SKYWATCHER EVOSTAR 80-ED

Anno 2022 - 2023

INTRODUZIONE

Affrontiamo in questo articolo il test di uno strumento diffusissimo e presente sul mercato, pur in varie declinazioni, focali, livree e versioni, da vent’anni: lo Skywatcher 80mm. “ED”.
Evolutosi nel tempo, il rifrattore è giunto al nostro cospetto nella sua ultima declinazione denominata EVOSTAR 80-ED.
Si tratta, in sintesi, di un doppietto apocromatico, o quantomeno definito tale, che si fregia di un vetro il FPL-53 e un mate flint in probabile Schott BaK-4 o similare.
Nella sua livrea glitterata, lo strumento è completato da un buon focheggiatore da due pollici con demoltiplica, una coppia di anelli di accettabile fattura e una barra porta ottica a passo Vixen di colore verde.
Con una apertura libera di 80 millimetri e una focale da 600 millimetri presenta un rapporto di apertura a f 7,5, valore classico non distante da quello standard dei rifrattori apocromatici del ventennio scorso (tra tutti i celeberrimi Takahashi serie FC prima e FS dopo).
Completo di valigia rigida imbottita dedicata ha un prezzo presso i rivenditori di poco più di 800 euro e si pone come un “fac-totum” visuale/fotografico che ha permesso a molti astrofili di ottenere ottime osservazioni e immagini a medio campo degli oggetti del cielo profondo.

CONSIDERAZIONI PREVENTIVE

Skywatcher, nato come brand economico, si è evoluto nel corso degli anni proponendo strumenti che sono costantemente migliorati tanto da raggiungere un livello qualitativo e prestazionale di ottimo livello mantenendosi al contempo in una fascia di mercato, economicamente parlando, “consumer”.
Il nostro Evostar 80ED rappresenta la summa di questa evoluzione e si appresta, probabilmente, a lasciare il proprio posto alla nuova serie Evolux che è disponibile oramai da poco più di un anno e che, mia personalissima considerazione, diverrà la sostituta quantomeno per quanto riguarda i diametri ridotti sotto i 4 pollici.
Difficile infatti immaginare la convivenza tra gli Evostar 80/72 e i nuovi Evolux 82/62, dotati di una meccanica più curata e un focheggiatore migliorato o quantomeno più aggiornato.
Tralasciando le valutazioni e previsioni personali, alcune parole vanno spese sulla scelta del rapporto focale che segna la versione da 80 millimetri e le differenze con il più piccolo 72-ED.
Il fratello maggiore della serie appare più rifinito e con un comparto ottico più costoso, e pregiato, diametro a parte, rispetto alla versione da 72 millimetri. Mentre infatti il 8 cm. monta un doppietto con elemento FPL-53, il più piccolo 72 (di cui non è dichiarata la tipologia di vetro a bassa dispersione) monta sicuramente un crown dotato di un numero di Abbe meno spinto. A distinguerli anche il rapporto focale (7,5 per il 80 millimetri e poco meno di f6 per il 72). Le rispettive focali, di 600 e 420 millimetri, pongono i due strumenti in fasce di mercato differenti e si prefiggono scopi complementari.

Sopra: Evostar 72-ED. Sotto: i due "fratelli" montati in parallelo su una SW EQ8-R.

Se infatti il 7 cm., già oggetto di un test su Dark-Star, offre buone prestazioni globali nonostante la sua non apocromaticità e un campo corretto da aberrazioni geometriche (curvatura di campo) non ampio, il 8 cm. si pone sulla carta come uno strumento più importante capace di prestazioni planetarie maggiori e un grado di correzione della cromatica residua più elevato.
La differenza tra i due è anche ben rappresentata dalle dimensioni e dal peso, le prime facilmente confrontabili nelle immagini proposte a corredo dell’articolo, il secondo differente del 40% abbondante. I 3,5 chilogrammi che il 80-ED segna alla bilancia (privo di diagonale e oculare ma dotato di barra vixen superiore aggiuntiva) lo pongono, insieme ai circa 15 cm. di maggiore lunghezza, in una classe sicuramente superiore.

Sopra: Evostar 80-ED e 72-ED. bene in vista l'anello compensatore per adattare la cella porta ottica del 8 cm. al tubo sovradimensionato.

