TEC 160 FL 

Giugno 2016

STAR TEST DI UN GRAN RIFRATTORE

Sul sito DARK STAR è già comparso, tempo fa, il test di un rifrattore TEC 160 FL curato dall’amico Francesco Romano. Quello che segue è un “test breve” condotto da me personalmente su un altro esemplare dello stesso strumento e per cui mi sono più concentrato sulla valutazione delle ottiche che non delle prestazioni generali su vari soggetti.

Paolo Casarini

Il TEC 160 FL rappresenta, de facto, lo strumento centrale della produzione TEC nel campo dei rifrattori, non solo per diametro ma anche e soprattutto per “logica”. Il 110 è più un piccolo astrografo e il modello da 140 millimetri non è dotato di ottiche alla fluorite e, per quanto ottimo strumento, risulta a molti appassionati un po' piccolo per essere considerato uno strumento definitivo. Il 180 è, a mio modo di vedere, un telescopio poco utile (in quanto il salto prestazionale da 16 a 18 cm. è molto risicato) ed eccessivamente più costoso rispetto al 5,5 pollici mentre il 200, vera “flaghip” della casa, richiede necessariamente o quasi una postazione fissa e un investimento cospicuo benché sia molto concorrenziale rispetto al solo competitor di pari classe che è il FCT-200 o il FET 200 di casa Takahashi (che costa oltre 30 mila euro in più) e al pari dei modelli di Lzos.

Benché TEC abbia nei mesi scorsi annunciato un nuovo 250 questi è solo per pochissimi sia per prezzo che per limitatissimi numeri di produzione.

Quando si dice, e con più di una ragione, che un rifrattore apocromatico di altissimo livello da 6 pollici rappresenta quanto di meglio per l’astrofilo impegnato desideroso di uno strumento a lenti ci si scontra con una offerta di mercato tutto sommato limitata. Takahashi (TOA-150), Astro Physics (160mm.), Lzos (152/1200 nelle sue varianti di intubazione), e pochi altri che quasi non esistono sul mercato (evito di citare i novelli 150mm pseudo cinesi che, pur buoni, non rientrano in questo gotha qualitativo) rappresentano le uniche reali alternative disponibili sul mercato occidentale.

C’è dell’altro, sia chiaro, ma ai nostri lidi non arriva se non tramite qualche coraggioso che li acquista in Giappone, e quindi l’appassionato dotato di gusto estetico, pretese in campo prestazionale e di blasone può rivolgersi principalmente a questi prodotti. 

Con la sola eccezione dell’americano Astro Physics da 16 cm. ho avuto il piacere di provare, anche lungamente, tutti questi prodotti e poter eseguire un lungo star test e stare in compagnia per qualche ora del TEC 160 alla fluorite mi ha fatto enormemente piacere.

L’amico che mi ha concesso il privilegio, persona squisita oltre che rinomato ristoratore Ischitano, aveva appena ricevuto indietro lo strumento, spedito a curarsi per lievi inestetismi e una messa a punto perfetta dalle mani del bravo Yuri Petrunin (presidente e progettista della Telescope Engineering Company), e il telescopio appariva immacolato.

All’interno di un bell’osservatorio a tetto scorrevole, e installato su una solidissima GM2000 HPS nera, il rifrattore Russo-Americano portava in parallelo un prestigioso Solarmax 90 ed era dotato di una pletora di diagonali, raccordi e oculari di primissimo piano compreso un set di ortoscopici Zeiss Abbe che sono stati usati, insieme ad altri, per il test.

Va innanzi tutto detto, e non mi stancherò mai di ripeterlo, come un grande strumento richieda una ottima montatura, possibilmente sovradimensionata, per offrire quanto di meglio è nelle sue possibilità.

Differentemente dal mio FCT-150, il TEC 160FL è un peso piuma accusando alla bilancia poco più di una dozzina di chilogrammi (10 in meno rispetto al tripletto giapponese) e quasi altrettanti (8 circa) rispetto al più recente TOA-150.

