati dal fondo cielo.
Sono poi tantissimi i sistemi stellari multipli alla portata del rifrattore Evostar che permette in molti casi, grazie alla ottima focalizzazione e correzione, la corretta lettura delle cromie stellari.
Anche i pianeti e la Luna non deludono e se è ovvio che Giove e Saturno, o Marte, possano apparire spettacolari per quantità di dettagli visibili all’oculare, non altrettanto scontata è la pulizia che offre lo strumento nell’osservazione di Venere, sia al mattino che durante le sessioni diurne.
La differenza con un 102/714 in FPL-51 è, in tutti questi casi, piuttosto netta. Dove il F7 mostra la “corda” e immagini soft il nostro 100ED F9 appare “tagliente” e decisamente più nitido.
Si tratta di sfumature che consentono di osservare alcune sotto strutture nelle bande tropicali su Giove, di “staccare” con maggiore incisione i contorni delle calotte polari o i lineamenti dei continenti maggiori su Marte, di cogliere come ben “puntute” le indentature nelle fasi di Venere, ma anche di godere di una immagine più neutra e calma della superficie selenica.
Le considerazioni fatte sino ad ora non rappresentano rivelazioni più di tanto significative e in assenza di dati numerici oggettivi, che nel nostro campo mancano a qualsiasi recensione strumentale, ci si può solo fidare di quello che l’autore scrive, nella speranza che sia in buona fede e non abbia fini pubblicitari e di sponsorizzazione.
Quanto mi preme di trasmettere è quindi un messaggio parallelo e che esula dalla targhetta che compare sul tubo dello strumento (che nel mio caso, ad esempio, non esiste più essendo stata carteggiata e riverniciata).
Ancora oggi che gli astrofili vorticano nella tempesta ormonale della fotografia e della post elaborazione a ritmo di algoritmi, un rifrattore da 100 millimetri a f9 dotato di semplice ma vantaggioso doppietto apocromatico rappresenta la “summa ideale” per la maggior parte delle osservazioni.
L’immagine è sempre bella e i pesi contenuti, aspetti che sommati ad un acclimatamento velocissimo e bassa sensibilità alla turbolenza fanno di questa “misura” un evergreen intramontabile. Ci si può insomma accontentare, soprattutto psicologicamente, di 4 miseri pollici e vivere una vita di osservazioni, di svago, di conoscenza e di scoperta.
Lo dico sempre, quasi in ogni articolo, purtroppo sono invece migliaia gli astrofili che rincorrono il diametro ma hanno visto un decimo degli oggetti che sono alla portata di 10 cm. sotto un cielo discreto: è un dato di fatto e deve fare riflettere.

Quanto sopra, il Cambridge Star Atlas, è un ottimo atlante da impiegare come supporto durante le uscite notturne.

APOCROMATICO VS ACROMATICO

Ogni giusta e lecita domanda sorge da una necessità precisa ma la risposta, meno scontata di quanto non sia pensiero comune, tende sovente ad essere piegata al volere e allo strisciante narcisismo.
Perché il più sano dubbio, che sorge nell’animo dei puri e dei giusti, è proprio quello legato alla necessità di spendere una cifra di “peso” quando è possibile acquistare qualcosa di molto simile ad un quinto del valore.
Evostar 100ED f9 oppure
Evostar 102/1000 acromatico? Questo è IL dilemma se ci limitiamo al mondo Skywatcher dei quattro pollici a lente.

Immagine sopra: il 102/1000 acromatico di Skywatcher

Tralasciando la simpatica idea che ha suggerito al produttore di nomare nello stesso modo due strumenti diversi, un confronto tra le proposte è indispensabile e scegliere non è solo una questione di prestazioni assolute.
Se un doppietto acromatico da quattro pollici a f10 ha la fortuna di essere ben lavorato, ben lucidato, ben accoppiato e collimato, è capace di sfoderare prestazioni di tutto rispetto che non fanno rimpiangere, almeno nella semplice osservazione turistica del cielo, ottiche più esotiche e a dispersione ridotta.
Se quindi lo scopo primario della nostra passione è quello di osservare, di cercare cieli bui e vedere tutto quello che possiamo raggiungere con il nostro strumento, possiamo essere certi di non avere bisogno di un focheggiatore a doppia velocità e anche di poter sopportare lo smacco psicologico da star party di non possedere un “apocromatico”.
Con il nostro 102/1000 da meno di trecento euro vivremo anni di meravigliose osservazioni e di miriadi di fini stelline, di ammassi galattici e anche di splendide visioni dei crateri della Luna, dei domi e rimae. Osserveremo Giove e ne coglieremo così tanti particolari da non saperli disegnare e anche le stelle doppie saranno sempre spettacolari.
Il divario di prezzo che separa lo strumento acromatico da quello “ED” è percentualmente enorme (il 400%) e tale da permetterci di acquistare due o tre ottimi oculari, una serie di filtri interferenziali (ne bastano 2: il CLS e il OIII), e un bell’atlante del cielo profondo: tutto quello di cui si ha veramente bisogno, insomma.

