DEEP SPACE CCD ATLAS

Anno 2017-2018

INTRODUZIONE E STORIA

Sorridere oggi è facile, coccolati da tecnologia affinata e sistemi di controllo per ... tutto (!) ma quando, all’inizio degli anni ’90 del secolo scroso alcuni pionieri abbandonarono la Technical Pal 2415 o le pellicole a colori da 800-1600-3200 ASA (perché allora non si chiamavano ISO) io li guardavo con rispetto e biasimo al tempo stesso. Ore davanti a un monitor verdino o bianco per vedere restituite, in pixel grandi come una casa, le sagome dei principali oggetti della volta celeste. “Guarda come si vede la Horse Head Nebula!” si gridava, “Guarda! le spirali in M33!!”, e così via, perché effettivamente sembrava una sorta di magia quella che la scatolina nera creava.

Accrocchi con i pulsanti derivati dallo ZX Spectrum e cavi con mille prese, strisciate di blooming non appena si saturava la capacità dei primi CCD amatoriali, e l’abbandono del dorso della macchina reflex preferita e della camera oscura dove molti di noi hanno cominciato e imparato (e forse anche per questo quando scriviamo sui forum diciamo molte meno castronerie dei nuovi, imberbi esperti del momento) sono stati passi fondamentali dalla cui crisalide è spuntata una mutevole farfalla moderna.

Non stupiamoci che il testo oggetto del mio breve articolo sia ancora in circolazione, stupiamoci piuttosto delle critiche che raccoglie ogni tanto ("Mancano gli oggetti di questo o quel catalogo", "Le immagini sono poco profonde", e altre fesserie del genere).

Quando acquistai il DEEP SPACE CCD ATLAS, pur non lavorando con le camere CCD, fui tra i primissimi in Italia. Lo feci perché ero curioso di vedere come avrei dovuto vedere gli oggetti all’oculare, tentando di forzare la vista alla ricerca di almeno qualcuno dei dettagli morfologici che le immagini su carta mostravano.

E ancora oggi, che di atlanti ve ne sono tantissimi (anche e soprattutto “on line”), il DEEP SPACE CCD ATLAS è uno dei miei preferiti.

 

Contenuto dell'opera in sintesi:

2.400 oggetti non stellari riprodotti in negativo su oltre 250 tavole. 

Tutte le descrizioni degli oggetti ripresi. Si raggiunge la magnitudine 21.

257 tavole

Immagini CCD in negativo di 2.400 oggetti del profondo cielo

Magnitudine stellare raggiunta 18a÷21a

Declinazione compresa tra +90° e -30°

Ordinati per ascensione retta

IL LIBRO E LA SUA UTILITA'

Era il 1993 quando venne pubblicato (novembre se non erro) e giunse pochissimi mesi dopo (era l'inizio del 1994) sulla mia scrivania. Più di 270 pagine in formato A4 con oltre 2500 oggetti ripresi e campi stellari con astri fino alla ventunesima magnitudine. La bella idea di proporre i soggetti in negativo (nero su fondo bianco) permetteva una più immediata lettura e anche una superiore fruizione nelle notti buie all'oculare, quando bastava una piccola torcia a luce rossa per consultarlo.

A lato di ogni immagine è inserito uno spazio di script che riporta i dati salienti dell’oggetto ripreso (catalogo di appartenenza, eventuale “nome” aggiuntivo, tipologia di oggetto, coordinate standard AR e DEC, magnitudine apparente o interrata, dimensioni espresse in secondi o primi d’arco, e informazioni tipiche di ogni oggetto). Sono inoltre riportate alcune immagini aggiuntive (quantomeno per gli oggetti più interessanti o peculiari) con esposizioni differenti per evidenziare parti diverse dello stesso oggetto (nel caso delle galassie il “core” centrale o le braccia esterne, in quello di nebulose la condensazione maggiore oppure le zone più diafane).

Le immagini sono sempre o quasi correttamente orientate e vengono riportate informazioni di magnitudine e/o nome di catalogo di stelle di campo utili alla valutazione della posizione e/o contrasto dell’oggetto designato.

Il libro si compone anche di una doverosa introduzione alla lettura delle immagini e dei dati in esse contenute e anche una certa bibliografia di riferimento.

Spulciando nel web ci si imbatte in qualche richiamo all'opera e, ben cercando, anche in un sito ad esso dedicata (oltre che alla sua versione riguardante l'emisfero australe) che ne testimonia la vitalità e un certo "aggiornamento" sia per quanto riguarda le immagini inserite (che sembrano essere cresciute di circa 500 unità nel corso degli anni) che per quanto concerne la sua diffusione (con la preparazione di versioni PDF). Per chi volesse approfondirne la conoscenza rimando al seguente link: http://www.deepspaceccdatlas.eu.pn

Ho trascorso decine di notti in sua compagnia, sia con i grandi dobson da oltre 40 cm. (parlo della fine degli anni ’90, quando non era facile come oggi disporre di strumenti da 16 e più pollici) che con più piccoli telescopi a rifrazione anche da soli 10 cm.

Ed è grazie a questa ampia raccolta di immagini che ho potuto apprezzare, al limite della visione, oggetti e particolari che altrimenti mi sarebbero sfuggiti o che avrei sicuramente sottovalutato.

Quando si è all’oculare sembra che l’apertura non basti mai ma sovente è la mancanza di informazioni a farci sfuggire piccoli gioielli che potrebbero, anche attraverso telescopi amatoriali, regalarci emozioni da ricordare.

I moderni computer palmari e smartphone sembrano aver reso superfluo un atlante cartaceo ma è una pia illusione e ritengo giusto e sano ricordare che alcuni “sapori” possono essere apprezzati solo alla vecchia maniera.

Oggi non è semplicissimo recuperare questo atlante. Chi lo ha difficilmente lo vende (anche perché il suo valore commerciale è piuttosto basso) e i siti di e-commerce sembrano essersi accordati nel porre la scritta “out of print” al posto del prezzo di copertina.

Se lo trovate compratelo, sarà molto più utile avere questo libro che non l’ennesimo oculare grandangolare di fabbricazione orientale.

Ci potete contattare a:

diglit@tiscali.it

oppure usare il modulo online.

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