DEVO COLLIMARE!

INTRODUZIONE

La collimazione, come del resto l’equilibrio termico, è fattore determinante alla buona resa di uno strumento.

Se sulla turbolenza atmosferica non abbiamo potere, possiamo però fare in modo che, condizioni del “mondo” a parte, il nostro telescopio lavori al meglio di quelle che sono le sue specifiche tecniche e progettuali.

I RIFRATTORI

I rifrattori, così come qualsiasi altro tipo di strumento, non possono essere considerati immuni dagli effetti di una non corretta collimazione. Vediamo come fare e prendiamo ad esempio uno strumento ipotetico che abbia ogni parte distinta collimabile (quindi cella dell’obbiettivo e focheggiatore).

 

La prima cosa di cui assicurarsi è che esista e sia rispettato l’allineamento tra l’asse ottico dell’obiettivo e quello del focheggiatore. Senza questa doverosa necessità qualsiasi altra operazione che possiamo compiere viene vanificata da un problema “a priori”.

Normalmente i rifrattori (se non rarissimi casi votati alla fotografia con sensori full-size) non posseggono regolazioni sui focheggiatori e si parte dal presupposto che tutto, dalla cella dell’obiettivo in giù, sia fatto bene e correttamente, ma può anche non essere così.

Immaginiamo dunque che il nostro strumento sia dotato (e se non lo è lo si può far fare) di regolazioni assiali e abbia quindi la possibilità di traslare in modo ortogonale all’asse ottico il focheggiatore.

Per verificare l’assialità di obiettivo e focheggiatore è sufficiente collimare l’ottica in intra o etra focale e vedere, dall’altra parte del fuoco se e di quanto si sposta il picco centrale di radiazione rispetto agli anelli di Fresnel. Se lo strumento risulta collimato in intra o extra focale e non nella posizione contraria significa che gli assi ottici non coincidono. Si useranno quindi le viti di regolazione del focheggiatore per trovare la giusta assialità. Non serve un banco ottico necessariamente, si può operare anche sotto il cielo ammesso di avere pazienza e un focheggiatore dotato di apposite regolazioni. Sia chiaro che, come avviene in alcuni rifrattori russi (vedi i TAL) la regolasione assiale può anche essere limitata alla cella dell’obiettivo (poco conta).

Una volta che si ha la certezza di lavorare “in asse” ci si potrà dedicare alla collimazione (se serve) dell’inclinazione dell’obiettivo agendo sulle coppie di viti push-pull presenti sulla cella.

Se queste non ci sono possiamo essere di fronte a due tipi di strumenti: quelli estremamente economici (sui quali possiamo fare poco se non smontare e provare a spessorare la cella, ma i risultati sono lunghi da venire e il procedimento è snervante), oppure alcuni rifrattori di alto livello (vedi i TeleVue) le cui celle sono progettate per restare (in teoria) sempre al loro posto.

Se uno di questi ultimi rifrattori dovesse risultare scollimato conviene spedirlo a un centro assistenza e lasciare che altri, su banchi ottici professionali, eseguano le regolazioni del caso.

Quando però si ha a disposizione una cella collimabile, se questa è ben fatta problemi non ce ne sono. Si agisce con calma e su tutte e tre le coppie contemporaneamente (in modo da non causare tensioni all’obiettivo che porterebbero a fenomeni di pinzatura e triangolazione delle figure di diffrazione) e si procede per “step” piccoli. Giratele poco le viti! Poco per volta e controllate.

Si parte da ingrandimenti medio bassi (circa 20x pollice e si sale fino ai 50/60x pollice).

Tendenzialmente, a meno di non avere diagonali fissi o strumentazione di ripresa perennemente installata, la collimazione va fatta senza diagonale e usando oculari “semplici”: un buon ortoscopico va benissimo.

Solamente dopo aver ottenuto immagini perfettamente concentriche potremo inserire diagonali, sdoppiatori, e quanto più aggrada e controllare quali eventuali problemi i retrofit introducono.

Troppo spesso vedo amatori confondere aberrazioni geometriche introdotte dai diagonali con quelle native dell’ottica, quindi poniamo attenzione a questo dato.

