Aprile 2015 - Paolo Casarini - Marco Murelli - Fabio Bergamin
Una montatura altazimutale è un sistema meccanico, in genere riferito ai telescopi, che sostiene lo strumento e permette di puntarlo seguendo movimenti paralleli all’orizzonte (azimut) o perpendicolari ad esso (altezza). È stata tradizionalmente realizzata a guisa di “forcella” (si pensi ai binocoli o ai piccoli telescopi del passato) mentre oggi, tornata in voga anche per motivi di “moda”, tende a preferire la forma di braccio singolo laterale (le varie GIRO e cloni hanno fatto scuola in questo senso).
Questo tipo di montature, avendo l'asse principale perpendicolare al suolo, origina il fenomeno della cosiddetta rotazione di campo, secondo il quale l'immagine risultante ruota ad una velocità dipendente dalla declinazione del corpo celeste osservato. Quest'effetto ha reso, almeno fino a circa una ventina d’anni fa, le montature altazimutali inadatte alla fotografia a lunga posa.
Con il progredire dell'elettronica e con la diffusione di software dedicati è diventato però possibile compensare questo effetto tanto che tutti i moderni telescopi di grandi dimensioni e con vocazione “professionale” vengono ormai costruiti quasi esclusivamente in montatura altazimutale. I vantaggi non sono trascurabili: si riducono le dimensioni del telescopio completo, dell’osservatorio atto a riceverlo, e i costi realizzativi del tutto.
Oggi, spulciando i cataloghi on-line di produttori e distributori, ci si può imbattere in montature altazimutali di varie dimensioni e costo, dalle piccole, computerizzate (e francamente quasi inutili) LCM e similari alle più avveniristiche, costose e pregiate realizzazioni (vedi ad esempio le varie Diverse Hersteller, Ioptron, Avalon, Skywatcher, Kokusai Khoki, Vixen, HalfHitchTelescope e altre ancora).
Ora però immaginiamo di essere amanti delle osservazioni del cielo profondo con strumenti a largo campo a rifrazione e che non ci interessi un sistema di puntamento automatizzato e la relativa necessità di avere alimentazione elettrica. E immaginiamo, al tempo stesso, che il nostro strumento sia pesante (il che non si sposa magnificamente con la portabilità dello stesso...). Bene, abbiamo individuato una schiera (ristretta forse) di amatori che desiderano andarsene in giro, di tanto in tanto, con pesanti e costosi apocromatici da 15 cm. per trascorrere una serata in compagnia di amici sotto cieli cristallini. Con un ultimo sforzo immaginiamo anche che questi rifrattori apocromatici da 15 cm. siano rispettivamente un Takahashi TOA-150 e un Takahashi FCT-150, due "bestioni" da 20 chilogrammi l'uno (e passa).
Gli amici di cui parliamo si spremono le meningi e poi, non desiderosi di spendere 2/3.000,00 euro in prodotti "standard", affidano al bravo Marco Murelli la realizzazione della altazimutale dei loro sogni (o quasi - perché Cherubino avrebbe delle variazioni da fare sul tema...) e ne esce quello che vediamo nel proseguo dell’articolo.
“Il cielo è la peggior parte di ogni strumento”
Questo vecchio adagio è terribilmente vero in questi mesi invernali in cui, sebbene la trasparenza sia spesso più che buona, il seeing è solo a volte poco più che sufficiente ad osservazioni proficue. L’utilizzo in alta risoluzione di strumenti dedicati rende le osservazioni un poco frustranti perché, una volta faticosamente montato il prezioso “tubo” su una equatoriale che lo supporti degnamente, si scopre che la serata è mediocre e non rimane che guardare “qua e là” senza troppa soddisfazione. Come combinare quindi la velocità e maneggevolezza di set-up con la necessaria stabilità di supporto che richiedono strumenti di una certa levatura?
Come in tutte le cose, è necessario qualche compromesso. Le montature equatoriali (in tutte le loro varianti) sono utili ma un po’ scomode e, data l’intrinseca instabilità di design, per essere stabili necessitano di volume, peso e buon engineering. Le altazimutali invece, pur apportando una serie di “sfortune”, sono intrinsecamente stabili e intuitive nell’utilizzo (il Dobson ne incarna la vera essenza). Il loro design permette inoltre di renderle compatte e facilmente trasportabili. Come scriveva il nostro ospite nell’introduzione, il mercato offre oggi una ampia scelta di altazimutali ma tutte con un certo limite di “playload”, per dirlo all’americana. Quale strumento, queste montature riescono a gestire con stabilità e facilità di movimento? Se vogliamo infatti usare telescopi da 20kg e oltre (un TAKAHASHI TOA 150 e ammennicoli vari, giusto per fare un esempio) la scelta è pressoché nulla. Qualcosa esiste oltre oceano ma i prezzi sono alti. Abbiamo quindi definito il target: montatura alt-az “grab&go” (max 10kg di peso, treppiede/colonna esclusi) che possa gestire BENE circa 20kg VERI, fluida nei movimenti ma senza movimenti micrometrici; la filosofia iniziale è che se la meccanica è ben fatta e lo strumento ben bilanciato, i moti fini non servono.
