Mewlon 250 su Ioptron iEQ45
Qualcuno è curioso di capire perché si debba comprare un Takahashi Mewlon (di qualunque diametro esso sia).
In effetti il Mewlon è un bello strumento, sotto tanti punti di vista. E’ esteticamente un capolavoro: pulito, essenziale, con colori azzeccati - come sempre i Takahashi del resto - e dotato di ottiche di alto livello. A questo si aggiunge un cercatore (che funge anche da maniglia) di superba fattura e un notevole blasone “jap”.
Ho avuto, nel corso della mia storia di piccolo astrofilo, la fortuna di possedere e usare i “piccoli” della serie, ovverosia il 180mm., il 210mm., e il 250mm. (alcuni anche contemporaneamente), oltre al CN-212 che è e resta il mio preferito per la sua “logica” progettuale.
Non ho mai avuto le finanze per permettermi il 300 e tantomeno il 400 cassegrain, però ritengo che, almeno per i più, parlare dei “cuccioli” possa essere comunque utile.
Vorrei cominciare tralasciando le considerazioni sul prezzo di acquisto (anche in relazione alla concorrenza) e soffermarmi su come performano gli strumenti.
Devo subito dire che, tra tutti, la palma personale va al più piccolo “180”. E’ estremamente leggero, costruito bene come gli altri, molto performante in relazione ai suoi soli 7 pollici di apertura. Lo acquistai per l’osservazione delle stelle doppie in abbinamento al rifrattore FS-128 sempre di casa Takahashi. La scelta era dovuta alla possibilità, da un centro urbano, di cogliere meglio i colori di alcuni sistemi di magnitudine limitata. In questo, nonostante una minor propensione alla pulizia d’immagine rispetto al rifrattore alla fluorite, il Mewlon 180 performava bene.
In aggiunta ha il supporto del secondario realizzato con 3 razze (come il più grande 250), soluzione che prediligo per il tipo di immagine con 6 spikes deboli che introduce (invece dei 4 più netti della soluzione classica).
Lo strumento si acclimata in breve (massimo 45/60 minuti è pronto all’osservazione a “pieni poteri”) e viene gestito comodamente da montature di classe inferiore (come le varie HEQ5 o Losmandy GM8, ma anche da una Super Polarix DX di casa Vixen). Tiene bene la collimazione, anche per via delle piccole masse in gioco, ma è terribilmente sensibile ai lievi misallineamenti degli assi ottici (problema comune a tutti i cassegrain e derivati). Il suo tallone d’achille maggiore risiede nel focus-shift che è ben presente e piuttosto fastidioso per un purista come me. Inoltre, accettato il difetto in applicazione visuale, la cosa si fa più pesante in campo fotografico, specialmente con i sensori planetari di piccole dimensioni.
In questo trovo che Takahashi sia scivolata su una buccia di banana. I suoi mewlon sono strumenti costosi in assoluto e chi li compera non avrebbe sicuramente problemi a sborsare 2/300 euro in più per un focheggiatore fatto diversamente (come gli Intes ad esempio) o posto a valle della culatta (magari un pignone e cremagliera con giochi tendenti a zero).
Messo accanto ad un buon 8” S-C classico il Mewlon esibisce un contrasto leggermente superiore e una immagine, in generale, un pochino più pulita. Inoltre, nonostante la differenza di apertura pari a 1 pollice, almeno sui soggetti planetari non sembra notarsi un calo di luminosità e tendenzialmente è più facile lavorare a poteri alti con il Takahashi che non con lo schmidt cassegrain.
Quando mi si presentò l’occasione di acquistare il fratello maggiore, il Mewlon 210, la colsi al volo. Vendetti il 180 e portai a casa il 210... insieme al 250! Eh sì... perché la follia ha tante compagne e desideravo provare i due strumenti e capire fino a che punto uno superasse l’altro.
Mi sono trovato così molte notti con i due Mewlon accanto uno all’altro a osservare gli stessi oggetti.
Cominciamo con il dire che, a mio parere, il 210 è il meno riuscito della serie. E’ stato realizzato con una sinergia e intercambiabilità di parti con il più duttile CN-212 e, per questo motivo, ha lo spider a 4 razze e un tubo calandrato con una bella e visibile giunzione longitudinale. La cosa mi infastidisce assai e, benché la saldatura non influisca in alcun modo sulle prestazioni è visibile e non all’altezza del blasone Takahashi.
