TS65-P TAKAHASHI ON TASCO EQ MOUNT

Ricreare e usare un set-up tradizionale ha il suo fascino - Dicembre 2015

INTRODUZIONE E MOTIVAZIONI

L’eterna condanna degli uomini, di cui nonostante l’aureola da cherubino faccio parte, è quella di cercare e trovare in ogni angolo della propria intima volontà migliorativa occasioni di impegno e lavoro.

Sembra che, e forse non vale proprio per tutti, io non sappia trovare pace e rimbalzi da un impegno all’altro alla continua ricerca di una occupazione per l’animo, una sfida per la contrazione del mio tempo, e un puerile desiderio di novità.

E’ esattamente a causa di queste tensioni che sono scivolato, ruzzolando rovinosamente, nel restauro e tentativo di miglioramento di un set-up improvvisato o quasi in una mattina di inizio dicembre 2015.

Era tempo che il mio amato TS65-P (un raro - per i nostri mercati - tripletto prodotto da Takahashi all’inizio degli anni ’70) vagava un po’ negletto alla ricerca di una montatura che fosse suo logico completamento senza però che questa venisse comodamente trovata sul mercato del nuovo, magari sotto le sembianze di una bella Ioptron asimmetrica dal costo non popolare.

Poiché all’inizio di settembre era giunto a casa un bel rifrattore classico da 76,2 mm. di apertura e 1250 mm. di focale dotato di montatura equatoriale non motorizzata originale ho pensato che fosse il momento di dare “gambe” al piccolo 2,5 pollici giapponese.

La montatura Tasco risulta infatti inadeguata per il lungo rifrattore a f16 che trova in una Ioptron IEQ45 GNT migliore sostegno ma si offre come compendio ideale per il piccolo e leggero TS65-P.

COSA E’ STATO FATTO

In configurazione originale la montatura equatoriale è dotata di un cavalletto ligneo inappropriato e sicuramente non all’altezza della robustezza che denuncia invece la testa equatoriale. Realizzato con quadri da 2,7 cm. di diametro centrali scorrevoli tra longheroni sempre in legno da 2,7 x 1,3 cm. la montatura denuncia giochi notevoli, soprattutto nei movimenti degli elementi allungabili delle gambe che vanno eliminati. La ferramenta, al momento di inizio restauro, era inoltre arrugginita e deformata e mancante di puntali di innesto nel terreno.

Questa situazione è generalmente la medesima che si riscontra su tutti i cavalletti degli anni ’60 e ’70 e che ha contribuito a segnare come “inusabili” le montature d’epoca.

Un peccato perché la testa equatoriale in mio possesso manifesta una robustezza impeccabile e una manifattura di buon livello con accoppiamenti precisi e un dimensionamento corretto degli ingranaggi di ascensione retta e declinazione.

Per scrupolo ho smontato integralmente la testa equatoriale, ho immerso nel diluente le sue parti meccaniche (viti senza fine, corone, randella a molla, etc.) le ho ripulite e poi le ho reingrassate con prodotti al litio. Ho sostituito le viti e bulloni arrugginiti e ricontrollato gli accoppiamenti.

In meno di due ore la montatura appariva perfettamente assemblata con le sole parti della culla porta strumento da riverniciare.

Questa risultava eccessivamente grande per il tubo ottico del TS65-P così ho inserito una fettuccina di gomma dura tagliata in misura che funge da anello di frizione e compensa le differenze di diametro.

Il lavoro noioso al cavalletto doveva però ancora cominciare.

Va innanzitutto detto che se qualcosa detesto fare questi è il riverniciare. Sono insofferente ai tempi di attesa, al continuo sporcarsi e ripulirsi, al carteggiare, pitturare, e poi carteggiare ancora. E ho poca pazienza, almeno in questo senso.

Intraprendere un lavoro di colorazione è quindi per me particolarmente provante e non vi riconosco alcuna soddisfazione, forse anche perché, e lo ammetto candidamente, non ho qualità speciali da pittore.

