E’ sempre una scelta di compromesso che porta l’astrofilo moderno ad occuparsi di sistemi binari o multipli.
Quando per la prima volta si accosta l’occhio al telescopio lo si fa alla ricerca di esotiche bellezze, galassie lontane o pianeti luminosi come Giove e Saturno, ricchi di dettagli e capaci di stupire chiunque non abbia dimestichezza con l’altra “metà del paesaggio”.
Leggendo le sempiterne domande poste dai giovani astrofili (“giovani” come esperienza astronomica e non necessariamente come dato anagrafico) non capita mai o quasi di imbattersi in una innata curiosità verso gli astri variabili, i sistemi multipli, o i corpi minori del sistema solare. Paradossalmente nemmeno si incontrano tante curiosità legate alla nostra stella, il Sole, che pure per dimensioni non dovrebbe certo essere seconda nemmeno alla dolce Luna.
E’ il “cielo profondo” a catturare l’immaginario collettivo, sicuramente solleticato dalle immagini multicolori oggi disponibili e poi immancabilmente deluso dall’immagine telescopica. Ma se è vero che le tante galassie che popolano il nostro universo tendono ad essere insignificanti anche con strumenti da 40 o 50 cm. altrettanto non si può dire dei più vicini e apparentemente placidi sistemi multipli, capaci di dare emozioni anche all’oculare di telescopi di piccolo diametro.
Tendenzialmente è l’esperienza che porta l’astrofilo a dedicarsi a ciò che è “meno” spettacolare e a scoprire che non serve andare lontano (in senso astronomico) per trovare soddisfazioni e, tra l’altro, scovare le poche plaghe dell’astronomia in cui ancora oggi noi poveri astrofili dilettanti possiamo servire in qualche modo la comunità scientifica.
Perché se è vero che i grandi telescopi sono tutti puntati a scoprire “da dove veniamo”, è altrettanto vero che la comunità scientifica sembra non avere tempo, mani, e mezzi sufficienti per occuparsi di tutte quelle quisquillie che non offrono ritorno pubblicitario o scientifico-tecnologico ma che risultano comunque utili, anche come partenza per successivi studi approfonditi. Ed è qui che gli astrofili possono ancora essere utili. Non dispongono dei mezzi ad appannaggio dei centri di ricerca ma hanno dalla loro una risorsa comunque importante: il tempo gratuito.
Seguire le variazioni di luminosità di una stella variabile, misurare l’angolo di posizione e la separazione di un sistema doppio, tracciare di settimana in settimana il grafico di posizione di qualche asteroide… pur con i limiti imposti da strumentazione dilettantistica può essere un valido aiuto alla comunità e, anche quando questo non dovesse avvenire, offre la sensazione di “esserci” e di ottenere qualche risultato che non sia la solita (mi si perdoni) immagine della nebulosa di turno.
Al di la di queste considerazioni, e riprendendo la frase di apertura, è quasi sempre la necessità imposta a farci avvicinare a questi negletti campi di interesse. In primis il cielo, sempre più lattiginoso e inquinato, soprattutto dai centri urbani ma anche dalle piccole cittadine. La primavera è bella ovunque, e i gelsomini sbocciano anche nel cuore di una città come Milano, ma alzare gli occhi al cielo in una notte limpida e illune e contare non più di una quindicina di stelle è esperienza demoralizzante. Per quanto sofisticato e costoso sia il nostro telescopio non avrà mai battaglia vinta contro l’inquinamento luminoso e così si è costretti a scendere a “patti”. Cosa possiamo osservare? Le stelle doppie! (o almeno quelle accettabilmente luminose da essere rintracciate).
E’ così che nasce l’interesse e la cosa buffa è che, se si ha un minimo di costanza, innamorarsi della loro immagine è passo breve, tanto che si finisce per non poterne fare più a meno. A me perlomeno è successo questo.
