TORRETTA BINOCULARE, due parole a riguardo

Marzo 2015

Non sono mai riuscito ad instaurare un feeling stretto con gli sdoppiatori binoculari benché, e di questo non faccio segreto, sia stato tra i primi ad usarli, almeno qui in Italia. Parlo dei primi sistemi (nel mio caso si trattava di un prodotto Vixen) che comparvero grosso modo 20/25 anni fa e che, diversamente da oggi, lavoravano con un corpo rigido e un sistema a traslazione dei due porta oculari che potevano scorrere uno verso l’altro per correggere la distanza interpupillare.

Devo dire che l’esemplare in mio possesso, originale e maltrattato nel corso del tempo, oggi soffre di qualche gioco di troppo e sono più di dieci anni che non lo utilizzo pur tenendolo nella mia ampia dotazione per motivi sentimentali. Al tempo i suoi concorrenti si chiavano Nikon, Takahashi, Zeiss, oggetti oggi piuttosto ricercati e di valore non corrispondente alle prestazioni offerte.

Quando, era l’anno 2006, acquistai il rifrattore da 20 cm. TMB comprai anche una torretta binoculare Denkmeier molto prestigiosa e costosa (al momento non ricordo la sigla completa ma i quasi 1000 euro richiesti dal distributore mi orticano ancora) che non riuscii mai a sfruttare a dovere tanto da venderla nel giro di un anno per un “tozzo di pane”

Perché, e questo va detto, l’osservazione con gli sdoppiatoti binoculari non è esente da problematiche come alcuni divulgatori vorrebbero far credere. E, a dirla proprio tutta, in quasi nessun caso permette visioni più dettagliate di quanto ottenibile con singolo oculare, anzi… Del resto chiunque voglia abbandonare la patinata descrizione di alcuni osservatori e comprendere la quantità di vetro o specchi che la luce attraversa prima di giungere all’oculare, per non parlare delle flessioni dei sistemi di focheggiatura, non potrà che rendersi conto di quanto “errore” va ad aggiungersi alla visione finale. Se però limitiamo il campo di applicazione alla superficie selenica allora forse potremo cogliere tutti i vantaggi che il visore binoculare offre.

Qualche anno fa, colto da una crescente nostalgia per l’osservazione lunare, ho investito un paio di biglietti da 100 euro nell’acquisto di una torretta “entry level” commercializzata con il marchio Tecnosky.

L’oggetto è giunto nella sua valigettina rigida, tanto bellina, e dopo essere stato ispezionato e testato è rimasto riposto nell’armadio per un paio di anni. Del resto, diciamocelo, avendo un binoscopio da 13 cm. che motivo c’è di usare una torretta binoculare?

Quando ho però ridotto il numero di vacanze in montagna e quindi l’accesso alla strumentazione che nella mia postazione a 1800 metri giace, la torretta Tecnosky è tornata buona e mi è stato sufficiente portare a Milano la valigia con le coppie di oculari dedicate, che sono molto più di quelle che oggettivamente si utilizzano, per riesumarla.

A questo proposito mi permetto una digressione che ha valore e motivo didattico più che tecnico. La maggior parte degli strumenti non dispone di un fuoco adatto all’utilizzo degli sdoppiatori binoculari senza richiedere di un sistema OCS o similare di estrazione del fuoco. Questi sitemi, di fatto complessi negativi che allungano la focale (come una barlow o similare), portano ad avere un focale molto lunga (se pensiamo a un classico rifrattore da 4 pollici a f10 nativi dobbiamo immaginarlo con focale finale di 1,5 o 2 metri) e questo, congiunto alla naturale tendenza dei sistemi binoscopici ad offrire una sensazione di ingrandimento maggiore di quella reale si traduce nella utilità di avere solo o soprattutto coppie di oculari a focale media o lunga.

Nella mia valigia sono presenti gemelli da 3,8 mm, 5 mm, 7 mm, 9mm, 12,5 mm, 15 mm, 27 mm, 40 mm e quelli che maggiormente uso sono gli ultimi 4 mentre degli altri non ho mai trovato applicazione utile.

