LUNA

Il primo corpo celeste che cattura attenzione e fantasia. Anno 2015

INTRODUZIONE

Il nostro satellite è il corpo celeste che per primo attira la nostra curiosità e immaginazione. Luminoso, vicinissimo, quasi inesauribile quanto a particolari e formazioni osservabili, è anche quello che meglio di tutti si presta ad essere fotografato anche con strumentazione povera.

Accostare uno smartphone all’oculare di un qualsiasi telescopio astronomico permette immagini dettagliate e dedicarvi un po’ di tempo e passione è il modo migliore per ricavarne soddisfazione e divertimento, anche estemporaneo.

SINGOLO SCATTO

Tra tutti i soggetti planetari a disposizione la Luna è quella che meglio di altri si presta ad essere immortalata anche con il singolo scatto. Che sia aiutato da un supporto adeguato o anche tenuto a mano lo smartphone riesce sempre a produrre risultati interessanti anche senza bisogno di ricorrere alla ripresa di filmati e al successivo stacking tradizionale.

La luminosità adeguata, l’alto contrasto delle zone al terminatore, e la enorme quantità di dettaglio fanno della superficie selenica un soggetto facile e friendly. 

Il vero unico problema, una volta superati il primo impaccio dovuto alla corretta (o quasi) planarità tra telefono e oculare nonché alla migliore focalizzazione, risiede nella cattiva correzione che il sistema ottico costituito da oculare + obiettivo del telefono offre a bordo campo. Anche quando, possibilmente con l’aiuto di un supporto ad hoc, si procede con un buon allineamento degli assi ottici e si evita il micromosso dovuto all’impugnatura manuale dello smartphone, è più che facile che l’immagine finale soffra di distorsioni più o meno pronunciate a bordo campo.

L’estensione angolare elevata della Luna impone la scelta dello strumento di ripresa (e della conseguente focale nativa) per privilegiare una visione di insieme (generalmente sempre apprezzata) oppure una zona in particolare (normalmente a ridosso del terminatore). Le due fotografie sono state ottenute con strumenti diametralmente opposti l’uno all’altro. Quella sopra è ripresa con un piccolo newton da 10 cm. aperto a f10, quella sotto con un cassegrain da 21 cm. e 2,7 metri di focale. Una senza zoom e con l’interposizione di un oculare a basso ingrandimento, l’altra con zoom digitale 3x e un oculare in proiezione da 10 mm.

In alto: immagine tratta con un Takahashi CN-212. Proiezione di oculare e telefonino sorretto a mano. Singolo scatto in condizioni di seeing medio (stimato in 6/10 circa). Sotto: immagini ottenute con un rifrattore Vixen apocromatico da 13 cm. e proiezione di oculari da microscopio. Scatto singolo e telefonino sostenuto manualmente quando il cielo era ancora azzurro (immagini diurne con contrasto limitato).

Ciò che non offre problemi con i pianeti (cerchio di definizione piccolo) tende però ad essere fastidioso sulla Luna. A chi per la prima volta si cimenta in questo tipo di riprese potrebbe far sorridere questa preoccupazione ma posso assicurare che risultati di buon rilievo non tardano ad arrivare e quando questi vengono affinati ci si rende conto che una planarità maggiore di campo offrirebbe una marcia in più.

Non ci sono possibilità di correzione dell’errore prima che questo si verifichi e la sua entità dipende dalla qualità e caratteristica dell’oculare utilizzato (perché esistono oculari che impongono distorsioni notevoli a bordo campo ma contrasto e incisione eccezionali al centro, si vedano i vari Huygens e derivati, o anche i monometrici classici) e dall’obiettivo del proprio telefonino oltre che dalla distanza tra oculare e obiettivo.

Si può però, rinunciando a una porzione di immagine, mascherare artificialmente con un programma di fotoritocco in post produzione le porzioni più esterne del fotogramma. La classica “mascherina” circolare o, se si preferisce, quadrata/rettangolare (ma anche un semplice cropping), toglie un po’ di “campo” ma permette di selezionare quello meglio corretto a tutto beneficio della qualità globale dell’immagine finale.

Per massimizzare il discorso inerente la mascheratura dell’immagine in post produzione ho ripreso il nostro satellite utilizzando un rifrattore Takahashi FC100-N (versione steinheil a f10) idealmente "perfetto" e ho accoppiato un oculare da 5mm. con due zoom digitali diversi. La posizione dello smartphone è stata aggiustata affinché il piano del telefono non sosse perfettamente perpendicolare al piano ottico (cosa che avviene praticamente sempre...) 

Riporto a seguire le immagini iniziali e le varie fasi di aggiustamento con Photoshop (operazioni molto "leggere") e la finale mascheratura. Il campo diminuisce, l’immagine resta più “mirata”, ma la piacevolezza generale del fotogramma, linearmente ricercata lungo la sua diagonale, appare superiore mostrando meno criticità. Come si vede, almeno sulla Luna e con oculari a corta focale, non conviene riprendere a zoom 1x (il campo che va tagliato è ampio e, alla fine, l'effetto non cambia molto). Risulta invece più utile riprendere a 1x con oculari a più lunga focale per avere il pieno disco lunare.