Questi i presupposti tecnici. La scintilla scatenante è invece una malattia inguaribile: “l’autocostruttite autarchica”, la voglia cioè di farsi le cose da soli perché quelle di commercio non piacciono e/o non vanno troppo bene (o costano troppo, dice Cherubino!).
Partiamo dalle fondamenta: dove si può installare una buona alt-az? Un solido treppiede o meglio ancora una solidissima mezza colonna Losmandy G11, una roccia per qualsiasi applicazione amatoriale. Sopra questo è stato messo un adattatore che funge da supporto del perno di rotazione in azimuth e da piano di scorrimento del piatto azimutale che accetterà i supporti del perno in elevazione. Per facilitare lo scorrimento, dare robustezza e precisione è stato realizzato un grosso perno (circa 60mm di diametro) e lo scorrimento non avviene tra alluminio e alluminio ma sono stati interposti dei dischi in materiale plastico adeguatamente ingrassato. I supporti in elevazione sono avvitati al piano di azimuth e accettano un perno in inox rettificato da 40mm. Da un lato è posta una bellissima slitta Losmandy/Vixen della Geoptik, dall’altro è possibile avvitare una estensione del perno di elevazione per aggiungere contrappesi. I supporti in elevazione hanno un pratico sistema di regolazione dell’attrito a collare in modo da bloccare l’asse quando necessario o frizionarlo quanto basta. Vi è un piccolo reggi-spinta lato contrappesi per regolare il tutto a gioco zero. Si è scelto di non utilizzare cuscinetti volventi ma solo radenti per evitare troppa scorrevolezza. Se il tutto è troppo “libero” anche il minimo sbilanciamento rende l’utilizzo difficile. L’aggiunta di bronzine non è necessaria, i movimenti sono lenti e non continuativi, l’usura inox su alluminio è inesistente. Insomma.. almeno “a secco” siamo riusciti nell’intento. Ora diamo la creazione a Fabio Bergamin che, oltre ad averla commissionata, sarà il primo ad usarla in modo esaustivo.
Alla prova del TOA 150 e accessori vari, ben oltre i 20 chilogrammi di peso, la A.C.M. (Altazimuth Custom Mount) si rivela perfetta. Fluidissima nei movimenti (lo strumento si sposta letteralmente con “un dito”) e priva di qualsivoglia vibrazione.
Sicuramente il treppiedi Losmandy (derivato da quello della G-11) fa la sua parte ma anche a oltre 200x basta un secondo affinché l’immagine si fermi completamente dopo le operazioni di focheggiatura.
Inseguire è facile grazie alla fluidità di spostamento in entrambi gli assi e per un utilizzo puramente visuale risulta sinceramente più che sufficiente avere questa montatura piuttosto che una equatoriale standard dotata di go-to.
Si deve tornare al vecchio e istruttivo “star hopping” ed a un approccio meno frenetico al numero di oggetti osservati ma, dal punto di vista pratico, la montatura realizzata è una favola.
Sulle doppie abbiamo tirato senza problemi di stabilità i 390x circa offerti dall’oculare Takahashi LE 2,8mm. con un inseguimento ancora discreto e una buona usabilità.
Inutile dire che il complesso trova la sua perfezione ad ingrandimenti bassi e medi (diciamo nell’ordine dei 30-150x) con cui è possibile “spazzolare” i campi stellari e approfondire la loro conoscenza zoomando con un oculare multi focale 8-24 (ingrandimenti da 45x a 137x circa). Oppure, per la quiete delle spirito e della mente, bighellonare a circa 22x con un grosso oculare da 50 millimetri e godersi due gradi e mezzo di campo stellare meravigliosamente perfetto (grazie al TOA-150 di Fabio).
Sì, perché Cherubino (al secolo Paolo Casarini) di fisime ne ha tante...
La montatura la trovava bella, funzionale, ma non “abbastanza” per Lui (e questa sezione la sta scrivendo di proprio pugno, come l’introduzione, usando la terza persona: un vezzo da angelo sicuramente).
Lui la voleva più rifinita (perché è un precisino terrificante) e soprattutto più... grossa. Perché, abbandonata l’idea iniziale che fa della leggerezza e trasportabilità il vero incipit di questa soluzione, e accettata la necessità (per l’FCT-150 o strumento similare) di doversi spostare con l’ausilio dell’automobile, si è domandato perché lesinare sul “ferro”.
E così sta pensando ad una versione potenziata e imbellettata, anche perché "farla per farla" non esiste dover rinunciare a porvi sopra un compound da 30 o 40 cm (e perché del resto porsi certi limiti?). Si vedrà se, come e quando realizzarla...
Insomma... “si può fare” come gridava Gene Wilder in Frankenstein Jr.
Il risultato è qualche ora di progettazione, circa 150 euro di materiale, qualche ora di lavoro, e si ha a disposizione una altazimutale che porta senza battere ciglio più di 20 chilogrammi, fluidissima nei movimenti, e a cui manca solamente un treppiedi adeguato.
Francamente, moti micrometrici a parte, risulta assurdo comprarne una "mass market" molto meno performante e pagarla molto di più...