Anche i due focheggiatori, apparentemente simili, mostrano capacità di carico reale differente così come precisione di scorrimento e fruibilità.
Il paraluce del 80-ED, fisso e verniciato con la medesima finitura delle altre parti “bianche” del tubo, si differenzia da quello liscio, più leggero e di bianco non uguale del 72-ED che, però, si rimuove con facilità e permette di accedere alla pulizia della parte esterna del crown in modo più agevole.

Identica è la finitura del tubo con verniciatura nero glitterato (in perfetto stile “fatine Winx”) ma il 80mm. monta il diametro usato anche sulla versione da 10 cm. per immaginabili motivi di standardizzazione.
La cella dei due rifrattori appare similare ma quella del 8cm. si avvale di un aggiuntivo anello di compensazione per adattarsi al diametro maggiorato del tubo ottico.
Quantomeno simile anche il trattamento antiriflesso che denota tinte verdastre con una tonalità più chiara nello strumento di minore diametro e un verde più scuro sul doppietto da 8 cm.
Globalmente, il 80-ED appare “più telescopio” e offre impressione di notevole solidità con un “corpus” che potrebbe farlo confondere, a prima vista, con un 4 pollici a corto fuoco. Del resto costa, franco distributori, circa il doppio del fratello minore.

BARRA PORTA TUBO E TAPPO

Due paroline ai progettisti andrebbero dette circa l'impiego di bulloni non idonei per il montaggio della barra a passo Vixen in dotazione. Nelle immagini sottostanti è infatti possibile vedere come "nasca" lo strumento e cosa sia utile fare (con un trapano a colonna e svasatori adeguati) per generare delle opportune sedi alle viti di ancoraggio. Dopo averlo fatto è necessario sostituire i bulloni originali (che generano un "gradino") con nuovi a testa svasata perfettamente planari con la pase del supporto.

Sopra: immagini della barra a passo Vixen offerta in dotazione con lo strumento. Fasi di lavorazione per la sostituzione dei bulloni di serraggio.

Lodevole invece, anche se molto economico, il tappo copri-ottica che è realizzato in materiale plastico e si applica a pressione. Rende più leggero il tubo ed è enormemente più comodo da togliere e mettere. Inoltre, nel caso vi cadesse, non ha un "filetto" che si possa rovinare. La nuova serie Evolux dispone invece di tappi in metallo a vite: più belli a vedersi ma una sciocchezza a livello pratico.

Sopra: tappo ottica principale in materiale plastico: Sotto: Evostar 72-ED ed 80-ED a confronto.

FOCHEGGIATORE

Nonostante non appartenga alle ultime generazioni che equipaggiano i multi-brand competitor, il gruppo di messa fuoco del Evostar 80ED appare convincente e nel suo utilizzo non ha prestato fianco a critiche né per quanto riguarda le tolleranze (e quindi relativi basculamenti) né per fenomeni di perdita di grip e slittamento involontario.
La demoltiplica funzione in modo fluido, non si avvertono punti morti e riesce a gestire senza problemi treni ottici aggiuntivi di peso congruo allo strumento.
Ritengo che camere CCD full format con ruote protafiltri motorizzate possano forse mettere in crisi il sistema ma si tratta di valutazioni lontane dalla logica di uno strumento da 8 cm. di classe semi-economica. Chiunque pensi di utilizzare simili treni ottici, il cui costo ammonta a svariate migliaia di euro, dovrebbe rivolgersi sicuramente a tubi ottici di fascia altissima che costano 2 o 3 volte il nostro 80-ED.

Le varie immagini riportate hanno lo scopo di visualizzare i vari dettagli costruttivi del EVOSTAR 80-ED. Tra queste, l'ultima mostra una "sbavatura" di assemblaggio che si palesa nella non perfetta aderenza della curva del paraluce rispetto al suo anello di sostegno. Si tratta di una differenza di una frazione di millimetro ma cercando il "pelo nell'uovo" emerge e denota la natura più commerciale dello strumento rispetto ad altri strumenti al vertice della categoria. La bilancia elettronica segna i 3,5 chilogrammi di peso già indicati mentre gli altri particolari fotografati riguardano l'alloggiamento del cercatore, gli anelli e le viti di frizione del tubo, l'estrazione massima del canotto di focheggiatiura, le viti di regolazione del gruppo di messa a fuoco e la sua demoltiplica.

