Febbraio 2014
"La MARCON nasce nel 1948 ed è stata fondata dal Prof. Virgilio Marcon. Egli, insegnante di disegno e grande appassionato di astronomia, decise di realizzarsi il primo telescopio per uso in un periodo in cui i mezzi a disposizione erano molto scarsi.
Grazie alla passione e forte caparbietà riuscì ben presto a realizzare diverse ottiche di ottima fattura, la maggior parte tutt’ora operative. Virgilio Marcon venne in seguito affiancato dal figlio Gianfranco anch’egli insegnante, e specializzato in meccanica. Si diede così inizio a quella che può essere considerata la prima ditta italiana specializzata nei telescopi di tipo professionale. La MARCON è oggi alla terza generazione specializzata nel settore e molte delle realizzazioni hanno riscosso successo in ambito nazionale e internazionale."
Questo è quello che viene riportato nella pagina di apertura del sito web della Marcon "Premium Italian Telescopes" e sintetizza, in poche righe, la storia del costruttore italiano che da alcuni decenni opera nel settore. Il sito è piuttosto scarno e lascia al contatto diretto la possibilità di scoprire ciò che l’azienda produce, riportando solamente alcune realizzazioni e qualche dato spot.
Sono giunto in possesso di questo Schmidt Cassegrain classico, 30 cm. di diametro e focale di 3000 millimetri per un rapporto focale di F10, per puro caso. Un astrofilo volenteroso e bravo autocostruttore mi ha proposto lo scambio dell’ottica per un doppietto rifrattore da 6 pollici a f15 e, curioso di testare uno di questi strumenti che hanno fatto la storia dell’astronomia amatoriale italiana, ho accettato.
Avevo già esperienza di una bella costruzione di Marcon avendo restaurato una montatura equatoriale a forcella nata per strumenti da 15 cm. e conoscevo alcuni strumenti a riflessione (newton per la maggioranza) realizzati dalla casa italiana che mi affascinano in virtù della loro essenza vintage.
Lo strumento è inoltre caratterizzato da alcune raffinatezze sconosciute alla produzione di massa degli S-C commerciali di marca Celestron e Meade come il focheggiatore principale posto sulla cella del secondario (ad azionamento manuale) e la possibilità di intervenire sulla collimazione del primario.
L’esemplare disponibile era installato su una forcella LX200 Meade (quella in dotazione al 12”) purtroppo non funzionante che mi obbligato a smontare lo strumento e installarlo, dopo aver predisposto una slitta con passo Losmandy, sulla montatura equatoriale ALTER D-6.
Come accennavo in precedenza lo strumento, per via della sua costruzione artigianale e di una progettazione figlia di quella di telescopi di maggiore diametro e utilizzo semi-professionale, ha alcune caratteristiche salienti interessanti.
La prima riguarda l’intubazione realizzata in alluminio da circa 2 millimetri di spessore e culatta e controculatta da oltre 6/7 mm. Nonostante questo il peso complessivo risulta inferiore a quello di un pari apertura Meade (vedi le versioni da 12 pollici in configurazione classica o ACF - ma cosa ci mettono in questi Meade?!|?!).
La seconda riguarda il modo di focheggiatura che avviene tramite traslazione dello specchio secondario con un sistema a ghiera, fluido e preciso. La cosa è singolare poiché, non essendo motorizzato, il sistema è spiegabile solo con un tipo di impiego a fuoco fisso o semi-fisso in applicazioni destinate alla ricerca. La cosa offre però molti vantaggi: l’assoluta assenza di focus shift, una solidità del gruppo primario notevole, e la possibilità di usare qualsiasi tipo di retrofit. Ovviamente risulta necessario, nelle applicazioni visuali amatoriali, creare una sede filettata sulla culatta posteriore alla quale avvitare un focheggiatore standard.
Una volta effettuato l’upgrade si ha a disposizione uno strumento estremamente versatile e robusto.
Altra caratteristica, tipica delle realizzazione semi artigianali, è la presenza di un trattamento antiriflesso di vecchio stampo sulla lastra correttrice. Si tratta di una scelta imposta dalla tecnologia limitata del tempo (lo strumento risale a una quindicina di anni fa almeno) che però, se da una parte offre una minor resa luminosa dello strumento (si parla comunque di pochi punti percentuale), dall'altra permette una resa ottimale di bianchi senza introdurre dominanti di alcun tipo. Il mio esemplare è inoltre dotato di una lastra correttrice costruita da Zen (l'originale si era rotta) ed è quindi un connubio ottico uscito dalle manine di due tecnici nostrani di grande esperienza e talento ottico.