Alla ricerca di una livrea che mi fosse gradevole ho pensato di differenziare i montanti delle gambe dalla prolunga estensibile portando le prime a un bianco ral 9001 (simile quindi a quello del tubo del TS65-P) e le seconde a un noce ammordenzato in ricordo vago dei vecchi cavalletti storici.

Il risultato, non disprezzabile ad essere onesti, ha richiesto per completezza la riverniciatura anche di tutta la ferramenta in colore nero e la sostituzione di tutte le viti autofilettanti e i perni di snodo.

Il lavoro mancava della indispensabile compensazione degli spessori iniziali, gravemente imprecisi. Dopo aver riflettuto a lungo su sitemi inutilmente complicati mi sono imbattuto in una serie di chiodi a testa semisferica ribassata del diametro di 1 cm. e con spessore prossimo ai 4 millimetri. Si tratta di elementi banali e di semplice applicazione che si sono rivelati utilissimi alla soluzione del problema.

Quando l’opera di maquillage e rimontaggio è terminata lo strumento si presentava in questo modo:

Forse un poco pretenzioso: Takahashi 65 sulla TASCO EQ mount finita

Una volta che lo strumento è stato montato ha palesato immediatamente una solidità solitamente sconosciuta ai set-up degli anni ’60 e ’70, generalmente ballerini e poso stabili.

Sicuramente il corto rifrattore Takahashi aiuta molto ma è altrettanto vero che l’opera effettuata sul cavalletto ha giovato notevolmente allo strumento completo. Nemmeno i classici colpetti al focheggiatore sembrano introdurre vibrazioni apprezzabili e il classico “svergolamento” delle gambe lignee, almeno in configurazione poco allungata, è completamente scomparso.

La pulizia, reingrassaggio e corretto accoppiamento degli elementi della montatura (su cui è piuttosto facile intervenire considerando la meccanica semplice e ben realizzata) si traduce in un funzionamento molto fluido tanto che inseguire gli astri anche ad ingrandimento mediamente sostenuto usando le manopole flessibili appare semplice e intuitivo oltre che privo di “scatti”.

La sensazione che si ha durante l’osservazione è quella di operare con una montatura più robusta ed è bello “tirare” l’ottica ai massimi ingrandimenti concessi mantenendo una solidità sorprendente.

Dal canto suo il piccolo Takahashi TS65-P ha subito una generale sistemazione degli elementi ottici che sono stati smontati e puliti con attenzione.

Per chi non fosse avvezzo a questi vecchi tripletti Takahashi è utile ricordare che il passare degli anni ha in molti esemplari portato una opacizzazione più o meno pronunciata delle ottiche. L’esemplare in mio possesso non era esente da tale problematica anche se il suo manifestarsi è stato timido e non troppo deleterio. E’ indubbio però che un simile piccolo gioiellino fa la gioia degli occhi anche e soprattutto quando il suo obiettivo appare ben conservato e così mi sono avventurato nella sua pulizia.

Tecnicamente, e in difformità con gli obiettivi alla fluorite cristallina, non dovrebbero esistere elementi deboli essendo i vetri tutti con indici di durezza comparabili (ma qui non ho certezze) ma lo scoprire che la lente centrale era perfettamente pulita mi ha un poco rasserenato. Anche l’elemento posteriore, se si esclude un po’ di polvere e micro scaglie di alluminio provenienti dai filetti del tubo ottico, sembrava intonso mentre il crown frontale mostrava una certa opacizzazione e il trattamento antiriflesso interno ed esterno rovinato.

All’epoca, i trattamenti delle lenti erano molto meno evoluti di quanto non sia disponibile oggi e in generale si trattava di coatings a singolo strato. L’opacizzazione del vetro ottico portava ad un ingiallimento delle immagini (e qui mi spiego l differenza di resa con il Vixen 70/600 tripletto - si veda la comparazione sul test del TS-65) e ad una leggera perdita di trasmissione luminosa. I forum americani hanno trattato in alcune discussioni il problema con esperienze negative da parte di utenti che si sono sentiti anche negare l’intervento di sistemazione dai rivenditori Takahashi del luogo e perfino della casa madre.

