CELESTRON ULTIMA 8" P.E.C.

agosto 2011

INTRODUZIONE

Il Celestron Schmidt Cassegrain da 8 pollici ha rappresentato, per l’astronomia amatoriale, ciò che è stata la Fiat 600 e poi 500 per la motorizzazione italiana e mondiale: una rivoluzione.

Non può essere questa l’occasione per rivangare la storia gloriosa di questo modello di cui (parimenti al cugino stretto Meade 2080) sono stati scritti fiumi d’inchiostro da astrofili e amanti di tutto il mondo. Per un breve sunto consiglio di leggere il lapidario ma attento “blue book” dedicato che può essere scaricato al seguente link: http://www.telescopebluebook.com/sct/celestron.htm e a cui rimando tutti i curiosi che stanno leggendo queste mie considerazioni.

Sicuramente io non posso appellarmi “celestron-fan” poiché, ed è una semplice questione di esperienze personali, mi ritengo più legato alla Meade. Nel 1979, alla eccitante età di 16 anni, ruppi il mio salvadanaio e mi regalai il primo telescopio di quella che, a tutt’oggi, è una rispettabile carriera di astrofilo: il Meade 2080 A.

Per questo, e solamente questo motivo, se mi venisse chiesto di scegliere tra Meade e Celestron, opterei per la prima casa produttrice.

Detto questo, il modello ULTIMA 8” P.E.C. ha rappresentato per me un “punto di arrivo” per alcuni anni. Era, di fatto, il telescopio amatoriale in possesso di un caro amico che, nel 1979, aveva la fortuna di usarlo e che mi spinse ad acquistare il suo “clone” più economico prodotto in Costa Mesa – USA.

Quando mi si è presentata l’occasione di acquistare uno di questi Celestron, in condizioni assolutamente pari al nuovo, non mi sono tirato indietro e questa mia è un doveroso tributo allo strumento principe tra gli S-C classici di buona fattura.

OSSERVAZIONI

Impressione del 4/8/2011 – da Milano – seeing 6/10

Il primo test ha visto una lunga preparazione dello strumento votata sia al suo massimo bilanciamento possibile (cosa non semplice visto il proverbiale sbilanciamento degli S-C commerciali verso la culatta, problema esaltato dal diagonale da 2 pollici baader e dagli oculari da 2 pollici usati inizialmente) sia al suo completo acclimatamento con la temperatura dell'aria. L'operazione ha richiesto un periodo di estrazione dell'aria e di termo-livellamento al fine da eliminare completamente sia le correnti interne che le piume di calore residue. Una preparazione lunga che ha permesso, seeing permettendo (che non era superiore ai 6/10 purtroppo) di lavorare con lo strumento al suo meglio.

L'operazione di collimazione non è stata brevissima né particolarmente semplice e mi ha lasciato, anche dopo aver raggiunto un allineamento ottiche più che dignitoso, con la certezza di poter fare decisamente meglio.
Lo star test ha evidenziato ottiche lavorate intorno a lambda /5 o /6 , quindi un valore decisamente alto per gli S-C commerciali. A fronte di questo ho notato però una certa rugosità evidenziata dall'anello esterno molto sfrangiato sia in extra che intra focale. Direi assolutamente trascurabile l'astigmatismo.
In soldoni una buona ottica, a mio avviso nella media superiore ai tanti SC provati fino ad ora.
Meno solida di quanto appaia si è invece rivelata la montatura a forcella ma temo che in parte questo dipenda da quello sbilanciamento rimasto (mi sarebbe servito un contrappeso scorrevole) che incide nella conservazione della vibrazione. Detto questo il resto della meccanica è di ottimo livello e stratosfericamente superiore ai vari Celestron 8 o Celestar 8 che hanno invaso il mercato anni fa.