Sui forum si discute in modo acerrimo (e sovente inutile) di quale sia lo strumento migliore per osservare il cielo. In pochi sembrano essersi accorti (forse la maggior parte di loro non scrive sui forum generalisti, stanca probabilmente delle inutili bagarre che li segnano) che una risposta univoca a questo interrogativo non esiste. Se così fosse esisterebbe uno strumento unico e tutti lo comprerebbero.
Si può però pensare di tracciare una indicazione di quello che potrebbe essere il miglior strumento specializzato in un determinato settore applicativo.
Se vogliamo osservare le stelle doppie (ma questo vale per qualsiasi altro target) dobbiamo chiederci innanzitutto cosa ci interessa di questo tipo di osservazione.
Generalmente i sistemi multipli si dividono, in campo visuale, in due gruppi distinti. Il primo è quello costituito da sistemi molto stretti (quindi con una separazione tra le componenti generalmente inferiore al 1”) e astri di magnitudine paragonabile (scarti di una o due magnitudini al massimo). Il secondo è quello comprendente i sistemi formati da stelle con separazione angolare superiore agli 1 o 2” e differenze di magnitudine significativa (oltre i 3 punti).
Ovviamente esistono (tanti) sistemi con separazione inferiore al secondo d’arco e componenti di luminosità molto diversa ma sono target davvero difficili per gli strumenti amatoriali e li terrei “fuori” dalla logica impostata per la scelta dello strumento.
Il primo gruppo ha bisogno di strumenti di apertura medio–grande (anche a scapito del fattore di ostruzione e del contrasto generale dell’immagine), il secondo gruppo richiede invece telescopi capaci di limitare al massimo la luce diffusa e permettere una focalizzazione molto spinta, anche a scapito dell’apertura del loro obiettivo.
Provate a sdoppiare un sistema con separazione di 0,5” e stelle di mag. 4 e 6 senza avere un 30 cm. almeno, e parimenti provate a lavorare su sistemi con separazione di 2/3” ma con stelle di magnitudine 1 e 8. Sempre di stelle multiple si tratta, eppure i sistemi ottici di cui abbiamo bisogno (se non disponiamo di un 30 cm. apocromatico con ostruzione zero che costerebbe quando un appartamento di buon livello) sono molto diversi.
Personalmente, dopo tanti anni di attività amatoriale, sono giunto alla conclusione che il set-up ideale (o quantomeno uno valido alla portata di “comuni tasche”) possa essere costituito da un banale Schmidt cassegrain commerciale da 25/30 cm. e da un buon rifrattore acromatico da 5 pollici e focale intorno ai 1500/1800 mm.
Ovviamente entrambi questi strumenti richiedono montature di buon livello e, se si osserva da cieli inquinati, anche di un preciso sistema di puntamento automatizzato. Siamo e restiamo però in un ambito ancora “affordable”, magari con qualche sacrificio, ma se la nostra passione ci spinge in questo settore le cifre necessarie non sono poi esorbitanti e comunque non superiori a una decina di migliaia di euro.
Differentemente da quanto avveniva una ventina d’anni fa, oggi esistono innumerevoli sistemi alla portata degli astrofili per crearsi un database di “stelle doppie” divise per coordinate ma anche per separazione. Internet è foriero, se ben si cerca, di ottime indicazioni e di cataloghi già disponibili. A questi si aggiungono le pubblicazioni che si sono succedute nel corso degli anni e che permettono supporti cartacei ricchi di tabulati e anche cartine celesti dettagliate.
Personalmente, considerando una certa inclinazione per l’astronomia di “altri tempi”, consiglierei di dotarsi (e di leggere attentamente) una ristampa del celeberrimo LE STELLE di Camille Flammarion, pubblicazione di inizio ‘900 che, oltre ad offrire una meravigliosa e interessante panoramica sull’astronomia del tempo, è anche lettura romanzesca di buon livello e contiene decine di report osservativi di sistemi multipli effettuati con strumenti a lente di modesta apertura (dai 75 ai 100 millimetri).
