MIZAR "F" EYEPIECES

Gennaio 2017

INTRODUZIONE

Si potrebbe dire che ho cercato gli oculari Mizar “F” perché, dopo aver acquistato un Mizar Hino 60/1000 su montatura equatoriale del 1981, mi sembrava corretto recuperare anche gli oculari “base” della proposta Mizar ma la verità è che ho trovato prima questi e solo in seguito ho rivolto attenzione al doppietto Hino.

La presentazione del lotto era intrigante, gli oculari sembravano in ottime condizioni e il prezzo interessante.

Ho impiegato molto tempo a riceverli ma l’apertura del pacco ha portato la graditissima sorpresa della scatoletta originale (venivano venduti insieme con il loro filtro solare da barilotto) con le specifiche relative al loro accoppiamento ad uno dei primi rifrattori Mizar: il 60/800

Si deduce questo dagli ingrandimenti corrispondenti citati sulla scatola che fanno riferimento ad una focale nativa di 800 millimetri, tipica del 60/800 - 68/800 - oppure 100/800 a riflessione.

Il set di tre oculari, con diametro del barilotto da 0,965”, si compone delle focali da 8 - 12,5 - 20 millimetri tutte definite con la lettera “F” e risalenti nel mio caso agli anni 1969/1970.

Varie ricerche sul net sono state infruttuose nel venire a capo del mistero legato alla loro laconica sigla anche perché, nei vari cataloghi Mizar dell’epoca, questi appaiono essere i più economici tra gli oculari disponibili come si evince dallo stralcio del catalogo Mizar del 1969 che riporto in calce. 

Gli oculari più costosi erano ovviamente gli ortoscopici (allora disponibili solo nelle focali da 4-6-9 millimetri), venduti a 3500 yen, poi i Kellner (18 e 25 millimetri) a 2500 yen, gli Huygens-Mittenzwey (con prezzi compresi tra i 1500 e i 1800 yen) e infine i fantomatici “F”, con prezzi tra i 360 e i 420 yen.

Come salta all’attenzione la differenza di prezzo di 1 a 4 tra gli “F” e gli HM appare abissale e va ricercata in almeno due principali caratteristiche che distinguono gli “F” dal resto della produzione che ho potuto valutare solo avendo fisicamente in mano uno di questi oculari.

Se gli OR, i K, e gli HM erano realizzati interamente o almeno parzialmente, in metallo gli “F” risultano composti da un blocco unico di bachelite il cui costo al tempo era sensibilmente inferiore. 

Lo schema ottico, che ho potuto definire solo dopo averne smontato uno, era inoltre quello semplice di Huygens, collaudatissimo, economico, e già al tempo ritenuto superato dalla versione modificata HM.

Par comprendere se queste semplificazioni si traducono in minori prestazioni sul campo il solo modo è quello di operare un test “side by side” e valutare caratteristiche e limitazioni della serie “F”.

Estratto dal catalogo Mizar del 1969

CARATTERISTICHE E PRIMO TEST A "F15"

Va innanzitutto detto che il principale motivo per cui decisi di acquistare gli “F” è il logo classico della Mizar riportato sulla conchiglia dell’oculare.

I più blasonati OR, ma anche i K e gli HM si limitano alla scritta “Mizar” (o ad una targhetta adesiva) mentre gli “F” sono semplicemente deliziosi…

Accantonando il dato puramente estetico vorrei invece focalizzare l’attenzione sugli aspetti che rendevano questa serie estremamente economica.

La costruzione in bachelite può oggi far storcere il naso ma maneggiando uno di questi oculari si ha tutto fuorché la sensazione di costruzione approssimativa. La qualità della bachelite è molto buona e i filetti, ghiere e zigrinature sono ben fatti. La durezza dei filetti interni al barilotto mi ha stupito tanto da darmi la sensazione di offrire minori problemi di usura di quelli imposti da una lega di alluminio. Inoltre, aspetto comunque assolutamente marginale in un oculare da 0,965”, il peso appare contenutissimo e fa una certa sensazione maneggiare uno di questi oculari in confronto ad un pari epoca GOTO in ottone.

