MEADE ELECTRONIC EYEPIECE

Anno 2018

INTRODUZIONE

Vedere la Luna con gli amici, organizzare osservazioni “live view”, sono le prerogative della pubblicità che accompagnava la commercializzazione del Meade Electronic Eyepiece.

L’idea era buona: quella di poter collegare il telescopio ad uno schermo e vedere in comodità quanto puntato. In realtà, la tecnologia che strutturava l’oculare elettronico della Meade, e con lui anche altri similari, scontava una risoluzione bassa, degna forse dei primissimi CCD, e poco adeguata al fine preposto.

Ho trovato un esemplare di questi oculari sul mercatino dell’usato a poco prezzo e ho voluto acquistarlo per divertirmi un poco.

Sopra e sotto: fotografie della scatola KIT originale. Foto non dell’autore

PRIMO CONTATTO

Ho ovviamente dovuto mettere le mani all’oggetto benché sia arrivato (acquistato usato da una persona molto gentile) in condizioni ottime. Nonostante l’impeccabile stato di conservazione infatti, il “vetrino” (che poi è plastica) a protezione del sensore appariva opacizzato e non più pulibile. La sua rimozione è opera certosina poiché richiede di smontare interamente la camera CMOS lavorando su viti di dimensioni minime posizionate talvolta in punti ben poco comodi.

Una volta aperto l’oculare per rimuovere lo schermo di plastica, incollato al supporto, serve un piccolo scalpellino e dose di delicatezza.

Dopo aver rimontato l’oculare elettronico ho collegato il cavo di trasmissione segnale alla televisione del mio piccolo laboratorio e puntato “alla buona” le foglie del giardino con il Carton 60/360.

L’impressione iniziale è stata deludente per via del basso contrasto e della insufficiente risoluzione del sensore per il formato da 17 pollici del mio video. In compenso ho avuto la certezza che il M.E.E (acronimo di Meade Electronic Eiepiece) funzionasse.

Le immagini a seguire mostrano i pochi punti di sporcizia sul sensore (macchiette nere su fondo bianco nello schermo) e la resa a monitor in diurna con un Carton 60/360 su fogliame del giardino. Foto eseguite ai monitor con smartphone, il che ha contribuito a peggiorare la qualità già limitata degli originali…

FUNZIONAMENTO E UTILITA'

Il M.E.E. ha per cuore un sensore CMOS monocromatico “old style” con risoluzione da 320x240 pixel (di cui ignoro le dimensioni purtroppo), qualcosa che una quindicina di anni fa non era poi nemmeno tanto male. Oggi non si può pensare che possa essere impiegato in modo esaltante ma la sua natura lo propone come strumento puramente didattico a basso costo per tutti coloro che desiderano mostrare ad un “pubblico” immagini lunari o planetarie (pur con i limiti della risoluzione del sensore) senza dover tribolare in modo eccessivo.

E’ sufficiente un qualsiasi televisore ed è possibile visualizzare in tempo reale ciò che il nostro telescopio “punta”, sempre ché sia sufficientemente luminoso. Nel caso serva è anche possibile regolare una sorta di “gain” agendo manualmente su una ghiera zigrinata sul bordo del M.E.E., con gli ovvi aumenti esponenziali del “rumore” visualizzato a schermo.

Non è il solo “oculare elettronico” che il mercato ha proposto ma è sicuramente il più semplice da usare anche perché la maggior parte dei suoi moderni figli sono più che altro camere di ripresa che richiedono la gestione da parte di un PC complicandone quindi l'impiego.

Il bello dei dispositivi con uscita AV è quello di poter applicare al treppiedi del telescopio un piccolo video da 7/10 pollici (del costo di pochissime decine di euro) e mostrare ad amici o ai figli la superficie lunare e i suoi intricato crateri.

Questa “immediatezza” è a mio modo di vedere simpatica e si fa in parte perdonare la risoluzione degna del secolo scorso.

All’atto pratico però ci si scontra con alcune limitazioni intrinseche in un progetto che avrebbe potuto essere gestito meglio.

A parte la scarsa risoluzione le note dolenti emergono proprio nell’utilizzo lunare (in teoria massimo campo applicativo dell'oculare) quando si accoppia il dispositivo a telescopi che abbiano lunghezza focale superiore ai 300mm.

Il fatto di inquadrare aree a forte gradiente luminoso (ad esempio i crateri al terminatore e anche parte del suolo lunare illuminato) porta il sensore a esaltare i contrasti. Quando si regola il “gain” per avere una illuminazione corretta del terminatore invariabilmente si “brucia” tutto quanto gli sta alle spalle o viceversa.

L’immagine che posto (che è una foto scattata con un telefonino Samsung J5 direttamente al piccolo monitor di visualizzazione dell’immagine lunare) è ovviamente meno piacevole di quanto non si veda direttamente a monitor ma rende bene il fenomeno descritto. Da segnalare anche che l'impiego di filtri, sia colorati che UV e IR block, non migliora sostanzialmente la visione.

Decisamente meglio appare il nostro satellite quando la focale di ripresa rimane modesta. Ho eseguito una prova di visualizzazione accoppiando il M.E.E. ad un rifrattore Carton 60/360 (in altre pagine del sito recensito) ottenendo un piacevole effetto a monitor. Un po’ come guardare la Luna con un binocolo con la comodità (ma anche la asetticità) dell’immagine su video.

Dove i contrasti sono limitati a “stella-fondo cielo” l’oculare si comporta in modo soddisfacente. Ho provato a visualizzare alcuni astri luminosi e una doppia famosa, la Beta Cygni Albireo, che si è palesata molto bene pur senza colori a causa del sensore monocromatico.

Immagine sopra: la doppia ALBIREO. Fotografia allo schermo (da qui il gradiente verticale) eseguita con telefono Samsung J-5. Decisamente migliore l'immagine diretta a video.

CONCLUSIONI

L’oculare M.E.E. costava, all’epoca di commercializzazione, oltre 100 euro una cifra alta a mio modo di vedere per la resa che offre. Benché il suo utilizzo  fosse votato prettamente alle serate divulgative va detto che con una DSLR di dieci anni fa collegata in “live view” (dal costo molto superiore però) la qualità finale di visione appare abissalmente superiore con una dinamica e una definizione decine di volte maggiori.

E’ oggi un giocattolo che si può oggi comprare per una ventina di euro e per tale cifra ci si può anche togliere lo sfizio di averlo, oppure se ne possono spendere un centinaio e acquistare una camera con maggiore risoluzione e uscita AV di quelle dedicate all’indagine microscopica e a cui aggiungere un adattatore “C”.

Immagine sopra (non dell'autore): camera da 2 MP con pixel da circa 2,85 nm di vocazione "microscopica" che dovrebbe consentire, rispetto al M.E.E. un salto di qualità notevole nella visualizzazione di immagini a monitor.

Ci potete contattare a:

diglit@tiscali.it

oppure usare il modulo online.

n° di accessi al sito dal 10/4/2013

 

 

 

 

 

 

 

 

Stampa | Mappa del sito
© ARCHITETTO PAOLO CASARINI