Esteticamente il rifrattore TEC è molto bello e anche ben realizzato. La verniciatura perlacea lievemente goffrata appare piuttosto resistente e priva di inestetismi, il focheggiatore Feather Touch uno standard irrinunciabile o quasi, e un paraluce ben dimensionato oltre ad una serie di diaframmi interni e un annerimento ottimamente pensati ne fanno un "gran strumento".

Nonostante questo, e non me ne vogliano i “fan” della TEC, continuo a preferire l’estetica dei loro competitor giapponesi che mostrano una serie notevole di parti avvitate e che compongono tubo, raccordi, celle.

Si tratta di personalissimi gusti che nulla hanno a che vedere con la resa sul cielo dei telescopi ma che portano alcuni ad un sentimento filo-orientaleggiante ed altri a preferire l’estetica degli AP classici cui il TEC si rifà molto per colori e dimensionamento.

Poiché ho grande esperienza con i vari FS, FCT, TSA e TOA Giapponesi mi trovo più facilmente portato ad esaminare il TEC 160 con il loro metro di paragone in mente e questo è un poco il leitmotiv dell’articolo.

Indipendentemente da tutto vedere un 160FL su una bella GM2000 HPS e colonna è un bello spettacolo e da solo basta la visita e le ore spese in compagnia dell’amico Giorgio (proprietario felice dello strumento) allietano ulteriormente l'esperienza.

I test che ho condotto sono stati effettuati sia con diagonali di alta qualità che senza e devo dire che, pur non riscontrando differenze realmente sensibili, ho preferito la visione diretta benché più scomoda e anche in barba alla sola immagine ritratta durante l’osservazione.

Lo star test è stato condotto usando un Abbe Zeiss da 10 millimetri (che accoppiato alla focale del TEC offre circa 112x) e poi il 6 e il 4mm di pari marca (con potere finale di circa 280x).

Lo strumento ha impiegato molto tempo ad acclimatarsi tanto che le primissime immagini, benché la differenza di temperatura interno/esterno non fosse molta, apparivano poco esaltanti (o meglio meno esaltanti di quanto mi sarei atteso). Nell’arco di un’ora però si è raggiunto l’equilibrio termico (credo ci fossero 4 gradi di differenza nell’aria) e ho potuto analizzare bene le immagini di intra, extra focale e a fuoco pieno.

Accettato che il TEC appariva perfettamente collimato ed esente da aberrazioni geometriche rilevabili all’occhio ho potuto apprezzare una sostanziale parità tra le immagini di intra ed extra focale sia per quanto riguarda la distribuzione luminosa sugli anelli di Fresnel che per la loro percezione e spaziatura.

Ho dovuto attendere che il seeing migliorasse per poter cogliere la natura intima dello strumento e finalmente ho apprezzato quanto buona fosse la lavorazione ottica e anche come fosse stata pensata per offrire il meglio di sé nella posizione di fuoco. Perché diciamocelo... analizzare intra ed extra focale risulta indispensabile per capire eventuali difetti ottici ma le osservazioni si compiono a fuoco.

Nell’esaminare lo strumento ho notato, e il proprietario si è accodato ammettendo di non aver mai osservato la cosa tanto attentamente, che emerge una leggera differenza di dominante generale nelle due immagini e che è dovuta al lieve fuori fuoco che assumono le lunghezze d’onda blu e rossa in intra ed extra focale.

Con la stella Vega quasi allo zenit è facile accorgersi che rosso e blu appaiono non corretti in entrambe le posizioni ma invertiti tra lato interno ed esterno degli anelli di Fresnel. Questo è indicativo della ottima lavorazione e lucidatura dell’ottica perché è un dettaglio solitamente difficile da cogliere in modo netto.

Affinché quanto dico non risulti astruso porto ad esempio quanto avviene su un anello mediamente esterno. In intra focale la sua parte esterna è blu, quella interna magenta. In extra focale la situazione si inverte con forse appena appena minore saturazione del colore (rilievo comunque opinabile).