Lo schema ottico Huygens è sicuramente superato e anacronistico per come è diventata l’astronomia amatoriale (quasi per nulla interessata allo studio ad alto ingrandimento di piccoli oggetti planetari o stellari e spostata invece su larghi campi “fotografici” con oculari mastodontici e ben corretti su quasi tutto il campo inquadrato) ma rappresenta ancora oggi una sorta di “optimum” se il nostro scopo è quello di osservare doppie strette o i pianeti con strumenti a rapporto focale molto chiuso.

Gli “F” oggetto della nostra chiacchierata palesano un campo (FOV) apparente molto ristretto e non superiore ai 35° con il field stop di campo che risulta all’osservazione molto netto, soprattutto nelle focali da 20 e 12,5 millimetri.

Prima di testare gli oculari ho provveduto a smontarli, pulirli accuratamente affinché non risultassero impurità (che sarebbero visibili durante l’osservazione) e rimontarli facendo così “amicizia” con i tre piccoli barilotti neri.

Va detto che la caratteristica principale dello schema Huygens è quella di avere una risposta molto elevata in fatto di qualità, pulizia e trasmissione (oltre che di cromatica e aberrazione geometrica ovviamente) lungo l’asse ottico o nelle sue immediate vicinanze mentre introduce effetti di coma e cromatica laterale spostandosi verso il bordo campo.

Questa peculiarità va sfruttata al massimo e impone di non usare questi oculari nell’osservazione degli ammassi stellari ampi, ma nemmeno della Luna a meno che non ci si voglia soffermare su un singolo cratere e area circostante (dove la qualità dell’immagine è veramente molto buona).

Se però vengono impiegati per doppie e pianeti, specialmente con rifrattori a f12 o superiore, risultano strabilianti.

Per testarne le reali capacità ho usato due rifrattori di diversa estrazione sociale, età, e rapporto focale oltre ad un newton aperro a f6.

La prima sera, segnata da un seeing non propizio ma da una discreta trasparenza, ho usato il rifrattore GOTO 80/1200 con un diagonale prismatico Takahashi da 0,965” mettendo a confronto gli “F” con i leggendari ORTHO MC da 24,5 mm. di casa Takahashi, tra i migliori ortoscopici di sempre. Target del test la stella Procione, la doppia Castore e il terminatore lunare.

Sopra vediamo una foto di gruppo tra oculari MC ORTHO Takahashi e i “quasi” rispettivi

(come focale) oculari “F” Mizar. Sotto invece è esemplificato il comportamento in asse e fuori asse dell’immagine stellare attraverso un oculare Huygens al variare del rapporto focale dello strumento su cui è installato.

Personalmente amo molto gli oculari con un FOV ristretto. Comprendo di essere tra i pochi, se non pochissimi, a scrivere una cosa simile ma l’effetto “imbuto” mi ricorda tempi più “eroici” dell’astronomia amatoriale e mi “consola” tenendomi lontano dalla folle corsa ai gradi di campo apparente oggi in voga.

Sono quindi abituato ad osservare con ortoscopici tradizionali, anche e soprattutto in formato ridotto da 0.965”, e non incontro difficoltà particolari nell’usare oculari ben conosciuti per la lente di campo “cruna dell’ago” come i plossl da 6 e 4 millimetri.

Mi rendo però conto che per la maggior parte degli astrofili contemporanei non abituati a certe limitazioni potrebbe essere scioccante guardare in uno di questi “F” (per chiarezza si sappia che sono io a chiamarli “così”.. la lettera F risulta la semplice indicazione della “focale” dell’oculare) che mostrano un campo inquadrato davvero ridotto e non superiore ai 35°.

In questo la differenza con gli Ortho MC Takahashi (circa 40°) si apprezza molto tanto che i secondi sembrano quasi dei grandangolari nel paragone.

Portando soggetti stellari a bordo campo il confronto è impietoso per i poveri “F” che denunciano una serie variopinta di aberrazioni tutte concorrenti a spappolare le immagini stellari, deformarle, e arricchirle anche di un minimo di aberrazione cromatica. 

Nonostante il campo apparente maggiore gli MC Takahashi sono invece quasi “perfetti” anche a ridosso del field stop con una caduta di qualità dell’immagine stellare piuttosto contenuta.

