OMEGON FLIP MIRROR

Ottobre 2017

INTRODUZIONE

Il “flip mirror” è un accessorio di banale concezione che però rende, se usato correttamente e ben realizzato, molto agevoli alcune operazioni come la ripresa di oggetti di minuta dimensione angolare che richiedano alti ingrandimenti.

Estremamente di moda negli anni ’80 è poi stato un poco dimenticato dalla maggior parte degli astrofili sebbene Vixen lo abbia sovente proposto i propri telescopi con questo accessorio di serie e una casa come Meade lo abbia massivamente impiegato sui suoi piccoli ETX, cloni economici dei famigerati Questar e Quantum.

Il concetto risiede nel poter utilizzare una camera di ripresa certi che questa inquadri, con accettabile approssimazione, l’oggetto ricercato che viene focalizzato anche in un oculare posto a 90 gradi rispetto all’asse ottico (come in un comune diagonale).

Uno specchietto interno al sistema, con possibilità di essere ribaltato per lasciare libero il cono ottico, permette all’occorrenza di deviare la luce e focalizzarla attraverso un oculare.

Se il sistema è ben realizzato la cosa funziona con un buon grado di precisione e permette di dire addio alle operazioni di scambio tra oculare e camera planetaria con perdita della corretta posizione di fuoco. Inoltre agevola molto la ripresa di oggetti piccoli e non molto luminosi (stelle doppie, pianeti esterni come Urano o Nettuno), ma anche nebulose planetarie poco appariscenti.

CARATTERISTICHE E IMPRESSIONI DI UTILIZZO

Il mercato attuale propone tre tipi di flip mirror, dagli economici “multimarchio”, ad alcuni di marca apparentemente più rifiniti, fino ai grossi e pesanti semi professionali dal costo di molte centinaia di euro (che sinceramente non so a chi possano essere venduti).

Almeno a livello strettamente amatoriale ritengo che la fascia economica, con prezzi variabili tra i 65 euro e i 130, sia quella più consigliabile a meno che non si abbiano esigenze particolari.

Nel mio caso ho voluto acquistare uno dei prodotti meno cari, offerto a meno di 70 euro e siglato Omegon (identico ad altri rimarchiati e venduti a cifre ben superiori).

Una prima indagine visuale mostra un oggetto relativamente economico negli accoppiamenti e anche provvisto di qualche graffietto sulla scocca di plastica dura e colore nero semi opaco, con tre tappi di serie, una scatoletta con istruzioni, e una certa leggerezza.

L’oggetto è meglio fatto di quanto la prima impressione offra e il meccanismo di ribaltamento dello specchietto funzionale, privo di effetti “molla” di ritorno, e comodo da azionare.

Sulle due “uscite” (oculare e camera di ripresa) esistono ghiere di registrazione dell’estrazione del fuoco che pur non morbidissime da adoperare sono molto comode e dotate di un sistema semplice ma efficace di bloccaggio.

Il sistema della Omegon accetta solamente il diametro da 31,8 millimetri (non vedo a cosa possa servire avere un flip mirror con diametro di 50,8 mm.) ed è “parafocale”, nel senso che è possibile ottenere un fuoco perfetto sia guardando attraverso l’oculare che osservando l’immagine a monitor di una camera CCD applicata a l’altra uscita del sistema.

L’utilizzo è molto comodo e risulta indispensabile se non si dispone di una montatura con un sistema di goto capace di centrare una stella sul piccolo sensore di una CMOS planetaria a oltre due metri di focale (a volte si lavora a 5/6…) ma vanno tenuti in considerazione due aspetti importanti che devono essere gestiti. Il primo, fastidio più che altro psicologico, risiede nella limitazione del campo inquadrato dall’oculare di “centraggio” il cui field stop viene tagliato orizzontalmente (oscurando circa 1/3 del campo disponibile) dalla piccola dimensione dello specchietto ribaltabile. 

Il secondo è dovuto al fatto che se si centra nel sensore una stella questa appare molto spostata dal centro ottico dell’oculare se osservata attraverso quest’ultimo. E’ sufficiente annotarsi una volta su tutte la posizione di riferimento corretta ma l’handicap impedisce di usare con profitto oculari con reticolo di puntamento, un peccato.

La prova sul cielo è stata eseguita con un Takahashi FC100-N (rifrattore apocromatico 100/1000) con cui ho potuto saggiare pro e contro del prodotto Omegon.

Tra i primi sicuramente la leggerezza e ottima gestibilità del meccanismo di ribaltamento dello specchietto, la possibilità di regolare il fuoco (da farsi una sola volta) sia sull’attacco del CCD che su quello dell’oculare, e una ottima resa ottica dello specchietto che non sembra introdurre aberrazioni invasive.

Tra i secondi la riduzione importante del campo inquadrato dall’oculare e la mancanza di sistemi autocentranti alle due uscite (CCD e oculare). Nessuno di questi prodotti lo prevede (nemmeno a costi superiori) ed è un peccato perché permetterebbe di mantenere in modo sicuro la corretta assialità ottica tra il sistema telescopio e le appendici di centraggio visuale e ripresa digitale.

CONCLUSIONI

Il flip mirror Omegon, acquistato a circa 70 euro, è un buon prodotto. Se si accetta la discrepanza di posizione tra visione diretta e angolata, che comunque resta sempre “quella che è”, non si può che consigliarne l’acquisto a chiunque abbia bisogno di un sistema che permetta di vedere ciò che poi si fotografa. Peccato la vignettatura imposta dallo specchietto interno nel campo visivo destinato alla visione attraverso l’oculare che però è imposta in gran parte da limiti fisici propri.

Per il resto l’oggetto funziona bene, è preciso, non dimostra cedimenti, e soprattutto ha un meccanismo di ribalta che non denota slittamenti e incertezze, almeno per quanto provato.

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© ARCHITETTO PAOLO CASARINI