SVBONY SV503ED: 102/714

Anno 2023

INTRODUZIONE

Il mercato è ricco di rifrattori da 4 pollici, oramai soprattutto apocromatici o semi-apocromatici, e Svbony è l’ultima o quasi ad essersi impegnata nella commercializzazione di questo genere di strumenti, prodotti ovviamente da altri e poi "vestiti" con i propri colori aziendali.

Il nostro esemplare, un doppietto da 102mm. e 714mm. di focale con vetri “ED” in FPL-51 (il crown), rappresenta l'ennesima variazione del conosciuto Kunming United Optics che già viene venduto con vari nomi (Teleskop Service, Tecnosky, Altair, e via discorrendo). Quello che cambia, oltre al nome, sono i colori, alcune finiture, a volte anche il focheggiatore.

Si tratta però, in massima sintesi, di un rifrattore con apertura a F7 che si fregia della dicitura di “semi-apocromatico”.

L’idea è vincente: proporre a prezzi molto competitivi (solitamente intorno ai 700 euro), uno strumento che possegga una discreta correzione cromatica e soprattutto una costruzione robusta e di sicuro effetto “scenico”.

SVBONY 102/714 ED

Frecce nel suo arco, almeno all’esame statico, il rifrattore della casa di Hong Kong ne ha molte. In primis un “corpo” ben realizzato con materiali di ottimo livello, una finitura curata, anelli di sostegno ben fatti, paraluce scorrevole e focheggiatore fluido e privo di incertezze. All’atto dell’utilizzo, il buon bilanciamento del tubo ottico, il sistema di messa a fuoco obiettivamente esente da critiche e il paraluce molto lungo consentono di osservare o fotografare con un sistema che non teme alcun confronto anche se messo a fianco di un blasonato giapponese o americano di alta gamma.

Il mio scopo, all’atto dell’acquisto (strumento usato ma in condizioni pari al nuovo), era quello di dedicarlo alla ripresa degli ammassi globulari e aperti in accoppiamento ad una camera monocromatica e ad un filtro “G” (proveniente dal set R-G-B) con banda passante limitata alla radiazione verde tra i 500 e i 700 nanometri circa.

In questo modo si può sfruttare la massima risoluzione dello strumento e anche il picco di sensibilità dei moderni c-mos monocromatici, eliminando del tutto la parte di radiazione non perfettamente a fuoco tipica dei rifrattori “ED” (ossia la parte blu e rossa).

La scelta del 102/714 era stata suggerita dalla volontà di avere un rifrattore relativamente piccolo e leggero (una settantina di cm. di lunghezza per poco più di 4 kg di peso) che potesse essere messo in parallelo al Celestron RASA-8 dedicato ad altri tipi di fotografia.

La possibilità poi di collimazione del doppietto frontale, in teoria garantita dalle 4 coppie di brugole poste sulla cella a 90° l’una dall’altra (e in grado di traslare tra loro gli elementi di Crown e Flint), mi dava speranza sulla fattibilità di portare il complesso ottico a lavorare come da specifiche teoriche.

Sopra e sotto: immagini del 102/714 in configurazione con paraluce retratto o completamente estratto.

Sopra: il bel gruppo focheggiatore rotante da 2 pollici che equipaggia il rifrattore. Sul mercato il singolo focheggiatire costa quasi 300 euro.

Sotto: il 102/714 trova suo compendio ideale nella montatura Vixen Sphynx.

Sopra: discreto e ben fatto il cercatore a corredo dello strumento. Peccato solo che, per essere fissata sugli anelli, la basetta porta-cercatore debba essere modificata aumentando il foro passante della vite di fermo.

Sotto: molto bello appare il doppietto frontale e il suo trattamento antiriflesso (che funziona anche bene).

PROBLEMI

Va detto che lo Svbony 102/714 ED non era il primo rifrattore simile che mi fosse passato tra le mani ma era il solo che avessi deciso di acquistare (a scatola chiusa) anche se i precedenti cugini, testati solamente in occasione di incontri con amici, non mi avessero lasciato un ricordo particolarmente brillante quanto a correzione cromatica e sferica.