Spostando invece a centro campo sia Procione che la doppia Castore le prestazioni tendono praticamente a pareggiarsi. OR-18MC vs. F-20, OR-12,5MC vs. F-12,5, OR-7MC vs. F-8, ho impiegato quasi un’ora a capire quale mi piacesse di più e… non ci sono riuscito anche se devo ammettere che, almeno in accoppiamento al GOTO KOGAKU 80 F15, forse gli F sembravano avere uno 0,1% in più dei mitici MC.

Passando alla Luna, che con la sua estensione ma anche e soprattutto con la sua intensa luminosità mette a dura prova anche altre caratteristiche degli oculari come contenimento della luce diffusa e planarità di campo, gli MC hanno avuto il sopravvento immediato.

Maggiore incisione, pulizia, tutto il campo a fuoco (!)… soprattutto nei primi istanti… poi il mio occhio si è abituato ad “usare nel modo corretto” gli “F” e i particolari sono tornati ad essere esattamente gli stessi. Avevo solo bisogno di concentrarmi sui 15° di FOV centrale dell’oculare F in uso e dimenticare tutto il resto per rendermi conto che, a centro campo, il dettaglio dell’immagine era alto tanto quanto quello fornito dagli ortoscopici.

Nessuna differenza o quasi era percepibile nella dominante dell’immagine, per entrambi gli oculari “bianchissima”, mentre ho percepito una maggiore luce diffusa negli “F” che deriva però dalle zone (ampie) di campo non perfettamente a fuoco.

La prima sera si è conclusa con indicazioni molto precise sulla natura inuma di questi oculari che sono capaci di fornire immagini strepitose se ci si impegna ad impiegarli nel modo corretto e su soggetti adeguati.

Affinché le mie parole non sembrino campate in aria riporto lo schema di focalizzazione di un oculare Huygens e Zeiss Abbe in asse e fuori asse.

E’ interessante notare come, strettamente in asse e su strumenti a rapporto focale chiuso non esiste alcuna differenza tra un H da 15 euro e uno Zeiss Abbe da 600…

CONDIZIONI MENO FAVOREVOLI: TEST A"F10" CON UN RIFRATTORE DA 4 POLLICI

Benché sia indubbio che chi dovesse usare oculari di questo tipo lo farebbe perché amante del “vintage” ma anche e soprattutto insieme ad un rifrattore di stampo classico a f15 o superiore ho voluto immaginare uno scenario diverso e amico di quella che chiamo “astronomia economica” e per cui tanto scrivo.

Un oculare da 0,965” non “marchiato” e con schema Huygens costa oggi circa 6,00 euro nuovo (lo si trova su Amazon ma anche su ebay senza grande difficoltà). Benché realizzato in plastica molto economica il suo “cuore” è di semplice produzione e difficilmente le prestazioni in asse cambiano in modo radicale tra un pezzo di grande serie ed uno blasonato.

Mi sono quindi chiesto come avrebbe reso il nostro set Mizar se accoppiato ad un modernissimo rifrattore acromatico economico come il Bresser AR-102/1000.

Installato sulla Ioptron CEM-60 e poi su una HEQ5 e dotato di torretta prismatica Zeiss il Bresser a f10 (rapporto al "limite" secondo i dettami ottici per lavorare bene con un oculare come lo Huygens) ha ripetuto il test effettuato qualche sera prima con il GOTO KOGAKU.

Devo ammettere che la resa degli “F” si è rivelata superiore a quanto mi attendessi in accoppiamento al rifrattore da 10 cm. a f10.

Il revolver Zeiss ha reso particolarmente comodo il passaggio da un oculare all’alto e mi ha permesso di rivelare le differenze e i limiti tra gli OR e gli Huygens quando accoppiati a un doppietto classico come un 102/1000.

Va innanzitutto detto che non ho notato decadimenti prestazioni sostanziali tra il 80 F15 e il 100 F10 e mi è parso che il campo corretto fosse paragonabile con una lieve supremazia dell’ottica a f15 ma con un comportamento più che lusinghiero anche in accoppiamento al rifrattore più aperto.

Anche l’oculare F-20 ha permesso di sfruttare per buona parte i già pochi 35° circa di FOV limitando il cerchio di correzione accettabile all’indagine visuale a poco meno di 28°.

Lievemente meglio ha saputo fare il 12,5 mm. mentre il F-8 è risultato corretto quasi fino al diaframma di campo.