Sopra: Dustin Hoffman e Meryl Streep si fronteggiano nel capolavoro del 1979 di Robert Benton

Non è necessario a tutti i costi sposare il FPL-53, anche se i forum generalisti tendono a convincerci della sua ineluttabilità. Del resto, gli stessi forum solo pochi anni fa inneggiavano alla assoluta necessità di rivestire gli strumenti con il “vellutino nero”. Chi non ricorda questa moda? Se solo si sussurrava di non averlo fatto si veniva inesorabilmente bollati come astrofili di serie B. Senza contare la idiozia della idea stessa che, in pochi mesi, trasformava lo strumento in un ricettacolo di pelucchi che finivano anche nel naso. Ma gli astrofili sono a volte un po’ pecoroni, se così non fosse come spiegare la affezione per insulse, inutili e chiaramente pilotate “video recensioni” che ultimamente intasano il web? E credono troppo facilmente a favole prive di alcun fondamento fisico, come chi da anni si spaccia per genio della lampada perché smonta ogni oculare e gli vernicia di nero i bordi delle lenti inneggiando a miglioramenti stratosferici nella loro resa.
Io mi immagino Gioele Dix, con gli occhiali neri, che indignato si sfoga: “Ma come! Non annerisci i bordi delle lenti? Non metti il vellutino nero? Ma cosa sei, un troglodita forse!?”.

Se però tra i nostri interessi rientra anche la fotografia non abbiamo scampo. Certamente, e io credo di averlo ampiamente dimostrato, si possono eseguire buoni lavori anche con acromatici spinti sotto cieli disarmanti. Si lavora in bianco e nero, ahimè, e in monobanda (solitamente nel verde o nel rosso) e il risultati non tardano ad arrivare.
Se però si ha l’esigenza di abbracciare una porzione di spettro più ampia di un centinaio di nanometri e si vuole che il segnale sia concentrato e le stelle piccole e definite, si può solo mettere mano al portafogli e scegliere lo strumento “ED”. Non ci sono scappatoie, non esiste un placebo o un filtro miracoloso che trasformi i nostri trecento euro in milleduecento. La fisica, che ha leggi meravigliosamente precise, non si piega all’opinione dei nuovi censori del web.

Il rifrattore apocromatico può inoltre beneficiare di un riduttore/spianatore che, senza alterarne le prestazioni, consente una significativa riduzione dei tempi di esposizione e la fruizione di un campo corretto più ampio rispetto al progetto nativo.

Divario meno schiacciante potrebbe esserci nella fotografia planetaria, dove le differenze si riducono un poco pur concedendo un vantaggio importante allo strumento apocromatico.
Dal punto di vista logistico i due strumenti non impongono tratti distintivi ostativi. Il 100ED è una decina di centimetri più corto e appena più leggero (meno di trecento grammi dividono i due), il che potrebbe renderlo lievemente più gestibile su montature striminzite ma con differenze comunque minime.
A diversificare la dotazione dei due rifrattori ci sono poi i rispettivi cercatori, un 6x30 sull’acromatico e un 8x50 a servizio del “ED”, oltre ovviamente al diverso focheggiatore: un cremagliera classico sul 102/1000 e il Crayford demoltiplicato per il apocromatico.
La scelta dipende dall’utilizzatore, dalla sua voglia e disponibilità di spesa, ma anche (se usa la testa) dall’impiego specifico che dovrà fare dello strumento.

DUE PAROLE SUGLI OCULARI

In questo campo si apre la possibilità ad un dibattito infinito che tacito subito dicendo che gli oculari giusti sono quelli che si usano con maggiore comodità. Facciamola finita con fiumi di parole sulla “divina aurea dei cavilli” e riconduciamo il valore dei prodotti a quello reale e non al misticismo settario.
Concordo, in teoria, con alcuni astrofili di ampia esperienza che consigliano, per osservare i dettagli planetari, di impiegare oculari microscopici con 3 o 4 lenti da nulla e trattamenti antiriflesso antidiluviani. L’immagine che si ottiene è quanto di meglio il sistema consente: brillante, bianca, molto contrastata. E’ vero. Però questo ci impone di sbirciare, come Alvaro Vitali, in un buco grande come una formica nana, con una estrazione pupillare che appanna le lenti non appena, in Giappone, Mimì Ayuhara sospira. Avremo le ciglia che si arricciano e ci solleticano anche i piedi e se non siamo più che ben ancorati alla sedia e con un tutore per immobilizzare la testa l’immagine oscillerà continuamente.