STAR TEST E PRIME IMPRESSIONI

Se è vero che un telescopio si deve fregiare, nel suo complesso, di una montatura solida per poter generare le prestazioni ottiche massime di cui è in grado per progetto e lavorazione, il nostro Evostar gode sicuramente di uno stativo adeguato. E’ infatti stato posizionato su una montatura equatoriale EQ8-R pro (con portata dichiarata di quasi 50 kg.) e sulle sue spalle è stato installato il fratellino Evostar 72-ED a cui ho affidato il compito di telescopio guida ma anche di riferimento ottico.

Dopo aver concesso il tempo di acclimatamento ad entrambi i tubi ottici ho allineato la montatura e mi sono dedicato al primo star test che ho volutamente eseguito con e senza diagonale riscontrando peraltro differenze insignificanti.
A questo proposito va indicata una peculiarità del sistema di serraggio del portaoculari da 2 pollici del focheggiatore che, privo di lardone interno, avviene con la frizione di due viti poste a 90° una dall’altra.
Con questa soluzione può accadere che le prolunghe esistenti sul mercato, dotate di scanalatura, subiscano uno spostamento/inclinazione durante il serraggio. La situazione, che ha risvolti poco influenti nell’osservazione visuale, diventa invece problematico nelle applicazioni fotografiche. Per questo motivo consiglio di impiegare prolunghe dotate di un canotto svasato che risulta “autocentrante” e che non subisce inclinazioni di sorta.
Lo star test è stato effettuato con una serie di oculari Vixen al lantanio, i “vecchi” LV che da un paio di anni ho eletto a miei oculari preferiti e di cui ho recuperato quasi tutte le focali prodotte.
Benché molti puristi possano indignarsi, reputo gli LV offrire una prestazione globale valida oltre ad essere molto comodi nell'osservazione grazie alla lente di pupilla grande e ad una estrazione focale generosa.
La loro resa appare quasi totalmente uniforme sul campo inquadrato (che spazia dai 45° ai 50° a seconda della focale) e difficilmente mi hanno fornito prestazioni meno elevate rispetto a blasonati ortoscopici.
Non voglio con questo negare una certa dominante calda (comunque moderata) né una lieve superiorità in fatto di incisione e contrasto che arride ad esempio ai miei ORTHO TAKAHASHI da 24,5mm. o ad alcuni ortoscopici moderni (eccessivamente costosi) che, nella pura osservazione, offrono un guadagno comunque contenuto e che difficilmente vale il costo extra, motivato da pura speculazione, soprattutto quando accoppiati a ottiche apocromatiche moderne a rapporto focale medio spinto.
I vecchi acromatici a lungo fuoco, sovente sovra o sottocorretti all’aberrazione sferica e allo sferocromatismo, tendono a beneficiare maggiormente di ortoscopici classici ma un doppietto da 8 cm. aperto a f 7.5 porta ad appianare un pochino teoriche differenze ottico/geometriche.
Ciò che appare più utile è invece la planarità di campo e la comodità osservativa oltre alla assenza di fenomeni di condensa.
I Vixen LV da 20, 10, 6, 4 e 2,5 millimetri, con spaziature scelte ad hoc per la focale del Evostar, permettono di generare ingrandimenti di 30x, 60x, 100x, 150x, 240x rispettivamente che si prestano bene a valutare le caratteristiche dell’ottica.
Comoda e altissima, quasi allo zenit, la fulgida e azzurra
Vega (magnitudine 0.03) si è offerta come primo target obbligatorio.

Mettendo l'occhio all'immagine mi sono subito reso conto di una sostanziale "perfezione" dello star test, pulito come non mi accadeva da tempo. Le immagini di intra ed extra focale presentano texture quasi identiche (con una lieve maggiore incisione degli anelli di Fresnel in intrafocale) e perfettamente rotonde, senza segnali di astigmatismo anche al passiaggio al fuoco. Gli anelli di Fresnel denotano una colorazione magenta/verde che si inverte tra intra ed extra focale ma che scompare totalmente nel punto di massima focalizzazione. La collimazione è risultata ineccepibile, anche a 240x, e l'immagine deliziosa con un primo anello di diffrazione e un semi accenno di secondo lievissimo. Si può concedere allo star test un punteggio di 9,5 su 10 per via di un lieve accenno di sferica residua (di entità modestissima e che va cercato attentamente) che non ha praticamente influenza alcuna anche a ingrandimenti elevati.

