IL RAPPORTO 1:10

Ossia: è sempre vero che conviene spendere di più? - Anno 2013

Non si tratta del rapporto di demoltiplicazione dei moderni focheggiatori, ma dell’eterno dilemma che, prima o poi, divora ogni astrofilo dopo il primo contatto con il cielo.

Non ne è esente nessuno, almeno tra le mie conoscenze. La “strumentite” è una malattia che tende a dilagare e, benché celi una innata e sana curiosità, non sempre porta a risultati migliori di quelli da cui si parte.

L’idea di scrivere qualcosa a riguardo è latente in me da tempo, ma ha preso corpo ultimamente grazie a tre strumenti in particolare: un piccolo rifrattore da 60mm di apertura e 910 mm. di focale, un rifrattore da 102/880 e uno Schmidt Cassegrain da 304mm.

La domanda che frulla in testa è la solita: “se avessi uno strumento simile a quello che già posseggo ma molto meglio realizzato e conseguentemente molto più costoso, vedrei di più e meglio?

Mi giungono numerose mail in cui si chiedono lumi su questo o quello strumento, su quanto si “guadagnerebbe” in termini prestazionali se si abbandonasse il “mass market” per sposare il “top level”, e le risposte, al di là dell’ovvio, non sono mai facili o scontate.

I PICCOLI STRUMENTI (60 mm.)

Vorrei cominciare dal “minimo” perché, citando EG CHEN, “è sempre dal molto piccolo che tutto ha inizio”.

Immaginiamo il primo passo (o uno dei possibili) per l’astrofilo desideroso di ammirare le stelle: il rifrattore da 60mm. Anzi, immaginiamone due di questi rifrattori. Da una parte un comune 60/910 Fraunhofer (il classico piccolo rifrattore aperto a f15 che ha fatto un po’ la storia dell’osservazione amatoriale nella seconda metà del secolo scorso), dall’altra un correttissimo e raro 63/840 Steinheil (obiettivamente considerato il re dei rifrattori di pari apertura, sia per lavorazione, correzione ottica, blasone e costo).

Nello specifico un Revue 60/910, il cui valore sul mercato non supera i 100 euro (solo tubo ottico) e uno Zeiss AS-63/840 (la versione più corretta di quello che è diventato il “Telementor”) il cui valore è di dieci volte maggiore e si attesta sui 1000 euro.

Il primo è considerato poco più che un giocattolo, il secondo un oggetto di “culto” per cui si è disposti a spendere, certi delle sue prestazioni di assoluto rilievo e forti del nome Zeiss, da sempre sinonimo di altissima qualità ottica.

Non parliamo del più banale “Telementor”, che di fatto è e resta uno strumento notevole, ma che consente una correzione cromatica di circa il 20/30% inferiore alla versione “AS” per stessa ammissione della Carl Zeiss del tempo.

Il confronto sembrerebbe impari ma è davvero così? Per scoprirlo ho testato entrambi gli strumenti (in mio possesso da tempo) sia in notti differenti che in un testa a testa.

Se si possono legittimamente considerare i raffronti a distanza poco indicativi, non si può non accettare che una comparazione effettuata con i telescopi posti uno fianco all’altro, nelle medesime condizioni atmosferiche e con l’utilizzo degli stessi treni ottici, possa essere probante.

Assente la Luna (nella notte di confronto diretto) i target sono stati quattro: il sistema doppio nel Leone che porta il nome di Algieba, l’altro sistema doppio nella testa dei Gemelli conosciuto come Castore, il pianeta Saturno, e la stella doppia Alula Australis nell’Orsa Maggiore.

Il test è stato effettuato dalla periferia di Milano, in un contesto di parco generalmente graziato da un seeing buono, usando un diagonale William Optics dielettrico di media qualità (anche se di costo medio/alto) e oculari Takahashi serie LE nelle focali di 24-18-12,5-7,5-5, e 2,8 mm. + qualche altro oculare di differente produzione.