Quando ho effettuato il primo star test (si vedano le immagini a seguire) mi sono però reso conto che il ragazzo di Hong Kong soffriva di un certo disallineamento delle ottiche.

Sopra, immagine in EXTRA focale. Sotto, in INTRA focale. Situazione iniziale dello strumento consegnato (acquistato usato "pari al nuovo").

Sotto: immagine in INTRA FOCALE in prossimità del "FUOCO"

I test visuali effettuati su stelle singole, doppie, e sulla Luna mi restituivano una discreta immagine, probabilmente più che sufficiente ad essere accettata dalla maggior parte degli astrofili, ma lontana dall’optimum.

Tralasciando la componente cromatica, comunque limitata e ai miei scopi non influente, quello che mi infastidiva era la sensazione perenne di non raggiungere mai il “fuoco” corretto. O meglio, di non ottenere quella focalizzazione secca tipica di un buon rifrattore.

In parte, a giustificare le prestazioni non esaltanti, era sicuramente il disallineamento ma su altro versante si notava una “morbidezza” che non mi lasciava sereno.

Il test fotografico iniziale dava ragione al mio occhio esaltando le problematiche solo percepite all’oculare.

Ho voluto quindi mettere mano all’obiettivo e ho trascorso due intere notti, sia in approccio visuale che a PC con una camera astronomica collegata al fuoco diretto, nel tentativo di “centrare” nel migliore dei modi possibili i due elementi dell’obiettivo.

Mi sono accorto, purtroppo, che le possibilità di regolazione offerte dalle 8 brugole esistenti non erano sufficienti ad eseguire l’opera prevista.

Dopo molte imprecazioni e qualche pausa ho trovato un “compromesso” decente, lontano dal mio concetto di “ottimo” e ho deciso che oltre non sarei potuto andare, con la consapevolezza che il problema non risiedesse solamente nella collimazione.

RISULTATI VISUALI

La cura certosina ha portato qualche miglioramento nell'immagine visuale rendendo lo strumento al pari della media di questi telescopi.

Ho potuto osservare alcuni sistemi doppi con discreta soddisfazione e anche una immagine “agreable” del suolo selenico. Un poco deludente invece è apparso Marte dove le ottiche dello Svbony hanno mostrato “la corda”, probabilmente per una risposta non buona nel rosso.

Quasi assuefatto alla prestazione dello cugino di Hong Kong ho voluto mettergli a confronto il mio Takahashi FC100N (fluorite naturale da 10 cm. aperta ad f10) con cui l’immagine ha ovviamente (e purtroppo) segnato un salto qualitativo significativo. Focalizzazione perfetta e secca, immagini prive di sferica ed estremamente contrastate è stato il verdetto all’oculare del samurai giapponese.

Considerando però il costo dello Svbony, la sua portabilità, oltre al fatto di avere una focale decisamente più ridotta, ho accettato che si potesse anche “sopravvivere” con il 102/714 ED limitando l’applicazione a quella visuale estemporanea, o magari impiegandolo non tanto in altissima risoluzione (nei limiti della sua apertura) ma soprattutto nella visione a campo medio largo di ammassi aperti, nebulose, qualche galassia angolarmente estesa (magari sotto cieli bui).

A favore dello Svbony, nel valutarne l’impiego, la perfetta compatibilità (per dimensioni e livrea estetica) con la mia Vixen Sphynx SXW con Starbook.

IMPIEGO FOTOGRAFICO

Per valutare ciò che mi accingo a scrivere va precisato che il precedente proprietario aveva impiegato lo strumento esclusivamente in ambito fotografico usando però una tradizionale DSLR a colori. Mi aveva inviato alcune immagini, dalle quali traspariva una netta cromatica non corretta che si traduceva nel solito effetto di allargamento dei dischi stellari, che non permettevano di comprendere la corretta forma delle tracce stellari, cosa che l’impiego di c-mos dedicati e filtri selettivi evidenzia in modo preciso.

Risolto il problema del cromatismo (che affligge qualsiasi rifrattore doppietto a f7 in FPL-51) con un filtro G e la ripresa monocromatica, è sorto, come temevo, il vero problema dello Svbony oggetto del test.