Ultima cosa, che mi sorprende sempre nel modo di approcciare il problema alla collimazione degli strumenti, bisogna accettare che anche i rifrattori debbano essere collimati. Sicuramente molto meno frequentemente di un S-C o di un Newton o di un R-C, ma anche loro richiedono attenzioni e cura. Collimare un rifrattore è semplice e se le celle sono fatte bene non bisogna nutrire il reverenziale timore di toccare ciò che è “sacro”. Quando la meccanica è fatta bene è possibile rimediare a qualsiasi errore, anche a quelli dovuti ad inesperienza.

CROWN E FLINT NON IN ASSE O NON CORRETTAMENTE DISTANZIATI

Può anche capitare, in un rifrattore ad esempio, che pur agendo sulle viti push-pull della cella permanga la scollimazione anche con modifiche pronunciate della cella. Se questo accade purtroppo significa semplicemente che gli assi ottici degli elementi formanti l’obiettivo, non coincidono oppure Flint e Crown non si trovano alla stessa distanza uno dall’altro nei loro vari punti.

Il problema non è risolvibile dall’astrofilo privo di mezzi perché, salvo il monta/smonta/spessora aiutato da “fortuna gastoniana”, non è possibile controllare visivamente le minime differenze che inficiano il risultato di focalizzazione. In questo caso, ahimè, risulta obbligatorio spedire lo strumento a un centro attrezzato di banco ottico e di pazienza dell’operatore. La cosa non economica ma, se si vuole “salvare” lo strumento non c’è altra scelta...

CONSIGLIO PER I NEWTON

Per chi invece si appresta a collimare uno strumento di tipo NEWTON le cose sono più semplici e possono essere quasi tutte risolte con pazienza e attenzione.

Ovunque, sul web, sono riportati i disegni di come fare e quindi non lo ripeterò in questo scritto. Suggerisco però, soprattutto se lo strumento è stato completamente smontato e poi rimontato, di non procedere subito alla collimazione “sotto al cielo” perché potrebbe essere snervante e non portare a nulla se non arrabbiature. Quello che va fatto, prima di “ritoccare” in opera gli allineamenti, è usare un buon collimatore laser (sempre che la meccanica del nostro telescopio lo permetta! - vedi oltre...). In commercio ce ne sono tanti, usate quello che appare meglio fatto e resta alla portata delle vostre tasche. Sappiate però che questo sistema serve solamente per “sgrezzare la collimazione”. I problemi di non perfetta assialità, giochi di vario genere, meccanica dei focheggiatori, è tale che, anche quando il collimatore laser vi autorizza a pensare di essere “perfetti”, lo strumento non sia ancora pronto a essere giudicato tale.

La sola rotazione del collimatore laser all’interno del porta-oculari vi potrà testimoniare che, in altra posizione, la collimazione è “fuori posto”.

Il “fine”, va fatto sempre nelle condizioni in cui opera lo strumento, non dimenticatelo!

Come accennavo precedentemente va ricordato e sottolineato che l'utilizzo dei collimatori laser, se non è accoppiato a quello di telescopi di alto livello meccanico, potrebbe essere anche fuorviante. Gli inevitabili disassamenti e flessioni che i porta oculari e i focheggiatori commerciali mostrano, nonché le loro “tolleranze”, possono portare a inclinare anche di poco il fascio di luce concentrata dei collimatori con il risultato che il “rimbalzo” dei vari specchi porta a un disallineamento notevole rispetto alla soluzione “perfetta” e collimare in queste condizioni porta a... scollimare!

Il metodo che preferisco personalmente quando si deve intervenire su strumenti commercali "standard" è quello del barilotto o tappo microforato. Meno tecnologico ma molto più usabile e controllabile e meno soggetto all’inclinazione degli assi ottici. Ricordatevi di forare il "tappo" o il barilotto bene al centro e di non esagerare con il diametro del foro (2 o 3 millimetri al massimo!).

Ci potete contattare a:

diglit@tiscali.it

oppure usare il modulo online.

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