In tutta onestà e con la massima simpatia per questi masochisti dell’astronomia che, come il Savonarola, invocano la via della purificazione, preferisco perdere un briciolo di “purezza” di immagine ma impiegare un benedetto oculare moderno e godermi lo spettacolo in comodità.
Quindi si lascino negli armadi i decantati oculari Huygens e Ortoscopici del secolo scorso e si scelgano senza esitazione prodotti moderni di tipo plossl tradizionale, soprattutto se ben fatti.
Nel campo dell’osservazione del cielo profondo, dove sovente si è attratti dal desiderio di abbracciare larghi campi, vanno consigliati oculari da due pollici con lunghezze focali tra i 30 e i 40 millimetri. Per esperienza preferisco sacrificare un poco di campo inquadrato alla correzione geometrica delle stelle traguardate e mi sento quindi di suggerire i 30mm come limite massimo.
Anche in ottica di risparmio, e per evitare acquisto di filtri costosi, suggerirei un oculare “flat field” da 31,8mm. oggi disponibile presso rivenditori ben conosciuti e che sa coniugare un costo contenuto a prestazioni davvero di ottimo livello oltre ad un campo apparente di 53°. Poco più di 30 ingrandimenti e 1,7  gradi di campo reale rappresentano un bel connubio sotto un cielo buio e trasparente!

La succulenta "follia" dei Nagler vanno lasciate a chi ha scelto di lavorare con strumenti dal rapporto focale molto spinto, dove forse queste cambiali circolanti possono avere senso. Su un rifrattore a f9 spendere più di un centinaio di euro per un oculare significa invece avvicinarsi al periglioso concetto di buttare i soldi dalla finestra...

QUALE MONTATURA?

Tanto appaio permissivo e progressista nel consigliare oculari a larga diffusione e prezzo competitivo, quanto conservatore e intransigente divento quando si parla di montature.
Nel mio modo di considerare l’astronomia il primo pensiero e posto spetta sempre alla montatura che deve sostenere la nostra passione. Se la montatura fallisce o si dimostra inadeguata la nostra pazienza crolla e con essa si sgretola il piacere e la passione per l’hobby.
Quindi ciò che serve è uno stativo che ci permetta di impiegare lo strumento scelto senza che questo oscilli, vibri, o sbagli il puntamento o abbia incertezze di inseguimento.
Il mercato offre moltissime montature di medio o medio basso carico che si fregiano di dotazioni elettroniche assurde, inutili, e anche dannose.
Quello che la montatura deve fare è semplice ma deve farlo bene.
Il Evostar 100ED pesa 4 chilogrammi, diciamo 5 abbondanti quando equipaggiato con diagonale e oculare. Serve una montatura con portata dichiarata minima di 12/15 chilogrammi. Non un etto di meno anche considerando che molte equatoriali date per 15 kg. fanno fatica a sorreggere adeguatamente un 100/900. Una HEQ5 appare la scelta migliore: si resta in casa Skywatcher, ha caratteristiche adeguate, una affidabilità duratura nel tempo, “colori” che si sposano perfettamente con il tubo ottico e un costo congruo.

FOTOGRAFIA SOTTO IL MIO "NON CIELO"

E’ il titolo più indicato per la mia attività di ripresa da Milano dove nelle notti migliori si ha un Bortle 9 e in quelle standard non si supera visualmente mag. 1.1 (Bortle 9+++)
In queste condizioni non si può e non si deve valutare l’aspetto estetico delle fotografie che si scattano ma analizzarne le caratteristiche tecniche e la resa geometrica.
L’idea di mantenere intorno ai 750mm la focale dello strumento ausiliario all’astrografo a f2 Celestron aveva il fine di permettermi l’assenza di autoguida, sistema sicuramente eccezionale ma che complica in modo eccessivo le mie serate dove il tempo a disposizione per ogni soggetto è limitato sia dalla modesta finestra di cielo a disposizione che dalla scarsa trasparenza dell’aere.
Trovare il giusto compromesso tra back focus e tilt della camera oltre che assialità del treno ottico non è mai facile, soprattutto quando non ci si dedica ad uno strumento di ripresa solo. In aggiunta, ammetto di non avere grande sintonia che con i riduttori Skywatcher della serie Evostar che non si sono mai distinti, ai miei occhi, per facilità di utilizzo e campo spianato.
Si tratta sicuramente di una mia carenza poiché esistono fotografi che ottengono immagini corrette su sensori ben più grandi di quelli da me impiegati, ma io posso riportare solo la mia esperienza perché è la sola che conosco intimamente.

