DIAFRAMMARE PER VEDERE

Anno 2014 - Diaframmatura eccentrica su strumenti fortemente ostruiti.

INTRODUZIONE

L'osservazione dei sistemi multipli è una attività che aiuta a comprendere bene le caratteristiche dei vari tipi di telescopi e soluzioni progettuali e che richiede, come del resto gli altri ambiti di indagine sui soggetti astronomici, strumenti selezionati e adeguati allo scopo.

Un buon telescopio, di qualunque tipologia esso sia, non è un preformer assoluto di riferimento in ogni campo di applicazione ma ha proprietà intrinseche e campi di utilizzo ben individuabili.

La comunità degli astrofili è solitamente influenzabile, soprattutto mi riferisco ai neofiti o agli osservatori sporadici, da idee di grandeur che vorrebbero sempre e comunque più adatti telescopi di diametro generoso, indipendentemente dalla condizioni di seeing e dalle caratteristiche dell'oggetto da osservare.

L'idea che una grande capacità di raccolta di luce e un potere risolutore maggiore siano sempre vincenti è una facile conclusione a cui si è soliti tendere, soprattutto oggi che il mercato ha messo a disposizione degli amatori telescopi di diametro cospicuo a prezzi molto bassi (schemi newton in primis).

Chi si occupa di alta risoluzione fotografica predilige strumenti di tipo Cassegrain o derivati (vedi i diffusi Schmidt Cassegrain) per la loro lunga focale. Tali strumenti, in diametri tra i 25 e i 35 cm., hanno permesso agli imager di ottenere, accoppiati a sensori molto performanti, immagini incredibilmente dettagliate dei principali soggetti del nostro sistema solare.

Se, in generale, un telescopio “più grande” offre maggiori possibilità di indagine è altrettanto vero che non sempre un diametro importante, e la conseguente ostruzione che lo accompagna, risultano vincenti.

Esiste ad esempio un campo di osservazione specifico (quello che riguarda sistemi multipli con componenti molto sbilanciate) in cui gli effetti dell'ostruzione sono molto invadenti e tendono a rendere poco fruibili le immagini restituite dagli strumenti maggiori molto ostruiti.

TEST SU EPSILON BOOTIS

Ho provato, per divertimento e spirito puramente divulgativo, a utilizzare uno Schmidt Cassegrain di casa Meade per l'osservazione di un sistema doppio famoso, bello e relativamente facile: la Epsilon Bootis, conosciuta con il nome di Izar e ritenuta, a ragione, una delle coppie più interessanti da osservare con strumenti amatoriali alla portata di ogni tasca.

Il sistema è composto da due astri molto diversi tra loro per magnitudine e colore percepito. Una gigante arancione di classe B e una più comune stella bianca in sequenza principale e categoria A2 separate da circa 2,9” e con magnitudini prossime a 4,65 e 2,50.

Si tratta, in sostanza, di un sistema doppio che non richiede potere separatore elevato ma una capacità dello strumento che si utilizza di fornire alto contrasto e poca luce diffusa intorno al disco di Airy della componente principale.

Lo strumento che avevo installato sulla Alter D6 al centro del mio giardino ha caratteristiche poco adatte allo scopo. E' dotato di una apertura generosa (25 cm.) e di una focale decente (1600 mm. - si tratta della versione a rapporto focale nativo F 6.3) ma anche e soprattutto di una ostruzione lineare importante (prossima al 40%) che offre una notevole diffusione di luce negli anelli di diffrazione e difficilmente permette di evitare l'effetto “puffetto” tipico dei sistemi a forte ostruzione.

Inoltre, il seeing della serata (mai superiore ai 5/10) se valutato attraverso i 25 cm. di diametro del Meade non rappresentava la condizione migliore per ottenere immagini di rilievo.

Con l'oculare da 12,5 mm. (potere di 128x) la coppia è separata ma l'immagine è piccola e la compagna talmente vicina alla primaria da essere scarsamente apprezzabile. Con l'oculare da 7,5mm (potere di 213x) la separazione aumenta ma lo “spappolamento” della primaria è tale da rendere poco percepibile e molto confusa la visione. Si vede che le stelle sono due ma è come osservare una coppia di batuffoli brillanti e tremolanti vicini.