Il secondo test è stato condotto sulla Gamma della costellazione dello strumento di Orfeo, Sulafat, che con la sua magnitudine di circa 3.25 rappresenta un soggetto molto meno estremo e più idoneo a valutare quanto l’astrofilo possa “cogliere”, almeno visualmente, durante le sue osservazioni.

Anche in questo caso la focalizzazione è risultata da manuale e lo strumento può a tutti i diritti essere definito apocromatico, almeno per quanto riguarda l'impiego visuale.

STELLE DOPPIE

Ho cominciato il test con un sistema famoso e da ogni astrofilo osservato almeno una volta nella vita: la "doppia doppia" della Lyra (Epsilon Lyrae). L'oculare da 5 millimetri (potere di circa 120x) indica già chiaramente la natura quadrupla del sistema che assume però caratteristica propria più gradevole a poteri superiori. Ottimi i 150x del LV 4mm. ma soprattutto perfetti i 240x generati dall'oculare al lantanio LV da 2,5 millimetri. La due coppie di stelle, stampate sul fondo cielo, immobili e prive di qualsivoglia difetto, offrono un quadro davvero bello da osservare.

Per aumentare la difficoltà ho puntato anche la Delta Cygni, banco di prova sempre ostico per ogni telescopio, che nonostante il potere separatore limitato del 80-ED (circa 1,5" teorici) si è mostrata in modo nettissimo come un sistema doppio con la secondaria ben rotonda appena oltre l'anello di diffrazione della primaria.

La fulgida Albireo, spettacolare per chiarezza e contrasto di colori, ha messo bene in evidenza una ottima prestazione di saturazione sia nel colore arancio che in quello blu/azzurro indicando una risposta spettrale piuttosto omogenea.

L'osservazione è proseguita con altri sistemi, più o meno eclatanti, e ha certificato quanto il piccolo Evostar 80 sappia ben fare su questo tipo di oggetti. Accettando il suo potere risolutore e la capacità di raccolta della luce che gli sono propri e che risultano definiti dalle leggi della fisica, gli 8 cm. apocromatici Skywatcher si sono dimostrati all'altezza del più blasonato dei Takahashi nel giungere alla separazione massima e sicuramente più "affilati" rispetto anche ai migliori 7 cm. che l'industria ottica abbia mai prodotto. Il solo uno appunto che si può muovere al 80-ED, che emerge esclusivamente da una serrata comparazione fianco/fianco, è quello di avere un contenimento alla sferica residua lievissimamente inferiore ai migliori doppietti alla fluorite giapponesi. Si tratta di inezie quasi invisibili nell'uso normale e che indicano quanto inutile sia , su queste aperture, spendere cifre molto superiori per l'osservazione visuale.

Tralasciando le qualità intrinseche e le pur meritate lodi va tratta una conclusione che in più occasioni ho avuto modo di suggerire. Otto centimetri, per quanto perfetti, restano un diametro limitato per l'osservazione delle stelle doppie. Permettono immagini deliziose di sistemi colorati o fulgidi e comunque di coppie con magnitudine entro la sesta e separazione non troppo inferiore ai 2" ma si rivelano "pochi" su doppie meno luminose. Il Flammarion ha osservato molti soggetti con un canocchiale da 3 pollici, e io credo di aver fatto altrettanto. Sotto cieli molto scuri si può fare meglio ma da aree urbane conviene concentrarsi sui target più eclatanti. I "soliti" ammaliatori con i loro 6 cm. d'epoca che "incredibili prestazioni offrono" si mettano il cuore in pace...

L'OSSERVAZIONE DI GIOVE E DI MARTE

Molto bella l'immagine offerta del pianeta Giove. Ogni dettaglio alla portata dello strumento è apparso netto, pulito e contrastato oltre che privo sia di luce diffusa che di cromatica residua. Non ho notato "morbidezza" nella resa del bordo planetario ed è emersa una ottima resa dei contrasti con il disco gioviano ben staccato dal fondo cielo.

I 150 ingrandimenti permessi dall'oculare LV-4mm. si sono dimostrati il potere ideale per indagare le principali morfologie nuvolose che non hanno lesinato indentature, striature variamente sudivise, e anche qualche accenno di particolare nelle alte zone temperate come deboli ma percepibili rinforzi "grumosi".