Tre sistemi "multipli" bellissimi: 17 Cygni (sopra) e, sotto, Albireo e 61 Cygni. Ogni immagine può essere vista con massimo dettaglio su Astrobin.com ai seguenti link:

https://www.astrobin.com/hss8cf/

https://www.astrobin.com/wy9j7s/

https://www.astrobin.com/p3f32o/

Sopra e sotto due immagini dell'ammasso globulare M13 in Ercole riprese con due camere diverse. Link a massima risoluzione: 

https://www.astrobin.com/uj79wr/

https://www.astrobin.com/shx3wf/

Le immagini che ho deciso di allegare, riprese durante i primi tre mesi di impiego del rifrattore Skywatcher che si è intervallato con altri telescopi e che ha dovuto attendere anche notti non piovose, sono ottenute con camere e tecniche di ripresa diverse tra loro e quindi appaiono utili a definire una sostanziale buona resa del comparto ottico.

Quello meccanico, complici alcune regolazioni sul focheggiatore non del tutto azzeccate, ha introdotto alcune leggere aberrazioni geometriche nella prima metà del mese di novembre quando ho deciso di smontare e riassettare il rifrattore.

Anche qui due camere difefrente per due nebulose famosissime: M27 nella Volpetta (sopra) e M57 nella Lira (sotto). Anche qui meglio vedere le immagini su Astrobi ai seguenti link:

https://www.astrobin.com/512mb9/

https://www.astrobin.com/i5mp68/

Sopra, immagine di una parte della Nebulosa Velo nel Cigno (immagine su Astrobin ai link seguenti: https://www.astrobin.com/13t2kp/). Sotto, l'ammasso Stephenson-1 nella Lira. 

Ho provato, nel corso delle ultime riprese dedicate ad un lavoro che sto compiendo e che ha come soggetto la Luna, a fotografare l'intero disco selenico per comprendere quale fosse il livello di dettaglio raggiungibile e percepibile senza ricorrere all'ampliamento della focale con interposizione di una lente di barlow.

Alla focale "ridotta" di 765 millimetri, il 100ED permette di coprire l'intero disco lunare, mantenendo anche un discreto bordo di cielo se accoppiato ad una camera come la 183mm ASI, ossia con lato del sensore da 8,8 millimetri.

Va detto che la resa dell'immagine, di cui riporto il link ad Astrobin https://www.astrobin.com/full/budwpw/B/ come per le altre affinché non si perda completamente la risoluzione a causa della compressione del sito Dark-Star, è inficiata da due fattori non trascurabili. Il primo dovuto al seeing ballerino e insufficiente della serata (valutato in 4/10), il secondo dalla presenza di una croce da 3 millimetri anteposta all'obiettivo e destinata alla creazione di "spikes" stellari.

Nonostante le premesse e accettando la semplicità di ripresa emerge una resa soddisfacente che consente un discreto dettaglio e una corretta e bilanciata illuminazione che permette di evitare, con un poco di attenzione, sovraesposizioni sgradevoli.

la superficie selenica, sia presso la linea del terminatore che verso il lembo esterno, beneficia di una globale buona correzione anche verso il bordo del sensore e questo nonostante l'ostruzione aggiunta all'obiettivo e il correttore/riduttore che non sembra aggiungere cromatica residua significativa. Per la adeguata valutazione dell'immagine è ovviamente necessario aprirla attraverso Astrobin con il link sopra indicato.

ALTERNATIVE AL MERCATO

Ad essere obiettivi va detto che vere alternative al Sw 100ED non ce ne sono. Certamente i listini dei distributori traboccano di rifrattori più o meno apocromatici da 10 cm. di diametro ma nessuno o quasi possiede le caratteristiche per poter essere una reale alternativa al ED global-cinese.

Sopra: Svbony 102/714 ED in FPL-51 - foto non dell'autore.