A parte questo, l’ottica è eccezionale. Come nel 180 la restituzione del bianco è davvero priva di dominanti (cosa che non avviene negli schmidt cassegrain classici ad esempio) e la focalizzazione molto precisa. Però i 4 spikes non mi fanno impazzire e lo strumento soffre di notevole focus-shift.
Detto questo è utile capire come va, almeno in visuale, questo 210 mewlon. In campo planetario sfoggia una bella immagine, molto “cruda” e anche tremolante, tanto che i particolari (più fini di quelli visibili con un classico C8), richiedono un attimo di pazienza per essere colti. Specialmente su Giove, la restituzione molto bianca del pianeta e delle fasce chiare, impone all’occhio un minimo di assuefazione per cogliere le sfumature in più rispetto al C8 convenzionale. Indubbiamente, o strumento è più performante del S-C classico ma perde qualcosina rispetto a un maksutov di qualità come il STF Mirage da 8”.
L’immagine resta più “dura” ma i particolari sono gli stessi con il lieve svantaggio che, essendo l’immagine più “tremolante” richiedono seeing migliore o maggiore pazienza.
In sintesi cosa dire di questo Mewlon 210: che è un bello strumento ma è e resta un “tuttofare” (ricordiamoci che la focale di questi Dall-Kirkham è pari a circa 12,4 e che la loro ostruzione si attesta intorno a 0,33, quindi come un analogo S-C commerciale). Per i miei gusti non va bene. Io mi occupo principalmente di alta risoluzione visuale e, in questo campo, un ottimo apocromatico a fuoco medio (quindi escludiamo i cinesi tripletti a f.7), offre di più o quantomeno lo stesso con una facilità maggiore e una immagine più quieta e meno influenzata dal seeing.
Mewlon 180 - vista frontale
Mewlon 210 - vista d'insieme e vista dei supporti di sostegno specchio secondario
Il 250, invece, è un’altra cosa. Non tanto per il maggiore diametro disponibile (in visuale giungere su pianeti come Giove al limite risolutore di un 8” è già un grande successo, checché ne dicano alcuni...) ma per la meccanica che lo contraddistingue. Il fochus shift non esiste, e questo grazie alla traslazione motorizzata del secondario, che inoltre consente una dolcezza notevole e consente di usare il 250 anche su montature della classe della g11 o, in casi di scarso budget, di una EQ6. Le prestazioni sono di ottimo rilievo e, come per il resto della serie Mewlon, i bianchi sono davvero “glaciali”. Però... anche il 250 è, a mio avviso, un “tuttofare”, seppur di razza. La sua ostruzione è prossima a 0,33, il che non è il massimo sui sistemi stellari multipli e, benché aiutato dai 6 spikes che portano via un po’ di luce dagli anelli di diffrazione, un apocromatico da 6 pollici di classe è, in campo meramente visuale, a mio modo di pensare un poco superiore. Non nel dettaglio, sia chiaro. Il Mewlon 250 in serate di ottimo seeing fa vedere “qualcosina” in più, ma l’immagine del rifrattore è più “bella” e più fruibile.
Resta il fatto che, un Mewlon 250, possa essere considerato un punto di arrivo per qualsiasi astrofilo serio che desidera uno strumento “per la vita”.
L’ho tenuto? No, perché c’è di meglio per le applicazioni che mi prefiggo. Ad esempio il mio vecchio S-C di Zen da 250 a f20. Uno strumento dotato di una meccanica orribile, ma di ottiche molto buone e con una ostruzione prossima a 0,20. Qui la differenza si vede nella pulizia di immagine. Ma c’è anche “altro”, molto più commerciale, che gli sta al passo. E qui si entra nella valutazione economica.
Il mio attuale Meade 12” ACF non è bello come il Mewlon 250 (nemmeno lontanamente), ma è dotato di ottiche di buon livello. Si scollima come il Mewlon, e va collimato bene se si desidera sfruttarlo appieno, ma costa molto meno e offre le stesse prestazioni, almeno in campo visuale.
E’ risaputo quanto io ami Takahashi, ma non posso per questo essere non obiettivo nel valutare il peso degli euro investiti. Un Mewlon 250 costa oltre 7000 euro, un ACF 12” poco più di 4000 (parlo del “nuovo” per entrambi), che senso ha?
Solo uno: il Mewlon è bello! Per il resto, pareggia con il più economico e bistrattato Meade.