ST. BARTHELEMY 2016

Settembre 2016

La venticinquesima edizione dell’ormai tradizionale Star Party valdostano tenutasi a St. Barthelemy nei giorni tra il 2 e il 4 settembre 2016 ha avuto un duplice volto.

Le novità gestionali, peraltro annunciate, sono state molte e nell’insieme la “macchina” organizzatrice si è mossa meglio degli anni passati.

Molte le conferenze, alcune delle quali interessanti, altre francamente utili soprattutto a riempire ore morte della giornata, e ben dislocate le aree osservative suddivise in tre zone principali hanno permesso agli intervenuti di trovare "il loro posto" senza grandi problemi.

Non mi sento quindi che elogiare l’organizzazione che ha, negli anni, lentamente trasformato quello che era un raduno caotico in una manifestazione multistrutturata.

Altro plauso va all’introduzione, a fianco del noto concorso di astrofotografia, di un altro concorso dal spore “revival” denominato “Astrofotografia Eroica” con pellicole chimiche messe a disposizione da TS Italia. Non so chi abbia vinto né quali siano i risultati ma certamente l’idea è carina e stimolante nella nostra era dominata dall’immagine digitale.

Dal punto di vista della presentazione di reali novità da parte degli espositori devo invece essere meno positivo. Il tendone coperto che ospita i banchetti di importatori e rivenditori era poco popolato e molte sono state le defezioni rispetto agli anni passati. Chiacchierando con alcuni ho raccolto impressioni e possibili giustificazioni al fatto, parole di cui non ho riscontro oggettivo ma che riporto per semplice curiosità: “Aumento della tassa di iscrizione, vicinanza con la più importante fiera europea del Pothokina di Colonia”, queste le dichiarate maggiori cause. Non so quanto sia vero ma certo è che l’esposizione di materiale astronomico nuovo è stata piuttosto scarsa.

Poche le novità tra le quali cito quelle che più mi hanno lasciato memoria: un grande rifrattore da 210 mm e focale da 1200 portato da Tecnosky (un rich field refractor per larghi campi), una bella opera di Telescope Service Italia per rendere facilmente collimabili i newton classe GSO e SW oltre ad un kit di miglioramento sostanziale delle diffuse montature SW Q6 e derivate. Segnalo anche una power tank portatile ed ergonomica (finalmente poco ingombrante) presentata da Auriga, la nuova e rivista serie di astrografi Artec implementata con soluzioni tecnologiche sia per quanto riguarda le celle delle ottiche che la lavorazione complessiva dello strumento, un completo sistema Meade LX600 in versione SC modificato da 30 cm. presentato da Skypoint (e che inspiegabilmente nessuno o quasi ha degnato di attenzione). Stessa sorte per un notevole CFF 300 F20 planetario che era malamente esposto in un angolo su un banco, incelofanato..(non sarebbe stato più logico valorizzarlo?). Infine, il sistema Eagle (novità già presentata in altre sedi) di PrimaLuceLab che funge da scatola collector per i sistemi di gestione di montatura, camera di ripresa e accessori elettrici del telescopio. Da questo mi sarei aspettato, come dice la pubblicità, una maggiore riduzione dei cavi sparsi mentre il set up mostrato sembrava un sistema Borg tratto dalla saga di Star Trek, ma forse si è trattato semplicemente di una mancatao e accurato affinamento. Lodevole comunque l’idea ma, se pur a questa aggiungiamo anche le sempre belle realizzazioni in legno di Geoptik, francamente non c’era molto altro degno di nota sotto il tendone.

Tra le autocostruzioni vanno segnalati alcuni esempi positivi e negativi (benché degni di ogni rispetto e ammirazione per la mole di lavoro svolta) che hanno catturato la mia attenzione.

Il primo, un piccolo newton 200 f6 interamente autocostruito in cantina da un simpatico amatore che bivaccava in tenda e che esprime, a mio parere, la summa di quanto si possa fare quando al “nulla” si aggiunge ingegno, laboriosità, e tanta passione. Finiture approssimative, alcune soluzioni rivedibili ma l’esempio è meraviglioso nel suo insieme e a lui dedico spazio per qualche immagine. Bellissimo il puntatore laser inserito nella cella porta secondario e incredibili gli adattamenti (spartani ma funzionali) di motorini pescati sul “fondo del barile”. Ho la colpa di non ricordare il nome dell’autore ma a lui vanno i miei complimenti.