I Kunming Optical in FPL-51 hanno focale il 20% più corta e sono dei bidoni, quelli in FPL-53 vanno meglio ma continuano ad essere f7. I variamente marchiati 102/1100 “ED” sono trasgressivamente più lunghi e scomodi e comunque hanno focale e rapporto di apertura molto diverso. Appaiono molto prestazionali, è vero, ma le loro caratteristiche di focale li privano sostanzialmente di qualsiasi impiego fotografico generale, il che li rende non alternativi al "nostro" 100ED.
Sfogliando i listini ci si può soffermare sul
APM 100/800 che però è un tripletto e ha un costo che è il 320% di quello del nostro Skywatcher (e quindi non può essere definito un competitor nel senso commerciale del termine pur avvicinandosi per diametro e focale al rifrattore taiwanese).
I “reali” strumenti simili sono i vecchi Vixen 102ED f9 e Meade 102ED EMC F9, perfetti “alter ego” del Evostar 100ED ma non più in commercio da vent’anni e acquistabili per cifre identiche a quelle di un Evostar usato, pur valendo meno soprattutto dal punto di vista meccanico.

Sopra: Meade 102 ED EMC F9 - foto non dell'autore.

Bresser, che pur vende un ottimo 102/1000 acromatico, competitor diretto del Evostar 102/1000 achro, non ha purtroppo in listino un modello con vetri a bassa dispersione.
Resta disponibile solamente il
Vixen SD103S, un doppietto apocromatico con focale di 795 millimetri che si avvicina, con diversa livrea, alla logica essenziale e vincente dello Skyawatcher. Il Vixen 103 mi piace moltissimo, sia chiaro, ma 2100 euro sono una cifra quasi doppia rispetto al costo del nostro Evostar.

Sopra: Vixen AX103S - foto non dell'autore.

Non vorrei nemmeno citarlo ma dimenticare il Televue 102i, completamente fuori mercato invero, sarebbe irrispettoso. Tanto ben costruito e rifinito da essere follemente caro e nemmeno così costante nelle sue prestazioni, non per nulla è stato dismesso dalla produzione e reperibile solamente sul mercato dell’usato e a prezzi nell’ordine dei 1.500,00 euro.
In sintesi, in un pomeriggio dedicato allo shopping alla ricerca di un bel 100/900 apocromatico a due lenti, potremmo consumarci la suola delle scarpe lungo la via chic della Città dei Sogni ma finiremmo probabilmente con il tornare a casa con un Evostar 100ED.

CONCLUSIONI

Senza tempo, classico pur senza avere l’eleganza di un Vixen, il Evostar 100ED è oggi uno strumento unico che non ha contendenti sul mercato.
E’ uno di quei telescopi a cui risulta veramente difficile trovare difetti perché invero non ne ha in senso stretto, o quasi, ed è una constatazione che, dall’alto di oltre venticinque tubi Takahashi posseduti, non posso che fare.
Potremmo dirci che il suo aspetto “glitter” da Dark Barbie possa non gridare al taglio di Armani, che il suo focheggiatore non abbia le prestazioni di un moderno ibrido come quello installato sul mio
Tecnosky 125 OWL, ma a ben vedere questi non sono propriamente difetti e non si può nemmeno cercare di farli passare per tali. Nel caso di acquisti in negozio si può inoltre sperare che il sistema di messa a fuoco di serie sia in condizioni ottime (nei limiti del suo carico di lavoro) e se così non dovesse essere ci si può appellare alla garanzia del venditore.

Sebbene oggi sia meno “cheap” di qualche anno fa, il Evostar 100ED è un rifrattore maturo, solido, con una costanza qualitativa ottica e di assemblaggio lodevole oltre che capace di prestazioni di alto livello. Milleduecento euro, tanti o pochi che siano, bastano a chiunque badi al sodo più che a fare bella figura sui forum per comprarsi il più affidabile e logico apocromatico da 4 pollici a f9 che il mercato offra. Che poi sappia goderselo davvero o trascorrere pochi mesi osservandoci solamente M13, Mizar, Albireo e M57 per poi rivenderlo è un fatto di cultura e preparazione... o di massaggi ai piedi e voli fuori dalla finestra del quarto piano.
Quanto sopra può essere infatti efficacemente riassunto da una celebre frase, di una celebre scena, di un celebre film che ha consacrato, nel 1994, il genio graffiante e anticonformista di Quentin Tarantino.

Era Jules Winnfield, in risposta alle argomentazioni di Vincent Vega, che recitava: “Ora senti, forse il tuo metodo di massaggi è diverso dal mio, ma sai, toccare i piedi di sua moglie, e infilare la lingua nel più sacro dei suoi buchi, non è lo stesso fottuto campo da gioco! Non è lo stesso campionato e non è nemmeno lo stesso sport!”.

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