E’ indubbio che un sensore CCD mostrerebbe la “corda” degli oculari ben prima ma sarebbe un test poco utile dato l’impiego prettamente visuale di questi oculari.

Il confronto con i Takahashi MC-ortho si è concluso anche questa volta in un sostanziale pareggio in asse ottico e in una certa differenza a cominciare da circa metà campo in poi con una maggiore sensazione di luminosità offerta dagli ortoscopici.

Utile è stata l’osservazione dell’ammasso delle Pleiadi attraverso gli oculari a lunga focale (20mm. e 18mm.). Sebbene entrambi non avevano i “numeri” per contenere interamente l’ammasso è stato interessante notare non solo quanto lo schema otoscopio permettesse maggiore incisione e pulizia a bordo campo ma anche come emergessero nell’OR stelline deboli di campo che l’Huygens non permetteva di scorgere se non con estrema difficoltà e indecisione.

Rispetto a quanto osservato con il GOTO, con cui forse non avevo fatto attenzione a questo aspetto, mi è parso che il maggiore diametro del rifrattore 102/1000 mettesse in risalto oltre alla mancata correzione a bordo campo anche una minore capacità di trasmettere la luce delle sorgenti molto deboli.

Dopo aver giocato con i piccoli barilotti da 0,965” ho ruotato la torretta Zeiss fino alla posizione occupata dall’oculare Plossl da 26mm. e barilotto da 31,8 (un colosso se paragonato agli oculari vintage oggetto del test). La visione delle Pleiadi mi è parsa immediatamente altra cosa con l’ammasso interamente contenuto nel campo inquadrato e un campo stellare “enorme” nonostante i soli 52° di FOV dichiarato.

E’ indubbio che l’osservazione del cielo profondo passi per oculari con almeno queste caratteristiche, fantascienza o quasi per gli anni ’60 (lo schema Erfle non era molto diffuso tra gli astrofili) e già preistoria oggi che disponiamo di oculari con 80, 100, o addirittura 110 gradi di FOV!

NELLE CONDIZIONI PEGGIORI: MIZAR NEWTON 100/600

Poiché “l’appetito vien mangiando” mi è apparso naturale, giusto e anche interessante impiegare gli “F” su uno strumento dello stesso produttore ma con caratteristiche esattamente contrarie a quelle necessarie per far lavorare al meglio gli oculari.

Il piccolo Mizar 100/600 newton ha dato prova in altre occasioni di ottiche di ottimo livello qualitativo e immagini estremamente contrastate e pulite nonostante una ostruzione significativa (oltre il 43%) e un campo piano non elevato nonostante il rapporto focale di F6 sia relativamente vantaggioso per un newton tradizionale.

Installare gli “F” nel portaoculari Mizar è piacevole ed esteticamente appagante ma lo strumento newton non parte con le premesse migliori per poter rendere giustizia alla fisica dei piccoli Huygens.

La focale ridotta abbassa notevolmente il range di ingrandimenti fornito dal set “F” che ammonta a circa 30x (F20), 48x (F12,5) e 75x (F8) portando conseguentemente ad un aumento del campo reale inquadrato e una accentuazione delle aberrazioni geometriche nelle zone fuori asse.

Il primo target è stato Venere, in diurna. 

Il secondo pianeta del sistema solare offre visioni splendide quando il cielo è azzurro e assolato con un contrasto meno violento di quello serale e variazioni  di luminosità percepibili sulla coltre di nuvole

Con una fase prossima al 50% il pianeta appare splendido anche a basso ingrandimento.

Sia l’oculare F-8 che il OR-7 permettono una netta percezione delle indentature alle cuspidi del terminatore, un contrasto “rasor sharp” del lembo illuminato contro il cielo azzurro e una buona visibilità sia delle imprecisioni sul terminatore che delle variazioni di albedo sulla coltre nuvolosa verso il terminatore stesso.

A parte la lieve differenza di ingrandimento consentito (75x il F-8 contro gli 85x del OR-7) ho trovato molto difficile decidere quale dei due oculari mi offrisse l’immagine migliore del pianeta e alla fine ho rinunciato anche se, ammetto, la sola idea che il F-8 fosse allo stesso livello del OR-7 (considerando anche i 10x in meno) me lo faceva quasi preferire... almeno limitandomi a valutarne la resa a centro campo. Incredibile come l’immagine degradi infatti velocemente man mano che avvicina al field stop mentre resti molto incisa nell’oculare Takahashi.