La messa a fuoco è molto precisa, quasi totalmente esente da focus shift (ne ho notato un filo solamente oltre i 300x ma parlo di un valore ridicolo e quasi inavvertibile) ed estremamente morbida.
L'elettronica di inseguimento, momentaneamente alimentata dalla batteria interna da 9 volt, si è mostrata di una precisione notevole e i moti micrometrici elettrici estremamente fluidi e immediati benché davvero lenti a causa del loro scarso fattore moltiplicativo rispetto alla velocità siderale.
Molto comoda (benché non utilizzata in questa prova) la possibilità dell'inseguimento solare/lunare/solare/king.
Presente, ovviamente, la funzione P.E.C. con registrazione delle correzioni.
Devo dire che, otticamente, lo strumento mi ha sorpreso più nell'osservazione a basso ingrandimento.
Accoppiato al prisma da 2" originale Celestron - ma realizzato (come da targhetta) dalla Baader per Celestron - e con un oculare ERFLE da 50mm e circa 65° di campo apparente, L'ULTIMA 8" ha mostrato un campo corretto notevole e, benché a bordo campo le immagini stellari non fossero del tutto rotonde, la loro dimensione era sufficientemente ridotta da non costituire disagio all'osservazione.

 

I campi stellari nella Lira, nel Cigno, e nella parte settentrionale dell'Aquila si sono rivelati osservazione interessante ed estremamente piacevole.

Non vi è stata possibilità di rilevare né la magnitudine massima raggiungibile, né di fare test significativi su conosciuti oggetti stellari o nebulari dato che l'osservazione è stata effettuata dai cieli milanesi che, nonostante la notte trasparente, sono e restano "quel che sono".
Al crescere degli ingrandimenti ho notato, come in tutti gli strumenti compound, una certa difficoltà a mantenere il contrasto esibito a 40x. Ho effettuato qualche assaggio di doppia e devo dire che, mentre in componenti relativamente deboli (intorno e inferiori alla 4/5 mag.) l'immagine era molto bella, per stelle con luminosità maggiore si palesava la classica incapacità degli Schmidt Cassegrain di evitare l'effetto "palloncino sbriluccicante".
Su Izar, ad esempio, un qualunque mio rifrattore apo da 4 pollici SBRICIOLAVA letteralmente l'immagine offerta dall'ULTIMA 8". Altrettanto non poteva dirsi su stelle doppie con componenti più deboli dove il maggior guadagno luminoso del Celestron aveva la meglio oltre a permettere una immagine quasi altrettanto "pulita".
Un esempio basta a chiarire il concetto. L'apo da 4" separa Izar a 80x che devono diventare almeno 120x nel catadiottrico. E nel primo la percezione della secondaria (benché più debole) è più netta e pulita.
Molto bella invece l'immagine della doppia-doppia nella Lyra e di tutta quella serie di stelle doppie multicolori che si osservano a 40-50x a cavallo del Triangolo estivo (Albireo in primis).
Nota di colore può darla la visione facile e ben definita (con anche una certa asimmetria) dell'ovale bucato della Nebulosa della Lira e una altrettanto notevole capacità di risoluzione dell'ammasso globulare in Ercole (M13), che sono i due oggetti più famosi puntati senza ausilio del goto da sotto i lattiginosi cieli cittadini.
La cosa, insieme ad alcuni ammassi tra il cigno e la freccia, mi ha convinto della bontà di trattamento delle ottiche serie Ultima e mi ha favorevolmente impressionato quanto a usabilità di questo strumento sul cielo profondo. A questo proposito ritengo (ma è un confronto a "memoria") che lo strumento sia decisamente superiore al vecchio C8 arancione ma anche ai primi Meade serie Lx200 (quelli ovvero privi del sistema UHTC)
Ho poi atteso, bighellonando qua e là nel cielo e regalandomi un paio di birre e anche qualche pagina dell'ultimo libro che sto finendo, le 4:30 del mattino, quando Giove svetta alto e fulgido sopra agli alberi intorno al giardino di casa. Paradossalmente il seeing era peggiorato essendosi alzata una lieve brezza che muoveva le foglie degli alberi.