Nell’osservazione di Algieba si sono riscontrate differenze minime ma indicative.

In entrambi gli strumenti la separazione è molto facile e l’immagine delle componenti stellari parimenti incisa e pulita. Lo Zeiss fornisce una tonalità lievemente più calda, tanto che la cromia della secondaria è vicina a quella della stella principale mentre nel Revue si nota una maggiore dominante grigio/azzurra (comunque molto lieve). Non vi è alcuna differenza di rilievo tra i due strumenti se non nella percezione delle stelle deboli di campo che appaiono più facili nello Zeiss. Forse per via dell’apertura lievemente superiore (63mm. contro 60mm.) o della maggiore “trasparenza” del doppietto tedesco. Il confronto risulta per questo a lieve appannaggio dell’AS-63 ma la differenza è limitata. Lo Zeiss tende invece a farsi amare maggiormente agli ingrandimenti alti, anzi altissimi per questa classe di apertura. L’oculare da 2,8mm. offre circa 325x nel Revue e 300x nello Zeiss, che a questo potere permette una focalizzazione più netta e una immagine più definita.

Discorso analogo può essere fatto per l’osservazione di Castore, dove lo Zeiss evidenzia una maggiore propensione a mantenere l’immagine pulitissima a poteri molto alti. Anche qui, comunque, la differenza è davvero “suitable”.

Saturno riesce a mettere in evidenza maggiori differenze, anche se queste restano accettabilmente marginali. Finché i poteri si mantengono prossimi ai 100x (oculare TMB da 9mm). è davvero difficile scovare un valido motivo per spendere i soldi necessari all’acquisto dello Zeiss. Entrambi gli strumenti mostrano un buon contrasto e una pulizia di immagine simile. Anche salendo al limite “logico” importo dall’oculare da 5mm. (che offre 182x nel Revue e 168x nello Zeiss) la divisione di Cassini, benché non mastodontica, è ben percepibile in entrambi, così come una banda tropicale sul disco e un gradiente luminoso nella zona della calotta polare. Lo Zeiss appare lievemente più inciso ma è complice in questo il minore ingrandimento offerto a parità di oculare.

La sensazione è che lo Zeiss sia più luminoso e che possa quindi offrire una maggiore saturazione dei colori. Tentativi a ingrandimenti maggiori dei 200x si rivelano infruttuosi, più che altro per la modesta altezza sull’orizzonte del pianeta.

La doppia Alula Australis è un sistema binario con separazione al di sopra delle possibilità fisiche di rifrattori da 6 cm. Le sue componenti sottendono un angolo di circa 1,7 secondi d’arco e andare a scovarle è una impresa. Numeri a parte, entrambi gli strumenti mostrano chiaramente la natura doppia del sistema. Le stelle che lo compongono, di magnitudine quasi uguale, appaiono interpolate a formare un “8” stretto o, meglio, una arachide. A 300 e più ingrandimenti gli strumenti sono entrambi “alla corda” ma lo Zeiss risulta più inciso e pulito: una differenza palpabile ma relativamente poco utile vista la natura “estrema” dell’osservazione.

Il blasonato AS-63 risulta migliore, soprattutto quando si vuole spingere lo strumento oltre i 120 ingrandimenti per pollice (valore altissimo e francamente limitato a pochi soggetti), ma se ci si limita ai più convenzionali (per rifrattori di questo diametro) 80 ingrandimenti per pollice, il divario è sottile.

In conclusione si può affermare che lo Zeiss è superiore, non di tantissimo ma lo è. E’ più inciso ai poteri molto alti e offre una “trasparenza” maggiore che permette di cogliere più facilmente stelle deboli e al limite della percezione. A parità di prezzo lo preferirei, ma con il rapporto 1:10 come la mettiamo?

ALGIEBA, stella doppia, come appare in entrambi gli strumenti (a poteri lievemente diversi per via delle focali non identiche). Nello Zeiss le due stelline di campo a destra (sottilissime) appaiono più nette e visibili.