Sarebbe davvero interessante possedere altre focali corte di questi Huygens come un 6 e un 4 millimetri.

I test diurni hanno i loro limiti ma è indubbio che la correzione in asse degli Huygens Mizar sia di primissimo livello e non ho alcun dubbio che anche un blasonatissimo e assurdamente costoso Abbe Zeiss non sappia fare meglio.

Se di questo non nutrivo alcun dubbio ciò che mi premeva controllare e verificare è la reale utilizzabilità degli “F” nell’osservazione notturna di stelle e campi stellari in accoppiamento ad uno strumento aperto come il “nostro” newton F6.

In alto il Mizar F-20 nel portaoculari del newton. Sotto immagine ripresa in afocale

con F-8 su Mizar 100/600 e smartphone P8 Huawei, singolo scatto.

Nell’immagine sopra il piccolo newton installato su una CEM-60 prima del test diurno su Venere, in quella sotto invece lo vediamo volto al secondo pianeta del sistema solare a Sole già calato.

Per comprendere meglio carattere e prestazioni globali degli oculari mi sono dedicato all’osservazione del campo stellare centrato sulla stella Capella (alpha Aurigae) confrontando la resa dei 20 e 18 millimetri che permettono ingrandimenti ma soprattutto “campi” inquadrati quasi identici.

Le ottiche pulite del newton 100/600 e la complicità di un buon seeing hanno permesso di andare in profondità (con le limitazioni del cielo milanese) e verificare, oltre al campo corretto, anche la trasmissione luminosa degli oculari.

E’ risultato subito chiaro quanto poco votati all’indagine deep sky siano gli Huygens F Mizar. Sebbene a centro campo la focalizzazione del F-20 appariva convincente tanto quella offerta dal OR-18 bastava spostarsi oltre la metà del campo inquadrato per cominciare ad apprezzare deformazioni stellari che andavano crescendo a dismisura avvicinandosi al diaframma di campo. Quasi completamente corretto invece l’oculare OR che permetteva un minimo di distorsione della stella solo a ridosso del diaframma.

Oltre a questo è emersa però anche una certa differenza di trasmissione luminosa che vede meno trasparenti gli “F” Mizar. Il campo stellare immediatamente intorno a Capella permetteva infatti di raggiungere deboli stelline con immediatezza attraverso l’otoscopio Takahashi mentre il Huygens Mizar faticava a staccarne molte dal fondo cielo e, in generale, l’immagine appariva meno incisa e contrastata.

Se le differenze a lungo cercate in asse appaiono sinceramente difficili da percepire (ammesso che sia possibile farlo), la resa fuori asse e quella luminosa appare ben diversa con una superiorità schiacciante a favore dello schema ortoscopico.

CONCLUSIONI

I Mizar “F” (come li chiamo io) risultano oculari affascinanti che un collezionista/amatore può permettersi di avere, usare, e ammirare anche come complemento di strumenti giapponesi dell’epoca.

Utilizzati nel modo corretto, ossia in abbinamento a rifrattori con rapporti focali molto chiusi (da f12 in su), permettono prestazioni di alto livello purché si abbia l’accortezza di usarli su soggetti angolarmente poco estesi così da non ricadere al di fuori del limitato campo corretto di cui dispongono.

La minore trasmissione luminosa rispetto a oculari con trattamenti più evoluti non inficia l’osservazione a cui sono dedicati (pianeti maggiori e stelle doppie) ed è quindi possibile mettere a tacere tutti i moderni “planetary muti-lente” indipendentemente dal nome che portano.

Non è invece possibile alcun confronto logico con oculari moderni quanto a estensione e correzione di campo oltre che raggiungimento di magnitudine limite, e questo nonostante le sole 2 lenti dello schema Huygens.

In conclusione: cerco disperatamente la versione che mi manca, ossia la focale F-10. :-)

Ci potete contattare a:

diglit@tiscali.it

oppure usare il modulo online.

n° di accessi al sito dal 10/4/2013

 

 

 

 

 

 

 

 

Stampa | Mappa del sito
© ARCHITETTO PAOLO CASARINI