Ho dovuto ripetere l'osservazione in due sere diverse, entrambe graziate da un buon seeing generale (cosa tutto sommato abbastanza facile quando si volgono al cielo solamente 80 millimetri di apertura), per cogliere la grande macchia rossa che si è lasciata vedere molto distintamente con alcuni rinforzi di contorno appena percepibili. Non mi è stato invece possibile apprezzare variazioni significative interne alla zona ciclonica anche per via dell'ingrandimento relativamente moderato. In altre occasioni ho invece potuto apprezzare la resa netta delle ombre di transito lunare che appaioni, seeing permettendo, ben contrastate e definite da un contorno netto e, in prossimità del lembo planetario e con ingrandimenti superiori ai 200x, anche ovoidali.

Nella visione generica del pianeta i 200x mi sono sembrati il potere massimo realmente sfruttabile. A 240x il disco gioviano appare appena "fuori misura": la focalizzazione è corretta e univoca ma non si guadagna dettaglio e le tonalità "sfumano" un po' troppo perdendo saturazione.

Non ho potuto, credo per pigrizia più che altro, effettuare una comparazione con un rifrattore acromatico da 80/1200 ma ritengo che l'immagine del Evostar 80ED sia più brillante sebbene, forse, un poco più "vibrante" e maggiormente affetta da fenomeni di miodesopsia.

Il test su Marte ha dato esiti simili anche se la visione appare meno affascinate. Mi reputo indubbiamente un pessimo osservatore del pianeta "rosso", da sempre. Non ho mai ottenuto, con qualsiasi strumento (se si fa eccezione per un vecchissimo Schmidt Cassegrain di ZEN - pezzo unico - da 250mm con rapporto focale di F20 e ostruzione davvero modesta), immagini della superficie marziana tali da farmi innamorare di questo pianeta. E' un sacrilegio, non mi nascondo e lo ammetto candidamente, ma se fosse stato per me non si sarebbero mai scoperti i canali marziani...

Ho però comunque rivolto il doppietto Skywatcher al pianeta cogliendone i prinipali dati morfologici: alcune formazioni continentali, un accenno di calotta polare significativamente appiattito nel bordo verso l'interno del disco (anno 2022), e anche una buon contrasto con il fondo cielo.

In questo caso, ma la differenza potrebbe essere causata dal differente ingrandimento impiegato, mi è parsa l'immagine essere leggermente più morbida rispetto a quella, graffiante, offerta dal disco di Giove. I 240 ingrandimenti erano digeriti al limite e i 150x apparivano troppo pochi per una osservazione realmente proficua. La mancanza di un oculare da poco più di 3 millimetri di focale si è fatta sentire e mi sono mancati i poteri adatti ad ottenere il massimo dalle ottiche.

Resta indubbio che il disco marziano, sempre un po' piccolo, non si sposi bene con il modesto diametro e focale dell'apocromatico cinese e che indagini più serie e appaganti impongano telescopi a specchio o lente di maggiore diametro.

 

Come già detto a proposito delle stelle doppie, anche l'osservazione planetaria, attraverso 80 millimetri, risulta limitata. Se infatti Giove sa affascinare sempre, gli altri pianeti (con la sola esclusione di Venere) richiedono diametri superiori. Saturno e Marte soprattutto (perché citare Urano e Nettuno, meri dischetti colorati, non avrebbe senso così come ridicolo sarebbe parlare di osservazione di particolari su Mercurio che vadano oltre la percezione della "fase") chiedono centimetri, non millimetri. Risoluzione e capacità di raccolta della luce sono indispensabili per le sottostrutture degli anelli di Saturno o per qualche dettaglio tropicale e polare. Parimenti, Marte ama ingrandimenti, serate stabili, risoluzione e capacità di focalizzare perfettamente la radiazione rossa dello spettro visibile (e in questo i newton o i cassegrain puri sono la soluzione migliore).

MOTIVO DELL'ACQUISTO E TEST FOTOGRAFICO

Come abbiamo detto un rifrattore da 8 cm. ben corretto offre immagini sempre belle, pulite e “dense” ma resta limitato nella pratica osservativa da una raccolta di luce modesta e non lo reputo un reale compagno della indagine astronomica visuale. Oramai mi vanno stretti anche i 4 pollici iper corretti come il mio Takahashi FC100N in fluorite e focale di 1 metro perché quando decido di porre l’occhio e non il sensore fotografico al fuoco dello strumento desidero “vedere” oggetti che non siano i soliti pochi luminosissimi, a meno di non osservare dalla città dove la piacevolezza delle lenti lenisce un poco i limiti del cielo.