Sulla riva opposta della logica pongo invece il mastodontico dobson da 100 cm. di diametro e cinque metri di focale interamente realizzato da un amatore “folle” che si è addossato (e in questo non poso che esprimere una ammirazione assoluta per l’abnegazione e il risultato raggiunto) la realizzazione di ogni parte dello strumento a cominciare dalle ottiche (che sono 3!).

Purtroppo, come prevedibile, il risultato prestazionale raggiunto, almeno durante lo star party, è stato molto negativo. L’immenso strumento sembra non avere la capacità strutturale di gestire la propria logica e ottenere una immagine a fuoco risulta impossibile. Le stelle sono un calvario di quasi tutte le aberrazioni geometriche conosciute e la pur infinita capacità di raccogliere luce si traduce in immagini francamente poco fruibili. Un peccato anche se resta la gratitudine per aver portato una simile opera che spero, in altri ambiti e con più calma, possa lavorare come da specifiche. In questo faccio ogni augurio al suo coraggioso costruttore!

iBello, molto, era invece un binoscopio formato da due tubi Vixen ED 102 SS (102/660 con vetri “ED”) con il quale abbiamo goduto di ottime immagini di una pletora di oggetti puntati manualmente e “a colpo sicuro”.

Meno entusiasmante è stato invece assistere ai molti possessori di dobson con diametri tra i 30 e i 40 e più cm. che faticavano a puntare con sicurezza il campanile vicino o vedere possessori di piccoli strumenti automatizzati impegnati, coadiuvati da tablet e telefonini, in una maratona Messier improbabile e che non erano per questo "avvicinabili" nemmeno per uno scambio di opinioni. Mi è sorto spontaneo un dubbio e una riflessione: gli star party non sono un momento in cui è possibile scambiare opinioni e confrontarsi? Sarebbe stato meglio che non chiudersi nel proprio “angolino” in solitaria e impermeabile attività.

Ho avuto anche l’occasione di sfiorare un vecchio FS-152 impegnato però in imaging con macchina reflex e di ammirare il lavoro di due astrofili dediti alla ripresa con CCD e dotati di strumentazione di primissimo ordine (FSQ, Moravian, GM1000 e una serie di upgrade di altissima qualità, come anche era il risultato dei loro sforzi). A loro va il mio personalissimo ringraziamento per avermi aperto la loro tenda e condiviso racconti, esperienze, spiegazioni. 

Gratificanti ed emozionanti sono state anche le visioni del Sole permesse da un rifrattore Lunt  messo a disposizione da Tecnosky. Nonostante il diametro limitato (50 millimetri) la configurazione “double stack” ha consentito una notevole incisione sia dei particolari sul disco che delle protuberanze lasciando ammirati molti tra i quali il sottoscritto.

Infine, un personale rammarico per lo strumento di un conoscente gentile che trafficava dietro ad un bello e raro TeleVue 127. Sulla sua Losmandy G11, a fare compagnia al 5 pollici, anche i rifrattori da 85 e 60 millimetri della casa americana e una serie di oculari di altissimo livello.

Mi sono accostato all’oculare del 127 armato di tanta curiosità anche spinto dai commenti entusiasti di molti astanti, ma lo strumento, terribilmente scollimato e affetto da sferica e astigmatismo, risultava molto penalizzato. Come mai (con la sola eccezione del proprietario che mi aveva anticipato i suoi dubbi) nessuno sembrava accorgersene? Miopia da Star Party o semplice reale ignoranza e mancanza di esperienza dei “vocianti”?

Un plauso anche all’atrofilo che, tra tanti dobson, era candidamente attrezzato con un vecchio e sempre affilato 76/1250 con il quale abbiamo avuto belle immagini dei principali globulari in Ercole.

Sempre poco edificanti invece le insensate urla e imprecazioni alla volta di chi passava nelle vicinanze con una automobile a fari accesi. Come se chi levava la voce stesse scoprendo qualcosa di fondamentale per l’umanità. Forse avrebbe preferito essere investito al buio?

La comunità degli astrofili non mi è piaciuta molto e in generale ho percepito poca voglia di condivisione, un peccato.

L’ultimo pensiero, ammirato, va all’artigiano del legno che ha portato una riedizione del cannocchiale galileiano interamente realizzata nel nobile materiale offerto dalla natura. Opera di alta manifattura che va ammirata e, se si ha spazio, cultura e interesse, anche acquistata sia che la si utilizzi per diletto oppure solamente come oggetto ornamentale. Stupefacente (anche se non nuovo) il suo 203/1800, sempre in legno a doghe lucidate dove le sole parti non in legno sono obiettivo, cella, e oculare.

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