SOLVER 5" F10 - rifrattore acromatico

ANNO 2007

Questo mio vuole essere un invito a rivalutare alcuni strumenti che la moda del momento ha eclissato. 

In un’era di febbre “apocromatica”, è doveroso segnalare che alcuni rifrattori semplicemente acromatici riescono a fornire, se ben realizzati, prestazioni degne della loro apertura. 

Se si escludono i classici doppietti da 4 pollici a f.10 che hanno fatto la fortuna commerciale di alcune ditte, specialmente giapponesi, il nostro mercato (e più ampiamente quello mondiale) ha snobbato nell'ultimo decennio i rifrattori di stampo classico. 

Questo non significa che non ci siano esempi di ottiche ben realizzate e intubate, ma è vero che non sono state un gran ché pubblicizzate, né accolte dal pubblico con particolare enfasi.

Vuoi l'evoluzione degli apocromati o semiapocromatici, che tanto solleticano l'immaginario (e anche gli occhi) di molti appassionati che li hanno giustamente "sposati", vuoi alcune intrinseche limitazioni dovute ai maggiori ingombri e pesi (e quindi relative montature di sostegno) hanno decretato un certo disinteresse per questi strumenti in aperture superiori ai fatidici 4 pollici. 

Non mi riferisco ai rifrattori di stampo cinese che affollano i listini di quasi tutti i rivenditori (quelli cioè aperti a f.6 o f.7) ma ai rifrattori con rapporti di apertura classici (f.10 - f.12 o più). 

Un sito americano recita una frase che trovo giusta e che, tradotta, suona più o meno così: "i rifrattori apocromatici correggono molto bene il residuo di aberrazione, ma tutte le altre aberrazioni (geometriche) restano".. "o quasi" aggiungerei io, poiché molti APO top level le correggono davvero molto bene anche con focali spinte. 

Resta però indubbio che lavorare doppietti a f13 sia più facile che lavorarli a f7... 

Anche sul concetto di apocromaticità vorrei fare una considerazione, non tanto su questo o quello strumento, ma in merito alla logica con cui molti strumenti vengono proposti. 

Le sigle che vengono usate per designare questa o quella ottica sono di molti tipi e non dicono quasi mai molto. Tutti sappiamo che ci sono APO e apo... e che il semplice vedere "ED", "SD" ,"APO", "SEMI-APO" è una indicazione qualitativa e non quantitativa. 

A volte alcuni doppietti definiti acromatici sfoggiano correzione del cromatismo migliore di quella di certi ED o semiapo. 

C'è un valore, che viene detto numero di Abbe (dall'omonimo) e che indica la dispersione luminosa intorno al punto di massimo fuoco. In realtà indica una caratteristica fisica del vetro ma diciamo che il risultato non è molto differente. 

Alcuni produttori vendono per acromatici doppietti che hanno un valore di abbe uguale o superiore a certi ED... questo significa, fondamentalmente, che alcuni acromatici lavorano il cromatismo (lo contengono) meglio di certi ED.  

Dopo questa breve divagazione introduttiva torno in argomento per raccontare dello strumento in questione: SOLVER 127mm f.9,5 circa. 

Un doppietto acromatico di stampo classico, con una focale quasi standard (intorno a f10) e una qualità del vetro usato per produrre l'obiettivo di classe 5 (particolarmente privo di imperfezioni). 

Tubo leggero in alluminio, diaframmi interni (3) ben distanziati, anneriti e dimensionati, focheggiatore di tipo cryford ben realizzato e sicuramente migliore dello standard presente in mercato (viene fornito anche con riduzione 1:8) benché non totalmente esente da slittamenti con carichi e oculari pesanti, paraluce fisso e cella (per il momento mi viene detto) non regolabile. 

L'ottica è tendenzialmente priva sia di astigmatismo che di altre aberrazioni geometriche benché, nell'esemplare in mio possesso, si noti una lievissima tensione nella cella. Il difetto è comunque difficile da rilevare nella figura extra e intrafocale e, non modificando dimensione e forma del disco di airy al fuoco, non compromette le prestazioni gradevoli dello strumento. 

L'aberrazione cromatica è contenuta, paragonabile a quella di un buon doppietto 102 f.10 (quindi non sembra risentire della maggiore capacità di raccolta della luce garantita dall'ottica da quasi 13 cm.). Diaframmato a 10 cm. esibisce meno cromatismo di un rifrattore Vixen 102M preso a paragone, risultato oserei dire molto lusinghiero, e pari a quello esibito da un originale Carton 100/1300 o Vixen Pulsar 102/1300.