In assoluto appare ridicolo quindi impiegare un 8 cm. nell'indagine del cielo profondo se si escludono alcuni cospicui (e pochi) ammassi aperti.
Lo scopo del 80-ED è quindi per me puramente fotografico in abbinamneto soprattutto ad una camera c-mos moderna a colori o monocromatica. Nel mio caso, riguardo alla ripresa a colori, rinunciando al raffreddamento che offre innegabili vantaggi, volevo impiegare una ASI 482 MC che ha pixel da 5,8 mm (si tratta di un sensore Quad) con una buona dinamica e soprattutto un valore di Full Well Capacity molto alto e pari a 51K. Le dimensioni non generose del sensore (11,2 x 6,2 millimetri) si prestano in teoria a lavorare con il Evostar senza necessità di introdurre uno spianatore (che pure dispongo) da 1x o da 0.85x. I 600 millimetri di focale si configurano inoltre come ottima alternativa a strumenti più grandi e complementari.

In alternativa, usando lo spianatore e un filtro h-alpha, l'80-ED può accoppiarsi in modo ideale con camere monocromatiche nella ripresa di nebulose diffuse non eccessivamente grandi.
IBello è anche accoppiare lo strumento con il suo fratello minore, il 72-ED semi-apo da usarsi come telescopio guida. Questo "duo", se si dispone di una montatura di buona portata e precisione, può infine cavalcare un'ottica maggiore dedicata all'imaging di soggetti di estensione angolare limitata come galassie, ammassi globulari, nebulose planetarie.
Poiché al momento della stesura dell’articolo non ho ancora avuto tempo per generare una serie di immagini significative mi sono limitato ad eseguire alcune prove per valutare la resa geometrica che lo strumento permette con la ASI 1600 mono in accoppiamento ad un filtro h-alpha da 7nm.

Durante il periodo di test fotografici ho avuto purtroppo sempre un cielo "infame": non solo tipicamente Bortle 9+ ma anche e soprattutto continuamente velato da nubi passeggere che mi hanno obbligato a rifare varie volte il test di spianatura di campo.

Ho utilizzato il riduttore/spianatore originale del 80ED che ha un fattore moltiplicativo di 0.85x e che ho verificato essere capace di fornire un campo quasi del tutto privo di distorsioni geometriche sulla diagonale da 22 millimetri della ASI 1600.

L'immagine riportata, che non ha valenza estetica, ha il solo fine di monitorare, dopo vari aggiustamenti, quanto corretto sia il fotogramma e quali possano essere i limiti ulteriori.

Il campo inquadrato, centrato sulla nebulosa NGC 6960 (parte della Veil Nebula nel Cigno) beneficia della riduzione stellare imposta dal filtro selettivo ed è quindi più facile valutare la geometria stellare al centro e al bordo del fotogramma.

Per una più corretta analisi si rimanda alla versione non compressa pubblicata su ASTROBIN al seguente link: https://www.astrobin.com/download/j2x66p/0/hd/

Sopra: immagine completa non ritagliata.

Sopra: porzione di fotogramma al CENTRO dell'immagine originale.

Sotto: porzione di fotogramma corrispondente all'angolo DESTRO-BASSO dell'immagine originale.

Benché sia innegabile una buona puntiformità stellare anche a bordo campo va considerato che il formato di ripresa non è elevatissimo e comunque ben inferiore a quello del APS-C che contraddistingue le camere di ripresa di fascia medio-alta del mercato (ad esempio le 2600 o similari con sensore IMX 571). Il sistema ottico "copre" senza eccessivi patemi il sensore della ASI 1600 ma oltre non posso esprimermi. Esaminando attentamente l'andamento luminoso nelle tracce stellari a bordo campo si individua una asimmetria del picco che prelude, sui formati più grandi, ad una distorsione apprezzabile ingrandendo molto il fotogramma. Non mi arrischierei quindi a dichiarare piano il campo sul formato APS-C.