Avendo già lavorato con buona soddisfazione su obiettivi di pari epoca ho deciso di fare a modo mio e ho provveduto ad una pulitura completa della lente posteriore e di quella centrale, ma soprattutto alla lucidatura finissima di quella anteriore.

Il problema della lucidatura di un elemento ottico consiste nel rischio di modificarne la curvatura, anche impercettibilmente, con la conseguente perdita della precisione originale e l’insorgere di aberrazioni geometriche.

Se si vuole sperare di non incorrere in questi problemi l’opera va eseguita in modo lento, lungo, noioso e con una diluizione enorme dell’ossido di cerio.

Ho impiegato più di tre ore ad ottenere l’effetto desiderato ma con mia grande gioia l’opacizzazione superficiale si è ridotta a valori tali da risultare ininfluente e lo star test ha confermato la corretta focalizzazione del sistema con la totale assenza di qualsivoglia difetto geometrico globale o zonale.

Ammetto di aver sorriso lungamente dopo il primo star test effettuato a pulizia conclusa perché la incosciente spavalderia che aveva accompagnato gli interventi su doppietti d’epoca meno pregiati aveva lasciato il posto ad una comprensibile paura nel toccare ciò che i tecnici Takahashi avevano fatto 40 e più anni fa.

Vedere l’obiettivo giapponese finalmente trasparente è stata una grande emozione e riconoscersi autori del piccolo miracolo foriero di soddisfazione.

SUL CAMPO

Il primo test ha riguardato la usabilità dell’insieme telescopio/montatura nell’osservazione in alta risoluzione del suolo lunare.

Nel tardo pomeriggio del 16 dicembre 2015, con una Luna di quattro giorni e mezzo, mi sono soffermato a indagare il frastagliato terminatore e alcuni dei crateri principali nelle sue vicinanze, tra cui Teophylus e le frastagliate plaghe del Sinus Asperitatis.

La focale corta del TS-65 non permette di salire molto con gli ingrandimenti ma l’immagine resta sempre incantevole. Anche con il plossl da 4mm. e l’aggiunta di una barlow 2x Celestron Ultima, per un potere finale di circa 250 ingrandimenti, la focalizzazione resta impeccabile e i dettagli lunari non si rompono rimanendo molto nitidi. Ovviamente l’immagine tende ad essere poco luminosa considerando i soli 65mm. dell’obiettivo ma l’osservazione risulta realmente proficua e utilissima a testare i movimenti fini della montatura e la sua stabilità.

L’impressione ricevuta, dopo una quindicina di minuti di osservazione e altrettanti dedicati a qualche immagine in focale su telefonino “montato” sull’oculare, è quella di una più che valida fruibilità sia per quanto riguarda solidità e smorzamento delle vibrazioni che per quanto concerne l’inseguimento micrometrico.

Abituati ai moti elettrici ci si stupisce della continua necessità di correggere e inseguire in ascensione retta ma i movimenti sono estremamente fluidi e non introducono vibrazioni sensibili tanto da rendere tutto sommato molto rilassante la visione.

Anche la movimentazione in declinazione, benché leggermente meno fluida, si lascia apprezzare e il “backlash” tipico dell’inversione di movimento in un sistema a braccio tangente accettabile anche se al mio personale gusto un po’ fastidioso.