Dopo aver bevuto al simposio del Flammarion ci si può rivolgere al web e scaricare uno dei massimi compendi inerenti i sistemi multipli: il WASHINGTON DOUBLE STAR CATOLOGUE. Una raccolta di coordinate e dati estremamente esaustiva che può colmare ben più di una vita di osservazioni assidue.
Per chi amasse invece gli atlanti cartacei mi sento di consigliare l’ottimo CAMBRIDGE DOUBLE STAR ATLAS: un bel catalogo/atlante (che personalmente uso molto con buona soddisfazione) contenente moltissimi sistemi alla portata di strumenti amatoriali.
Senza che si debba necessariamente diventare dei veri e propri esperti della dinamica gravitazionale che muove i sistemi multipli, ritengo però che qualche "base" possa e debba essere acquisita dagli osservatori. Esistono molte pubblicazioni, alcune di carattere squisitamente scientifico che possono essere ricercate per approfondimenti, ma nella lineare opera di Enrico Moltisanti (libro di un po' di anni fa) è possibile trovare un compendio "turistico" sufficiente a farsi una idea di cosa i sistemi multipli siano. Il testo ha titolo "LE STELLE DOPPIE" ed è acquistabile dalla biblioteca di Nuovo Orione a un prezzo più che popolare.
E’ una domanda logica alla quale non esiste una risposta unica, se non forse quella scontata dell' “OSSERVARE CON CALMA”.
Bisognerebbe avere tempo e pazienza, possibilmente standosene comodamente seduti usando un diagonale (che sì, i puristi dei telescopi a rifrazione non amano, ma che rende tutto molto più facile e permette all’occhio di stare fermo e al corpo di stancarsi meno).
Parimenti sarebbero da evitare tutti i sistemi non motorizzati. Un grosso dobson raccoglie sicuramente tanta luce ma inseguire e trovare un sistema debole è impresa snervante e lo stesso dicasi per l’utilizzo di montature altazimutali (tanto di moda in questi periodi).
A parte queste considerazioni di fondo sarebbe utile chiedersi cosa fare per osservare meglio. Proviamo a toccare qualche punto utile, lasciando poi ad ognuno di noi la libertà di fare “come meglio crede” e divertirsi...
Prendere appunti è il sistema più facile, economico, e sicuro di non dimenticarsi cosa si riesce a vedere. Inoltre, impegnarsi nel porre su carta (ma anche su registratore elettronico a voce) i dettagli, le condizioni, l’aspetto e la cromia degli astri oltre alla loro separazione stimata aiuta a “vedere di più”.
E’ il primo minimo “step” di controllo, anche per poter condividere con altri le proprie osservazioni.
Il passo successivo, che consiglio anche ai negati del disegno, è quello di rappresentare l’oggetto delle nostre osservazioni. Differentemente dal disegno di pianeti come Giove o come la superficie lunare (che richiedono una certa maestria e allenamento),disegnare un sistema doppio o multiplo è alla portata di chiunque. E’ sufficiente indicare (con accettabile approssimazione) il cerchio del campo inquadrato e qualche stella di fondo (le più luminose) per rendere probante il disegno. La cosa migliore sarebbe anche quella di indicare le coordinate di nord ed est, così da poter controllare con le effemeridi l’angolo di posizione della stella compagna rispetto alla principale.
Per la rappresentazione delle stelle basta un puntino (più o meno grande a seconda della luminosità) e, volendo esagerare, un set di matite colorate per tentare di restituire la dominante cromatica degli astri.
esempio di scheda osservativa - immagine non dell'autore
Questa è una soluzione più sofisticata. Non serve disegnare direttamente al PC con un programma di grafica, è sufficiente “ridisegnare” ciò che ci si è appuntati con uno schizzo magari non graficamente piacevole ma con le informazioni corrette (vedi paragrafo sopra). Si ottengono risultati molto suggestivi anche se, ovviamente, “finti”.