Insindacabile vantaggio (non trascurabile) dello sdoppiatore è la riduzione di cromatica apparente che la visione binoculare offre accoppiata a rifrattori acromatici classici.

Se la CA iniziale non è eccessiva (come ad esempio avviene in un buon 127/1200 anche di umili origini) si può ottenere una immagine pulita con un solo lieve accenno di violetto/blu sul lembo lunare e una tonalità neutra dei grigi e grigio/verdi della superficie selenica.

Ciò che invece disturba, e questo forse solamente me dato che non trovo quasi mai riferimenti al problema, riguarda la precarietà statica dei punti di attacco tra focheggiatori, diagonali, torrette.

Ci si ritrova necessariamente a stringere allo spasmo vitine e lardoni (progettati e realizzati per carichi ben inferiori) per evitare la rotazione, caduta, disassamento dei sistemi quando sarebbe invece tanto facile avere un diagonale apposito per le torrette binoculari.

Perché, viene da domandarsi, i produttori non pensano a un sistema simile? Saturano i listini di oggetti inutili, differenziati da specifiche tecniche inconsistenti, e non pensano a un supporto modulare (che sia anche costoso, per carità) che renda l’utilizzo degli sdoppiatori binoculari un piacere e non un patema?

Se comunque, in un modo o nell’altro, l’accrocchio fantozziano ottenuto appare stabile, e dopo aver impiegato minuti nella corretta focalizzazione generale, dell’occhio destro e poi di quello sinistro, e poi aver corretto nuovamente il fuoco primario per l’opera di accomodamento della vista stereoscopica, comodamente seduti alla poltroncina di osservazione guardiamo la Luna al primo quarto, magari con un bel rifrattore da 5 pollici, e lasciamo che il cervello si abitui a operare con due occhi e non con uno solamente, ci possiamo godere un panorama raro. Una visione fatta di sostanza, di percezione, e di una impagabile sensazione di “sorvolo”, quasi fossimo alla finestra dell’atmosfera. La Luna, Giove (in parte), Saturno, Marte, e Venere (perché soprattutto su Venere più che con gli altri pianeti si hanno vantaggi in una visione binoculare) ci piaceranno anche se NON saranno più dettagliati di quanto appaiano in monoculare (anzi…). Decisamente svantaggioso sarà invece l’utilizzo della torretta nell’osservazione delle stelle doppie e degli oggetti del cielo profondo.

Non lasciamoci quindi irretire dai racconti che suggeriscono la necessità di questo strumento per l’osservazione planetaria. Nulla di ciò che è alla portata della visione monoculare classica viene migliorato da uno sdoppiatore. Ciò che si guadagna, in alcuni tipi di osservazione, è una comodità maggiore e un impatto emozionale profondo e sta solo a noi valutare quanto la strumentazione di cui disponiamo sia adatta all’uso di una torretta e quanto la piacevolezza della Luna in binoculare valga una spesa di svariate centinaia di euro. 

Per quanto concerne poi la scelta degli oculari consiglio di optare per quelli a schema plossl classico. Quattro elementi e 50° di FOV sono ottimali per qualsiasi tipo di impiego: non servono oculari grandangolari (che introducono effetti di parallasse non trascurabili) né costosi ortoscopici esotici. E, credetemi, non servono nemmeno torrette eccessivamente costose, se non per appagare il proprio ego.

Torrette di varia estrazione. Da sinistra in alto in senso orario:

Nikon - Celestron - Baader - Takahashi - Tecnosky - Siebert Optics - Denkmeir - Zeiss

CONCLUSIONI E UN REVIVAL

Non so se l’articolo servirà il lettore, sicuramente so che, nel rileggerlo, ho deciso di mettere mano al restauro della mia vecchia torretta binoculare Vixen che ho portato a termine nell’arco di un paio di notti. Ora funziona nuovamente in modo corretto e non fa rimpiangere prodotti più moderni dai quali si differenzia per alcune logiche meccaniche a me care come il sistema di rotazione del corpo centrale rispetto al focheggiatore del telescopio molto ben fatto.

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