Ciò che colpisce, oltre alla mancanza di una forma netta nelle immagini (di per sé molto poco bello da vedere e ben poco interessante data l'impossibilità di calcolare con precisione, ad esempio, l'angolo di posizione se non con tolleranze che inficiano qualsiasi dato) è l'impossibilità di cogliere bene il corretto dato cromatico. La primaria è bianca e la secondaria pure (più o meno) e la loro differenza di colore molto difficile da stabilirsi con certezza.

In poche parole tutti i 25 cm. Del Meade 10” non servono a nulla in questo tipo di osservazione, anzi. Uniti alla ostruzione complessiva rendono lo strumento assolutamente inadatto allo scopo.

Poiché sono, in primis, un osservatore di sistemi multipli abituato alle immagini molto nette dei rifrattori, ho deciso di ridurre il diametro del Meade a valori molto più bassi di quello originale ottenendo un sistema non ostruito e decentrato.

Ho così realizzato allo scopo una prima dima in cartone e poi un sistema a diaframma eccentrico in materiale plastico nero con un foro da 7,5 cm. di diametro.

Puntata la Epsilon Bootis con questo accorgimento è stato come “mettere a fuoco”. L'immagine non migliora solamente, cambia radicalmente e sembra di osservare un sistema completamente diverso. Le immagini stellari sono da manuale, con un disco di Airy più grosso (dovuto al minor diametro utile) ma immobile e circondato da un solo anello di diffrazione quasi immobile e da un debolissimo secondario. La secondaria, adesso finalmente azzurro/verde giace placidamente quasi sull'anello di diffrazione della primaria che è di un bel bianco/giallo pieno.

Con un micrometro filare sarebbe possibile, in queste condizioni, calcolare con precisione l'angolo di posizione, la separazione, e dare una valutazione più centrata (benché sempre soggettiva) della cromia stellare.

Le due immagini (a tutta apertura e con diaframma) non sono minimamente paragonabili, a qualsiasi ingrandimento (quindi né a 128x, né a 213, e nemmeno a 320x). Nel primo caso si vede tanta luce impastata, nel secondo si accede a tutto quanto alla portata di uno strumento amatoriale. L'immagine è bellissima (anche se denota una lieve cromatica laterale – io lo vedo perché sono un po' precisino in queste cose) e rilassante. Osservare per qualche minuto, senza distogliere l'occhio, in queste condizioni è appagante e molto piacevole oltre che più redditizio.

Il vero limite offerto da questa soluzione è rappresentato dalla riduzione che subisce il campo di piena illuminazione (che viene limitato da una vignettatura asimmetrica). Il problema è riscontrabile però solo e soprattutto a bassi ingrandimenti, quindi dove la necessità del diaframma eccentrico non esiste più...

Resta un comprensibile scetticismo fisiologico nel rinunciare deliberatamente a tutta la generosa apertura che il nostro strumento ha e che abbiamo faticosamente conquistato lavorando per guadagnare quanto necessario al suo acquisto, ma non comprendere che la riduzione dei diametri e l'eliminazione dell'ostruzione rappresenta, in alcuni casi, un beneficio osservativo è errore ancor più grande.

Ho ripetuto il test due notti dopo, finalmente in condizioni di seeing buono (tra i 7/10 e gli 8/10 in un 25 cm.) per tentare di “riscattare” la piena apertura dello Schmidt Cassegrain.

L’immagine non diaframmata era finalmente godibile. La separazione molto accentuata (come è logico sia), i colori delle due componenti molto brillanti (bianco/giallo e azzurro) e il tremolio generale contenuto. Restano aloni tremolanti e “puffeggianti” intorno al disco di Airy delle componenti ma è possibile, con un minimo di perizia, ricavare dalla nuova immagine dati di posizione e separazione attendibili.

L’immagine diaframmata appare ovviamente “perfetta” e comunque più bella e rilassante ma il divario di godibilità si è ridotto ampiamente. 

Tralasciando il dato puramente estetico quindi, in condizioni di seeing buono o molto buono, concluderei che vale la pena di accettare qualche sfrangiamento e usare l’apertura massima.

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