TAKAHASHY BABY TELESCOPES: TS-65P vs FS-60Q

Febbraio 2016

INTRODUZIONE

Pativo una certa noia dopo una lunga giornata trascorsa a sistemare il giardino e riportare all’aria aperta le piante che avevano svernato nella serra e mi domandavo a cosa avrei potuto rivolgere lo sguardo notturno, armato di idoneo telescopio.

Di fotografare non avevo voglia e rimpiangevo di non avere ancora a disposizione l’ultimo regalo astronomico, fermo in dogana, con cui gingillarmi quando ho realizzato che l’attività più utile avrebbe potuto essere quella di preparare il test del futuro arrivo mettendo alla frusta, fianco a fianco, due suoi pari apertura a rifrazione. Così, dopo aver creato un supporto adeguato, ho installato il Takahashi TS65-P sulla EM-100 (sempre di casa Takahashi) e preparato la CEM-60 con il maestoso FCT-150 e il piccolo FS-60Q. 

Il cielo limpidissimo della prima sera e la levata della Luna (oramai quasi alla totalità) faceva ben sperare per un confronto sulla piccola parte di terminatore ancora craterizzata e con contrasti utili a trarre qualche indicativa conclusione.

Affinché si possa apprezzare il senso della sfida ritengo importante ricordare le caratteristiche dei due contendenti.

Il primo, classe 1972, è uno dei primi tripletti realizzati dalla casa giapponese. Ha una focale di 500 millimetri e un rapporto focale pari a 7,7 ed era definito “semi-apocromatico”. Questi “TS” sono famosi per le loro ottime prestazioni ma anche per una tendenza ad opacizzare le lenti nel corso delle decadi. Il mio esemplare non è stato risparmiato dalla sorte comune ma una attenta e amorevole pulizia oltre alla rimozione di uno dei trattamenti antiriflesso sulla lente centrale hanno permesso di avere lenti ben trasparenti e quasi “nuove” all’ispezione visuale.

Il secondo è uno strumento composto e, di fatto, evoluzione del FS-60C e CB con l’aggiunta di un modulo che, tramite un doppietta specifico, aumenta la focale di un fattore 1,7x portandola a 600 millimetri per un rapporto di apertura pari ad f10. L’obiettivo primario (appunto quello delle versioni “corte” C e CB) è un doppietto alla fluorite minerale con focale di 355 millimetri definito, anche in versione base, apocromatico.

L’aggiunta del modulo Q Extender lo rende più performante in alta risoluzione permettendo maggiori ingrandimenti e una correzione cromatica più spinta. La prima versione (denominata FS-60C) nasce nel 1999 ed è tutt’ora in produzione benché abbia ricevuto miglioramenti nella parte meccanica.

CARATTERISTICHE E CENNI STORICI

La prima differenza che balza all’occhio, escludendo le dimensioni e la meccanica che vedono il moderno apocromatico molto più lungo e dotato di focheggiatore da 2 pollici, risiede nel diverso trattamento antiriflesso delle lenti. Le due immagini sottostanti sono a questo titolo esemplari esaltando le tonalità lilla del FS-60 e quelle più neutre e tendenti all’azzurro del TS-65. Facile anche notare la migliore resa del trattamento moderno che riduce i riflessi rispetto a quella del tripletto.

Dal punto di vista prettamente ottico va detto che, per quanto ben lavorate, le ottiche del TS-65 lavorano con una apertura lievemente maggiore e con un rapporto focale più spinto (f7,7 contro F10) ed è quindi facile attendersi una correzione cromatica superiore nel modello attuale.

Storicamente parlando gli strumenti rappresentano il primo e l’ultimo (almeno al 2016) piccolo astrografo di casa Takahashi. Nel 1972 ben pochi erano gli astrofili che si dilettavano di fotografia ma il TS-65P nasceva proprio come versione “veloce” dei TS-65D e S che avevano medesimo schema ottico ma focale di un metro. Fu prodotto rivoluzionario e mentre i fratelli più lunghi scomparvero negli anni a seguire il TS-65P venne sostituito dal FC-65 e FCT-65 e poi dall’attuale FS-60.

Da sinistra a destra: TS-65P - FC-65 - FCT-65 (foto non dell’autore)

IL TEST: UN SOSTANZIALE PAREGGIO

Non è facile eseguire test comparativo di due strumenti con diametri e focali diversi (anche quando le differenze sono tutto sommato limitate come nel nostro caso) e i risultati a cui sono pervenuto devono quindi essere considerati nell’ottica di una certa approssimazione.

Il primo approccio è stato effettuato a basso ingrandimento per verificare il residuo di aberrazione cromatica sul lembo lunare e, come per tutto l’arco del test, è stato usato il medesimo treno ottico (un diagonale W.O. dielettrico da 31,8 mm. e una serie di oculari plossl oltre al 2,8 mm. LE Takahashi).