L'OSSERVAZIONE LUNARE

Come anticipavo parlando dei pianeti anche la Luna, che non soffre del problema di luminosità, appare bellissima ma le formazioni più sottili, molti domi, rimae, o piccoli craterini che un cassegrain da 20 cm. ci ha insegnato a cogliere, nel 80-ED semplicemente non sono visibili. Non importa a quale frazione di lambda sia lavorata l’ottica, non interessa il valore di Strehl, non importa nemmeno il fuorviante ingrandimento a cui si lavori: sotto i 10 cm. ll potere risolutore manca! Quello che è raggiungibile dall’ottica si vedrà anche bene ma dopo un po’ di tempo il suolo selenico esaurirà i suoi segreti e il modesto diametro dell'ottica comincerà ad andarci stretto.
Anche in campo meramente fotografico ci saranno soprattutto delusioni (e lo sono anche se la targhetta del rifrattore riporta la scritta Takahashi) perché in campo planetario quello che conta è il diametro e ogni ottica lavorata decentemente di grande apertura offrirà prestazioni immensamente superiori a quelle raggiungibili dal migliore apocromatico da 3 o 4 pollici che tecnologia e accuratezza possano generare.
Se abbiamo quindi a cuore la fotografia selenica imponiamoci di stare lontani da qualsiasi rifrattore o strumento da 8 o 10 cm., indipendentemente dal suo blasone e dal suo costo.

Accetatte le ineluttabili leggi della fisica potremo comunque goderci, in virtù della grande pulizia concessa dal doppietto orientale e della mancanza di cromatica residua e luce diffusa, riposanti e appaganti osservazioni "turistiche" della grigia Luna. Soprattutto a poteri medio bassi ci sarà concesso di notare la netta differenza di colorazione tra i basalti di alcuni grandi mari mentre i crateri più grandi e significativi risulteranno accettabilmente dettagliati anche salendo con gli ingrandimenti.

Sopra: immagine della totalità al fuoco diretto e camera di ripresa con sensore di buone dimensioni (ASI 1600)

Sotto: cratere Clavius ripreso con interposizione di barlow 3x e camera planetaria IMX 290 (Svbony SV305M pro).

CONCLUSIONI

"El crimen ferpecto" è il film che questo Evostar 80-ED mi porta alla mente. La pellicola è un perfetto mix di humour nero così come appare ottimo mix di "solidità" ottica quello che il prodotto Skywatcher persenta in questa versione matura e completa. Nessun timore reverenziale nei confronti dei primi della classe che sanno forse esibire una immagine più "bianca" e cruda ma che per prestazioni globali risultano assolutamente confrontabili. In campo fotografico i migliori tripletti sanno fare un poco meglio ma il vantaggio è difficile da spiegare con un costo triplo. Quello che fa forse maggiormente difetto al Evostar 80-ED, se confrontato ad un attuale Takahashi FC-76, è uno spianatore meno raffinato ed evoluto (ma anche molto meno caro).

Non sono fotografo che impiega il full format ma quantomeno fino al sesnore della ASI 1600 (quindi un 13x17 o poco superiore) non vedo motivi per preferire al 80-ED altri prodotti di fascia superiore.

Sopra: locandina del film "El crimen ferpecto", moderno caposaldo dell'humour nero.

Per gli irriducibili della fotografia, maniaci di una perfezione che 9 volte su 10 il cielo rende inutile, ci sono comunque i quintupletti di ultima generazione.

Al Evostar 80-ED manca il blasone, verissimo, manca forse la livrea affascinante dei CFF, dei Takahashi, di alcuni TS di altissima gamma (gli Fpl-55 con bordo azzurro), ma se si accettano queste "amenità" e si tengono in tasca tra i mille e i millecinquecento euro di risparmio, si può vivere davvero felicissimi. A patto, ovviamente, che 80 millimetri ci bastino.

I suoi competitor naturali sono, per fascia di prezzo, i vari "rimarchiati" con il sigillo Altair, Ts, Tecnosky, Svbony. Solitamente dotati di rapporto focale f 7 (80/560) montano sia doppietti in FPL-51, con prestazioni inferiori, o in FPL-53, in questo caso con performances similari.

Sarebbe bello, e spero prima o poi di poterlo fare, provare il nuovo Evolux 82-ED che, pur restando un doppietto, si fregia anche di un aspetto più moderno, curato e modaiolo.

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