Ho spaziato dai 12,5x permessi dal 40 millimetri simmetrico Plossl (con un campo di 3,5 gradi) ai 250x dell’accoppiata 4mm e barlow 2x, riscontrando sempre la rassicurante sensazione di non aver bisogno di una montatura diversa da quella impiegata, e questo è un gran buon segno…

Qualche semplice immagine del nostro satellite ottenute con metodo afocale in proiezione di oculare su un telefonino Samsung S4 con modalità "singolo scatto". La corta focale del TS65-P non aiuta ovviamente le riprese ma è stato comunque divertente immortalare la Luna mentre si spostava nel campo inquadrato.. Interessante notare come la differente altezza del nostro satellite sull'orizzonte e il seeing non identico delle due serate abbia notevolmente influito sulla resa finale. Sopra sono riportate due immagini del 16/7/205, sotto altre due del giorno dopo (17/12/2015). Medesima strumentazione. Gli ingrandimenti leggermente diversi sono dovuti al resize delle immagini e a un lieve divario di zoom utilizzato sul telefonino.

Il tardo pomeriggio del 17/12/2015 ha permesso ovviamente (ma è facile intuirlo dalla resa delle immagini soprastanti) una ulteriore gradevolezza di immagine all'oculare con maggiori dettagli percepibili rispetto alla sessione del giorno precedente. Ingrandimenti nell'ordine dei 200x sono stati tollerati con scioltezza e anche saggi a 250x hanno dimostrato la notevole correzione ottica generale dello strumento. Sempre positivi i commenti sulla montatura che si è dimostrata anche in questa situazione (con prolunghe delle gambe del cavalletto in legno estratte al 50%) più che idonea a garantire le ottime performances del telescopio.

La sera del 4 gennaio 2016 ho avuto 15 minuti di tempo per osservare 4 stelle in croce ma mi sono concentrato sulla doppia Rigel nel piede di Orione. La facilità di utilizzo del piccolo set-up (TS65-P + Tasco Mount) è stata indispensabile all’osservazione (le ramaglie degli alberi nascondono le zone basse dell’orizzonte e per avere delle finestre libere è necessario spostare continuamente lo strumento: con il TS65 è sufficiente una mano per sollevare e riposizionare, anche senza fare eccessivo caso all’allineamento polare).

Accoppiato all’oculare ortoscopico Kasai da 18mm. il rifrattore giapponese offre un potere di circa 28x e una splendida immagine della doppia Rigel, con la primaria fulgida e brillantissima e per secondaria una finissima capocchia di spillo sul velluto grigio del cielo milanese. 

Visione davvero splendida che vi racconto per il semplice motivo che lo sdoppiamento (davvero facile) è alla portata di un piccolo 65 millimetri e quindi raggiungibile da chiunque. I bassi poteri rendono poi comodissimi i moti micrometrici manuali e la mancanza di moto orario non si avverte.

CONCLUSIONI E LOGICHE DI UTILIZZO

Anacronistico, ottimamente costruito, dotato di ottiche pregiate in una scocca classica e compatta, incredibilmente solido nel suo insieme e adatto sia a osservare eclissi o occultazioni a largo campo ma anche doppie ostiche (in relazione all’apertura), i pianeti maggiori del sistema solare e i panorami lunari, il TS-65 installato sulla montatura Tasco con cavalletto restaurato è realmente intrigante.

Raro (moltissimo da noi in occidente) è ancora incredibilmente affascinante e risulta difficile resistere alla sua ammiccante presenza tanto che mi ritrovo sovente ad utilizzarlo pur avendo a disposizione ottiche, altrettanto valide, ma di diametro più generoso.

Portarlo a qualche party tra appassionati significa creare un piccolo capannello di interesse e si rischia di avere sempre qualche curioso all’oculare. Usarlo è del resto un piacere, anche senza preoccuparsi di allinearlo al polo, sollevarlo e spostarlo, girarlo per inquadrare più comodamente una zona di cielo quasi fosse un giocattolo. Costoso, indubbiamente, fascinoso e “chic”, ma soprattutto divertente. C’è solo da assicurarsi di avere a portata di mano oculari con focale sufficientemente corta a sfruttarne la qualità ottica oppure una super barlow di alto livello.

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