Alula Australis è una doppia sotto al limite risolutore di un'ottica da 60mm. avendo separazione angolare prossima a 1,7". La sua duplicità, benché le componenti non siano separate, è facilmente percepibile già a 180x e diventa netta a oltre 300x

STRUMENTI DA 10 cm.

Due immagini di Saturno riprese il 26 maggio 2013 in condizioni di seeing pessime e modesta altezza sull'orizzonte. Il valore non superava i 4/10 sulla scala di Pickering e la trasparenza del cielo non era nemmeno buona. Entrambe le immagini sono state riprese a pochi minuti di differenza con una camera monocromatica ASI 120MM e interposizione di barlow 2x Celestron Ultima. La foto in alto è ottenuta con il rifrattore HEYFORD 90/900 acromatico, quella in basso con il prezioso TAKAHASHI FC100-N (focali rispettive di 1,8 e 2 metri).

 

OCULARI

Quando si parla di strumenti ottici astronomici si tende a pensare prevalentemente ai telescopi ma va ricordato che esiste anche un grande (grandissimo) mercato inerente accessori ottici vari tra i quali, i principali, sono e restano gli oculari.

Si sperperano parole e filippiche a favore di questo o quello schema, del blasone stampigliato sui barilotti anodizzati, ma al di la delle parole oggi è possibile accedere a un buon numero di test (anche comparativi) su oculari di vario genere.

Ho voluto, in una sera di buon seeing, confrontare due classi di oculari molto diversi tra loro usando uno Schmidt Cassegrain 300/3000 di Marcon puntato su Giove e Castore.

Entrambi alti nel cielo e poco disturbati dall’agitazione atmosferica limitata della serata, Giove e la doppia nella testa dei Gemelli rappresentano, pur nel gruppo "alta risoluzione visuale", due soggetti estremamente diversi per caratteristiche e contrasto espressi.

Ho voluto studiare le differenze, laddove ve ne fossero, tra due set di oculari divisi da un divario di prezzo, blasone e qualità meccanica di costruzione che sembrerebbero renderli inconfrontabili.

Ovviamente ho già avuto, nel corso di questi ultimi anni, la possibilità di paragonare il mio set di Takahashi LE (serie completa con l’esclusione del 3.6 mm. e del 10 mm.) con vari altri oculari pensati per fornire alte prestazioni in campo planetario: ortoscopici giapponesi, monocentrici, ortoscopici Zeiss, oculari multilente americani (teleVue), Brandon, e altri meno conosciuti e ho sempre trovato la serie classica di Takahahsi molto valida. Meno incisa degli Abbe Zeiss e dei monocentrici ma lievemente più performante rispetto ad ortoscopidi di nuova produzione come i Kasai o i Baader. Differenze minime ma comunque evidenziabili soprattutto in prove “testa a testa” quando cioè tutta l’attenzione è posta nello scovare le differenze di resa.

Un paio di anni fa ho però acquistato, più per "scorta" che altro anche un set di oculari plossl classici (4 elementi) di stampo economico e provenienza cinese. Si tratta di un set da 9 pezzi (40-32-25-20-17-12,5-10-6-4 mm.) del costo complessivo di 149 euro comprensivo di valigetta in alluminio e spedizione... il che significa che se diamo alla valigetta lo stesso valore di un oculare abbiamo 10 pezzi per un costo medio di 15 euro al pezzo (se comprati separatamente il costo sale a 29,90 euro/cad.)

La serie LE costa, nel caso delle focali meno care (175,00 euro) circa 11 volte di più e, in quelle più care (oltre 250 euro), oltre 17.

Benché ci siano oculari decisamente più costosi dei LE Takahashi ritengo che 200 euro di media a oculare rappresentino un costo già impegnativo e che i 400 e oltre richiesti per i monocentrici TMB siano forse affrontabili solamente da un collezionista in quanto le prestazioni che tali oculari offrono non rispecchiano in alcun modo l’esborso extra.