In generale, sia dal punto di vista meccanico che estetico, lo strumento mi piace molto e credo, nel caso decida di tenerlo, che procederò alla riverniciatura del tubo la cui vernice è in più punti rovinata dalle operazioni di sforcellamento subite nel corso degli anni.
All'interno del tubo tutto appare invece intonso: l’opacizzazione è molto ben realizzata e sono presenti anche due diaframmi in gomma dura a limitare ulteriormente il riverbero parassita eventuale.
Ultima considerazione riguarda l’ostruzione lineare complessiva che, differentemente dagli S-C commerciali, si attesta su un valore prossimo al 28% (contro il 34% di un Meade o Celestron). La cosa è indicativa e testimonia, probabilmente, una più spiccata vocazione per l'alta risoluzione.
Lo strumento completo così come nasceva in origine, con la sua montatura a forcella e la semicolonna con ruote e viti calanti.
Ma come performa questo strumento particolare? Per testarlo ho scelto target classici, disponibili nelle ultime notti di febbraio 2014 dalla mia postazione milanese.
Cominciamo con il dire che lo strumento ha dimostrato di essere dotato di ottiche di ottimo livello.
Lo star test, dopo una discreta collimazione (più che perfettibile devo ammettere, ma il focheggiatore utilizzato non permette di ottenere di meglio né di insistere eccessivamente in quanto è inadatto a gestire correttamente ingrandimenti che superano i 300x), mostra un disco di airy accettabilmente ben delineato e due anelli di diffrazione relativamente sottili, correttamente distanziati e ben definiti.
Le immagini di intra ed extra focale sono simili e non affette da aberrazione sferica significativa. Esiste un lieve accenno di astigmatismo che è più facile distinguere osservando la figura di diffrazione che non l’immagine a fuoco, ma che non sembra comunque inficiare le performances dello strumento.
Giove appare spettacolare con una pletora di indentellature e ovalini scuri e chiari che si snodano sulla SEB e intorno alla macchia rossa oltre che nelle zone temperate Nord. Risultano facili anche alcuni festoni nella zona equatoriale e netta l’ombra proiettata da un transito con il satellite visibile (anche se con fatica) durante la sua permanenza sul disco del pianeta e molto ben delineato una volta raggiunto il lembo tanto da far risaltare in modo chiaro la densità dell’atmosfera sul lembo stesso. Piacevole la tonalità neutra dei bianchi e la pastosità generale dell'immagine che restituisce il pianeta "pieno" e con i bordi estremamente netti.
Devo dire che, per esperienza, l’immagine offerta sul pianeta gassoso è, fino ai 240x consentiti dall’oculare Takahashi LE 12,5, quasi indistinguibile da quella di un ottimo rifrattore a lungo fuoco da 15 cm.
Oltre questo potere lo Schmidt Cassegrain fatica a tenere il passo e, pur restando molto luminoso, tende a impastare un poco le immagini tanto che il potere di 400x dato dall’oculare da 7,5mm risulta, anche in una notte di buon seeing come quella del test, eccessivo e inutile.
Ritengo che l’immagine migliore sia quella offerta dal plossl da 10 mm (300x) che appare l’ingrandimento massimo ottimale in serate graziate da limitata turbolenza.
Note dolenti vengono invece dal focheggiatore crayford utilizzato (gentile prestito dell’ex proprietario dello strumento che mi ha concesso di usarne uno dei suoi per eseguire le prime prove). Il dispositivo, molto bello esteticamente e dotato di riduzione a 1:10, si dimostra però inadatto all’uso pratico. Come molti (praticamente tutti) focheggiatori cinesi in stile crayford anche questo presenta slittamenti continui, giochi preoccupanti, e una generale inaffidabilità che si palesa soprattutto nell’uso fotografico.
Accoppiato ad una telecamera planetaria il Marcon farebbe anche faville se fosse dotato di un retrofit di buon livello. Sarebbe auspicabile un pignone e cremagliera ben dimensionato (oggi cominciano ad essere riproposti) capace di reggere con disinvoltura carichi di un paio di chili almeno e privo di giochi.