Con il plossl da 17 mm. si è evidenziata una correzione cromatica perfetta nel FS-60 (potere di 35x) mentre il TS-65 mostrava un tenue e sottile alone blu elettrico (potere di 30x circa). Le differenze all’oculare sono meno importanti di quanto le parole lascino immaginare ma è indubbio che il moderno FS appaia totalmente apocromatico: nel TS-65 l’alone è sinceramente molto poco visibile ma comunque presente.

Le differenze maggiori (le uniche realmente riscontrabili) sono emerse a ingrandimenti superiori. Il 6 mm. plossl (che offre 100x sul FS e 83x sul TS) ha evidenziato una diversa resa dei bianchi dei due rifrattori che, benché non perfettamente neutri, apparivano più gialli sul TS-65. Anche il moderno apocromatico non è bianco glaciale come un FCT ma il suo predecessore degli anni ’70 appare sicuramente più caldo e giallo. Anche in questo caso tendo a precisare che le dominanti sono limitate (in alcuni acromatici appaiono ad esempio più marcate) ma risultano indicative a testimoniare non solo il diverso lavoro svolto dai trattamenti antiriflesso di ultima generazione quanto soprattutto dalla fluorite minerale che è sicuramente più “realistica” nel trasmettere minime dominanti cromatiche rispetto a vetri più comuni.

La differenza si faceva più netta ai poteri superiori (aiutata dal calo luminoso che tende sempre a rendere calda l’immagine) tanto che con il LE da 2,8 mm. (214x per il FS e 180x per il TS) diventava immediato riconoscere l’immagine dell’uno e dell’altro anche se non avessi saputo in quale strumento stessi osservando.

Terminata la lunga digressione sulla resa cromatica mi rendo però conto di non potere aggiungere altro alla lista monotematica di differenze. I particolari accessibili ai due strumenti sono infatti stati gli stessi e per quanto mi sia sforzato di trovare qualche discrepanza tra i due mi sono dito arrendere.

Target di indagine è stata l’area di Babbage, un ampio cratere situato oltre il circolo del Mare Frigoris, che offriva le sue principali strutture esposte alla migliore illuminazione possibile per l’indagine visuale.

Entrambi gli strumenti permettevano di apprezzare i terrazzamenti orizzontali del cratere interno A, il più piccolo cratere C (con l’andamento della sua ombra interna) e il lungo e frastagliato dorso che collega il cratere A con le alture che dividono Babbage dall’adiacente Pitagoras.

Anche i rilievi verso Robinson e tutta la morfologia del terreno lunare che si snoda fino ad Harpalus non mi hanno permesso di notare differenze nella resa dei particolari se non la citata dominante.

Molto bello è stato tornare a basso ingrandimento (oculare plossl da 20mm.) con il quale era possibile in entrambi gli strumenti notare la grande differenza di tonalità che hanno i vari mari e oceani lunari (tinte che variano dal grigio al grigio blu) e che vengono esaltate nelle immagini di “mineral moon”.

Alla fine del test ho spostato il diagonale usato e l’oculare adatto a ottenere il medesimo potere sul grosso FCT-150 con cui ho goduto di una saturazione molto più marcata dei colori tanto che le già nette differenze notate con i piccoli 6 e 6,5 cm. sulle tonalità lunari si sono accentuate in modo stupefacente ed emozionante.

La zona del cratere Babbage (foto non dell’autore)

CONCLUSIONI

Il test effettuato ha sostanzialmente evidenziato una assoluta parità prestazionale in campo visuale tra i due strumenti. La differenza di apertura (di soli 5 millimetri) molto limitata in assoluto ma meno percentualmente (il TS65 ha un obiettivo con diametro del 8,3& più ampio rispetto al FS-60) non ha in alcun modo influito sulla resa tanto che, per via della diversa risposta di dominante cromatica, il più piccolo FS-60 sembra quasi più luminoso del suo predecessore.

In questo la fa sicuramente da padrone un trattamento antiriflesso più performante tanto che un test effettuato alla ricerca della magnitudine limite visibile non ha mostrato differenze apprezzabili.

Il confronto ha implicitamente sottolineato quanto la qualità Takahashi non sia andata scemando nel corso dei decenni e che i due contendenti non hanno nulla da invidiare l’uno all’altro nelle applicazioni visuali.

A una conclusione probabilmente diversa giungerebbe l’utente dedito alla fotografia a lunga posa con sensori CCD. La maggiore correzione cromatica del FS-60 in simili applicazioni farebbe valere un certo vantaggio anche se, devo dire, privo del modulo Q Extender il FS-60 (quindi nelle sue configurazioni “C” e “CB”) l’ultimo nato esibisce uno spettro secondario paragonabile a quello del TS-65.

Entrambi i meccanismi di messa a fuoco, a pignone e cremagliera, hanno lavorato egregiamente e se non fosse per la possibilità di usare treni ottici con diametro da 2 pollici del FS-60, non avrei motivo di preferire l’uno all’altro.

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