Nonostante l’abisso economico che separa i plossl acquistati da TS e i bei oculari giapponesi ho operato un test di confronto scegliendo le focali da 12,5 mm. (esistenti in entrambe le serie) e da 17 mm. (per i plossl cinesi) e 18mm. (per i giapponesi).

Il Marcon 300/3000 offre, con gli oculari indicati, i rispettivi poteri di ingrandimento:

 

oculari da 12,5 mm. = 240 x

oculare da 17mm.= 177 x

oculare da 18mm.= 167 x

Nelle immagini: sopra i plossl cinesi da pochi euro (serie completa), sotto la serie dei Takahashi LE.

Essere realmente oggettivi nel testare oggetti tanto diversi è difficile perché, generalmente, si tende a “giustificare” in qualche modo l’extra spesa imposto dal concorrente più costoso. Quando però gli oggetti del test sono tutti di proprietà diventa più facile essere obiettivi.

Nel nostro caso il pianeta Giove non ha mostrato differenze significative tra la coppia di oculari da 12,5mm. Ho impiegato circa una quindicina di minuti a scegliere quale, tra i due, fosse forse più performante e, contro ogni aspettativa, ho scelto il plossl da 15 euro! 

Alcuni istanti hanno mostrato nel “cinese” una maggiore sottigliezza nei dettagli dei festoni e, in generale, una tonalità meno calda. In compenso il Takahashi appare meno affetto da luce diffusa e mostra il fondo cielo lievemente più scuro.

Qualcosa di analogo è avvenuto anche nel confronto tra il 17mm. cinese e il 18mm. giapponese. La differenza di potere (167x contro 177x) non aiuta il confronto ma, dopo molti minuti e svariati “togli-metti”, ritengo di sentirmi lievemente più attratto dal plossl da 17 mm.

Castore racconta una storia diversa e incorona altri vincitori (con un verdetto comunque discutibile come del resto quello emesso per Giove). L’immagine più “pulita” è apparsa quella fornita dagli oculari Takahashi anche se il bianco presentato dai plossl cinesi mi è sembrato più “crudo” e freddo, con tonalità vagamente azzurrine.

Marte tende, finalmente, a ristabilire una classifica consona al valore economico dei "pezzi" confrontati. Il plossl cinese da 12,5 mm. sembra essere più incisivo nel mostrare le calotte polari e una tempesta o zona nevulosa sul lembo planetario. Il Takahashi però è più pulito e netto nei contorni continentali e nella loro notevole indentellatura e si fa preferire nell'immagine generale in quanto più dettagliato e contrastato.

 

Archiviato il test in alta risoluzione ho preso in mano il plossl da 40 mm. cinese e lo ho confrontato con un X-Cell plossl Celestron.

Incredibilmente i 20/25 euro richiesti dal plossl di TS sembrano valere più degli 80 richiesti dal plossl di UnitronItalia perché l’immagine nel primo è più brillante e anche “profonda” consentendo la visione di stelle deboli e al limite della visione in modo più facile e immediato che nel cugino marchiato Celestron (il quale alcuni astri proprio non li mostra...).

 

In prima conclusione risulta estremamente interessante vedere quanto vicine siano le prestazioni di oculari tanto distanti nel valore d’acquisto, almeno quando vengono testati su strumenti poco “affilati” come sono gli Schmidt Cassegrain. Prossimamente, conoscendo il differente responso per anni di test e valutazioni, proporrò il medesimo “testa a testa” impiegando però, come strumento principale, un più raffinato rifrattore apocromatico. Vedremo insieme come cambieranno le prestazioni relative al variare dell’oculare impiegato.

 

Questa prima disanima ci insegna però che, almeno su strumenti similari a quello usato per il test, spendere cifre esorbitanti per oculari blasonati non serve o, quantomeno, non è sempre garante di prestazioni superiori.

CONTINUA....

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