Focheggiatore a parte (che si può cambiare) le prestazioni in alta risoluzione appaiono convincenti, più dei pari diametro Meade e Celestron (12” e 11”) anche in virtù della minore ostruzione lineare che consente un maggiore contrasto. Le immagini stellari appaiono pulite e “snelle” tanto da ricordarmi vagamente quelle offerte dai maksutov a lungo fuoco.
La compagna di Rigel è facile e quasi "refractor like", così come la coppia 52 Orionis (separazione di 1,1” - non strettissima per il potere risolutore dello strumento ma restituita con una immagine poco tremolante).
Devo dire che lo strumento mi ha molto impressionato anche e soprattutto in considerazione che gli ultimi 12 pollici testati (entrambi di casa Meade) si erano fatti benvolere in alta risoluzione nonostante il loro contrasto non altissimo. Questo Marcon, però, mi sembra superiore.
Il test è stato effettuato con un oculare Bresser di schema plossl modificato (5 elementi in tre gruppi) da 56mm. che offre, insieme al Marcon 300, un potere di circa 53 ingrandimenti e un campo reale di 1°.
Ho scandagliato con questo binomio la zona circostante la grande nebulosa di Orione M42 (ben visibile in alcune propaggini anche dal cielo lattiginoso di Milano) notando solo una debole distorsione delle stelle a bordo campo.
Ho eseguito nuovamente il test usando l’immagine fuori fuoco di una stella luminosa per vedere cosa accadesse all’immagine di diffrazione a bordo campo. Questo perché, quando le aberrazioni geometriche sono limitate, è più facile notarle nella deformazione della corretta concentricità dei dischi di diffrazione che non nella immagine a fuoco di una stella. Gli oculari a lunghissimo fuoco tendono infatti a “mischiare” le aberrazioni quando si lavora fuori asse e diventa difficile scindere quelle introdotte dall’oculare da quelle proprie dell’ottica.
Il discorso resta comunque più che altro accademico in quanto, colpa dell’uno o dell’altra, per ottenere campi ampi e bassi ingrandimenti si è costretti a usare certi oculari, quindi ciò che interessa, alla fine, sono le prestazioni globali del sistema ottico impiegato (telescopio + oculare).
Uno Schmidt Cassegrain con 3 metri di focale non sarà mai uno strumento dai larghi campi ma il test ha permesso di stabilire che, fino a 1° e con un oculare economico, il nostro Marcon ha offerto immagini globalmente corrette e piacevoli.
Per confronto posso dire che il campo corretto appare più ampio rispetto a quello del Meade 12” standard ma meno spianato di quello dato dalla versione AFC.
La sera del 24 febbraio e mattina seguente (fino circa alle ore 2:00) ho eseguito nuove osservazioni con il Marcon. Il seeing della notte era piuttosto buono attestandosi su un valore stimato a 6/10 all’oculare di un 30 cm. L’aria quieta e fredda ha permesso visioni molto incisive e una serie di dettagli su Giove che mi hanno affascinato non poco.
Non ho installato il rifrattore da 6 pollici per confronto ma credo di poter dire che, tra i 240 e i 300x le prestazioni sarebbero state assolutamente allineate. I particolari alla portata del Marcon sono indisegnabili (almeno da me) e ci si può “perdere” alla ricerca di lievi festoni e di ovalini nella SEB. Ben netto il lembo del pianeta e ridotta a valori puramente statistici la luce diffusa intorno al pianeta.
Molto bella anche la THETA AURIGAE con la compagna senza sbavature e luce diffusa intorno alla primaria particolarmente contenuta.
Per curiosità ho provato una osservazione di Sirio che, causa limitata elevazione sull’orizzonte, è rimasta “singola”. Però, anche nella “sconfitta”, l’immagine restituita era talmente pulita da lasciar presagire che, 10° più in alto, la secondaria avrebbe potuto anche fare capolino e mostrare la sua diafana presenza.
Marte purtroppo era "de facto" invisibile in quanto confuso dietro alle fronde degli alberi e non ho avuto voglia di trascorrere la notte in attesa della sua alzata.
Molto bello, anche se da un cielo inquinato, l’ammasso M35 nei Gemelli benché l’oculare usato, un Celestron Plossl da 40 mm., non riuscisse a contenerlo perfettamente con i suoi soli 43° di campo apparente. In compenso con questo oculare (che offre circa 75x e un campo di 0,6°) non si avverte alcuna deformazione nemmeno a ridosso del bordo campo e le stelle sono puntiformi come in un rifrattore di buona qualità.