Quanto sopra detto non avviene, ad esempio, in un TOA-150 che dal punto di vista cromatico risulta più corretto. 

Nessuna levata di scudi, per favore, parliamo di differenze limitate e che si colgono soprattutto in una osservazione votata alla loro ricerca, ma lo star test del TOA-150 è (o sembra) migliore.

Sinceramente, con tutto lo sviscerato amore che porto per la produzione giapponese, penso che a fuoco le differenze non siano percepibili, almeno ad occhio, ma se dobbiamo essere sofisti dobbiamo scriverlo.

Inutile dire che i campi stellari appaiono fantastici, che le stelle sono puntiformi, che non esiste incertezza sulla corretta posizione di fuoco. Va però detto che una prova effettuata con un TeleVue Panoptic da 24 millimetri ha confermato un campo corretto solo per circa 2/3 ma qui penso che il problema risieda esclusivamente nell’oculare la cui resa ottica, anche su tanti altri strumenti, non mi ha mai impressionato.

Infine, ammetto, è stato bello far navigare il rifrattore con la velocissima GM2000 da una zona all’altra del cielo alla ricerca di qualche doppia con componenti dai colori saturi: Albireo, Izar, ad esempio, oppure la sempiterna Epsilon Bootis o la vicina Sheliak.

Con l’amico Giorgio, trepidante per l’esito delle mie osservazioni, e anche "a distanza" con il caro Francesco Romano (anche lui possessore di un TEC 160FL) compagno di chiacchierate tramite whatsapp, abbiamo lungamente disquisito sulla bontà dello strumento e sui logici paragoni che la mente genera. E, dopo qualche ora, sono giunto alle mie personalissime conclusioni che mie sono e che non devono per forza essere condivise da alcuno. 

Il TEC 160FL è un bellissimo strumento e le sue ottiche non fanno rimpiangere alcuno dei suoi competitor. Però.. c’è un però. Il suo prezzo è molto, molto alto, almeno in Italia, e non giustificato. Un tripletto spaziato in olio ha una cella molto più semplice di un tripletto spaziato in aria, il suo tubo è ben fatto ma non ha nulla di più (anzi ha semmai qualcosa di meno) di un simile apertura giapponese. Il suo focheggiatore è bellissimo ma NON è esente né da flessioni né tantomeno da scivolamenti con accessori pesanti. Non capisco quindi perché debba costare molto di più di un TOA-150 (che personalmente preferisco). 

17.000,00 euro sono molto più dei 12.000 richiesti per il TOA 150, che è anche più accessoriato. Non basta 1 cm. di apertura a fare la differenza, almeno non sotto il cielo. Forse risulta più maneggevole per via del peso decisamente inferiore (il solo vero plus che mi sento di riconoscere al prodotto Russo-Americano) ma per il resto non trovo nulla che me lo possa far preferire. Senza contare che con la differenza di prezzo si paga quasi la montatura atta a sostenerlo se ci si accontenta di un prodotto non top class e basta aggiungerne altri cinque mila per acquistare una equatoriale di pregio e portata sovradimensionata per entrambi.

Dall’altra parte non si può negare che alcuni acquisti avvengano d’impulso e sulla scia della passione e forse, quando sul piatto corrono dai 25 ai 30 mila euro per un rifrattore, una montatura, e una serie di filtri, oculari, stativi e tutto quanto serve per avere il massimo o quasi la differenza di 5 mila euro può risultare agli interessati non determinante.

RINGRAZIAMENTI

Grazie Giorgio per la tua ospitalità deliziosa, per la tua generosità, e per la tua amicizia.

E siccome a qualche lettore capiterà di passare per la bella isola di Ischia consiglio vivamente di fermarsi a cena o pranzo al ristorante Zi’ Nannina a mare dove si coglie il mare, il sole, e soprattutto una cucina strepitosa e di gran classe. http://www.zinannina.com

Ci potete contattare a:

diglit@tiscali.it

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