Qui si entra in un campo un po’ più difficile che richiede maggior tempo e un po’ di attrezzatura.
Nella sezione di questo sito dedicata alla fotografia di sistemi doppi si possono vedere alcuni risultati di accettabile livello ottenuti con strumentazione relativamente modesta.
Senza scomodare le moderne telecamere CCD o le webcam in voga (con le quali comunque si possono raggiungere performance stupefacenti) è sufficiente dotarsi di un supporto per la fotografia con una piccola digitale con zoom (una di quelle macchinette da poche decine di euro che quasi tutti oggi hanno per fare le foto in vacanza). Serve qualche prova per tarare la digitale in modo che riesca a riprendere, con un solo scatto, il nostro soggetto, e operare una corretta messa a fuoco. Un minimo di pazienza e qualche scatto “buttato” ci insegneranno a tirare fuori il meglio dalla nostra attrezzatura. Si può anche cominciare tenendo “a mano” la macchina fotografica ma le difficoltà aumentano e i risultati tendono a risentirne (detto questo l'immagine sotto riportata, Algieba nel Leone, è ottenuta con il metodo aficale e fotocamera sostenuta a mano...).
ALGIEBA con metodo AFOCALE all'oculare 5mm. di un rifrattore apo da 10 cm.
Fino ad ora ci siamo preoccupati di "trattare" l'immagine a valle dell'oculare: disegnarla, fotografarla, interpretarla. Ma possiamo in qualche modo "aiutare" il nostro telescopio a vedere meglio o di più?
In effetti gli osservatori di stelle doppie sono dei mascalzoni e cercano in qualsiasi modo di aiutare il loro sistema ottico a "vedere" la doppia che vogliono indagare.
Solitamente il peggior nemico dei doppisti non è tanto la separazione angolare del target (al di sotto del potere risolutore non si va e amen, si sa) quanto l'eventuale divario di luminosità tra le componenti.
Un esempio eclatante è il tanto chiacchierato sistema di Sirio A e B.
Il sistema è vicino e ben separato, ma aggiunge all'osservatore due difficoltà notevoli: dalle nostre latitudini è basso (specialmente da Milano) e tra primaria e secondaria ci sono quasi 10 magnitudini di differenza (un abisso!). Il risultato è che, l'immagine telescopica, restituisce una fulgida e abbagliante Sirio A e nessuna traccia della piccolissima Sirio B (se non in occasioni assolutamente rare).
Un buon sistema per spalmare un po' della luce in eccesso della primaria in "baffi" indotti è quello di costruire una semplice mascera esagonale in cartone, da anteporre all'obiettivo con semplice nastro di carta adesivo. In questo modo si ottiene di ripulire un poco i dintorni della stella principale dalla luce diffusa e dai tanti anelli di diffrazione (specialmente se si opera con un sistema ostruito come un comune catadiottrico di tipo Schmidt Cassegrain). L'effetto indotto può fare la differenza tra il vedere la compagna o non vederla, sempreché la direzione degli "spikes" indotti non cada proprio sull'immagine della secondaria...
Per gentile concessione di Fulvio Mete: la maschera esagonale
montata sulla lastra di Schmidt del suo C11
Tipico effetto prodotto dall'uso della maschera esagonale. Foto non dell'autore.
Per farla facile: tagliare la luce che non serve o anche…: “inserire il filtro giusto”. Perché se è vero che il nostro occhio ha dei notevoli limiti di sensibilità spettrale è altrettanto vero che possiamo quantomeno togliere quello che non serve. Se fossimo Superman avremmo la vista a raggi X e scovare la compagna di Sirio sarebbe piuttosto facile, ma noi non siamo nati su Kripton e possiamo solo anteporre al nostro oculare un qualche filtro che limiti il passaggio dell’informazione che non ci serve allo scopo o che, quantomeno, ci serve poco.