Ho poi eseguito un nuovo star test su Capella che ha dato esito estremamente confortante (come del resto era logico viste le performances ottenute) confermando l'assenza di aberrazione sferica e mostrando immagini intra ed extra focale piuttosto simili con gli anelli di Fresnel ben delineati e luce diffusa contenuta.
Ho dedicato una mezz’ora alla ripresa di Giove e dieci minuti alla sua "elaborazione" per capire cosa riuscissi a ottenere. Devo dire che il focheggiatore non ha certo aiutato e non sono riuscito a trovare un punto di fuoco ottimale poiché il movimento, inficiato da giochi e gommosità, non ha permesso il mantenimento del corretto punto di serraggio (per questo ho limitato la focale di ripresa a quella nativa, 3 metri, sicuramente insufficienti ad un corretto campionamento con la ASI 120MM. E’ un vero peccato (l’immagine che riporto sotto è indicativa) perché un meccanismo all’altezza dell’ottica offrirebbe risultati di ben altra levatura. L’immagine non è trattata, se non mediante allineamento con Autostakkert2 e la regolazione dei wavelet con Registax. Non è del completamente schifosa m e un utilizzo appropriato di un programma di fotoritocco come Photoshop sicuramente porterebbe migliorie sensibili. I dettagli visibili sono però, a parte la mancanza di colore, quasi gli stessi visibili all'oculare con la sola differenza di "scala".
Il Sig. Luigi Marcon, gentilissimo, ha risposto a una mia mail di richiesta informazioni spiegandomi che (come scrivevo in apertura) il modello oggetto di questo test è una vecchia realizzazione risalente ad almeno 15 anni fa. La loro produzione oggi non contempla Schmidt Cassegrain, se non su ordinazione specifica, in quanto la costruzione semi artigianale impone costi non dissimili da quelli di un R-C di pari apertura (oggi schema più in voga).
Mi ha comunque indicato una valutazione del costo odierno per l'acquisto di un simile strumento che si aggira, completo di focheggiatore e cercatore, sui 5.500,00 euro IVA esclusa.
A questo proposito mi ha inviato alcune immagini (che ripropongo) dell’ultimo modello di Schmidt Cassegrain da 30 cm. da loro prodotto (e disponibile a magazzino) che si differenzia dalla versione dell'articolo per le seguenti caratteristiche:
Cosa dire, in sintesi, di questo strumento “vintage”?
Che è un ottimo Schmidt Cassegrain, sotto quasi tutti i punti di vista. Accettata una livrea forse per qualcuno meno “accattivante” rispetto ai prodotti consumer sul mercato i difetti ascrivibili allo strumento sono davvero pochi. Tra questi mi sentirei di elencare solamente la necessità, volendo accessori porta strumenti secondari, piggy back vari, contrappesi a scorrimento, paraluce, di rivolgersi direttamente al produttore o al “fai da te”.
Tra i “pro” prestazioni ottiche di ottimo rilievo, una ostruzione limitata, una fruibilità grazie alla messa a fuoco sul primario interessante e un peso contenuto (nonostante la costruzione estremamente robusta).
Il prezzo è, per quanto trasferitomi, drcisamente più elevato rispetto a un prodotto Meade ACF (euro 4.150 IVA compresa da un rivenditore qualsiasi italiano). A questo però concorrono alcuni aspetti che vanno valutati e “pesati”: presenza di focheggiatore retrofit crayford (prezzo medio euro 200,00 per una versione “entry level”), cercatore e supporto (prezzo medio euro 80/100,00), anelli di sostegno (prezzo medio euro 200,00), sistema di ventilazione e aspirazione (non lo fa quasi nessuno se non nelle realizzazioni artigianali quindi valore difficile da quantificare). A un totale così ottenuto (indicativo) di circa 5.000 euro mancano ancora circa 2.700 euro per raggiungere il punto di pareggio. La differenza non è limitata e questo, oltre alla mancanza di pubblicità, ha concorso a non permettere la diffusione dello strumento.
Le prestazioni ci sono e appaiono superiori ai competitor, ma il peso che si da a queste è relativo e risulta difficile quantificarne il peso economico.
Quello che posso dire è che, trovandolo sul mercato dell’usato in buone condizioni ottico/meccaniche, lo strumento vale sicuramente la pena di essere acquistato per chi desidera un telescopio Schmidt Cassegrain dalle ottime prestazioni.