L'immagine del pianeta gassoso era comunque piacevole anche se il potere massimo accettato dal complesso ottica/seeing era quello offerto dall'oculare da 12,5mm. che offre circa 170/180x (non ho fatto bene i calcoli a dire il vero). Il bordo del pianeta era un po' sporco e non perfettamente inciso (colpa del seeing a mio avviso) ma comunque i dettagli sul disco erano interessanti con una certa frastagliatura delle due bande e alcuni rinforzi sia nell'emisfero sud che nord. L'occhio era un po' stanco e non ho continuato nell'osservazione che, ritengo, avrebbe richiesto una maggiore pazienza per estrarre dall'oculare maggiori dettagli che, al primo sguardo, restavano appena sotto la soglia di visione ma già in quella di percezione.
In sostanza cosa si può dire? La cosa migliore da fare è rimandare qualsiasi verdetto alle prossime osservazioni che dovranno richiedere almeno 3/4 notti o sere dedicate a questo bello strumento vintage (che esteticamente è BELLISSIMO, forse anche per via del suo perfetto stato di conservazione).
L'impressione generale è però che possa oggi, come già ieri, essere ancora considerato uno strumento "per la vita", capace di regalare grandi visioni e notevoli soddisfazioni se usato nel modo corretto e con la dovuta pazienza.

(...)

Il 22 agosto 2011, sono passate oramai le 23:00 quando rientro (accaldato) dal giardino dove il Celestron ha vagabondato su alcune doppie nell'ala del Cigno verso la Veil Nebula.

Dopo una lunga collimazione (collimare alla perfezione un SC è impresa che mi tedia ogni volta che devo farla... sarà per questo che amo i rifrattori?), lo strumento ha separato molto bene la LAMBDA Cigny che ha componenti di magnitudine 4,7-6,3-9.9 e separazioni di 0,9" e 85". Tralasciando la compagna debole più lontana, la coppia "principale" con l'oculare plossl economico da 6mm si mostrava nettamente separata con due stelline accettabilmente ben delineate con un paio di anelli di diffrazione entrambe. Abbastanza netto il disco di airy e discreta la focalizzazione. Nei momenti di maggiore stabilità l'immagine era piuttosto buona e ben godibile.

Nel complesso una discreta performance.

Parlando della Lambda Cigni vorrei riportare quanto osservato, la notte del 13 agosto 2011, all'oculare di un Pentax 105-SD (rifrattore apocromatico aperto a circa f.10) operante sotto i cieli cristallini delle Drole (Val d’Ayas – 1800 metri). Il divario notevole di apertura dovrebbe far rendere molto meglio il 20 cm. che però, accettata una maggiore risoluzione, offre una immagine molto meno "pulita" e non riesce, come sovente scriviamo noi osservatori di stelle doppie, a far valere in toto la sua notevole capacità risolutiva (doppia rispetto al ben più piccolo rifrattore), soprattutto in casi come questi, ovvero dove la differenza di luminosità tra le componenti è prossima alle 2 magnitudini (o supreriore).

osservazione del 13 agosto con rifrattore Pentax da 10 cm.:

LAMBDA Cyg. Situata a 20,47 +36,29 è un sistema multiplo formato da 3 componenti di magnitudine 4,7 - 6,3 - 9,9 separate rispettivamente da 0,9" e 85". Fatta salva la terza componente, la cui notevole distanza dalle altre due e la sua intrinseca debolezza visuale la rendono difficilmente individuabile senza uno schema di posizione, la coppia "principale" costituisce un test davvero severo e interessante per ottiche anche ben più grandi del 10 cm. attualmente usato. A 250x, comunque, la doppia si mostra come un bel "Barbapapà" con anche il primo anello di diffrazione che mostra la cuspide in prossimità dell'interpolazione tra le componenti. Si tratta di una osservazione piacevolissima e imperdibile, soprattutto se si dispone di un'ottica di prim'ordine da almeno 10 cm. Assolutamente da NON perdere, specialmente attraverso un rifrattore di qualità da circa 13 cm.