Le lenti non appaiono con dominanti colorate gialle, quindi il contenimento di aberrazione cromatica è "genuino". 

I trattamenti antiriflesso sono di buona qualità e la trasmissione luminosa (qui vi do una valutazione a sentimento) è buona benché non paragonabile a quella che esibiscono i migliori trattamenti di certi strumenti top level (vedi Takahashi e Astrophysics per citare gli unici due di cui ho confronto nel diametro 13 cm circa). 

La focale di 1220 mm. circa (non sono riuscito a determinarla con estrema precisione) è in compenso utilissima nel raggiungere ingrandimenti relativamente elevati con oculari non troppo spinti. Un 10mm offre già 125-126x circa (vedi tipo di diagonale usato) e un 5 mm., che considero un po' il limite massimo per gli oculari (benché ci siano ottimi 3mm. in circolazione), offre il già ragguardevole potere di circa 250x, ottenuti senza barlow e ancora tutti pienamente sfruttabili sia su Luna che su Saturno

Il limite massimo su soggetti come Giove (che ora non offre le migliori condizioni osservative) è di circa 200x, potere che comunque non sempre si riesce a sfruttare pienamente anche su ottiche di costo maggiore. 

Ritengo che, nella visione del nostro satellite, non serva spingersi con questo strumento oltre i 250x. L'immagine non degenera in modo radicale fino a 350x, a dire il vero, ma i dettagli fondamentalmente non aumentano, e l’immagine tende a “rompersi” un po’.

Saturno paga un po’, ad alti ingrandimenti, la scarsa quantità di luce raccolta da "soli" 13 cm. (si potrebbe comunque dire la stessa cosa per Giove ma i minori poteri risentono meno del gradiente luminoso). 

Ottimo invece il comportamento sulle stelle doppie. Sebbene abbia avuto immagini migliori con un vecchio 10 cm a f.15, devo ammettere che le immagini fornite dal SOLVER sono di buon livello e più che adatte a soddisfare gli amanti di questo target. 

Facile, in condizioni di seeing medio, scorgere il primo e unico anello di diffrazione, "disegnato", e altrettanto facile separare binarie a ridosso del potere risolutivo (che si attesta intorno al 1 d'arco), ma soprattutto risulta agevole sdoppiare binarie piuttosto sbilanciate. 

Il diametro di 13 cm. è un buon compromesso e risulta vincente per gli osservatori di città, sovente alle prese con colonne d'aria, tetti, camini, e altro che rendono il più delle volte inutili ottiche più grandi. Inoltre, 13 cm. sono più di 10 e tante volte la differenza (comunque non abissale) si fa sentire. 

In addendum va sottolineato che l’intubazione (di lamierino suffienetemnte rigido) è leggera e lo strumento trova in montature della classe della EQ5, e ancor meglio della EQ6, supporto ideale.

Il costo, infine. 

Dotato di focheggiatore con riduttore a 1:8, anelli, cercatore di accettabile qualità da 8x50 mm., si attesta a poco meno di 600 euro il che lo rende uno strumento economico in relazione alle prestazioni. 

Per fare un paragone prestazionale lo trovo migliore dei vari MAK cassegrain da 15 cm. (è stato paragonato dallo scrivente fianco fianco con un Intes MK61 e un mak newton MN61 con ottiche in sitall e ventolina di stabilizzazione). Per massima onestà devo dire che il mak newton esibiva immagini lievemente più contrastate e un maggiore potere separatore, oltre a una maggiore propensione a salire con gli ingrandimenti, ma il costo, peso, e scomodità sono senz’altro i suoi talloni d’Achille.

Inutile invece dire che l'ostruzione dei vari Mak Cassegrain da 15 cm. si fa sentire notevolmente in rapporto a un rifrattore da 1 pollice in meno e che le immagini sono sempre lievemente inferiori in quanto a pulizia e incisione, almeno fino ai 200 ingrandimenti circa.

Dell'uso “deep sky” non posso dire in quanto lo strumento viene da me impiegato solamente da cieli urbani, ma posso asserire che un buon 13 cm. a lenti riesce a regalare appaganti visioni degli oggetti nebulari o delle galassie (nel limite della quantità di luce raccolta ovviamente) e che possono rivaleggiare con quelle di strumenti tipo S-C di 20 cm. circa. Tutt'altra musica invece su globulari e nebulose planetarie. In questo campo gli s-c classici da 8 pollici offrono molto di più. 

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