Nel caso di Sirio A-B è sufficiente usare un filtro che lasci passare la parte violetta dello spettro visibile tagliando le altre frequenze. Sirio B è molto attiva negli ultravioletti e nei raggi X, molto più della sua compagna principale. Poter abbattere parte della luce della componente A significa ridurre in modo molto limitato il brillare della compagna e ridurre un poco il divario di magnitudine che le divide.
Posto a questo proposito una immagine di Fulvio (molto bravo in questo caso) composta con un’altra affinché il concetto risulti più chiaro.
Foto non dell'autore.
Altro espediente un po’ “truffaldino” ma utile a raggiungere lo scopo. Richiede un minimo di perizia nel costruirsi un oculare con reticolo oscurante ma con la giusta pazienza e un po’ d’amore si può ottenere un buon risultato. Utili a questo proposito i vecchi oculari kellner che possiamo modificare aggiungendo una fettuccina (o anche un semplice filo opaco) affinché si crei un reticolo o meglio (e più facilmente) un “filo nero” nel campo inquadrato dall’oculare capace di eclissare la luce delle stelle che vi si proiettano contro.
Sarà necessario decentrare un poco l’immagine della doppia e far combaciare la primaria con la parte oscurata per avere un effetto “eclissi” magari utile a far emergere il debole puntino della secondaria.
Nei giochi per PC degli anni ’80 e ’90 c’era sempre il sistema di crackare il sistema e ottenere “vite infinite” o “l’invulnerabilità” per il nostro eroe circondato da mostri imbattibili. Anche per la agognata doppia c’è un sistema simile: si chiama internet… possiamo cercare in rete qualche immagine (eseguita da astrofili più bravi o fortunati di noi) della doppia irrisolta e.. godersela sul monitor…
Per cominciare significherebbe che ci si è innamorati di questo aspetto dell'astronomia amatoriale. Questo però impone un notevole salto qualitativo nella nostra indagine e ci obbliga a diventare osservatori assidui e costanti. Si abbandona l'approccio puramente "turistico" alle doppie per sposarne uno più scientifico e, purtroppo, anche un po' noioso (benché foriero di incredibili soddisfazioni se ben perseguito).
Diciamo che oggi si hanno due metodi di indagine (anni fa ne esisteva solo uno).
Quando mi avvicinai al mondo delle stelle doppie lo feci dopo una vacanza con un noto astronomo divulgatore italiano che, venti e più anni fa, aveva progettato e fatto realizzare in piccolissima serie un meraviglioso micrometro filare meccanico. Uno strumento di merevigliosa fattezza, completamente tornito dal pieno e di rara precisione che permetteva, grazie allo spostamento dei fili interni e di una scala di lettura, di indicare con notevole precisione l'angolo di posizione e la separazione delle componenti di un sistema doppio.
Il costo di questo "meraviglioso pezzo di alluminio" era di circa 800.000 lire (una bella cifra) che mai mi sono così pentito di non aver speso!
Oggi si può decidere di lavorare ancora con uno di questi vecchi MICROMETRI FILARI oppure con i nuovi sistemi CCD o i sensori CMOS e appositi programmi che aiutano e sveltiscono non poco il lavoro (il secondo metodo è meno emozionante ma decisamente più alla portata di tutti).
Bisogna però avere pazienza e dedizione, perché "facile è iniziare, molto meno proseguire". Se si è intenzionati a fare qualche lavoro serio consiglio di contattare il gruppo di "STELLE DOPPIE" (c'è un piccolo forum dedicato su internet a cui si può accedere facilmente) e provare a lavorare con qualcuno di loro. A questo proposito posto la copertina del 3° numero del bollettino di STELLE DOPPIE e consiglio chiunque abbia voglia di contattare il mio amico Giuseppe Micello scrivendo qui: http://duplicesistema.blogspot.it/