ADDENDUM del 15/9/2011 al fuoco del CELESTRON ULTIMA 8” P.E.C. su IOTA Cassiopeiae

 

osservata al fuoco del Celestron ULTIMA 8" PEC. oculari utilizzati un set di Takahashi LE nelle focali di 24-18-12,5-7,5-5 mm. per vedere a quale ingrandimento rendesse meglio il sistema.

Detto che la percezione che il GENESIS offre a 180x si ottiene con il "C8" con l'oculare da 7,5mm per un potere di circa 270x, e questo a ulteriore testimonianza di come i rifrattori siano enormemente superiori agli altri schemi ottici in questo campo d'applicazione.

Quindi a 270x con il Celestron avevo colori un poco diversi da quelli offerti l'altra sera dal Genesis.

La primaria è di un bianca (forse con una lieve tonalità giallina), la componente vicina resta di colore salmonato mentre la 3° componente (quella posta a circa 7" di distanza) appare in alcuni momento azzurrata o comunque di tonalità fredda mentre in altri sembra assumere dominanti rossicce. Miracoli del seeing!

Resta il fatto che lo spappolamento dell'immagine stellare offerta da un catadiottrico (per quanto di buona qualità) è notevole rispetto al classico rifrattore.

Fortunatamente la focalizzazione del disco di airy di questo Celestron è buona e il disco è quasi sempre visibile come ente distinto rispetto all'andirivieni degli anelli di diffrazione circostanti, più o meno deformati, che lo schema ottico genera.

Enorme la differenza di sensibilità al seeing atmosferico (e non termico interno dato che le termiche interne erano ridotte a nulla) tra i due strumenti.

L'ULTIMA 8" P.E.C. con montato in parallelo un rarissimo Vixen 70/600 tripletto semiapocromatico (marchiato TASCO per il mercato occidentale)

Una finezza Celestron dell'epoca: la borsa rigida porta ottica e accessori. Peccato non ve ne fosse una anche per la testa equatoriale e il treppiedi

CONCLUSIONI

E’ difficile cercare di essere imparziali parlando di uno strumento che ha fatto un po’ la storia dell’astronomia amatoriale.

Il Celestron ULTIMA 8” PEC rappresenta il non plus ultra degli Schmidt Cassegrain commerciali (quindi non considerando Opticon e Takahashi che sono un altro pianeta) dell’era pre-goto. E’ dotato di ottiche di ottimo livello, una finitura notevole e una bellezza, a mio modo di vedere, assoluta. E' uno strumento da avere per il solo fatto che è bellissimo da guardare.

Sconta però alcuni difetti che non me lo fanno usare con gioia e che, alla fine, mi hanno convinto a venderlo. Il tubo ottico risulta praticamente impossibile da bilanciare, il che rende molto disagevole il puntamento degli astri. La forcella, che è decisamente più robusta di quella che equipaggiava i vari Celestar e Celestron 8” (che ebbero maggiore fortuna commerciale per via del prezzo molto più basso), risulta inadatta a smorzare in modo adeguato le vibrazioni, tanto che si impone un focuser elettrico.

Resta uno strumento di grande “appeal” per qualche nostalgico o collezionista ma, nella sua configurazione originale (quella del test) non sembra uno strumento adeguato all’astrofilo che vuole seriamente operare in campo amatoriale. Sarebbe molto meglio, date le ottime prestazioni ottiche, installare il tubo su una montatura equatoriale che ne assicurerebbe il raggiungimento dei limiti ottici. Ovviamente, questo comporterebbe la perdita della sua splendida livrea.

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