Le tracce stellari apparivano infatti non correttamente rotonde, evidenziando un accenno di forma trapezoidale e il residuo di non perfetta collimazione.

Osservando le immagini senza ingrandire e andare a cercare con attenzione il problema si potrebbe essere portati a credere che lo strumento lavori bene ma la mia cronica incapacità di lavorare con rifrattori geometricamente non perfetti mi fa impazzire e genera un fastidio che non sono più disposto a tollerare.

Si tratta di “finezze” o poco più ma considerando che il mio cielo di ripresa è un Bortle 9+ e che posso lavorare solamente in monocromatico, se non posso raggiungere magnitudini significative desidero quantomeno che le immagini siano corrette dal punto di vista tecnico e compositivo.

Sotto: immagine di M13 non elaborata. Stack di 20 pose da 15 secondi ciascuna. Camera ASI 183mm e filtro “G”. Fotografia scattata da Milano con un Bortle 9+

Sotto: ingrandimento della stessa immagine che evidenzia il difetto di focalizzazione indicato nel testo.

Sotto: altra immagine, questa volta di M56, ottenuta con le medesime specifiche di quella di M13.

Sotto: anche qui, per evidenziare quanto detto, ingrandimento della fotografia.

CONSIDERAZIONI GENERALI E CONCLUSIONI

Benché abbia avuto modo di osservare il altri 102/714 “ED” e abbia sempre riscontrato una resa solamente discreta è corretto che, nella valutazione dello strumento, mi limiti all’esemplare posseduto. Osservazioni estemporanee e lontane tra loro nel tempo non sono infatti sufficienti per esprimere giudizi lapidari che rischiano di essere influenzati da condizioni di contorno non controllate.

Diversa è la possibilità di valutare, almeno per un paio di settimane in modo intensivo, uno strumento.

E’ ovvio che il giudizio può essere espresso solamente sull’esemplare in questione che può, per i più disparati motivi, essermi giunto non al massimo di quanto il suo progetto gli permetterebbe di fare.

Resta però vero che la difficoltà di ottenere un centraggio corretto delle ottiche e una certa sferica residua siano un problema che è possibile ipotizzare come diffuso.

Nella valutazione dello Svbony deve quindi essere tenuta in considerazione la possibilità (se acquistato nuovo) di avvalersi di qualche forma di garanzia ma al tempo stesso anche la onesta critica sul rapporto prezzo-prestazioni.

In base all’esperienza faccio fatica ad inquadrare questo tipo di rifrattori che, de facto, non sono “né carne, ne pesce”. Hanno l’innegabile vantaggio di costare poco e di essere belli e trasportabili, e anche capaci di discrete prestazioni. Al tempo stesso però non hanno “acuti”. Non sono astrografi perché in “visible-spectrum” denotano cromatica residua eccessiva e in banda “stretta” o “limitata” fanno emergere imperfezioni nel loro comparto ottico.

Analogamente non sono nemmeno votati all’alta risoluzione (sempre nei limiti fisici di un 10 cm.) perché la loro capacità di salire con gli ingrandimenti e di offrire immagini pulite è un poco limitata.

Appaiono ai miei occhi come “semi-qualcosa”, strumenti per chi vorrebbe ma non può, oppure telescopi da impiegarsi saltuariamente o per osservazioni a largo/medio campo.

A fronte del loro costo mi trovo a preferirgli “veri” acromatici di stampo classico (tra questi il TS 102/1100) che sono dichiaratamente limitati nella loro trasportabilità, sicuramente non adatti (o molto poco adatti) alla fotografia del cielo profondo, ma “onesti” nel generare immagini che, cromatismo a parte, sono davvero incise e ben corrette dal punto di vista geometrico.

Tralasciando i problemi di collimazione (che potrebbero anche minare le versioni con vetri più pregiati) sarei onestamente più propenso a consigliare un 102 F7 in FPL-53 (sempre doppietto) oppure un classico 102/1000 acromatico, che costa oggi meno di 300 euro (vedi i Bresser) e rende bene in ogni campo visuale.

Alan Tudyk e Daisy Donovan (in secondo piano Andy Nyman) in una scena tratta da "Funeral Party", spassoso film del 2007 diretto da Frank Oz.

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