E CON SOLI 65 MILLIMETRI?

Affinché mai nessuno si sogni di consigliare ad un neofita un piccolo rifrattore da 65 millimetri a corto fuoco e un telefonino per fotografare la Luna. Che i forum generalisti ci siano di monito alla straripante quantità di luoghi comuni che l’ignoranza cavalca con spavalderia.

Le immagini a seguire sono ottenute con singolo scatto e un rifrattore di 40 anni fa da 6 centimetri e mezzo.

FILMATO E STACKING

Per onorare al meglio il concetto espresso in queste pagine: “cercare di fare tutto anche con poco o con strumenti di limitato diametro”, ho ripreso il nostro satellite usando un rifrattore da soli 4 pollici (nel mio caso un Takahashi FC100-N). A ulteriore limitazione va detto che la sera di ripresa (25/7/2015) la Luna transitava dietro le intrecciate fronde degli alberi e le riprese sono avvenute sempre (SEMPRE sottolineo) con qualche foglia o ramaglia proiettate sul disco lunare. Le condizioni di bassa elevazione sull’orizzonte, un seeing non superiore ai 5/10 e la presenza di “fogliame” non hanno sicuramente giovato ai risultati ma il tutto si configura come approccio estemporaneo o quasi che caratterizza molto bene il minimalismo che vuole essere sottolineato.

Nella microscopica finestra temporale di 8 minuti scarsi (quelli concessi dalla vegetazione circostante la mia postazione affinché l’immagine lunare, pur disturbata, potesse essere quantomeno messa a fuoco in modo accettabile) ho ripreso tre distinti filmati da 2 minuti ciascuno in proiezione di oculare da 12,5 millimetri LE Takahashi, usando diversi valori dello zoom digitale del telefonino.

Ho ottenuto filmati da circa 3000/3500 frames totali alla massima risoluzione permessa dal mio smartphone di cui sono stati usati (a seconda della bontà di ripresa) dai 450 ai 700 frames circa per lo stacking finale. Programma usato per allineamento e stacking è stato Registax 6.0 che risulta il solo in grado di leggere il codec di conversione da me trovato tra formato Mp4 e file AVI.

Uno strumento di diametro doppio e condizioni di ripresa ottimali avrebbero permesso risultati molto più incisivi e di ottimo rilievo. Il risultato è però comunque interessante e, in tanti casi, superiore a quello che gli astrofili a inizio carriera ottengono anche con camere planetarie dedicate.

Per valutare il grado di incisione e dettaglio sono state proposte le immagini a tutto campo riprese e poi degli ingrandimenti di singole porzioni delle stesse. Si può notare, in un confronto con le immagini di apertura a “singolo scatto”, come l’utilizzo di un filmato non necessariamente permette di colmare il divario con una apertura doppia (10 cm. del rifrattore contro i 21 del Cassegrain).

L’immagine più in alto è ripresa con il CASSEGRAIN da 21 cm. in singolo scatto, l’immagine più in basso è un filmato con stacking di 474 frames ottenuti con un RIFRATTORE da 10 cm. Le condizioni di seeing erano decisamente migliori nel caso della ripresa con il Cassegrain e anche l’altezza del nostro satellite sull’orizzonte. I dettagli sono confrontabili. La maggior “rumorosità” dell’immagine filmata è dovuta alle compressioni e ingrandimenti e anche un po’ al tipo di elaborazione che era pensato per una immagine non riscalata.

AFFINAMENTI AUTOMATICI?

Man mano che si prova e ci si abitua a lavorare con lo smartphone si ottengono affinamenti naturali, quasi senza accorgersene. E’ ila caso delle immagini che propongo qui sotto ottenute la notte di capodanno del 2015 mentre ingannavo l’attesa per il 1° gennaio 2016.

Stavo testando la messa a punto di una mia creatura denominata STUFACHRO (e che trova ampio spazio di test nell’apposita sezione di questo sito sotto il gruppo “PROGETTI”), di fatto un vecchio doppietto Meade 102/920 acromatico rimesso a posto e intubato in modo poco convenzionale, e ho dedicato un po’ di tempo a trarre dei filmati con il telefonino.

Lo strumento, nonostante natali non certo nobili, si è dimostrato con il tempo incredibilmente performante ma è e resta un rifrattore da 10 cm. acromatico. Eppure i risultati ottenuti sono decisamente buoni pur non avendo apportato alcuna sensibile variazione alla mia tecnica di ripresa o elaborazione (che restano entrambe banali e veloci). Forse la semplice abitudine, come accade quasi in tutto, ha permesso di affinare automaticamente alcuni aspetti, magari involontari, che concorrono al buon successo finale.

Il prossimo passo sarà quello di impiegare strumenti più grandi e dedicati.

CONCLUSIONI

Aspettate che la Luna sia ben alta, pazientate per una notte di buon seeing, e poi non vi lasciate sfuggire l’occasione di qualche immagine singola o filmato con il vostro smartphone: i risultati saranno sorprendenti. Non è necessario disporre di grandi diametri, peraltro sempre utili nel registrare particolari fini su suolo selenico, basta un po’ di pazienza.

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